DE CURTIS, Giambattista
Fratello di Emesto e primo dei sei figli di Giuseppe e di Elisabetta Minnon, nacque a Napoli il 20 luglio 1860. Dotato di un naturale e multiforme talento artistico ma di temperamento poco incline alla disciplina, non fece se non in maniera irregolare gli studi, sia quelli tecnici sia quelli di avviamento alla pittura e alla decorazione (attività a cui si dedicherà professionalmente) sia quelli musicali, nei quali rimase un autodidatta. Oltre alla pittura, coltivò la poesia e la musica in quella forma di simbiosi artistica che è la canzone napoletana: un fenomeno quasi naturale nella Napoli di quel tempo.
Fu in casa del musicista Vincenzo Valente che il D. ebbe modo di entrare in contatto con il mondo della canzone napoletana: appena ventenne, gli mostrò alcuni versi di una sua canzone dal titolo'A pacchianella. Il Valente li musicò e così il D. fece il suo debutto come poeta di canzoni dialettali. Da allora continuò ad esercitarsi per tutta la vita, scrivendo i testi di decine di canzoni (alcune delle quali da lui stesso musicate), riprendendo la tradizione della "villanella": sono ispirate da occasionali incontri e costituiscono una galleria di piccoli ritratti femminili, appassionati ed ammiccanti, soffusi di maliziosa galanteria. 'A pacchianella fu pubblicata dall'editore Bideri nel 1889 col titolo Che buò fa? Dello stesso anno è Muglierema commo fa? e dell'anno dopo 'I pazziava.
Nel 1891 il D. strinse amicizia con Guglielmo Tramontano, proprietario a Sorrento di un lussuoso e rinomato albergo, che il "pittore" era stato chiamato a decorare ed affrescare. L'amicizia si fece così intima che il D., divenuto una specie di istitutore dei figli del Tramontano, fu considerato membro della famiglia e dal 1891 al 1910 visse per lo più a Sorrento, di maniera che il Paliotti (La canzone napoletana..., p. 72) lo definisce come "il pittore di Sorrento" e il Di Massa lo ritiene erroneamente originario di quella città. Sorrento sarà comunque una fonte costante della sua ispirazione poeticomusicale.
Al 1892 risale l'incontro con quella Carmela Muione che doveva ispirare al D. una delle sue più belle canzoni, di cui compose pure la musica: Carmela, edita da Bideri nel 1894 e conosciuta anche dal primo verso del ritornello come Duorme. Carmè. Il sentimento che la ispira e un misto di maliziosa galanteria e di lieve pathos pessimistico.
Del 1893 sono: 'A mezzanotte e 'E Gesummine 'e Spagna. Il biennio 1894-95 è un periodo dei più felici e fecondi artisticamente. Oltre alla pubblicazione di Carmela, nel 1894 il D. scrisse i versi e la musica di Canzona cafona, Custantina, 'Mmaculatì, Signò, dicite sì, Voglio trasì e il testo di Ninuccia, musicata dal Valente ed edita da Bideri. Ninuccia, sulla tradizionale metafora della donna-fiore, svolge il congeniale motivo tra il sentimentale e il malizioso. Il 1895 è l'anno di Tiempe felice, musicata dal Valente, 'A picciotta (versi e musica), 'Iso sensibile, Mo va mo vene, Venezia benedetta (versi e musica). Nel 1896 scrisse il testo e la musica di Maria, considerata da lui stesso una delle sue più belle opere. Nel 1897-1906 elaborò per il fratello Emesto i testi di 'A primma vota (la canzone del debutto di Emesto), Amalia, Torna a Surriento, 'A muntanara, 'A surrentina. Amalia, edita da Bideri nel 1902 e dedicata ad Amalia Russo, la donna che il fratello sposerà, ripropone il motivo della dichiarazione amorosa in quel tono fra lo scherzoso e il pessimistico che è suo caratteristico, uno dei modi anche di fare schermo ai sentimenti. Dello stesso periodo sono Femmena bella (versi e musica), edita da Santoianni nel 1900; Capri, scritta in collaborazione col fratello; 'A cchiù bella figliola, 'A luce elettrica, Cunsiglia, Vita bella e Vita nova (edite da Ricordi nel 1905); Guardame un momento, Mariabella (Bideri 1905), Santa mia, Senza camisa, Spuse nuvelle e 'Sotto 'a Walbero 'e ulive versi e musica), del 1907.
Nel 1910 il D. sposò Carolina Scognamillo. Intanto nel 1908 al teatro San Ferdinando era stata rappresentata Pentita, un lavoro teatrale di cui si hanno scarse notizie come scarsissime sono le notizie su altri lavori del genere, rimasti inediti, e sulla sua attività di pittore. È evidente che nella pittura e nella storia del teatro napoletano l'impronta del D. è meno significativa di quella lasciata nel campo della canzone. Nel 1911 scrisse per il fratello i versi di una canzone di pura nostalgia: 'Im'arircordo 'e te (Lucia Lucì), edita dalla Poliphon Musik Werke, uno dei testi poeticamente più validi. Seguiranno So 'nnamurato 'e te, del 1912, e Miru te del 1914: sono canzoni che non hanno più i bagliori dell'arguzia e della galanteria maliziosa di una volta e in cui predomina la nota nostalgica.
