ROBERTI, Giambattista
ROBERTI, Giambattista. – Nacque a Bassano del Grappa il 4 marzo 1719, dal conte Roberto e dalla contessa Lucrezia Francesca Fracanzani di Vicenza. La famiglia era agiata e di antica aggregazione al Consiglio municipale di Bassano, ma anche a quelli di Padova e di Belluno. Le sue vicende biografiche possono essere ricostruite attraverso le Memorie intorno alla vita dell’abate Roberti del vecchio precettore di casa, l’abate Agostino dal Pozzo. La sua prima formazione si svolse presso i gesuiti come alunno esterno. Fin dal 1729 fu domiciliato a Padova presso il sacerdote don Giacomo Gambarati. Nella città risiedette anche lo zio, il professore dell’Università Giovanni Poleni. Nella Lettera sopra l’uso della poesia indirizzata al conte Durante Duranti di Brescia, scritta a Bologna nel 1763 per il discepolo, in cui si conciliavano scienza e poesia, Roberti ricordò lo zio perché protesse i suoi primi studi. All’influenza di Poleni non fu estraneo un iniziale interesse per la scelta della vita religiosa con l’intenzione d’entrare nell’Ordine benedettino presente a Padova nel monastero di S. Giustina. Eppure il 20 maggio 1736 Roberti entrò come novizio nella compagnia di Gesù, presso l’Istituto S. Ignazio di Bologna dove ebbe fra gli insegnanti Vincenzo Riccati per la matematica. Dopo una parentesi di insegnamento di grammatica a Piacenza fra il 1739 e il 1741, e sotto il magistero del padre Antonfrancesco Bellati, tornò a Bologna, completando la sua preparazione filosofica presso il collegio di S. Lucia, dove nel 1743 venne ordinato sacerdote. Nell’autunno dello stesso anno fu inviato a Brescia, in qualità di maestro di umanità nel collegio per i nobili di S. Maria delle Grazie. In quella città ebbe modo di conoscere il confratello Saverio Bettinelli con il quale strinse una lunga e duratura amicizia.
A questo periodo sono attribuibili i primi scritti giovanili legati a occasioni celebrative di nozze illustri. Nel 1744 concluse una prima stesura del poemetto La Moda (1746), un canto unico in ottave e pubblicò la prima edizione delle Fragole (1752), in due canti, che anticipò in chiave campestre l’interesse dello scrittore per l’idea di natura. Entrambe le opere furono pubblicate per iniziativa del fratello maggiore, il conte Guerino Roberti. In versi sciolti fu composto un altro poemetto dal titolo Le perle (1756), ispirato alla satira oraziana e attento a cogliere le vanità della società del tempo. Completa questa prima fase della produzione giovanile in poesia L’armonia (1762), considerata come l’elemento che guida l’universo politico e la natura, entrambi creati da Dio.
Nel 1746 Roberti si trasferì a Parma, presso il collegio dei nobili, dove insegnò retorica e ricoprì la carica di accademico fino al 1751. A quel periodo è attribuibile l’edizione delle Poesie latine e volgari del gesuita Jacopo Antonio Bassani (Padova 1749), con un commentario latino attorno alla sua vita curato da Roberti. Una significativa testimonianza del suo ruolo traspare dalla biografia del giovane milanese Pietro Verri, collegiale a Parma nel 1748-49. In qualità di accademico, Roberti si trovò preposto agli esercizi cavallereschi, letterari e alle rappresentazioni teatrali, che costituivano un momento fondamentale del metodo educativo dei collegi gesuiti. Di questo impegno una traccia può essere costituita dalla breve opera teatrale Il paradiso terrestre, oratorio in onore di san Luigi Gonzaga (Bologna 1767).
Fra la sua produzione emerse l’operetta giovanile in prosa La Commedia (1755), sotto il nome di Eubite Leontineo, con la dedica della prefazione firmata dal senatore veneziano Niccolò Balbi al Sig. Dottore Carlo Goldoni. Si tratta di un elogio della riforma goldoniana, allora oggetto di aspre polemiche, condotto attraverso una ricostruzione della scena teatrale dall’antichità greca fino agli anni Cinquanta del Settecento. La Commedia venne lodata pure dall’ambasciatore veneziano a Roma Pietro Andrea Cappello. Un rapporto di stima reciproca traspare poi nella dedica della commedia goldoniana L’Impostore a Gasparo Gozzi (rappresentata nella stagione 1753-54, pubblicata nel 1754) suggerita dal gesuita e composta senza figure femminili proprio per poter essere rappresentata più agevolmente nel teatro di collegio a Bologna.
