GAMURRINI,Gian Francesco
Nacque ad Arezzo il 18 maggio 1835 da Alessandro e Marianna de Giudici, in una famiglia della nobiltà aretina.
I primi insegnamenti gli furono impartiti da precettori privati, poi, all'età di dieci anni, venne iscritto al collegio civile Piano, più noto come "della Sapienza", a Perugia. Vi rimase fino all'aprile del 1850, quando fu ritirato; continuò gli studi privatamente, dapprima sotto la guida di L. Ciofi, già rettore del collegio di Arezzo, e poi, da autodidatta, presso la Biblioteca della Fraternita dei laici nella città natale, che il G. considerò la sua vera scuola: qui entrò in contatto con esponenti della cultura aretina come F. Testi, insegnante di retorica nel seminario locale, e L. Paci, archivista del capitolo della cattedrale.
Nel 1856 visitò per la prima volta Roma dove, nel breve soggiorno, ebbe modo di frequentare alcune lezioni tenute da F. Orioli, docente di archeologia. Nel novembre 1857 fu nominato socio corrispondente dell'Instituto di corrispondenza archeologica, e tale riconoscimento può essere considerato il suo ingresso ufficiale nell'archeologia militante.
Nel novembre dell'anno successivo, per affrontare con maggiore serietà gli studi di antichistica, si trasferì a Roma, dove ebbe come docente P.E. Visconti. Il soggiorno romano fu caratterizzato anche dalla passione per il gioco degli scacchi, che lo portò a collaborare alla Rivista degli scacchi diretta da S. Dubois.
Ritornato ad Arezzo sul finire del 1859, fu nominato sottobibliotecario onorario della Biblioteca della Fraternita dei laici. Rimase, comunque, in contatto epistolare con archeologi attivi a Roma, in particolare con W. Henzen; per suo consiglio gli interessi scientifici del G. s'indirizzarono verso le antichità locali e i suoi studi in merito apparvero con regolarità sul Bullettino dell'Instituto di corrispondenza archeologica (Di una fibula aretina in oro, 1863, pp. 25-30; Scavi di Arezzo, ibid., pp. 54 ss.; Tomba antichissima con armi in pietra e di bronzo scoperta nel territorio del Comune di Cortona, 1864, p. 168). Nel 1859 aveva pubblicato a Roma il volume Le iscrizioni degli antichi vasi fittili aretini; nel 1861 fu eletto rettore della Fraternita dei laici; nel 1863 promosse la formazione di società operaie a Monte San Savino e in Arezzo. Nominato nel luglio 1867, su indicazione dell'Henzen e di G. Capponi, direttore dei Musei di antichità di Firenze dal ministro M. Coppino, si trasferì nel capoluogo toscano, all'epoca capitale del Regno d'Italia.
Cinque anni più tardi, il 12 marzo 1872, per iniziativa soprattutto del G. e di C. Strozzi, veniva inaugurato il Museo Etrusco che raccoglieva, negli ambienti del cenacolo di Foligno in via Faenza, i materiali degli Uffizi e della Società Colombaria.
Nel frattempo, nel 1871, il G. era entrato a fare parte della Deputazione per la conservazione e per l'ordinamento dei musei e delle antichità etrusche. In precedenza aveva denunciato le cattive condizioni in cui versavano i monumenti etruschi (Delle recenti scoperte e della cattiva fortuna dei monumenti antichi in Etruria, Firenze 1868).
Compiti specifici della deputazione erano la vigilanza "sui monumenti, sugli scavi e sulle raccolte di antichità d'ogni maniera esistenti nell'antico territorio dell'Etruria centrale che comprende le attuali Provincie di Firenze, di Pisa, di Arezzo, di Lucca, di Livorno, di Roma, di Grosseto e la parte cistiberina delle Provincie dell'Umbria e di Roma" e la segnalazione al ministro della Pubblica Istruzione di "tutte le provvigioni che credesse opportune per la scoperta e la conservazione dei monumenti etruschi, e per la coordinazione dei Musei e delle raccolte di oggetti riguardanti la storia e l'arte etrusca" (r.d. n. 246, 9 apr. 1871, artt. 4, 7).
Per il G. furono questi anni di impegno intenso, trascorsi viaggiando molto nel duplice tentativo di arginare un mercato di antichità fiorente e aggressivo (in assenza di fatto di una legge di tutela dei beni archeologici) e di far fronte alla messe dei ritrovamenti. Nella sua funzione promosse l'istituzione di diversi musei locali (Fiesole, Orvieto, Viterbo, Chiusi, Tarquinia, Grosseto) secondo una linea per cui, come ebbe a scrivere lo stesso G., "il mio pensiero dominante non è stato di accentrare le antichità nei musei nazionali, ma quello che ogni città contenesse e conservasse i suoi monumenti e gli oggetti del proprio territorio, che di esso ritessono la storia" (Autobiografia, p. 55).
