PIANCIANI, Giambattista
PIANCIANI, Giambattista. – Nacque a Spoleto il 27 ottobre 1784 dal conte Alessandro e dalla marchesa Collicola, ambedue appartenenti a illustri famiglie possidenti spoletine.
Studiò in gioventù nel prestigioso collegio Tolomei di Siena, ma ben presto, per via dei turbolenti avvenimenti politici del tempo, si trasferì con la famiglia a Roma. Il 20 maggio 1804 fu ammesso nella Compagnia di Gesù, che in quel periodo era stata accolta nel Regno di Napoli da Ferdinando I. Per proseguire il suo noviziato dovette pertanto spostarsi a Napoli dove, nel 1805, fu accolto dal p. Giuseppe Maria Pignatelli, provinciale della Compagnia napoletana e consacrato ai voti. L’anno successivo Napoli venne occupata dai francesi e i gesuiti furono espulsi dalla città. Pianciani riparò dapprima a Roma, quindi nel collegio di Orvieto. Nel 1814 fu di nuovo a Roma in occasione della solenne bolla del 7 agosto con cui Pio VII restaurò la Compagnia di Gesù, pur mantenendo ancora chiuso il Collegio romano. Nel 1817 si spostò nel collegio di Viterbo per insegnare scienze naturali e, successivamente, soggiornò a Tivoli e a Novara. Le sue peregrinazioni durarono fino al rientro definitivo a Roma, avvenuto nel 1824. In quell’anno, per volere di Leone XII, il Collegio romano fu restituito ai gesuiti, le cui scuole furono riaperte. Dal 1824 al 1848 Pianciani fu stabilmente professore di fisica, storia naturale e chimica al Collegio romano, cattedra che, tranne per il periodo 1848-50, mantenne con continuità fino alla morte; nel 1824 entrò a far parte del collegio filosofico dell’Archiginnasio della Sapienza, sede dell’Università romana, accanto a docenti quali don Giuseppe Calandrelli, pubblico professore di matematica, l’abate Andrea Conti, pubblico professore di fisica-matematica, e Saverio Barlocci, pubblico professore di fisica sperimentale.
Con la dispersione dei gesuiti nel 1848, Pianciani riparò negli Stati Uniti, dove, nel 1849-50, insegnò teologia dogmatica a Washington presso il collegio di Georgetown. Rientrato a Roma nel 1851, divenne subito un attivo collaboratore del famoso quindicinale di cultura dei gesuiti La Civiltà cattolica, pubblicando numerosi lavori di vario argomento; contemporaneamente insegnò filosofia sia presso il Collegio romano sia in quello filosofico dell’Università romana, di cui fu anche presidente dal 1857 fino alla morte. Fu un attivo membro dell’Accademia dell’Arcadia e di numerose società scientifiche, tra le quali quella dei Lincei, dei Quaranta e dell’Istituto di Bologna.
Maestro di Angelo Secchi e nipote del p. Boscovich (Secchi, 1862, p. 10), Pianciani fu uomo di notevole erudizione, scrisse su svariati argomenti teologici, storici e letterari (commentò con grande competenza la Divina Commedia), anche se coltivò principalmente le scienze naturali e fisiche acquisendo, in più di venticinque anni di insegnamento, un’apprezzabile reputazione sia all’Università che al Collegio romano. Produsse numerose e interessanti memorie a carattere osservativo e sperimentale, dedicate principalmente all’elettricità, al magnetismo, alla cosmologia e alla meteorologia. Ebbe tra i suoi allievi il p. Angelo Secchi, che divenne il suo migliore biografo: sua fu la commemorazione letta il 19 maggio 1862 nell’Accademia Tiberina.
L’opera scientifica e filosofica di Pianciani è alquanto vasta. Prima di trattare alcuni specifici lavori nel campo della fisica, vale la pena di accennare ad alcuni aspetti del suo impegno di filosofo cristiano perché, come scrisse Angelo Secchi, «egli cercò di connettere le verità fisiche tra di loro, queste colle metafisiche, ed entrambe colle rivelate» (1862, p. 6).
A Roma fu tra i più tipici rappresentanti di quel programma culturale teso a contrastare le tesi del materialismo illuministico mediante un processo di conciliazione e giustificazione delle scoperte scientifiche con la dottrina cattolica. In sostanza, occorreva a suo avviso stabilire una corrispondenza positiva tra le conclusioni delle scienze fisiche e naturali e il racconto biblico. Questo programma, apologetico e concordista, iniziato sotto il pontificato di Pio VII, fu continuato dal suo successore, l’assolutista Leone XII. Sua fu la bolla Quod divina sapientia, del 1824, in cui si ridefinì l’insegnamento scientifico in senso apologetico con regole rigide e ben definite.