Il D. si avviava al tramonto. Nell'appartamento al Vomero, dove si trasferì nel 1916, cominciò a sentire la solitudine e il declino fisico. Dopo il 1922 era privo anche della compagnia del fratello Ernesto, che viveva in America e al quale mandava di tanto in tanto i testi di nuove canzoni perché fossero messi in musica, ma lo spirito geniale si era spento. Colto da paralisi progressiva, morì il 15 genn. 1926.
Il paesaggio svolse un ruolo privilegiato nella canzone napoletana; è un luogo comune dell'ispirazione di questa forma d'arte il riferimento alla bellezza della natura. Tuttavia, se si guarda bene dentro ai motivi poeticomusicali, si nota che il paesaggio esercita come una ineluttabile funzione di catarsi estetica nei confronti della immediatezza dei sentimenti, i quali proiettati nello spettacolo naturale si placano e assumono, anche nella tensione più forte, dolcezza di canto; e, di rimando, nelle espressioni più riuscite, la natura assume la tonalità dello stato d'animo, come risulta in maniera esemplare dai versi della canzone Tu ca nun chiagne di Libero Bovio (musicati da E. De Curtis), nei quali la montagna nella notte "'N'anema pare, rassignata e stanca Sotto' 'a cuperta 'e chesta luna ianca".
Nei versi e nella musica del D. il rapporto di paesaggio e stato d'animo ha i caratteri tipici della naturalezza, del prodotto spontaneo. E sebbene per questa sua naturalezza e spontaneità il D. potrebbe essere identificato come uno di quei "facili compositori" che, a parere del Di Giacomo. sarebbero succeduti ai primi maestri della canzone napoletana, e di alcuni dei quali diceva che non avrebbero conosciuto "neppure da lontano non dico il contrappunto ma la porta del Conservatorio di S. Pietro a Maiella" (Luci ed ombre napoletane, p. 205), tuttavia non gli si possono negare calore, impeto, festosa gaiezza e penetrante sentimentalità, l'intuizione improvvisa e la sincera napoletanità che lo stesso Di Giacomo riconosceva almeno ad alcuni di quei dilettanti di genio.
L'opera del D., infatti, con questi caratteri di spontaneità, immediatezza, semplicità e coratità di sentimento e di canto, esemplifica bene il concetto di "canto popolaresco" mediante il quale Sebastiano Di Massa definisce la canzone napoletana, distinguendola dal canto popolare vero e proprio, che è quello "di pura creazione collettiva, che si trasmette oralmente attraverso il tempo e lo spazio, di generazione in generazione e che, attraverso la sua immutabile semplicità di rappresentazione, custodisce intatta la sensibilità poetica e musicale del popolo al quale appartiene" (Caravaglios, cit. in Di Massa); ma riferendola pur sempre ad esso come alla sua fonte vivificante, tanto da identificare i momenti del suo fulgore con quelli in cui i suoi autori trassero ispirazione dal canto popolare e i momenti del suo declino con quelli in cui se ne sono allontanati.
Fonti e Bibl.: Necrologio in Il Mattino, Napoli, 16 genn. 1926; Roma, 16 genn. 1926; Il Mezzogiorno, Napoli, 26 genn. 1926. Per i testi delle canzoni, oltre alle varie edizioni, si può ricorrere, relativamente agli anni di pubblicazione, anche ai numeri straordinari della Tavola rotonda, (Napoli), passim, giorn. artistico letter. music. della domenica, che contenevano le canzoni concorrenti all'annuale concorso Bideri di Piedigrotta, e ai supplementi di La Canzonetta, riv. mensile della omonima casa editrice, dedicati alla rassegna di Piedigrotta. Materiale documentario utile, letterario oltre che discografico, si trova in Napolitana. Antologia cronologica della canzone partenopea, a cura di R. Murolo, I-VIII (1962),e nei fascicoli 5 e 8di La canzone napoletana, a cura di V. Paliotti, Milano 1970. Inoltre: S. Di Giacomo, Luci ed ombre napoletane, Napoli 1914, p. 205; A. Castagliola, Napoli che se ne va. Il teatro, La canzone, Napoli 1919, pp. 387 s.; S. Di Massa, La canzone napoletana e i suoi rapporti col canto popolare, Napoli 1939, p. 167; A. Tilgher, La poesia dialettale napol. dall'Ottocento ad oggi, Roma 1944, ad Indicem; F. Petriccione, Piccola storia della canzone napoletana, Milano 1959, pp. 28, 44, 80, 109; V. Paliotti, La canzone napoletana ieri e oggi, Milano 1962, pp. 72, 78, 87 s.; M. Vajro, Fascino della canzone napoletana, Napoli 1962, pp. 198 s., 226; V. Viviani, Storia del teatro napoletano, Napoli 1969, ad Indicem; Id., Encicl. della canzone napoletana, I, I poeti, Napoli 1969, pp. 53 s.; Encicl. della Musica Rizzoli Ricordi, II,p. 259; C. Schmidl, Diz. univ. dei Musicisti, I, p. 420.