Il 28 marzo 1875 (rr.dd. nn. 2440 e 2447) fu chiamato a fare parte della Direzione generale dei musei e delle antichità, con sede in Roma, nel cui ambito gli fu affidata la delega per l'Italia settentrionale. Tuttavia non tardarono a manifestarsi dissidi interni - in particolare con G. Fiorelli, direttore generale e responsabile per l'Italia meridionale - che portarono, nel marzo dell'anno successivo, alle dimissioni del Gamurrini. Ritornato ad Arezzo, nel 1877 ebbe l'incarico di allestire il Museo Vagnonville a Firenze. Nel frattempo aveva rinunciato alla cattedra di archeologia presso le Università di Bologna e di Perugia.
Nel 1880 apparve a Firenze l'Appendice al Corpus inscriptionum Italicarum ed ai suoi supplementi di Ariodante Fabretti, uno dei lavori più significativi del G., il quale assunse anche l'incarico di bibliotecario della Fraternita dei laici. Lo stesso anno si ebbe un riavvicinamento con il Fiorelli, seguito dal conferimento dell'incarico al G. di commissario dei musei e degli scavi d'Etruria, che gli consentiva, fra l'altro, di tornare a sovraintendere al Museo Etrusco di Firenze. Tale responsabilità, però, gli veniva sottratta poco dopo da L. Schiaparelli e L.A. Milani, dai quali lo dividevano le scelte sui criteri di allestimento del Museo archeologico di Firenze, che doveva riunire i materiali del Museo Etrusco e di quello Egizio.
Nel 1881, nella Biblioteca della Fraternita dei laici, rinvenne e successivamente pubblicò il resoconto di un pellegrinaggio in Terrasanta compiuto intorno al 400 da una monaca di nome Egeria (o Eteria o Eucheria) da lui non correttamente identificata in s. Silvia, sorella di Rufino d'Aquitania (S. Silviae Aquitanae Peregrinatio ad loca sancta annis fere 385-388, in Studi e documenti di storia e diritto, VII, 1886, pp. 1-97).
Nel dicembre 1881 ebbe l'incarico di seguire la realizzazione di una carta archeologica dell'Italia, avendo come collaboratori A. Cozza e A. Pasqui ai quali si aggiunse in seguito R. Mengarelli.
Il progetto, nonostante l'impegno degli archeologi coinvolti e i risultati incoraggianti, non decollò mai veramente neppure dopo l'istituzione, con r.d. 7 nov. 1889, di un ufficio per la carta archeologica d'Italia presso la direzione generale delle Antichità e Belle Arti di cui il G. fu direttore sino al gennaio 1892. Dei dati raccolti ne furono pubblicati solo alcuni relativi all'area falisca (F. Barnabei - G.F. Gamurrini - A. Cozza - A. Pasqui, Antichità del territorio falisco, in Monumenti antichi pubblicati a cura dell'Accademia nazionale dei Lincei, VI, Roma 1894).
Destituito, nel giugno del 1889, dalla carica di commissario, nel 1892 il G. ottenne la direzione del Museo della Fraternita dei laici in Arezzo e s'impegnò anche nella realizzazione di un'altra opera di ampio respiro: la rassegna bibliografica dell'Italia antica (Bibliografia dell'Italia antica, I, Parte generale, Arezzo 1905). Nel 1895 fu nominato socio nazionale dell'Accademia dei Lincei. Gli ultimi anni della direzione del museo aretino furono amareggiati da una polemica relativa ai suoi modi di conduzione che portò, nell'agosto 1914, alla nomina di un commissario prefettizio, A. Della Seta, il quale, tuttavia, difese l'operato del Gamurrini.
Negli ultimi anni la produzione scientifica del G. vide diminuire gli scritti di argomento archeologico in favore di quelli dedicati alla storia di Arezzo e all'impegno civile.
Il G. morì ad Arezzo il 17 marzo 1923.
Fonti e Bibl.: A. De Gubernatis, Dict. international des écrivains du monde latin, Florence 1905, pp. 678 s.; G.F. Gamurrini, Autobiografia, in Atti e memorie della R. Accademia Petrarca di lettere, arti e scienze, n. s., III (1924), pp. 9-98 (con una bibliografia completa a cura di C. Lazzeri, pp. 102-115); G. Salvadori, G.F. G. Ricordi, in Nuova Antologia, 16 febbr. 1924, p. 321; C. Lazzeri, G.F. G. Note bio-bibliografiche, Roma 1932; L. Cozza, Storia della carta archeol. d'Italia…, in G.F. Gamurrini - A. Cozza - A. Pasqui - R. Mengarelli, Carta archeologica d'Italia (1881-1897). Materiali per l'Etruria e la Sabina (Forma Italiae, s. 2, Documenti, I), Firenze 1972, pp. 429-459; G.M. Della Fina, La ricerca dell'antico in Orvieto tra Trecento e Ottocento, Roma 1989, pp. 27-64; Le "Memorie di un archeologo" di Felice Barnabei, a cura di M. Barnabei - F. Delpino, Roma 1991, ad ind.; S. Fatti, La mia privata libreria. G.F. G. tra archeologia e bibliofilia, Arezzo 1993; M. Scarpellini Testi, Guglielmo Maetzke, il Museo archeol. nazionale di Arezzo e le carte Gamurrini, in Annuario dell'Acc. Etrusca di Cortona, n. s., XXVII (1995-96), pp. 59-75; Enc. Italiana, XVI, p. 360.