È in questo quadro culturale, e sotto quest’ultimo pontificato, che si inserì inizialmente l’opera di Pianciani.
Il suo principale studio religioso fu il commento concordistico alla storia mosaica della creazione, che iniziò a scrivere durante il suo soggiorno a Georgetown e che fu pubblicato a Napoli nel 1851. In quest’opera dal titolo In historiam creationis mosaicam commentatio Pianciani si oppose al razionalismo biblico, una corrente di pensiero che aveva nel ‘mitismo’ del filosofo tedesco David Friedrich Strauss una rivoluzionaria tradizione di studio. Il lavoro fu accolto tanto favorevolmente che Pianciani lo ampliò con un nuovo studio sull’origine della creazione del mondo a beneficio degli studiosi delle Sacre Scritture. L’opera, La cosmogonia naturale comparata col Genesi, uscì nel 1862, poco prima della sua morte, e raccolse alcuni precedenti articoli apparsi sulla Civiltà cattolica tra il 1858 e il 1862.
La sua particolarità consiste nel trattare il tema dell’origine del mondo con i principi delle scienze fisiche per mostrarne l’armonia con la genesi e la teologia.
Questa peculiare posizione di Pianciani si inseriva, a pieno titolo, in un più generale indirizzo filosofico che, intorno alla metà dell’Ottocento, coinvolse la maggior parte dei docenti del Collegio romano. In effetti, una certa libertà d’insegnamento in seno al Collegio, consapevolmente concessa dai vertici della Compagnia, aveva permesso la convivenza di una pluralità di indirizzi filosofici antitetici tra i vari docenti. Ai neotomisti, con in prima fila Giovanni Maria Cornoldi che, pur non contrari allo sperimentalismo, propugnavano un rigido ritorno all’ortodossia del pensiero del grande filosofo medievale, si contrapponevano posizioni più moderne, sostanzialmente opposte alla sintesi aristotelico-tomistica e aperte ai progressi della filosofia naturale, la cui fonte ispiratrice primaria era ancora la corrente platonico-cartesiana. Dal 1850 ebbe luogo, nel dibattito sulla neoscolastica, una radicalizzazione dello scontro: da una parte i fondatori della Civiltà cattolica, dall’altra i padri Salvatore Tongiorgi e Angelo Secchi. A queste polemiche non partecipò direttamente Pianciani; è tuttavia indubbio come egli, fin dai primi anni di docenza al Collegio, propugnasse un insegnamento delle scienze naturali nettamente antiperipatetico e contrario alla dottrina dell’ilemorfismo.
Dal punto di vista sperimentale Pianciani compì diverse esperienze presso il Gabinetto di fisica del Collegio romano. Tra le principali, alcuni esperimenti di sua invenzione per difendere la teoria voltiana del contatto contro l’interpretazione elettrochimica della pila (1828-29); alcune esperienze compiute con la macchina magnetoelettrica di Saxton (1836), che Secchi ricorda come le prime eseguite in Italia; gli esperimenti sulla termoelettricità di vari cristalli (1836); le esperienze sulle torpedini che egli spiegò mediante l’induzione elettromagnetica (1841); la verifica, mediante nuovi esperimenti, delle esperienze di Peltier sulle correnti ‘fredde’ (1841).
Pianciani descrisse con pazienza e meticolosità tutti i fenomeni osservati, un leitmotiv, questo, comune alla maggior parte degli scienziati che in quegli anni operavano nel contesto della fisica della visibilità o degli osservabili e che, su tale paradigma, privilegiavano l’amplificazione del fenomeno a discapito della sua misura.
Ad esempio, la correlazione tra le diverse specie di elettricità veniva posta tramite l’identità degli effetti osservati. Da questo punto di vista Pianciani è ancora un tipico rappresentante della fisica baconiana. I suoi testi scientifici non presentano calcoli matematici, le misure sono superflue, la teoria del fenomeno è tutta visiva e spiegata con altri fenomeni, mentre gli apparati scientifici operano con il solo scopo di ricercare nuove identità di effetti per la correlazione dei fenomeni.
