ZELOTTI, Giambattista
– Nacque con ogni probabilità a Verona, come del resto assicurano Giorgio Vasari (1568, 1984, p. 472) e Carlo Ridolfi (1648, 1914, pp. 363 s.), in una data che plausibilmente è fissata al 1526, essendo egli morto il 28 agosto 1578 all’età di 52 anni (Brugnolo Meloncelli, 1992a, p. 27). Citato dalle fonti antiche in diversi modi (Battista da Verona, Battista Veneziano, Battista Farinato), fu a lungo confuso con lo zio Paolo Farinati, anch’egli pittore. Secondo i biografi la formazione si svolse all’interno della bottega di Antonio Badile, dove entrò in contatto con il collega e coetaneo Paolo Caliari, di cui divenne in breve socio e collaboratore.
Nel 1551 ai due artisti, uniti in un fecondo sodalizio, furono assegnati gli affreschi di villa Soranzo a Treville di Castelfranco Veneto (Treviso) grazie ai buoni uffici del progettista dell’edificio, Michele Sanmicheli (Vasari, 1568, 1984, p. 472). In particolare, questa équipe veronese, di cui faceva parte anche Anselmo Canera, affrescò quattro stanze: la loggia, il salone e due camere. Gli affreschi, che raffiguravano allegorie, episodi mitologici e paesaggi, furono dispersi dopo la demolizione della villa nel 1818 e soltanto in parte sono stati rintracciati (Gisolfi Pechukas, 1987). Lo stile dei frammenti superstiti è così sorvegliato e omogeneo che risulta complessa la distinzione dell’autografia, tanto Zelotti operava allora in sintonia con il compagno.
Con Paolo Veronese, con Domenico Brusasorci e con lo stuccatore Bartolomeo Ridolfi, nel 1551 Zelotti si recò a Vicenza per attendere alla decorazione del palazzo di Iseppo da Porto e di quello di suo zio Francesco, forse su diretto interessamento dell’architetto Andrea Palladio. Nella fase giovanile si colloca la Deposizione di Cristo nel sepolcro già in collezione privata svizzera e passata di recente in asta da Christie’s (Old masters evening sale, 8 dicembre 2016, lotto 21), ma che in origine era forse collocata nella chiesa del Corpus Domini a Vicenza (Ridolfi, 1648, 1914, p. 366).
Tra il 1552 e il 1554 fu affiancato da Giovanni Antonio Fasolo negli affreschi di villa Da Porto Colleoni a Thiene (Vicenza), dove sviluppò alcuni elementi introdotti da Paolo Veronese nella Soranza. Insieme a quest’ultimo, nel 1553 lavorò alla decorazione della sala dell’Udienza o del Consiglio dei dieci in palazzo ducale a Venezia, secondo un progetto iconografico di carattere mitologico preparato da Daniele Barbaro. L’incarico era stato dapprima affidato a Giambattista Ponchino, ma questi, stando a Vasari (1568, 1984, p. 472), non sentendosi all’altezza, si fece aiutare dalla coppia di colleghi veronesi. Sempre per palazzo ducale fu incaricato di decorare la stanza dei Tre Capi dei dieci, dove, nel telero ottagonale al centro del soffitto, raffigurò Il Tempo con la Verità e l’Innocenza liberate dal Male, che spicca per la vigorosità delle figure – accentuata dal disegno marcato – che si stagliano sul fondale.
In quella stessa congiuntura gli furono allogati anche tre tondi allegorici per il soffitto della libreria Marciana, per i quali, il 9 ottobre 1556, ricevette un primo acconto, e il saldo il 10 febbraio 1557. I procuratori di S. Marco, su consiglio di Pietro Aretino, di Tiziano e dell’influente famiglia Grimani, avevano stabilito un programma decorativo incentrato sulla vita attiva, affinché il sapere racchiuso nei volumi della biblioteca fosse indirizzato al bene pubblico. Dei tre tondi di Zelotti ne restano attualmente due: Le Matematiche e Le Buone abitudini con la Virtù, concepite in «strutture compositive dinamiche e complesse, con figure fortemente scorciate» (Brugnolo Meloncelli, 1992a, p. 15).