Nel 1751 fece ritorno a Bologna, dove insegnò filosofia nel collegio di S. Lucia e fece la sua professione di fede il 15 agosto 1753. Con il Panegirico di San Filippo Neri (1757), dedicato a Orazio Bettinelli, recitato sul colle di Sant’Onofrio in Arcadia, Roberti fece il suo esordio ufficiale nell’ambiente culturale bolognese. Il gesuita non fu estraneo alla querelle sulle arti intervenendo con l’orazione Agli studiosi di pittura scultura e architettura dell’Accademia Clementina orazione detta nell’Istituto delle scienze per la solenne distribuzione dei premi ai vincitori nelle tre discipline (giugno 1758). L’orazione, dopo la recita della quale fu ammesso come «pittore» al sodalizio bolognese, fu introdotta dal segretario e amico Giampietro Zanotti. Il successo dell’orazione fu tale che essa venne recitata di nuovo nel 1763. Nell’accademia degli Inestricati, a cui Roberti venne aggregato – ma fu pure ascritto a quella dei Gelati – pronunziò l’orazione per il trasporto dell’Immagine della beata Vergine di San Luca dal colle a Bologna (Bologna 1767). E a testimonianza del credito locale fra i bolognesi come oratore è pervenuta l’Orazione funebre a Pietro Paolo Molinelli bolognese medico e chirurgo prestantissimo (Bologna 1767).
Risalgono al periodo bolognese opere importanti per i temi dell’infanzia e dell’allevamento dei bambini come Due discorsi accademici sopra le fasce de’ bambini e Lettera di un bambino di sedici mesi colle annotazioni di un filosofo (1764). A Bologna vide la luce la prima Raccolta di varie operette, i cui primi due tomi uscirono nel 1767 per i torchi di Lelio dalla Volpe. A leggere la Lettera allo stampatore Petronio dalla Volpe, edita nel quinto tomo del 1785, la dilazione di quelli successivi, l’ultimo uscì postumo nel 1795, fece spazientire il pubblico dei lettori. A Bologna Roberti stette quasi vent’anni, e la sua attività principale fu quella di tenere lezioni di Sacra Scrittura, specialmente sopra i libri dei Re, nel collegio di Santa Lucia, compito che assolse ininterrottamente dal 1755 al 1773. Alcune lezioni sul giudizio universale, apprezzate dai bolognesi, sono giunte nelle Lezioni sacre sopra la fine del mondo, suddivise in XXXVI lezioni, edite postume dal nipote Tiberio nel 1792 presso la stamperia Remondini di Bassano. A margine di queste lezioni si può collocare, nel 1757, la composizione di un’ampia tragedia di argomento biblico: l’Adonia, incentrata sul vecchio re David in conflitto tra l’affetto per i figli e la ragione di Stato per la successione al trono d’Israele, che rimase però inedita. La data di pubblicazione di Del leggere i libri di metafisica e di divertimento (Bologna, Stamperia del Sant’Uffizio, 1769) ribadisce l’importanza del periodo bolognese nell’elaborazione dell’ampio trattato.
Roberti in quest’opera confutò l’anonimo libretto De la prédication attribuito a Voltaire e, prendendo spunto sulla diffusione di libri contro la religione, denunciò l’irreligiosità e la licenziosità della produzione editoriale, in particolare romanzesca, anche se nell’opera è prevalente l’intonazione antilluminista.
Da Bologna Roberti proseguì i contatti con la tipografia dei Remondini di Bassano: nel 1772 pubblicò presso di loro l’opuscolo Del lusso. Discorso cristiano con un dialogo filosofico, inserendosi sul dibattito europeo sui valori che il lusso rappresentava. L’esistenza di Roberti venne completamente trasformata nel luglio del 1773 con la soppressione della Compagnia decisa da Clemente XIV. Abbandonata Bologna, dopo un breve peregrinare fra Padova e Treviso scelse la sua residenza a Bassano nel giugno dello stesso anno. Lì, nel 1783-84, conobbe l’astronomo Ruggiero Boscovich.
