PORRO, Gian Giacomo
PORRO, Gian Giacomo. – Nacque a Torino l’11 gennaio 1887 da Francesco e da Ida Citterio.
Compì gli studi secondari e quelli universitari a Torino, dove il padre, di nobile e agiata famiglia lombarda, dirigeva dal 1886 il locale Osservatorio astronomico.
Dopo aver conseguito la laurea in lettere (10 luglio 1909) ed essersi dedicato per qualche tempo all’insegnamento di materie umanistiche nei ginnasi di Mortara (Pavia), Oristano e Bobbio (Piacenza), vinse, nel settembre 1911, una borsa semestrale di studio (rinnovata due volte sino al 30 giugno 1913) presso la neoistituita Scuola archeologica italiana di Atene, allora diretta da Luigi Pernier. Durante i primi mesi di perfezionamento in Grecia, partecipò attivamente all’embrionale attività formativa dell’Istituto, dedicandosi all’approfondimento della conoscenza dei monumenti figurati dell’antichità classica attraverso mirate escursioni e affinando la sua naturale attitudine all’indagine archeologica nei cantieri di scavo di Gortina a Creta.
I suoi spiccati interessi storico-religiosi, maturati all’epoca della formazione accademica, ebbero altresì modo di esplicarsi nell’esame di alcuni aspetti caratteristici dell’Asklepieion di Lebena (Studi Romani, II (1914), 6, pp. 373-383): tema, quello della medicina religiosa dei Greci, da lui già brillantemente affrontato nella dissertazione di laurea, rielaborata e pubblicata nel 1911.
Nell’estate del 1912, a seguito dell’occupazione militare italiana del Dodecaneso (fine aprile-maggio), ebbe l’incarico di compiere un viaggio di ricognizione attraverso le Sporadi meridionali, onde stendere un primo rapporto sulla consistenza delle vestigia di epoca greca e romana situate in quelle isole egee, appena strappate al secolare dominio ottomano.
Dapprima (luglio-agosto) come assistente di Giuseppe Gerola, addetto esclusivamente alla schedatura dei monumenti medievali, poi da solo (sino al mese di ottobre), Porro procedette con la massima sollecitudine a un’intensa attività di prospezione topografica nelle isole di Rodi, Simi e Cos, dedicandosi, parimenti, alla documentazione dei materiali – soprattutto epigrafici – via via rintracciati, e alla sistemazione delle collezioni di opere d’arte pubbliche e private ivi esistenti. Frutti immediati di quest’arduo lavoro di perlustrazione furono, oltre all’Elenco degli edifici monumentali di questa specifica realtà geografica, edito nel 1913 a cura del ministero della Pubblica Istruzione, anche alcuni densi articoli scientifici a tema, propedeutici all’esecuzione, nel febbraio dello stesso anno, assieme a Pernier e ad altri due allievi della Scuola (Biagio Pace e Gaspare Oliverio) di alcuni saggi di scavo nei centri rodiesi di Ialiso e Camiro.
Con la nomina di Lucio Mariani alla direzione dei servizi archeologici della Libia e la costituzione della Soprintendenza alle antichità della Cirenaica affidata a Ettore Ghislanzoni, Porro venne inviato lì in qualità di ispettore straordinario (1° agosto 1913 - 31 gennaio 1914), per studiare, relativamente alle città di Tocra, Tolmetta, Apollonia e Cirene, la delimitazione delle aree di interesse archeologico destinate a futuri scavi governativi. Ancora una volta ‘strumento’ della politica di espansione coloniale italiana in ambito mediterraneo, ottemperò al mandato, incamerando una larga messe di informazioni sulla struttura antica del territorio e sulla civiltà artistica greco-libica, intorno alla quale relazionò nel catalogo della Mostra coloniale di Genova (Roma 1914, pp. 166-170), da lui curata per la parte antiquaria.
