MENOTTI, Gian Carlo
– Nacque a Cadegliano, vicino Varese, il 7 luglio 1911 da Alfonso, ricco imprenditore, e Ines Pellini, pianista dilettante. Sesto di dieci fratelli, crebbe in un ambiente familiare dove si coltivavano quotidianamente la musica, il teatro e altre forme d’arte. Cominciò a studiare il pianoforte sotto la guida della madre, scrisse le sue prime liriche a 7 anni e a 11 anni compose due opere, The death of Pierrot e The little mermaid, tratte da H.C. Andersen. Nel 1923 entrò al conservatorio G. Verdi di Milano. Dopo la morte del padre, nel 1927 si trasferì con la madre negli Stati Uniti e grazie all’intercessione di A. Toscanini fu iscritto al Curtis Institute of music di Filadelfia, dove studiò con R. Scalero, che lo sottopose a un severo training di tecnica compositiva, basato soprattutto sul contrappunto, le forme classiche e la polifonia antica. Al Curtis Institute conobbe Samuel Barber, che dopo il diploma, conseguito («with honour») nel 1933, lo accompagnò nel classico grand tour in Europa, e con lui il M. condivise poi gran parte della vita.
Nel 1936, a Vienna, iniziò a scrivere l’opera buffa Amelia al ballo, che completò negli Stati Uniti e che andò in scena a Filadelfia nel 1937 e l’anno dopo al Metropolitan di New York. Il successo convinse la NBC (National Broadcasting Company) a commissionare al M. un’opera per la radio, The old maid and the thief, che fu trasmessa per la prima volta nel 1939 (prima in teatro: Filadelfia 1941). Stabilitosi nel 1943 a Mount Kisco, nello Stato di New York, insieme con Barber, il M. divenne in breve un operista di fama, insignito di numerosi premi (nel 1945 il premio dell’American Academy of arts, nel 1946 quello della Guggenheim Fellowship). Nel 1946, su commissione dell’Alice M. Ditson Fund, compose The medium, tragedia in due atti che debuttò a New York al Brander Matthews theater (Columbia University) e che subito dopo fu rappresentata 211 volte a Broadway. Nel 1947, su invito della Ballet Society di New York, scrisse, come atto unico da abbinare all’opera precedente, The telephone or L’amour à trois, che andò in scena allo Heckscher theater di New York. Nel 1950 si rivolse nuovamente al genere drammatico con The consul, che debuttò allo Schubert theater di Filadelfia e fu ripreso all’Ethel Barrymore theater di New York, dove ebbe 269 repliche.
L’opera ricevette il premio Pulitzer per la musica e il New York Critics Award (quattro anni dopo gli stessi premi furono assegnati anche all’opera The saint of Bleecker street), fu tradotta in 12 lingue, allestita in 20 paesi diversi, con un successo tale che spinse il produttore Jean Dalrymple a trarne un film per la televisione nel 1960. Agli schermi fu anche espressamente destinata l’opera per la televisione Amahl and the night visitors, commissionata nel 1951 al M. ancora dalla NBC e trasmessa per anni nel periodo natalizio (prima in teatro: Bloomington, Indiana, 1952).
Dopo il successo dell’opera in tre atti The saint of Bleecker street (92 repliche tra il 1954 e il 1955) sulle scene del Broadway theater di New York, il M. compose nel 1956 The unicorn, the Gorgon and the manticore, commedia madrigalesca commissionata dalla Elizabeth Sprague Coolidge Foundation e rappresentata alla Library of Congress di Washington. Il feeling del M. con il pubblico americano e con la critica cominciò ad affievolirsi con Maria Golovin, dramma musicale in tre atti commissionato dalla NBC e rappresentato (dopo la prima mondiale a Bruxelles) al Martin Beck theater di New York nel 1958, dove rimase in scena solo per 5 serate.