Tra la fine del 1773 e il 1774 nell’esilio bassanese riprese l’impegno prolifico di scrittore apologeta del mondo cattolico in un dialogo critico con il pensiero illuminista. Al 1773 sono databili le Favole esopiane (ripubblicate a Bassano nel 1782, in edizione accresciuta di cento favole) in cui le vicende degli animali possono essere interpretate come uno specchio morale dei costumi, delle vanità e delle mode del Settecento. Nel 1774 venne incaricato dal vescovo di Vicenza delle confessioni a Bassano e per circa sette o otto anni tenne anche l’insegnamento del catechismo alla domenica. Al 1776 è databile la lettera diretta alla nipote Sul prendere, come dicono, l’aria e il sole, in cui le proprietà benefiche della natura sono congiunte a una gradevole operazione di divulgazione scientifica. Pure nel 1778, in occasione della professione di fede della nipote contessa Anna Maria Roberti nel monastero di S. Benedetto di Padova, l’abate scrisse il Panegirico di San Francesco di Sales, con un trattatello sopra le virtù piccole. Piccole virtù intese nello spirito di semplicità di s. Francesco, esse erano virtù sociali, che presentavano tratti di urbanità e rendevano la vita degli uomini più sopportabile.
L’immensa fortuna ottocentesca del trattatello confermava la poliedricità di questo autore studiato da Niccolò Tommaseo e letto con giovanile curiosità da Giacomo Leopardi (cfr. Sandonà, 2006, p. 58). Eppure, come altri confratelli ex gesuiti, egli seppe prontamente ricreare nuovi spazi culturali collaborando più intensamente con i Remondini, per i quali pubblicò le proprie opere e caldeggiò o suggerì la pubblicazione di scritti a difesa dell’ortodossia, come quelli dell’ex gesuita e acre polemista Francesco Antonio Zaccaria. Di questa posizione acquisita nella cultura italiana degli anni Ottanta, e valorizzata nello scenario di una nuova offensiva cattolica, era indizio la traduzione tedesca ad Augsburg in Baviera, nella Neueste Sammlung (26-37, 1788), del libro Del leggere i libri di metafisica e di divertimento. Non si trattò di un esempio isolato, come testimoniò l’edizione romana di Del leggere i libri di metafisica e di divertimento (1773) presso lo stampatore Palazzo Massimi, e quella napoletana delle Annotazioni sopra la umanità del secolo decimottavo (1784). Lo scambio di lettere fra il 1785 e 1786 tra Roberti e il conte Benvenuto Robbio di San Raffaele contribuì a promuovere in direzione antilluminista le opere dell’ex gesuita in terra sabauda. Le missive furono talvolta lunghe, come quella del 1784 nell’introduzione alle Rime di Giacomo Vittorelli, opera che comprese la canzonetta arcadica dell’abate bassanese Le Najadi (1757). Dall’epistolario poi si originavano testi come l’Istruzione cristiana ad un giovinetto cavaliere e a due giovinette dame sue sorelle (1789) in cui Roberti, commemorando la moglie morta del principe napoletano Vincenzo Carafa della Roccella, ne istruiva i figli piccoli.
La predilezione per il genere epistolare ricompare nella Lettera ad un illustre prelato sopra il predicare contro gli spiriti forti (1781), dedicato ai modi pericolosi con i quali venivano denunciati dal pulpito l’incredulità e l’ateismo alla moda. Nello stesso anno l’ex gesuita pubblicò le Annotazioni sopra la umanità del secolo decimottavo (1781), per una vera e non falsa umanità, dalla mondanità spensierata, suggellata dalla carità cristiana: le pagine sulla condizione miserevole dei contadini e dei carcerati, con una rara sensibilità per le condizioni igieniche, assumevano il carattere di un manifesto d’opinione. Nella seconda edizione (1786) aggiunse la fittizia Lettera di un ufficiale portoghese ad un mercante inglese sopra il trattamento de’ negri, in cui l’utilità sociale della religione umanizzava la tratta dei negri, migliorando le condizioni di vita degli schiavi, ma non giungeva a una proposta antischiavista alternativa che emancipasse l’uomo. Forse l’opera più completa fu il lungo saggio la Probità naturale (1784) il cui fine era di provare che il vero cristiano era il vero onesto uomo e che prescindendo dalla religione non poteva esserci onestà. Appartengono a quest’ultimo periodo gli Opuscoli quattro sopra il lusso (Bassano 1785) in cui l’economia venne considerata una virtù che contribuiva alla durevolezza e concordia delle famiglie. Per Roberti il lusso diveniva riprensibile quando era eccessivo, sontuoso, contrario allo spirito di mortificazione, proprio dell’uomo peccatore, volubile. Situazione che, in definitiva, rendeva impossibile la carità e produceva ingiustizie.