Intorno al 1557 l’artista collaborò con Paolo Veronese e Battista del Moro nella decorazione del palazzo di Camillo Trevisan a Murano (Venezia). Nel 1558 decise tuttavia di abbandonare la città lagunare per rivolgersi a una prolifica carriera di frescante nella Terraferma veneta, di cui abbiamo un riscontro anche nel trattato di Palladio (1570, 1980), sebbene, generalmente, i commenti dell’architetto non oltrepassino mai la soglia del generico apprezzamento. In particolare, sono suoi gli affreschi di villa Poiana a Pojana Maggiore (Vicenza), datati intorno al 1558, e quelli di villa Godi a Lonedo di Lugo (Vicenza), in cui subentrò a Gualtiero Padovano, e che lo tennero occupato fino al 1563.
Nel 1556 ricevette un pagamento per i perduti affreschi nelle facciate del Monte di pietà a Vicenza, ai quali lavorò dal 1558 al 1563, quando il cantiere fu terminato. In quello stesso periodo, sempre nella città berica, fu ingaggiato per affrescare alcuni ambienti in palazzo Chiericati, mentre nel 1662 consegnò due pale con La pesca miracolosa e La conversione di s. Paolo, oggi presso il Museo diocesano di Vicenza ma sistemate in origine negli altari dei fratelli Paolo e Simone da Porto nel duomo della città (Brugnolo, 1992a, pp. 92 s.). Tra il 1559 e il 1564 Zelotti è documentato presso l’abbazia di Praglia (Padova), dove gli vengono concordemente attribuiti gli affreschi della cupola della chiesa, una pala, le ante dell’organo nonché il ciclo della libreria, dove dispiegò ventuno tele con scene bibliche e soggetti cari all’ordine benedettino (Zava Boccazzi, 1985).
Nell’ambito della decorazione a fresco sono inoltre da ricordare gli interventi nelle ville Roberti a Brugine (1560-63), Foscari alla Malcontenta (1561) ed Emo a Fanzolo di Vedelago (1564-65). In queste opere, tra le più riuscite della sua carriera, Zelotti raggiunse un inedito equilibrio tra l’elemento figurale e quello architettonico. In seguito fu impegnato in villa Caldogno nel villaggio omonimo (1569) e negli affreschi (perduti) di villa Da Porto a Torri di Quartesolo (1572). Per il Catajo a Battaglia Terme (Padova) concepì un ciclo di quaranta scene autocelebrative del casato Obizzi, cui apparteneva Pio Enea, committente e ispiratore dell’opera (Jaffe, 2008). Conclusi entro il 1573, quando sono descritti per la prima volta in una guida a stampa (Ragionamento..., 1573) gli affreschi mostrano uno stile più sofisticato ed elegante, rinnovando la tradizione decorativa delle ville venete.
Come anticipato, Zelotti morì il 28 agosto 1578 a Mantova, dove poco prima era stato nominato prefetto alle fabbriche dal duca Guglielmo Gonzaga.
Nei panni di funzionario ducale, si applicò a un’attività intensa, riguardante soprattutto questioni architettoniche, a dimostrazione della sua versatilità. Stando a un mazzo di lettere ufficiali (D’Arco, 1857; Brugnolo Meloncelli, 1992b), il maestro veronese effettuò vari sopralluoghi, fornendo consulenze per la conservazione degli edifici gonzagheschi. Relativamente al periodo mantovano di Zelotti, non rimangono notizie di dipinti o di cicli decorativi ma, al contrario, sembra quasi che la sua attività pittorica si fosse arrestata (Brugnolo Meloncelli, 1992a, pp. 22 s.).