Il M. affiancò all’attività di compositore anche quella di didatta proprio al Curtis Institute, dove insegnò dal 1948, ricoprendo (tra il 1952 e il 1955) anche la carica di preside del dipartimento di composizione. Nel 1958 fondò a Spoleto il celebre Festival dei due mondi, con il quale intendeva creare un terreno di contatto fra il mondo culturale europeo e quello americano, nell’ambito della musica e di tutte le altre espressioni artistiche. L’attività di organizzatore, che lo impegnò per tutta la vita, segnò anche un rallentamento di quella compositiva, benché le sue opere cominciassero a essere messe in scena anche in Europa. Nel 1963 compose Le dernier sauvage su commissione dell’Opéra-Comique di Parigi (era la prima volta per un compositore non francese dopo G. Verdi con il Don Carlo); poi fu la Staatsoper di Amburgo a commissionargli Help, help, the Globolinks!, opera in un atto per bambini che andò in scena nel 1968.
Nel 1973 il M. si trasferì a Yester, in Scozia, insieme con il figlio adottivo Francis.
Nel 1977 ampliò le attività del festival spoletino, fondando un festival gemello a Charleston, nella Carolina del Sud, che diresse fino al 1993, quando fu nominato direttore dell’Opera di Roma. Nel 1979 compose l’opera in tre atti Juana la Loca per il soprano Beverly Sills (San Diego 1979) e nel 1986 Goya, su richiesta di P. Domingo (Washington 1986). Il M. ricevette numerose onorificenze anche nell’ultimo periodo della sua lunga vita: nel 1981 fu nominato cavaliere di Gran Croce della Repubblica italiana, nel 1984 fu premiato con il Kennedy Award per la sua attività di compositore e regista.
Morì a Montecarlo il 1° febbr. 2007.
Compositore distante dall’avanguardia, spesso in rovente polemica con alcuni suoi esponenti come L. Nono e P. Boulez, il M. si dichiarò sempre orgogliosamente un compositore conservatore. Il suo linguaggio musicale, eclettico, manierista, influenzato da G. Puccini, ma anche da M.P. Musorgskij, da C. Debussy, da I.F. Stravinskij, si caratterizza per un uso disinvolto di stili e materiali diversi, ma sempre tenuti insieme da una scrittura fluida ed eloquente, immediatamente comunicativa. Una scrittura sostanzialmente tonale e diatonica, punteggiata da marcati patterns ritmici, con una orchestrazione agile, ricca di colori, ma sempre trasparente, e una netta predilezione per i piccoli organici. Il grande successo delle sue opere, che ebbero un ruolo fondamentale nel cambiare il rapporto degli Americani con l’opera, deriva innanzitutto dalla sua familiarità con il mondo del teatro: il M. fu anche attore, commediografo, autore di tutti i libretti delle sue opere e di alcune pièces teatrali – di cui fu spesso regista –, come A copy of madame Aupic (1953) e The leper (1970); scrisse inoltre tre libretti per altri compositori: uno per L. Foss, Introductions and good-byes (1961), e due per Barber, A hand of bridge (1960) e Vanessa (1964).
Il M. sempre concepì l’opera come un insieme indivisibile di testo, musica e azione, dimostrandosi un compositore attentissimo ai tempi teatrali, capace di creare una drammaturgia musicale incalzante, coinvolgente, piena di effetti descrittivi e di colpi di scena, talvolta con un taglio quasi cinematografico, e dominata dal canto (fu sempre critico nei confronti dei suoi colleghi che trattavano la voce in maniera strumentale), da linee vocali intimamente legate allo svolgimento drammatico, che prendono la forma del grande arioso, del declamato, dell’aria di coloratura, o del veloce «parlar cantando» alla Puccini. Nei suoi libretti emergono l’interesse per il mondo dei bambini, ma anche per i personaggi menomati (ci sono personaggi muti in The medium, in Help, help, the Globolinks!, in The singing child, un cieco in Maria Golovin, uno storpio in Amahl, un sordo in Goya), il gusto per la dimensione del gioco, dell’enigma, per le parabole che illustrano precetti morali, per la satira di costume.