Morì il 29 luglio 1786, senza redigere un testamento, a Bassano.
Postumo, a cura del nipote Tiberio, apparve il trattato l’Amore della patria (1786). Il patriottismo era quello dei notabilati locali tardosettecenteschi, che trasudava di conservatorismo e di astio antilluministico eppure capace di chiarire i fondamenti e i caratteri della passione per la patria, soprattutto nella sua accezione repubblicana. Nell’ottica di una più persuasiva edificazione dei fedeli, fu pubblicato il Ragionamento sopra la divozione al sacro cuore di Gesù Cristo. Con una lettera intorno alla eloquenza del pulpito (Bassano 1787) con una lettera all’abate bolognese Lodovico Preti (Bassano 1782).
Opere. Raccolta di varie operette, VIII, Bologna 1767-1795; Rime di Giacomo Vittorelli con una lettera dell’abate G. Conte R., Bassano 1784; Opere […] coll’aggiunta degli Opuscoli postumi dello stesso Autore, e colle notizie intorno alla sua Vita, XIV, Bassano 1789; Saggio di lettere famigliari dell’abate G. Conte R.. Opera Postuma, Bassano 1797; Opere […] seconda edizione veneta coll’aggiunta degli Opuscoli postumi dello stesso Autore, colle notizie intorno alla sua Vita, XV, Bassano 1797; Opere, nuova edizione, XIX, Venezia 1830-1831; Lettera sopra l’uso della fisica nella poesia (1765), a cura di S. Baragetti, Milano 2014.
Fonti e Bibl.: Biblioteca e Archivio di Bassano del Grappa, b. 31.D.24, Memorie intorno alla vita dell’abate Roberti (Giambattista) dell’abate Agostino dal Pozzo; b. 31.B.14, Adonia, tragedia recitata l’anno 1757 in Bologna; Epistolario, In corso (55 lettere).
Elogio del Conte Abate G. R., Bassano 1787; G. Pizzamiglio, Le fortune del romanzo e della letteratura d’intrattenimento, in Storia della cultura veneta, 5, I, Vicenza 1985, pp. 172 s.; C. Alberti, Della probità teatrale. G.R. e il teatro del Settecento, in Biblioteca teatrale, n.s., IV (1986), pp. 159-187; C. Ossola, Piccoli improvvisi su “arie” e “affetti”, in Parigi/Venezia. Cultura, relazioni, influenze negli scambi intellettuali del Settecento, a cura di C. Ossola, Venezia-Firenze 1998, pp. 469-477; A. Trampus, Tra ex gesuiti e cultura dei lumi: Van-netti, Andrea Rubbi e l’abate R., in Atti dell’Accademia roveretana degli Agiati, CCXLVIII (1998), pp. 248-267; Id., I gesuiti e l’Illuminismo. Politica e religione in Austria e nell’Europa centrale (1773-1798), Firenze 2000, pp. 234 s., 241 s.; C. Capra, I progressi della ragione. Vita di Pietro Verri, Bologna 2002, pp. 90, 97-99, 122 s.; G.B. Sandonà, Ragione e carità. Per un ritratto di G.R. (1719-1786), Venezia 2002; Id., La Commedia di G.R., in Problemi di critica goldoniana, XII (2006), pp. 51-101; P. Delpiano, Il governo della lettura. Chiesa e libri nell’Italia del Settecento, Bologna 2007, pp. 244, 282; C. Viola, G.B. R., in Id., Epistolari italiani del Settecento. Repertorio bibliografico, Verona 2004, pp. 502 s.; M. Galtarossa, L’Amore verso la patria (1786) del bassanese G.B. R., in L’idea di Nazione nel Settecento, a cura di B. Alfonzetti - M. Formica, Roma 2013, pp. 219-230; A. Tuccillo, Il commercio infame. Antischiavismo e diritti dell’uomo nel Settecento italiano, Napoli 2013, pp. 59-84.