FRANCESCHI, Giambattista
Quarto dei nove figli maschi di Ludovico di Carlo e di Lucrezia Nicolosi, nacque a Venezia, dove fu battezzato nella chiesa di S.Giustina il 14 nov. 1665.
Le famiglie dei genitori appartenevano al ceto cittadino, e tradizionalmente servivano lo Stato nei ruoli della Cancelleria ducale; dati questi presupposti, la strada del F. era segnata sin dalla nascita: o sarebbe entrato nell'apparato burocratico, seguendo l'esempio di quattro suoi fratelli, o tra i religiosi regolari, come fecero gli altri quattro.
Il 2 giugno 1679 il F. venne assunto come straordinario di Cancelleria. Da allora la sua giovinezza - almeno per quel poco che ne sappiamo - fu scandita dalle tappe della carriera, dalle promozioni che si susseguirono secondo prassi e tempi consolidati: ordinario di Cancelleria il 3 nov. 1688, deputato alle materie segrete il 1° nov. 1692, segretario del Senato il 15 ott. 1698.
Poco più che trentenne aveva raggiunto il traguardo toccato dal padre al vertice della carriera, ed era ormai pronto per il primo incarico fuori del Palazzo, che fu peraltro limitato a semplice formalità diplomatica: fra il 18 e il 30 genn. 1699 accompagnò in qualità di segretario il patrizio Alvise Foscarini, che doveva scortare lungo i domini veneti Guglielmina Amalia di Brunswick-Lüneburg, che da Modena si recava a Vienna per sposare il futuro imperatore Giuseppe d'Asburgo.
Tre anni più tardi il Senato gli affidò invece un compito di ben altra levatura, quello di residente a Milano, cioè rappresentante della Repubblica nel vicino Ducato lombardo, ancora in possesso di Filippo V.
Il F. giunse a sostituirvi Vendramino Bianchi il 9 maggio 1702; era in corso la guerra di successione spagnola, i cui esiti si sarebbero risolti in buona parte nel Norditalia tra i Francesi del Vendôme e gli Imperiali del principe Eugenio di Savoia. Una delle prime impressioni che il F. segnalò al Senato riguarda la tiepida adesione dei locali verso i Gallo-Ispani, in particolare del governatore Carlo Enrico di Lorena. Naturalmente tanta diffidenza non agevolò il compito del F., che un mese dopo, quando arrivò a Milano lo stesso Filippo V, fu costretto da esplicito ordine del Collegio a seguire il re al campo, presso le truppe.
La Repubblica mirava infatti a limitare il più possibile i danni che la permanenza dei contrapposti eserciti infliggeva alle popolazioni del Bresciano e del Veronese, sicché il F. trascorse l'estate e l'autunno tra Cremona, Casalmaggiore e Suzzara, a onta del clima che infieriva crudelmente sul suo debole fisico; l'anno dopo le operazioni militari si spostarono nel Piemonte, ma il F. non lasciò più Milano sino al termine del mandato (14 nov. 1704).
Rimase poco a Venezia, poiché qualche anno dopo gli venne affidata la rappresentanza diplomatica a Napoli; qui egli risiedette dal 31 maggio 1707 al 5 apr. 1712, subentrando a G.G. Corniani; nel corso di questi cinque anni inviò al Senato ben 266 dispacci, i primi dei quali risultano particolarmente interessanti perché descrivono la conquista attuata dagli Austriaci del Daun proprio nel giugno 1707.
Tra luglio e settembre di quello stesso anno il F. poteva così riferire dei torbidi popolari verificatisi nel momento del trapasso tra le due dominazioni; quindi dell'angoscia in cui caddero impiegati e uomini di corte all'annuncio - peraltro ben presto rientrato - che tutte le nomine effettuate dal re Filippo V dovessero essere annullate. Fu poi testimone della sterzata giurisdizionalista attuata dal nuovo viceré, il cardinale veneziano Vincenzo Grimani, fra il giugno 1708 e il settembre 1710, quindi finalmente poté rimpatriare al termine di una legazione certo non breve, ma tutto sommato tranquilla.
A Venezia il F. cercò di far valere le benemerenze acquistate concorrendo all'elezione di cancellier grande, ma l'8 ag. 1713 all'importante carica venne destinato uno zio di sua madre, G.B. Nicolosi, mentre egli dovette accontentarsi (2 sett. 1713) della nomina a segretario del Consiglio dei dieci.
Poiché la continuità del casato era stata assicurata dal matrimonio di un fratello del F., Carlo, il 16 luglio 1716 la famiglia esibì al Maggior Consiglio la rituale offerta di 100.000 ducati, onde ottenere l'iscrizione al Libro d'oro del patriziato.
Era un'opzione decisiva per i Franceschi, che evidentemente oltre alle benemerenze politiche potevano contare su un cospicuo patrimonio; la supplica venne accolta e il F. si ritrovò patrizio, cessando così di far parte di quella Cancelleria al cui servizio aveva dedicato la vita.
Morì qualche anno dopo, nella parrocchia di S. Polo, il 12 marzo 1721, "sorpreso d'accidente infiammatorio".
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta 19: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi…, III, cc. 587 ss.; Ibid., Avogaria di Comun, b. 182/42; Venezia, Bibl. del Civ. Museo Correr, Mss. P.D. 613 C/IV: Origine delle famiglie aggregate…, c. 51r; Arch. di Stato di Venezia, Provveditori alla Sanità. Necrologi, reg. 915, ad diem; Consiglio dei dieci. Misc. codd., reg. 64, sub 2 giugno 1679, 3 nov. 1688, 11 genn. 1691 more veneto; reg. 65, sub 29 ott. 1698; Segr. alle Voci. Elez. Pregadi, reg. 21, cc. 140, 142; Senato. Dispacci Germania, f. 178 bis, n. 4; Senato. Dispacci Milano, ff. 149-150; Senato. Dispacci Napoli, ff. 112-113; F. Nicolini, Aspetti della vita sei-settecentesca napoletana, Napoli 1951, pp. 20, 23, 36, 60.