BOSSI (Bosso, Bossius), Gian Alberto (Alberto)
Nacque a Busto Arsizio tra il 1450 e il 1460 da un Donato. Avviatosi alla carriera ecclesiastica, studiò a Milano, dove si manifestarono quelle inclinazioni letterarie che gli aprirono l'ingresso alla corte di Gian Galeazzo Sforza e di Isabella d'Aragona sua moglie. Verso il 1494, dopo la morte di Gian Galeazzo, il B. passò al servizio di un gentiluomo milanese, forse come istitutore; in seguito abbandonò Milano e insegnò retorica a Busto e a Legnano. A Busto fece parte dell'allegro cenacolo letterario dei "vascones", ma intanto cresceva in lui la preoccupazione per i drammatici eventi che si svolgevano in quegli anni in Italia e particolarmente in Lombardia, tra cui l'improvviso saccheggio di Busto del dicembre 1511, da cui il B. riuscì a sfuggire attraverso paurose peripezie.
L'unico suo scritto edito nel Cinquecento furono le Institutiones Grammaticae, nate dalla sua attività d'insegnante e pubblicate molto tempo dopo la sua morte, se la più vecchia delle edizioni conosciute è quella datata "Trini 1570".
L'operetta, che fu assai diffusa e lodata per il suo valore didattico, contiene in fine anche dei capitoletti pedagogici a uso dei precettori, in cui si spiega tra l'altro quale sia l'atteggiamento da assumere nei riguardi dei discepoli e come debba essere diviso e programmato lo studio del latino nell'arco della settimana. Ma il B. deve anche essere ricordato come poeta latino: suoi versi sono reperibili nel mutilo cod. N 133 sup. della Biblioteca Ambrosiana di Milano e in un manoscritto completo, probabile bella copia autografa del codice ambrosiano, annotato dal cronista bustese P. A. Crespi Castoldi e in possesso della famiglia Calamida di Milano, che fu descritto da P. Bondioli in Bagliori del Rinascimento lombardo. La raccolta poetica del B. inizia con un'epistola dedicatoria ad Antonio Stanga, oratore ducale, e contiene numerosi componimenti, tra cui molti interessanti per gli accenni a Busto Arsizio, alla sua storia, alle sue condizioni tra la fine del Quattrocento e i primi del secolo successivo: notevoli a questo proposito il Carmen de anno, sui lavori agricoli che si svolgono periodicamente nella pianura lombarda; il Carmen ad Bustenses, descrizione di una sagra bustese con cenni di storia cittadina, e il De signis et prodigiis, denso di oscuri terrori per gli eventi storici succedutisi dopo la discesa in Italia di Carlo VIII. Molti sono anche i versi in onore degli Sforza e dei loro cortigiani, tra cui il De amoenitate villae Cusagi a Ludovico Mauro erectae, l'Epithalamium de Ioanne Galeatio Duce et Helysabella uxore (pubbl. dal Bondioli in Un poeta bustese alle nozze di Gian Galeazzo Sforza e Isabella d'Aragona), cui fece seguito, dopo la misteriosa morte del duca, l'Antipithalamium de casibus et infortuniis eorundem. Il B. si dedicò anche alla poesia religiosa, cui anzi assegnava il primato sopra ogni altra: tra i componimenti di questo genere sono da ricordare il poemetto Michaela, sulla storia del santuario di S. Michele Garganico, e principalmente l'Hymnarium seu Fastorum libellus de Solemnitatibus Domini et Sanctorum Festis, che raccoglie trentasei componimenti in vari metri: qui il B. espone anche le sue idee sulla poesia antica, che ritiene sì utile ai giovani per imparare bene il latino e formare pienamente la propria cultura, ma che in seguito dovrà essere abbandonata in favore di una poesia che alle favole pagane sostituisca immagini che siano cristianamente caste e abbiano anche un contenuto morale e religioso.
Dal 1512 in poi non abbiamo più notizie del B., che molto probabilmente morì intorno a quell'anno.
Bibl.: F. Argelati, Biblioth. scriptorum Mediol., I, 2, Mediolani 1745, col. 217; P. Bondioli, Un poeta bustese alle nozze di Gian Galeazzo Sforza e Isabella d'Aragona (nozze Monaco-Milani), Busto Arsizio 1926; Id., Bagliori del Rinasc. lombardo nell'opera latina di G. A. B. di Busto Arsizio, in Studi e ricerche della Società bustese di storia e d'arte, I (1928), pp. 15-48.