TUBI, Giambattista
Figlio del carpentiere francese Jean Tuby, che si era stabilito a Roma con il nome di Giovanni Tubi, nacque nella capitale pontificia nel 1629 (Maës, 2019).
Non si hanno informazioni certe sulla sua formazione né sulle circostanze del suo trasferimento a Parigi.
Secondo Auguste Jal (1872, p. 1208) l’artista si formò a Roma, dove venne notato da uno degli agenti di Jean-Baptiste Colbert, che lo segnalò al ministro perché prendesse servizio ai Bâtiments du Roi. Anche se Tubi fu certamente a Parigi prima dell’elezione di Colbert a surintendant (1664), l’idea di una ‘chiamata’ è suffragata dall’atto di naturalizzazione francese (1672; Guiffrey, 1873, p. 250), in cui si afferma che l’artista venne invitato a Parigi per entrare al servizio di Luigi XIV.
Nella capitale francese Tubi intraprese una fortunata carriera di scultore, adottando il nome di Jean-Baptiste Tuby – ma firmandosi solo Baptiste - e venendo soprannominato Le Romain.
Sebbene alcune lettere lo definiscano «sculpteur ordinaire du Roi» già nel marzo del 1659 (Le Blant, 1984, p. 343, non altrove citate), l’artista sembra documentato per la prima volta in città nel giugno del 1660, quando, in collaborazione con Alexandre Jacquet, scolpì due gruppi con putti che sorreggono simboli militari per i pilastri ai lati della Porte Saint-Antoine (distrutti nel 1672).
Tra il 1660 e il 1661 collaborò con Thomas Regnaudin all’apparato ornamentale (capitelli, mensole, ghirlande...) delle facciate dell’Hôtel Carnavalet, restaurato da François Mansart per Claude Boisléve.
Intorno ai primi anni Sessanta l’artista sposò Marguerite Cocuel († 1679), dalla quale ebbe sei figli (Jal, 1872, p. 1208; Le Blant, 1984, p. 343).
Il 3 marzo 1663, grazie a un brevet de privilège dispensatogli dal re, poté presentare la sua candidatura all’Académie Royale de peinture et de sculpture pur non avendo la cittadinanza francese. L’ammissione venne ufficializzata solo nel 1676, previa valutazione dello stato di avanzamento del suo morceau de reception, un busto rappresentante la Gioia (1663-80; Château de Versailles, in deposito presso il Louvre).
A partire dal 1664 fu sistematicamente impiegato nei cantieri delle residenze reali (Guiffrey, 1881-1896), assumendo incarichi di diversa entità e pregio: fu attivo per Saint-Germain-en-Laye, Fontainebleau, Versailles, il palazzo delle Tuileries, il Louvre e Marsy.
Nel 1666 ottenne un alloggio e uno studio ai Gobelins, dove incominciò a lavorare sotto la direzione di Charles Le Brun. Il primo pittore del re, che quell’anno tenne a battesimo uno dei suoi figli (Jal, 1872, p. 1208), sembra averlo favorito particolarmente.
Tubi infatti ebbe un ruolo da protagonista nei progetti elaborati da Le Brun per i giardini di Versailles. Limitandoci alle imprese più importanti, scolpì le statue di Aci e Galatea destinate alla Grotte de Téthys (1667-74; Petite écurie, mentre le copie sono nei giardini); realizzò il maestoso gruppo in piombo dorato del Carro d’Apollo per l’omonimo bacino (1668-70); partecipò alla decorazione ispirata alle favole di Esopo del Bosquet du Labyrinthe – del suo lavoro sopravvivono le statue in piombo policromo di Cupido, la volpe e il pavone (oggi presso il museo) – e nello stesso periodo (1668-70) realizzò per il Bassin de Flore la figura della dea in piombo dorato con quattro cupidi e otto zefiri, in parte reimpiegati in alcune fontane dei Jardins de Trianon.
Non mancarono i lavori all’interno della reggia, molti dei quali perduti per via della continua opera di ammodernamento dell’edificio: tra questi il ciclo di Dodici mesi del Salon Octogone nell’Appartement des Bains (1672-76), per il quale eseguì le statue di Aprile e di un altro mese in piombo dorato (distrutti).
Tra il 1673 e il 1674 l’artista si occupò della decorazione della Porte Saint-Bernard, realizzando due bassorilievi che celebravano Luigi XIV e sei figure allegoriche (distrutta).
Contemporaneamente iniziò a lavorare per la ‘Grande Commande’, il progetto di decorazione scultorea del Parterre d’Eau, diretto da Le Brun. Oltre a eseguire diversi modelli, tra il 1675 e il 1680 scolpì la statua della Poesia lirica (Opéra royal, mentre una copia è nei giardini); infine gli fu commissionato, ma non lo eseguì mai, il gruppo di Nettuno e Coronide.
Nel 1674 impiantò una fonderia nel suo studio ai Gobelins, indispensabile alla sua attività per le fontane della reggia, compresa quella in marmo e bronzo eseguita per uno dei pianerottoli dell’Escalier des Ambassadeurs (1674-82).
