GIAMBONO da Bissone
Non si conosce la data di nascita di questo scultore ticinese attivo tra Emilia e Lombardia nell'ultimo quarto del Duecento. Con ogni probabilità G. può essere identificato con Giambonino o Zambonino, nipote di Giannibono di Enrico d'Arogno: nel testamento di questo, stilato a Trento in data lacunosa, ma interpretata come 1295 (Zanolini), o altro anno successivo al 1282, si nomina infatti "Zamboninum nepotem suum qd. Jacobe filie sue de Bissuno, Cumane diocesis". Egli va dunque collocato all'interno di una delle più note botteghe campionesi, quella di Adamo da Arogno e dei suoi discendenti, all'opera nel duomo di Trento, imparentata con i ticinesi Bigarelli attivi anche in Toscana (Ascani, 1991). La sua carriera mostra di essersi svolta, secondo una precisa prassi delle botteghe familiari ticinesi, perlopiù in cantieri diversi da quelli retti dalla famiglia di origine, ma spesso al seguito di congiunti, tutti esercitanti il mestiere di scultore e architetto, operanti in città e talora regioni diverse.
G. è testimoniato a Parma dall'iscrizione firmata relativa ai leoni del protiro della cattedrale da lui eseguiti nel 1281. Negli stessi anni si dovette spostare anche a Cremona, nella cui cattedrale, alla testata settentrionale del transetto, compare un protiro, agevolmente paragonabile a quello parmense; tale opera, certamente da porre in relazione con un documento del 1282 che vede l'artista pagato, insieme con Guglielmo da Campione, per la sistemazione dell'accesso e della scalinata all'ingresso alla cattedrale su quel lato, è ulteriormente testimoniata dagli annali della cattedrale come eseguita nel 1283 (Puerari, 1969).
È probabile che G. sia, con Giacomo Porrata che firma nel 1274 il rosone della facciata del duomo di Cremona, uno dei personaggi di spicco di una vasta maestranza campionese attiva al completamento delle due cattedrali, le cui fasi sono state ben individuate dalla critica negli scorsi decenni (Puerari; Quintavalle). In particolare, per la cattedrale di Parma i lavori dovettero comprendere il rialzamento del presbiterio e la ricostruzione della cupola (Quintavalle, 1974). È ben visibile sul coro una loggetta cieca ad archetti intrecciati che mostra affinità, nei materiali, nella tecnica e nello stile, con il protiro. I massicci leoni del protiro parmense, linearmente squadrati, e dalle criniere dalle tipiche ciocche ricurve distribuite con geometrica regolarità, accovacciati su piccole prede e minacciosamente digrignanti a difesa del varco della cattedrale, sono opere caratteristiche di una delle ultime feconde stagioni delle maestranze campionesi in Emilia e nel settore centrale della Bassa lombarda, e ritornano con pressoché identiche forme a Cremona, non solo nel protiro settentrionale ma anche in quello apposto al portale centrale di facciata, rialzato in seguito con un secondo ordine. Il protiro di facciata, anzi, l'unico dei tre per il quale G. non sia testimoniato come autore, dovette precedere cronologicamente quello laterale, e forse anche quello di Parma, risalendo i lavori in questa parte della chiesa al decennio 1273-83 (Puerari, 1971).
Anche nel caso della cattedrale cremonese, alla stessa fase dovette appartenere il completamento delle parti alte del presbiterio, sebbene non vi sia immediatamente riconoscibile la mano dell'artista. È probabile, dunque, che questo scultore si sia specializzato, all'interno della divisione dei compiti della grande taglia campionese, in opere scultoree di grandi dimensioni, a testimonianza della sua posizione di prestigio nella bottega, e che siano a lui ascrivibili i protiri nel loro complesso, con moderni e slanciati timpani su fini colonnine anche ottagonali in marmo bianco o rosso veronese, a coronamento talora inglobante pregiati pezzi di reimpiego, come certo richiesto dalla committenza, o eretti ad annunciare e a rendere più imponenti e moderni portali di più antica realizzazione romanica, che non si intendeva tuttavia rimuovere.
A una cultura artistica non lontana da quella di G. è infine da ascrivere il coevo protiro del duomo di Lodi, già avvicinato a quelli cremonesi (Romanini).
Si ignorano di G. il luogo e la data di morte.
Fonti e Bibl.: G. Merzario, I maestri comacini, I, Milano 1893, pp. 149, 168; V. Zanolini, Per la storia del duomo di Trento, in Atti della I.R. Accademia di scienze lettere ed arti degli Agiati in Rovereto, s. 3, V (1899), 1, pp. 155 s.; L. Testi, La cattedrale di Parma, Bergamo 1934, p. 25; A.M. Romanini, L'architettura gotica in Lombardia, I, Milano 1964, pp. 170 s.; A. Puerari, Contributi alla storia architettonica del duomo di Cremona, in Boll. stor. cremonese, XXIV (1969), pp. 248 s.; XXV (1970-71), pp. 17-44 passim; Id., La cattedrale di Cremona, Milano 1971, p. 55; A.C. Quintavalle, La cattedrale di Cremona, Cluny, la scuola di Lanfranco e di Wiligelmo, in Storia dell'arte, 1973, n. 18, pp. 136-138; Id., La cattedrale di Parma e il romanico europeo, Parma 1974, p. 282; V. Ascani, La bottega dei Bigarelli. Scultori ticinesi in Toscana e in Trentino nel Duecento sulla scia degli studi di Mario Salmi, in Mario Salmi storico dell'arte e umanista. Atti…, Roma… 1990, Spoleto 1991, pp. 110 s.; Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici per l'Emilia, Il duomo di Parma. Recenti restauri, Bologna 1991, passim; G. Guarisco, Il duomo di Parma. Materiali per un'altra storia, Firenze 1992, passim; V. Ascani, Lombardia. Scultura, in Enciclopedia dell'arte medievale, VII, Roma 1996, pp. 797-802 passim.