Tra le sue opere di fisica pubblicate, la più importante fu le Istituzioni fisico-chimiche, divisa in tre tomi e riunita in quattro volumi (l’ultimo tomo era diviso in due parti) per un totale di 1180 pagine, stampata a Roma negli anni 1833-35. Quest’opera, che ebbe una notevole diffusione nello Stato pontificio, fu in seguito strutturata da Pianciani in forma di compendio per renderla funzionale alle scuole e ai seminari. Uscirono così a Napoli, nel 1840 e nel 1843, la prima e la seconda edizione degli Elementi di fisico-chimica, in due volumi; seguì nel 1844, a Roma, una terza edizione che conteneva in aggiunta un piccolo trattato di meccanica e di ottica matematica, che si era reso necessario per completare l’insegnamento in quelle scuole, diverse dal Collegio romano, in cui non si aveva la doppia cattedra di fisica (fisica sperimentale e fisica-matematica).
L’opera degli anni 1833-35 fu tra i primi trattati chimico-fisici pubblicati nell’Italia preunitaria e il successivo compendio degli anni 1840-44 fu uno dei primi manuali a trattare congiuntamente nelle scuole la fisica insieme alla chimica.
Nell’introduzione vengono spiegate, con molta lucidità, le linee generali: dopo aver sottolineato che sotto il nome di ‘fisica’ si riunivano un tempo la fisica, la chimica e la storia naturale, Pianciani precisa che «l’avanzamento però delle scienze ha si strettamente rannodato la fisica e la chimica, che non è oramai più possibile separarle, anzi, come osserva il ch. sig. prof. Scinà, non di rado riesce assai difficile l’assegnare i limiti che le separano» (I, p. III).
Per Pianciani la chimico-fisica era nata dallo sviluppo di una duplice matrice di ricerca: da una parte le scoperte di inizio Ottocento sui gas e il calore, dall’altra la nascita dell’elettrochimica, favorita dall’invenzione della pila. Nel primo punto risultavano evidenti i riferimenti allo sviluppo delle idee riguardanti i fenomeni dell’affinità chimica che, all’inizio del secolo, erano state inserite da Claude-Louis Berthollet nel programma meccanicistico e riduzionistico di tutti i fenomeni fisici, portato avanti da Pierre-Simon de Laplace. Non a caso, Pianciani cita il Traité élémentaire de physique (1803) di René Just Haüy a supporto della sua affermazione, vale a dire uno di quei trattati che contribuirono maggiormente a diffondere il programma di ricerca della Société d’Arcueil. Il suo intento era quindi comporre un’opera al passo con i tempi, aggiornata alle ultime scoperte della chimica e della fisica particolare, ma insieme non appesantita da argomenti allora consolidati come quelli della fisica generale, ampiamente trattati dai manuali.
La chimica era trattata solo in due capitoli: il primo, di meno di novanta pagine, sull’affinità; il secondo, di poco meno di sessanta pagine, sull’elettrochimica. Quanto, invece, alla trattazione della fisica, essa risultava nettamente preponderante e organizzata in due parti principali: la fisica matematica e la fisica sperimentale o fisica particolare. La prima comprendeva le materie trattate con l’aiuto della matematica; la seconda spiegava, attraverso l’esperienza, le proprietà dei corpi e i trattati del «calorico» della luce, dell’elettricità, del magnetismo e delle «meteore». Entrambe costituivano la fisica teorica, mentre sotto il nome di fisica applicata Pianciani riunì l’astronomia, la meteorologia e la fisica terrestre. La fisico-chimica proveniva dalla convergenza della fisica particolare con la chimica. Pianciani escluse dal trattato la fisica matematica e, in particolare, la cosiddetta fisica generale, disciplina che trattava la sola meccanica, quest’ultima divisa in statica, dinamica, idrostatica e idraulica.
