LEOSTELLO, Giampietro
Nacque a Volterra, probabilmente poco dopo la metà del XV secolo, da una famiglia di censo non modesto che dal 1432 aveva assunto il cognome Leostello (o Leostelli) abbandonando quello di Della Bese per motivi di opportunità politica. La madre del L. fu una certa Lena, mentre il padre era Niccolò di Piero di Giusto, giureconsulto di buona fama e politicamente filofiorentino.
La prima notizia che si ha del L. lo dà a Montecatini Val di Cecina il 13 ott. 1467, per sfuggire la peste. Nel luglio 1469 era però nuovamente a Volterra.
Frequentò allo Studio di Siena i corsi di diritto tenuti da Bartolomeo Sozini (dal 20 ott. 1469 al 14 ag. 1470) e da Francesco Accolti (dall'autunno del 1471 al 9 ag. 1472). Era presente a Volterra il 23 sett. 1472, dopo che la città ebbe subito il sacco da parte delle truppe fiorentine il 18 giugno 1472. Interessato ai fatti politici della città, si attestò su posizioni simili a quelle paterne.
Nell'anno accademico 1473-74 si trovava presso lo Studio pisano a seguire le lezioni sul Digesto di Baldo Bartolini.
Dal 1474 sembra non trovarsi più a Volterra. Di certo, come dichiara egli stesso, il 20 ott. 1476 era a Napoli, presso la corte del duca di Calabria, il futuro re di Napoli Alfonso II d'Aragona. Da allora la vita del L. si sarebbe intrecciata con quella del duca. A Napoli infatti ottenne l'incarico di governatore dei paggi della casa del duca con lo stipendio annuo di 36 ducati.
Forse già prima del 1484 compose il De vita curiali: si tratta di un breve dialogo tra due personaggi, Percevallus e Leonardus, identificabili con due cortigiani di Alfonso, Princivalle De Gennaro, luogotenente del duca in Toscana negli anni 1478-81, e presumibilmente Leonardo Como, scrivano del duca tra il 1486 e il 1490. Il dialogo verte sui doveri morali e religiosi del cortigiano perfetto secondo i consigli, abbastanza comuni in verità, che Percevallus, da poco scomparso, elargisce in forma di visione al giovane Leonardus.
In questi anni, forse a partire dal 1482, ma con sicurezza dal 4 ott. 1483, seguì il duca negli spostamenti che questi compì nel Norditalia come capitano generale della Lega contro Venezia.
Tramite le Effemeridi, l'opera principale del L., si possono ricostruire i suoi movimenti tra il 1484 e il 1491: il 22 maggio 1484 il L. era a Cremona col duca, che seguì fino al 24 agosto quando, conclusa la guerra, Alfonso si mosse verso Milano, mentre il suo seguito, compreso il L., si recò a Casal Maggiore per aspettarlo fino al 27 settembre. Nel viaggio di ritorno a Napoli spesso la corte si separò dal duca e non è chiaro se il L. si sia recato con Alfonso o con il seguito, come in occasione delle visite del duca a Ferrara (28-29 settembre) e a Firenze (7-8 ottobre). Comunque, nel percorso da Firenze a Roma, dove Alfonso incontrò papa Innocenzo VIII, il L. era a fianco del duca (9-26 ottobre).
Il 3 novembre raggiunsero Napoli, dove il L. rimase fino al 23 maggio 1485, quando la corte di Alfonso si mosse verso gli Abruzzi, per rimanerci fino al 25 luglio, data del ritorno a Napoli. Il L. era nuovamente insieme con Alfonso in Abruzzo il 13 ottobre e quindi nella successiva campagna militare che si svolse tra Roma e la zona di Cortona, Pitigliano e Montepulciano contro le forze papali (22 novembre - 13 luglio 1486). Dopo la sosta estiva a Napoli, il L. fu al seguito di Alfonso quando questi si mosse verso la Romagna (21 agosto), schierato stavolta dalla parte del papa. Il 14 settembre le truppe napoletane tornarono verso il Regno aragonese e impegnarono, una volta penetrate il 1° ottobre negli Abruzzi, i nobili aderenti alla cosiddetta congiura dei baroni (4 ottobre - 26 novembre). Piegata la resistenza, il duca con i suoi entrò trionfalmente, il 26 dicembre, a Napoli. Occasionalmente, in questo periodo, il L. ebbe anche la funzione di maggiordomo del duca, come nel caso della cena che Alfonso offrì agli ambasciatori papali il 10 luglio 1487 nella propria residenza napoletana a Castel Capuano.
Il L. accompagnò Alfonso in altri numerosi viaggi tra il 2 ott. 1487 e il 21 genn. 1491 (Cilento, Puglia, Calabria, dintorni di Napoli). Dal 22 gennaio il duca risiedette a Napoli presso il re Ferdinando I a Castelnuovo almeno fino al 6 febbr. 1491, data conclusiva nel racconto delle Effemeridi.
