CAOTORTA, Gian Battista
Apparteneva a quel ramo della nobile famiglia veneziana, detto di S. Maria dell'Orto, il cui stemma si era differenziato da quello iniziale del casato per l'aggiunta all'originario bisante (di cui però era stato mutato il metallo dall'argento all'oro) di un leone rampante, anch'esso d'oro.
Egli era figlio di Marco di Gian Battista e di Orsetta di Massimo Valier, dal cui matrimonio erano nati tre figli maschi: Guido, che fu alla Ternaria vecchia; Girolamo, che fu membro del Consiglio dei dieci; e, il 20 genn. 1554, il C., che per le sue qualità personali, fu chiamato a ricoprire molto presto uffici pubblici, nella gestione dei quali, a detta dei contemporanei, palesò gentilezza ed amabilità non meno che inflessibilità di carattere. La morte, sopraggiunta a soli quarantatré anni, troncò quel cursus honorum che egli, date le buone premesse, avrebbe senz'altro brillantemente compiuto.
Il C. ottenne la sua prima carica, la podesteria di Montagnana, agli inizi del 1576, appena ventunenne, pur essendo fissata a venticinque anni l'età minima richiesta dalla Serenissima per l'elezione alle magistrature.
Afferma il Priuli che questa nomina si dovette ad un "privilegio del deposito", e cioè ad un versamento di carattere cauzionale da lui fatto all'erario; ciò si spiega tenendo conto del periodo particolarmente critico che Venezia stava attraversando: la triennale guerra di Cipro si era infatti conclusa con una pace separata e con la perdita dell'isola e del prezioso possedimento d'Antivari; essa aveva avuto un costo altissimo sia per le finanze che per l'economia veneziana, ed era quindi necessario incrementare le entrate pubbliche ed inviare nel contempo uomini validi nelle sedi esterne.
Preso possesso della carica nel marzo del 1577, egli si trovò a dover affrontare, come documentano i dispacci inviati ai capi del Consiglio dei dieci, il pericoloso diffondersi di un "male assai contagioso", per combattere il quale egli chiedeva quali fossero i provvedimenti da prendersi "in questa povera terra alla conservazione della quale devo attendere con tutti gli spiriti". Sono questi infatti i giorni in cui dilaga nello Stato veneziano la famosa "peste del Redentore".
Negli anni seguenti il C. fu chiamato ripetutamente a ricoprire magistrature interne (fatta eccezione per il 1584 quando venne nominato custode della fortezza di Orzi Novi), maturando quell'esperienza che gli darà la specifica preparazione politico-finanziaria, di cui farà ottimo uso nei reggimenti esterni ai quali sarà designato anche per il futuro. Nel 1580 egli venne infatti eletto alla Quarantia civil vecchia; l'anno dopo fu alla Ternaria vecchia, competente a riscuotere i dazi sull'entrata e sul consumo dell'olio; nel 1588, quale ufficiale alle Cazude, fu preposto alla esazione delle somme dovute per i debiti d'imposta; nel 1591 fu incaricato, come provveditor sopra i dazi, della repressione del contrabbando nelle acque dell'Adriatico, ma rifiutò.
Nel 1593 fu nominato provveditore a Salò, dove rimase dal novembre di quell'anno fino al marzo del 1595. Del suo operato in tale carica dà valida testimonianza la relazione finale che egli lesse in Collegio al suo ritorno a Venezia.
Costruita secondo lo schema tradizionale, omettendo informazioni di carattere generale, già note alla Signoria, con stile molto conciso essa illustra brevemente le caratteristiche del territorio e delle popolazioni, soffermandosi invece più a lungo sul cattivo stato della camera fiscale. A questo problema il C. si dimostra particolarmente sensibile, e, ricorrendo a quanto gli suggerisce l'esperienza maturata nelle magistrature di carattere finanziario precedentemente ricoperte, propone, per risanarla, l'istituzione di una pena "a chi non pagasse nel tempo terminato la taglia ducale".
Sempre in quell'anno (1595) una "parte" del Senato lo nominò provveditore in Terraferma per la "descrition de formenti" nel Veronese e nel Colognese: egli dovrà andar di persona "casa per casa et loco per loco... per venire in cognitione di quelli che haveranno e per sapere se alcuno nascondesse la giusta quantità".
Nel 1596 il C. fu chiamato ancora una volta a reggere una sede esterna in virtù della nomina a rettore alla Canea; egli assunse il nuovo incarico nell'isola di Candia nel maggio dell'anno successivo, ma presumibilmente dopo pochi mesi morì, dato che già nel novembre 1597 fu eletto il suo successore.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Miscellanea codici I, Storia veneta, 18: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritiiveneti, p. 238; Ibid., Miscellanea codici III, Codici Soranzo, 31: G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, p. 672; Ibid., Avog. di Comun,Nascite,Libro d'oro, reg. 53/III, c. 71r; Ibid., Avog. di Comun,ibid., Contr. nozze, reg. 150/II, cc. 184r-185r; Ibid., Segretario alle voci,Elez. Maggior Consiglio, reg. 5, cc. 144v-145r; reg. 7, cc. 35v-36r; reg. 8, cc. 192v-193r, 194v-195r; Ibid., Segret. alle voci,Elezioni Pregadi, reg. 6, c. 131r; Ibid., Capi del Cons. dei Dieci,Lettere di Rettori e di altre cariche (Salò e Brescia), b. 60, cc. 135-139; (Montagnana), b. 118, cc. 49-50; Ibid., Collegio,Relazioni, b. 47; Ibid., Senato,Terra, 1595, reg. 65, c. 39v; Venezia, Bibl. Civ. Museo Correr, ms. Cicogna 2889 (= 3781): G. Priuli, Pretiosi frutti del Mag. Consiglio, I, c. 123r; Ibid., Bibl. naz. Marciana, mss. It., cl. VII, 198 (= 8383): Registro dei reggimenti..., cc. 56r, 190r; G. Zabarella, Il Corelio, Padova 1664, pp. 2-3; C. Frescot, La nobiltà veneta, Venezia 1707, pp. 281 ss.; A. Cicogna, Delle Inscriz. Veneziane…, II, Venezia 1827, p. 443; G. P. Zabeo, Delle famiglie patrizie veneteCaotorta e Albrizi..., Venezia 1855, pp. 7-9; G. Gerola, Monumenti veneti dell'isola di Creta, I, Venezia 1905, pp. 437-439.