La sua carriera di operista si aprì con tre opere buffe, tre atti unici pieni di verve e di ironia, che ricorrono alla struttura a numeri chiusi, tipica dell’opera buffa italiana, per descrivere i vizi della società moderna, attraverso personaggi femminili molto caratterizzati: in Amelia al ballo è una giovane donna, ricca e annoiata, desiderosa solo di partecipare a un ballo importante, del tutto indifferente di fronte ai conflitti tra il marito e l’amante, una figura che si impone per la vocalità esuberante, cui fanno solo da sfondo le figure caricaturali degli uomini; in The old maid and the thief – opera composta di 14 brevi scenette, con una vena musicale in stile Broadway, e con alcune arie divenute celeberrime (What curse for a woman, is a timid man; Bob’s bedroom aria) – la protagonista è una puritana zitella che, innamoratasi di un ladro evaso di prigione, comincia anche lei a compiere furti; in The telephone ritorna il prototipo della donna ricca, alla moda, che passa tutto il suo tempo al telefono (le telefonate sono costruite come pezzi chiusi, che permettono alla cantante di esibirsi in diversi stili vocali, passando dal canto elegiaco alla coloratura).
Alla dimensione comica fa esplicito riferimento anche The unicorn, the Gorgon and the manticore, elegante lavoro per coro, 9 strumenti e 10 danzatori, costruito come un vero e proprio calco dell’antica commedia madrigalesca, composta da un’introduzione, 12 madrigali (alcuni a cappella) e sei interludi strumentali: un’allegoria che descrive, attraverso animali fantastici, le tre fasi della vita di un artista, lanciando anche qualche frecciata contro i critici musicali. La satira contro la società moderna viene enfatizzata dal confronto con altre culture in due opere composte a distanza di dieci anni: Le dernier sauvage, opera che il M. ha sempre considerato una delle migliori, fu originariamente composta su un libretto in italiano (L’ultimo superuomo), con una trama (una giovane antropologa che parte per le Indie alla ricerca dell’uomo primitivo, insieme con il padre miliardario) che offre lo spunto per numerosi concertati, in stile rossiniano, arie virtuosistiche e anche una pagina dodecafonica, che suona come una parodia della musica contemporanea; Tamu-Tamu (Chicago 1973), opera da camera comica e surrealista, racconta la storia di una famiglia indonesiana che prende vita da un’immagine ed entra nella vita di una coppia americana. Il M. ha sempre mostrato anche un grande interesse per i nuovi media: dopo l’opera radiofonica The old maid and the thief ha creato, con Amahl and the night visitors, la prima opera espressamente scritta per la televisione (immersa in un’atmosfera da presepe, pervasa di buoni sentimenti e di melodie orecchiabili), e nel 1963 The labyrinth, ancora un’opera televisiva, ma dal carattere sperimentale che sfrutta sofisticate tecniche della telecamera per rappresentare immagini ossessionanti e surreali di un hotel, dove giunge una coppia di sposi che perde la chiave della stanza. Amahl and the night visitors è anche un’opera giocata su un registro favolistico e pensata per i bambini, come lo furono anche Help, help, the Globolinks! (storia di fantascienza che racconta di un’invasione di extraterresti, sempre accompagnati dal nastro magnetico), Chip and his dog (Guelph 1979), The boy who grew too fast (Wilmington 1982), A bride from Pluto (Washington 1982), The singing child (Charleston 1993) e le «church operas» come Martin’s lie (Bristol 1964) e The egg: an operatic riddle (Washington 1976).