Tornato in Italia, venne immesso per concorso nei ruoli dell’Amministrazione statale di Antichità e belle arti e subito destinato in Sardegna (aprile 1914), alle dipendenze di Antonio Taramelli presso la Soprintendenza isolana ai musei e scavi, con sede a Cagliari. Qui affiancò l’archeologo friulano nell’ordinamento del museo locale e nello studio delle notevoli serie di reperti mobili ancora inediti lì conservati. Prese, inoltre, parte attiva all’esplorazione della grotta sepolcrale e votiva di S. Michele ai Cappuccini presso Ozieri (Sassari) e alle campagne di rilevamento delle architetture nuragiche (dolmen, tombe di giganti, domus de ianas, recinti megalitici) presenti nei territori dei comuni di Abbasanta, Santu Lussurgiu, Norbello (tutti in provincia di Oristano) e Laerru (Sassari). Di queste laboriose indagini, che contribuirono di fatto a una più raffinata conoscenza della preistoria e protostoria sarda, diede dettagliato conto nelle Notizie degli scavi di antichità (s. 5, XII (1915), 4, pp. 108-124) e sul Bullettino di paletnologia italiana (s. 5, XLI (1915), 7-12, pp. 97-123).
Mentre attendeva allo studio (rimasto inedito) delle terrecotte figurate cartaginesi rinvenute oltre un ventennio prima nello stagno di Santa Gilla presso l’antica Karales, e raccoglieva gli ultimi dati utili alla compilazione di un lavoro dedicato agli Influssi dell’Oriente preellenico sulla civiltà primitiva della Sardegna, pubblicato postumo sulla rivista Atene e Roma (1915, vol. XVIII, n. 199-201, pp. 146-184), fu richiamato alle armi (3 maggio 1915) con il grado di tenente di complemento di fanteria e, dopo l’entrata in guerra dell’Italia, inviato al fronte.
Convinto sostenitore della necessità di un intervento armato contro gli Imperi centrali e incaricato del comando interinale di un battaglione del 3° reggimento Piemonte, partecipò all’offensiva militare italiana sul medio Isonzo.
Trovò la morte il 28 agosto 1915 nel corso di un assalto alle difese austro-ungariche di Bosco Cappuccio, presso San Martino del Carso (Sagrado, Gorizia).
Per il suo eroismo sul campo di battaglia fu insignito della medaglia di bronzo al valor militare alla memoria.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti, Divisione I (1908-1924), b. 957, f. 341. Necrologi e commemorazioni: Anonimo, in Cronaca delle Belle Arti (suppl. al Bollettino d’Arte), II, 1915), 10, pp. 70-72 (con elenco delle pubblicazioni); A. Taramelli, in Archivio storico sardo, XI (1915), 1-4, pp. 213 s.; Id., in Bullettino di paletnologia italiana, s. 5, XLI (1915), 1-6, p. 94; Id., in Cronaca delle Belle Arti (Suppl. al Bollettino d’Arte), IV (1917), 5-7, pp. 50-52; W.N. Bates, in American Journal of archaeology, XX (1916), 1, p. 96; L. Mariani, in Notiziario archeologico del Ministero delle Colonie, II (1916), 1-2, pp. 1-4.
A. Della Seta, R. Scuola Archeologica Italiana in Atene, in Cronaca delle Belle Arti (suppl. al Bollettino d’Arte), VII (1920), 9-12, pp. 52-53; L. Pernier, La Scuola archeologica italiana di Atene (1910-1920), in Emporium, LII (1920), 307-308, pp. 46-47; G. Oliverio, Scoperte e sistemazioni archeologiche in Cirenaica dal 1911 al 1931, in La Rassegna italiana, s. 3, XV (1932), 172-173, pp. 229 s.; M. Petricioli, Archeologia e Mare Nostrum. Le missioni archeologiche nella politica mediterranea dell’Italia (1898-1943), Roma 1990, ad ind.; All’ombra dell’Acropoli: generazioni di archeologi fra Grecia e Italia, a cura di V. La Rosa, Atene 1995, pp. 46, 120; A. Di Vita, La Scuola archeologica italiana e il Dodecaneso, in La presenza italiana nel Dodecaneso tra il 1912 e il 1948: la ricerca archeologica, la conservazione, le scelte progettuali, a cura di M. Livadiotti - G. Rocco, Catania 1996, p. XV; M. Livadiotti, L’isola di Rodi: storia degli scavi, ibid., pp. 7 ss.; M. Barbanera, L’archeologia degli italiani. Storia, metodi e orientamenti dell’archeologia classica in Italia, Roma 1998, ad ind.; M. Balice, Libia. Gli scavi italiani 1922-1937, Roma 2010, p. 29.