Nel 1677 scolpì per l’abbazia Saint-Denis la statua marmorea di S. Benedetto, destinata all’omonimo altare (dispersa).
Quello stesso anno tornò a lavorare per Versailles. Si segnalano in particolare la fontana in piombo dorato della Francia trionfante (1677-83), di cui subappaltò parte del lavoro a Jacques Prou ed Antoine Coysevox, le splendide sovrapporte in metallo dorato del Salon de Venus (1679) e gli stucchi dorati della Grande Galerie (1679-81).
Nel 1680 venne nominato professeur all’Académie e sposò in seconde nozze Suzanne Butay, figlia del pittore Charles Butay e nipote di Le Brun, che fu testimone del sacramento. La coppia ebbe quattro figli (ibid.). Il matrimonio fu la ratifica del rapporto di familiarità con Le Brun, con il quale nel corso degli anni Tubi condivise diversi affari, anche immobiliari (Le Blant, 1984, pp. 344, 346).
A questo periodo risale il Battesimo di Cristo, scolpito da Tubi su disegno del pittore per l’altare della cappella del castello di Sceaux, di proprietà di Jean-Baptiste Colbert (chiesa parrocchiale di Sceaux).
Sempre su progetto di Le Brun lo scultore si occupò di rivestire in forme moderne il coro gotico della chiesa parigina di Saint-Séverin (1681-84), in buona parte andato perduto, come i dodici cherubini in bronzo eseguiti per la nuova sacrestia di Saint-Eustache (1682 circa).
Tra le opere principali realizzate per Versailles in questo periodo ci sono il gruppo della Pace (1681-83; Cour d’honneur), la copia del Laocoonte vaticano (1684-96; oggi Petite écurie) eseguita a partire dai calchi in gesso conservati presso l’Académie, i modelli per le statue dei fiumi Rodano e Saona (1685) fuse in bronzo da Balthasar Keller e poste nel Parterre d’Eau, il Vase de la Paix (1685-87; Petite écurie, mentre una copia è nei giardini) e sette bassorilievi con putti eseguiti con l’aiuto della sua bottega per il Bosquet de la Colonnade (1686).
A questi anni risalgono i tre Angeli per l’altar maggiore della chiesa delle Sorbonne (dispersi) e una statuetta in terracotta di Diana con un cervo e un cane, iscritta sulla base «Tubi fct 1687» (Los Angeles County Museum of Art).
Tra il 1689 e il 1690 Tubi ricevette una considerevole somma di denaro da Jean-Baptiste Colbert de Seignelay, probabilmente relativa a lavori compiuti per il suo palazzo parigino o per il castello di Sceaux. Tra le sculture del giardino, una statua raffigurante l’Inverno (oggi ai Jardins du Luxembourg), per lungo tempo attribuita a Tubi, è oggi assegnata a Michel Anguier.
Tra il 1689 e il 1695 l’artista fu impegnato nella realizzazione dello sfarzoso pontile della cattedrale di Orléans, dapprima su disegni di Le Brun e poi di Jules Hardouin-Mansart (distrutto). Tra gli elementi ornamentali conservati, parte al Musée des Beaux-Arts d’Orléans e parte in cattedrale, si segnala il Cristo crocifisso in legno (su croce moderna).
Nel corso degli anni Novanta lavorò nel cantiere dell’Hôtel des Invalides: scolpì quattro Virtù sulla facciata insieme a Coysevox (1690-91), partecipò alla decorazione in pietra della volta della cappella di S. Agostino (1693-96) e realizzò le statue di S. Gregorio e S. Ambrogio per il tamburo della cupola, completate dal figlio Jean-Baptiste II.
Dal 1691 diresse l’Académie des Gobelins, dapprima insieme a Coysevox e Sébastien Leclerc e poi con François Verdier.
Una menzione a parte merita la produzione di monumenti funebri che impiegò Tubi per tutto il corso della sua carriera, principalmente su progetto di Le Brun: la tomba di Jérôme Bignon nella chiesa di Saint-Nicolas-du-Chardonnet, per cui eseguì la Giustizia e l’Abbondanza, mentre François Girardon scolpì il ritratto del defunto (1667-80); il cenotafio di Marin Cureau de la Chambre, ordinato dal figlio Pierre per la chiesa di Saint-Eustache (1669-80), di cui rimane solo la figura dell’Immortalità che regge il medaglione del defunto; il monumento di Henri de Latour d’Auvergne, visconte di Turenne, per l’abbazia di Saint-Denis (oggi all’Hôtel des Invalides), che realizzò insieme a Gaspard Marsy (all’artista romano spettano la Gloria che sorregge il defunto, il rilievo in bronzo dorato con la battaglia di Turckheim (1674) e la struttura architettonica dell’opera) (1676-80); il monumento di Colbert (1685-87), realizzato insieme a Coysevox per Saint-Eustache, per il quale Tubi eseguì l’Angelo (distrutto), la Virtù alla destra del sarcofago (in situ) e forse gli ornamenti in bronzo (distrutti); la tomba del cardinale Giulio Mazzarino al Collège des Quatre-Nations (1689-92), questa volta progettata da Hardouin-Mansart, per la quale Tubi lavorò al fianco di Coysevox ed Étienne le Hongre, realizzando la figura bronzea della Pace; la tomba di Henri de Matignon per la chiesa di Saint-Laurent a Torigni-sur-Vire (1689-91), di nuovo su disegno di Le Brun, di cui rimane solo la figura del giacente presso il museo di Vire (Faisant, 2015); e infine, ironia della sorte, anche il monumento dell’amico pittore († 1690) (Parigi, Saint-Nicolas-du-Chardonnet), per il quale dovette occuparsi delle parti bronzee (distrutte), mentre Coysevox scolpì il busto del defunto e le figure allegoriche (Souchal, 1987, pp. 362 s.).