Il M. collauda il registro drammatico nell’opera The medium: l’angoscia di una sensitiva sconvolta per essere entrata davvero in contatto con il mondo sovrannaturale, al punto di uccidere il ragazzo suo complice, si trasforma in una musica misteriosa e inquietante, basata su una struttura a specchio (il secondo atto è la ripetizione in negativo del primo), su una costruzione armonica dissonante che sottolinea lo sconfinamento dal reale al fantastico, su alcuni tratti impressionistici, affidati alla piccola orchestra di 14 elementi, su alcune melodie orecchiabili (come la cullante O, black swan) alternate ad ampie zone di declamato (come il vaneggiamento della protagonista nel soliloquio finale). Quasi un thriller è anche The consul, opera in tre atti su una vicenda all’epoca di grande attualità, perché evocava il clima della guerra fredda, raccontando del potere e della burocrazia in uno Stato di polizia: il declamato sempre carico di tensione, qualche interessante concertato (come il quintetto In endless waiting rooms), l’ampio uso di dissonanze contribuiscono a dare a quest’opera una netta impronta cinematografica (le prime tracce si possono trovare in alcuni copioni che il M. scrisse per la Metro Goldwyn Mayer). La Little Italy newyorkese fa da cornice a The saint of Bleecker street, che narra le strane vicende di una ragazza, detta «la santa», che ha visioni mistiche, fa miracoli, riceve le stimmate ed è legata da un affetto incestuoso al fratello. Il M. mescola la dimensione mistica con vividi tratti popolareggianti (che ricordano Stravinskij di Petrouchka e P. Mascagni della Cavalleria rusticana), affidando un ruolo fondamentale al coro e ricercando soluzioni timbriche di effetto. Forti tinte melodrammatiche, insieme con grandi slanci lirici, dominano in Maria Golovin, imperniata sul tema classico della passione e della gelosia, e nelle grandi opere storiche come Juana la Loca e Goya, caratterizzata quest’ultima da un’orchestrazione brillante, piena di venature spagnoleggianti, e da stridenti dissonanze che accompagnano l’improvvisa sordità dell’artista.
Per il teatro il M. compose anche alcuni balletti (Sebastian, New York 1944; Errand into the maze, ibid. 1947) e musiche di scena (Le poète et sa muse, di J. Cocteau, Spoleto 1959; Médée di J. Anouilh, Roma 1966; Romeo and Juliet di W. Shakespeare, Parigi 1968). Nella sua produzione non operistica spiccano soprattutto i grandi affreschi sinfonico-corali, da The death of the bishop of Brindisi per soli, coro e orchestra (1963) alla misticheggiante cantata Muero porque no muero per soprano, coro e orchestra (1982); la brillantezza di alcune pagine sinfoniche, come il respighiano Apocalypse (1951), e la sinfonia The halcyon (1976); l’afflato lirico dello scarlattiano concerto per pianoforte (1945), del romantico concerto per violino (1952), del sofisticato Triplo concerto a tre (1970) – con i nove solisti suddivisi in tre «concertini» – della Fantasia per violoncello e orchestra (1975), del concerto per contrabbasso (1983), trasformato in uno strumento cantabile, dalle volute delicatamente fiorite.
Oltre ai lavori citati si segnalano le seguenti composizioni per il teatro (su libretto proprio): The island God (New York, Metropolitan, 1942); The most important man, opera in tre atti (ibid., Lincon Center 1971); The wedding (Seoul 1988); musica vocale e corale: Canti della lontananza, per voce e pianoforte (1967); Landscapes and remembrances, per soli, coro e orchestra (1976); The trial of the gypsy, cantata drammatica in un atto per voci bianche e pianoforte (1978); Miracles, per coro di voci bianche e orchestra (1979); Missa «O Pulchritudo» in honorem Sacratissimi Cordis Iesus, per soli, coro e orchestra (1979); A song of hope (An old man’s soliloquy), per baritono, coro e orchestra (1980); Moans, groans, cries, and sighs, madrigale per sei voci a cappella (1981); Five songs, per tenore e pianoforte (1981); Nocturne, per soprano, arpa e quartetto d’archi (1982); Mass for the contemporary English liturgy, per coro (1985); My Christmas, per coro maschile e sei strumenti (1987); For the death of Orpheus, per tenore, coro e orchestra (1990); Oh llama de amor viva, per baritono, coro e orchestra (1991); Gloria, per tenore, coro e orchestra (1995); Jacob’s prayer, per coro e orchestra (1997); Regina Coeli, per coro a cappella (1998); composizioni per orchestra: Pastorale and dance, per pianoforte e orchestra d’archi (1933); musica da camera: Variation and fugue, per quartetto d’archi (1932); Poemetti, 12 pezzi pianistici per bambini (1937); suite per due violoncelli e pianoforte (1973); Cantilena and scherzo, per arpa e quartetto d’archi (1977); Lullaby for Alexander, per pianoforte (1978); Ricercare, per organo (1984); trio per violino, clarinetto e pianoforte (1996); scritti: The bridge, sceneggiatura per un film (1947); A chance for Aleko, sceneggiatura per la televisione (1961).
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G. Mattietti