Le Effemeridi delle cose fatte per il duca di Calabria [1484-1491] di Joampiero Leostello da Volterra da un codice della Biblioteca nazionale di Parigi, a cura di G. Filangieri, Napoli 1883 appaiono quindi come una sorta di cronaca-giornale, nella quale il L. aveva l'incarico di riportare tutti i fatti che riguardavano il duca Alfonso almeno per il periodo compreso tra il 22 maggio 1484 e il 6 febbr. 1491. Per far questo, il L. doveva vivere a stretto contatto giornaliero con Alfonso, sentendosi in dovere anzi di segnalare quando le notizie gli venivano di seconda mano. Rari dunque sono i passi in cui il L. parla di sé nell'opera, tutta incentrata sulla figura del duca. Ne scaturisce un quadro elogiativo di principe modello secondo moduli cortigianeschi, totalmente antitetico al tradizionale, fosco ritratto di Alfonso. Le informazioni del L., tuttavia, sono accumulate spesso in modo acritico per vicende importanti (quali la congiura dei baroni e le attività diplomatiche), mentre episodi della sfera privata scendono fin nel dettaglio (come malattie e funzioni corporali). Per questo, forse, il L. sente più volte il bisogno di avvertire che lo stile si adatta al comando impostogli: per un diario-agenda è necessario ridurre al minimo l'eleganza del dettato. E in effetti, la lingua delle Effemeridi è un volgare di base toscana con espressioni napoletane scarno ed essenziale, anche se appesantito da continui latinismi.
D'altra parte, il L. accenna a un'altra opera, sempre dedicata alla vita di Alfonso, della quale si può ipotizzare, in base ai radi cenni che egli dà, che dovesse rispettare i canoni della biografia di stile umanistico-rinascimentale. Di questa biografia, tuttavia, sappiamo solo, dalle stesse Effemeridi, che era in fase di composizione tra il 30 dic. 1489 e il 20 apr. 1490.
Le Effemeridi, precedute, nell'unico codice che ce le tramanda (Parigi, Bibliothèque nationale, Fonds ital., 414), da una lista di giorni nefasti per le guerre e la giustizia e da una serie di distici elegiaci in lode del duca, assumono dunque importanza soprattutto come documento sulle abitudini del duca e della corte aragonese, ma anche come prezioso serbatoio di informazioni sull'architettura e sulla storia dell'arte a Napoli. Come ha notato il suo editore, si concludono bruscamente con la sigla: "alia: in s.°: l.° vide:", per cui si ipotizza un secondo libro, di cui però non si ha alcuna notizia.
Da un atto notarile del 23 febbr. 1493 sappiamo che il L. a quell'epoca era un ecclesiastico, che si proclamava di Napoli e che aveva ricevuto, da parte del re Ferdinando I, la prepositura di San Pietro a Campovalano nelle terre di Campli, diocesi di Teramo, compresi altri benefici.
Da una sua lettera indirizzata a Piero di Lorenzo de' Medici ricaviamo che il L., che stavolta si dichiarava volterrano, si trovava con il duca all'Abbazia del Piano di Palma, presso Nola, il 9 marzo 1493. Questa è l'ultima notizia che abbiamo su di lui. Poiché la prepositura passò il 24 novembre dello stesso 1493 a fra Giovanni Giocondo da Verona, si presuppone che nell'autunno il L. fosse già morto.
Dal complesso delle sue opere e dalle asserzioni del suo corrispondente Antonio Ivani, si può dedurre che la sua cultura fosse di levatura tutt'altra che modesta, come invece presupponevano i primi studiosi, anche se non eccelsa, certamente di taglio giuridico, a cui si affiancava l'interesse per le lettere classiche e per la patristica.
Del L. infatti sono pervenuti, raccolti in un unico codice, il Magl., XXIX.127 della Biblioteca nazionale di Firenze, i suoi appunti dei tre corsi universitari che aveva seguito. Un altro codice autografo, il Magl., VIII.4, iniziato prima dell'8 luglio 1469 e portato a termine prima del 20 ott. 1476, ci trasmette invece degli Excerpta di classici latini, classici greci in versione latina, Padri della Chiesa e Bibbia. Si conservano inoltre sedici lettere indirizzate a Lorenzo de' Medici e due al figlio di lui Piero, da cui si può dedurre che il L. fungesse da loro informatore. Ne sono una conferma tredici lettere del Magnifico, scritte tra il 20 marzo 1483 e il 21 genn. 1487, che riguardano il L. o la sua famiglia. Da Napoli, infatti, il L. continuò sempre a preoccuparsi della sorte dei parenti e degli amici di Volterra. Sono infatti specialmente attestati contatti con i fratelli Giovan Paolo - al servizio di Alfonso negli anni 1488-89 e poi tornato a Volterra - e Francesco, notaio a Volterra.
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