Incaricato di scolpire ancora un monumento, quello che avrebbe dovuto conservare il cuore del visconte di Turenne nella chiesa dei gesuiti in Rue Saint-Antoine (gennaio 1699), Tubi fu costretto a rinunciare per il peggiorare delle condizioni di salute.
Morì il 9 agosto dell’anno successivo e venne sepolto nella chiesa di Saint-Hippolyte (Jal, 1872, p. 1209).
Tra le opere attribuite alla sua mano figurano la terracotta preparatoria dell’Aci e i ritratti di Lugi XIV e Maria Teresa, elencati nell’inventario di Charles Perrault (dispersi), una copia del Salvatore di Bernini commissionata da Pierre Cureau de la Chambre nella cattedrale di Sées (Lavin, 1973) e un busto rappresentante la Gioia presso il Los Angeles County Museum of Art. Infine, a giudicare dagli inventari dei suoi beni (Souchal, 1987, pp. 363 s.), sono ancora da rintracciare diversi busti all’antica.
C. Nivelon, Vie de Charles le Brun et description détaillée de ses ouvrages (1698 circa), a cura di L. Pericolo, Genève 2004, ad ind.; A. Jal, Dictionnaire critique de biographie et d’histoire, Paris 1872, pp. 1208 s.; J. Guiffrey, Lettres de naturalisation d’artistes étrangers, in Nouvelles archives de l’art français, II (1873), pp. 222-262 (in partic. pp. 248-251); Id., Comptes des bâtiments du Roi sous le règne de Louis XIV, I-IV, 1881-1896, ad ind.; Id., Project de monument destiné à reçevoir le cœur de Turenne par le sculpteur Jean-Baptiste Tuby, in Nouvelles archives de l’art français, XI (1894), pp. 19-24; T., G., in U. Thieme - F. Becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler, XXXIII, Leipzig 1939, p. 468; I. Lavin, Afterthoughts on “Bernini’s Death”, in The art bulletin, LV (1973), pp. 429-436; F. Souchal, French sculptors of the 17th and 18th centuries, I-IV, Oxford, 1981-1993, ad ind. (in partic. III, 1987, pp. 328-364); R. Le Blant, Actes notariés inédits sur les sculpteurs Thourin et Tuby au XVIIe siècle, in Archéologie pyrénéenne et questions diverses. Actes du 106e Congrès national… Perpignan… 1981, Paris 1984, pp. 333-350 (in partic. pp. 342-350); F. de La Moureyre, Les enfants de la Colonnade de Versailles, in Bulletin de la Société de l’Histoire de l’Art Français, 1984, p. 89-103; S. Hoog, Le décor sculpté, in Charles Le Brun 1619-1690: le décor de l’escalier des Ambassadeurs à Versailles (catal.), Paris 1990, pp. 40 s.; A. Maral, Le bestiaire de Versailles: les plombs du bosquet du Labyrinthe, in Le Labyrinthe de Versailles: du mythe au jeu, a cura di E. Maisonnier - A. Maral, Paris 2013, pp. 43-62 (in partic. pp. 44, 49-55, 62); Id., Les sculptures du Labyrinthe, ibid., pp. 63-78 (in partic. nn. 4, 16); Id., La Grande Commande de 1674. Chefs-d’oeuvre sculptés des Jardins de Versailles sous Louis XIV, Montreuil 2013, pp. 14, 22, 25, 38, 42, 49; E. Faisant, Une oeuvre inédite de Jean-Baptiste Tuby d’après Charles Le Brun: le tombeau d’Henri de Matignon, in Revue de l’art, 2015, n. 190, pp. 91-93; P.-H. Pénet, Le vase sculpté dans les jardins de Versailles sous Louis XIV, in Versalia, XIX (2016), pp. 201-214; A.-L. Desmas, Diana with a stag and a dog, in Gifts of European Art from The Ahmanson Foundation, a cura di L. Lehmbeck - J. P. Marandel - A. Walsh, II, Los Angeles, 2019, pp. 40 s., n. 10; A. Maës, Un sculpteur romain à la cour de France: alliances, fortune et oeuvre de Jean-Baptiste Tuby (1629-1700), thèse suous la codirection de M. Boudon-Machuel et d’A. Maral, Tours, Université de Tours - Parigi, Ecole du Louvre, 2019, I, p. 43 (da cui si sono potute trarre unicamente le informazioni riguardanti la data di nascita e il padre di Tubi).