Un’altra importantissima caratteristica delle Istituzioni fisico-chimiche riguardava il suo impianto didattico, basato, tra i primi d’Italia, sul ‘sistema delle ondulazioni’ di un unico etere universale. Questo giudizio fu dato, per la prima volta, da Secchi, secondo cui Pianciani fu tra i primi ad abbandonare quelle teorie basate sui fluidi imponderabili in favore del sistema delle ondulazioni di un unico etere universale, responsabile dei fenomeni relativi al calore, alla luce, all’elettricità, al magnetismo e anche delle affinità chimiche. Pianciani, proseguiva Secchi, «benché non agguerrito di forti calcoli o formole geometriche, ma solo guidato da certo istinto che forma il vero genio, apprezzò debitamente le nuove teorie, e le diffuse nell’insegnamento, ne facilitò l’intelligenza, e oltre l’averle in vari opuscoli sostenute parzialmente, le riunì fino dal 1833 in una Appendice teorica alle Istituzioni fisico-chimiche, ove le idee allora tacciate di ardite voi le troverete espresse col linguaggio de’ giorni presenti» (1862, p. 7). Questa Appendice teorica, Della materia imponderabile (1835, III, parte II, libro IV, sezione III, pp. 343-427) di poco più di 80 pagine, secondo Secchi costituì il contributo più significativo del suo antico maestro. Secchi ne fece ancora esplicito riferimento due anni dopo, ne L’Unità delle forze fisiche, apparsa a Roma nel 1864: «Questa teoria [ondulatoria] abbracciata da Fresnel e da Ampere, fu tra noi con molto impegno diffusa e sostenuta nell’elementare insegnamento del p. Pianciani, e molte delle sue idee allora credute troppo avanzate, furono poscia verificate dalla prova dei fatti» (p. 12). L’appendice si chiude con una breve ma interessante «addizione», in cui Pianciani riassume e commenta una memoria di Gabriel Lamé del 28 aprile 1834 sulle leggi dell’equilibrio dell’etere nei corpi diafani. C’è da sottolineare che, sebbene nel trattato a proposito dei fenomeni della polarizzazione Pianciani citi esplicitamente i lavori di Augustin-Jean Fresnel e l’ipotesi delle vibrazioni trasversali (Istituzioni, II, pp. 194, 270 s.), considerando quest’ultima «di grande importanza per la teorica», poi non la inserisca esplicitamente nell’appendice teorica. Un breve cenno di questa famosa ipotesi di Fresnel si trova solo nella già citata addizione, quale commento alla memoria di Lamé del 1834.
Morì presso il Collegio romano il 23 marzo 1862.
Fonti e Bibl.: La principale fonte biografica su Pianciani e un elenco dei suoi scritti accompagnati da brevi note esplicative si trovano in A. Secchi, Intorno alla vita e alle opere del p. Giambattista Pianciani, in Giornale Arcadico di Scienze Lettere ed Arti, LXII, n.s., 1862, pp. 3-51: per l’elenco degli scritti, ibid., pp. 23-46. Per altre fonti e l’analisi dell’opera si veda G. Fantoni, Necrologio del p. Pianciani, in La Civiltà cattolica, II (1862), pp. 105 ss.; P. Volpicelli, Necrologico cenno intorno al R. P. G. B. P. compilato dal Prof. Paolo Volpicelli, in Atti dell’Accademia Pontificia de’ Nuovi Lincei, XV (1862), pp. 1-12; C. Sommervogel, P. Jean-Baptiste, in Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, VI, Bruxelles & Paris, 1890-1912, coll. 685-691, ibid., IX, col. 769; P. Nober, P. G., in Enciclopedia Cattolica, IX, Città del Vaticano 1952, p. 1327; R. Chiacchella, Per la storia di un archivio privato: il caso dei Pianciani di Spoleto. Studi in onore di Arnaldo d’Addario, a cura di L. Borgia - F. de Luca - R. M. Zaccaria, I, Lecce 1995, pp. 305-310; C.E. O’Neill - J.M. Domínguez, P. G., in Diccionario Histórico de la Compañía de Jesús. Biografico-Tematico, III, Roma-Madrid 2001, p. 3124; R. Mantovani, Un fisico dimenticato: il gesuita G. B. P. Atti del XXII Congresso nazionale di storia della fisica e dell’astronomia, a cura di M. Leone - A. Paoletti - N. Robotti, pp. 295-313, Recco 2004. Per i rapporti tra Pianciani e l’ambiente scientifico e filosofico al Collegio romano si veda C.H. Loviselmi, L’Osser-vatorio astronomico al Collegio romano in Roma, in Rivista di Astronomia e Scienze Affini, IV (1910), 10, pp. 453-462; P. Galletti, Memorie storiche intorno alla Provincia romana della Compagnia di Gesù: dall’anno 1814 all’anno 1914, Prato 1914, I, pp. 191-198, 599-606, II, pp. 141-164, 476-502; L’Università gregoriana del Collegio romano nel primo secolo della restituzione, 1824-1924, Roma 1924, pp. 59-76; P. Giovanni - S. J. Stein, La Compagnia di Gesù e le scienze fisiche e matematiche, in Rendiconti del Seminario Matematico e Fisico di Milano, 15, n. 1, 1941, pp. 129-146; G. Filograssi, Teologia e filosofia nel Collegio Romano dal 1824 ad oggi. (Note e ricordi), in Gregorianum, XXXV (1954), pp. 513-540; C. Piersanti, Origini, vicende e glorie del Collegio Romano e del Liceo Ginnasio E.Q. Visconti, Roma 1959, pp. 7-74.