Artista di grande talento, Zelotti s’impose più d’ogni altro nell’ambito della decorazione di ville e di palazzi, in parte seguendo i principi pittorici che Veronese aveva inaugurato alla Soranza, e facendosi promotore di un raffinato manierismo di ascendenza emiliana (Pallucchini, 1990, p. 10). Se i suoi meriti sono stati riconosciuti solo tardivamente, non è tanto per la scarsa importanza dei luoghi in cui lavorò, come suggerito da Ridolfi (1648, 1914, p. 382), ma perché molte delle pitture sono andate perdute o attribuite per errore a Paolo Caliari. D’altra parte, dal confronto ingeneroso che molti critici hanno spesso stabilito con il più celebre collega veronese, con cui inizialmente aveva lavorato, per molto tempo la sua figura è uscita inevitabilmente schiacciata.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le Vite (1550 e 1568), a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, V, Firenze 1984, pp. 472 s.; A. Palladio, I quattro libri dell’architettura (1570), a cura di L. Magagnato - P. Marini, Milano 1980, pp. 102, 150, 157, 168; Ragionamento di m. Giuseppe Betussi sopra il Cathaio, per Lorenzo Pasquati, Padova 1573, p. XV; F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare, appresso Iacomo Sansovino, Venetia 1581, cc. 114v, 123v; C. Ridolfi, Le maraviglie dell’arte (1648), a cura di D. von Hadeln, I, Berlin 1914, pp. 363-383; B. dal Pozzo, Le Vite de’ pittori, de gli scultori et architetti veronesi (1718), a cura di L. Magagnato, Verona 1967, I, pp. 130-137, II, p. 120; C. D’Arco, Delle arti e degli artefici di Mantova, I, Mantova 1857, p. 98, II, p. 188; A. Avena, G.F. Caroto e Battista Z. alla corte di Mantova, in L’Arte, XV (1912), pp. 205-208; D. von Hadeln, Veronese und Z., in Jahrbuch der Preussischen Kunstsammlungen, XXXV (1914), pp. 168-220; Id., Veronese und Z. II, ibid., XXXVI (1915), pp. 97-128; A. Venturi, G. Z., in L’Arte, XXXII (1929), pp. 49-67; L. Brenzoni, G. Z., in U. Thieme - F. Becker, Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler, XXXVI, Leipzig 1947, pp. 453 s.; E. Arslan, Nota su Veronese e Z., in Belle arti, I (1948), pp. 227-245; G. Gamulin, Contributi al Cinquecento, in Arte veneta, 1959-1960, n. 13-14, pp. 88-95; B. Rupprecht, Gli affreschi cinquecenteschi delle ville venete, ibid., 1963, n. 16, pp. 197-199; L. Magagnato, I collaboratori veronesi di Andrea Palladio, in Bollettino del Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio, X (1968), pp. 170-187; R. Pallucchini, G. Z. e Giovanni Antonio Fasolo, ibid., pp. 203-228; F. Zava Bocazzi, Considerazioni sulle tele di Battista Z. nel soffitto della libreria di Praglia, in Arte veneta, 1970, n. 24, pp. 111-127; Ead., Battista Z. a Praglia, in L’abbazia di Santa Maria di Praglia, a cura di C. Carpanese - F. Trolese, Milano 1985, pp. 149-159; D. Gisolfi Pechukas, Veronese and his collaborators, at la Soranza, in Artibus et Historiae, VIII (1987), 15, pp. 67-108; R. Pallucchini, Paolo Veronese e il manierismo, in Nuovi studi su Paolo Veronese, a cura di M. Gemin, Venezia 1990, pp. 3-15; K. Brugnolo Meloncelli, Precisazioni cronologiche sulle opere di Battista Z., in Venezia Arti, V (1991), pp. 49-62; Ead., Battista Z., Milano 1992a; Ead., Nuovi documenti per Battista Z. a Mantova, in Arte lombarda, n.s., CI (1992b), 2, pp. 103-107; P. Joannides, Una copia di un’opera perduta di Battista Z. e un suo disegno autografo, in Arte veneta, 1996, n. 49, pp. 51-54; A. Tessarolo, Battista Z.: concordia maritale ed economia a Villa Emo a Fanzolo, in Arte documento, 1997, n. 11, pp. 98-101; W.H. de Boer, A note on two paintings by G. Z. and Francesco Maffei in Vicenza, in Paragone, s. 3, LIV (2004), 52, pp. 62-67; I.B. Jaffe, Z.’s epic frescoes at Cataio: the Obizzi saga, New York 2008; M. Dal Corso, Le giornate di Giovanni Battista Z.: procedimenti esecutivi della decorazione ad affresco di una fabbrica palladiana, in Arte documento, XXVII (2011), pp. 88-91.