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Trivulzio, Gian Giacomo

di Marino Viganò - Enciclopedia machiavelliana (2014)
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Trivulzio, Gian Giacomo

Marino Viganò

Nacque a Crema il 24 giugno 1442, secondogenito di Antonio, condottiero milanese, e di Franceschina Aicardi Visconti, pavese, di nobiltà recente, che già avevano Gian Fermo, e avranno Nicola Rainero, detto Renato: il luogo è certificato da uno dei suoi segretari, Pietro Terni (Historia di Crema 570-1557, a cura di M. e C. Verga, 1964, p. 27); la data si ricava dal pronostico astrologico, edito da Girolamo Cardano (Libelli quinque, 1547, c. 136). Giovinetto, venne affidato a Francesco I Sforza, duca di Milano, e ricevette, con suo figlio Galeazzo Maria Sforza, un’accurata istruzione dall’umanista Guiniforte Barzizza, mentre nella milizia fece pratica sotto la guida del duca stesso e di Donato del Conte (Borri), nei conflitti contro Venezia (1452-54).

Inviato contro Genova francese nel 1461, e al soccorso di Luigi XI di Francia nella guerra del Bene pubblico nel 1465, assieme a Galeazzo, con lui tornò a Milano alla morte di Francesco I nel marzo 1466, e nell’agosto sposò Margherita Colleoni (che morirà il 18 dicembre 1483), parente pavese del celebre condottiero. Consacrato nello scontro di Molinella (25 luglio 1467), contro Bartolomeo Colleoni e gli esuli fiorentini, dall’elogio di Federico III duca d’Urbino – «li novi cazano li vechij» (Milano, Archivio Fondazione Trivulzio, Codici sciolti, cod. 2075 [Trivulzio Gian Giacomo vita giovanile], fasc. 1, versione in volgare, f. [10], ora in Anonimo del Quattrocento, Gian Giacomo Trivulzio. La vita giovanile 1442-1483, a cura di M. Viganò, 2013, p. 85) –, T. si segnalò pure nelle guerre di Monferrato e Brescello (1468). Attiratosi le invidie del duca Galeazzo, per levarsi da una corte ostile, e imitare una devozione tornata in auge, otto anni dopo compì il pellegrinaggio a Gerusalemme, tornando in tempo per partecipare alla guerra di Piemonte e assistere all’assassinio del duca (26 dic. 1476).

Esponente di spicco della fazione dei guelfi, alleato di Cicco Simonetta, chiamato il 3 gennaio 1477 da Bona Sforza nel consiglio di reggenza del figlio Gian Galeazzo, T. entrò in urto con gli ingombranti zii del duca sino dalla guerra dei Pazzi (1478) e dall’impresa di Genova contro gli stessi Sforza ribelli (1479). Ma il dissidio con Ludovico il Moro, riammesso a Milano dalla duchessa, si acutizzò allorché T. acquistò, ai confini con i Grigioni, la Val Mesolcina, con titolo comitale (1480) e privilegio imperiale di battere moneta (1487), e nel corso delle guerre contro i Rossi di San Secondo, e di Ferrara, o del Sale, contro Venezia (1482-83): rango, successi e fama crescente gli alienarono del tutto lo Sforza.

Fra i registi del trattato di Bagnolo (7 ag. 1484), consolidò intanto il proprio status servendo Ferdinando I di Napoli nella guerra dei baroni (1485-86): nominato conte di Belcastro dal re e governatore generale delle milizie dal figlio Alfonso, sposò Beatrice de Avalos d’Aquino, figlia e sorella di gran camerlenghi del Regno (22 aprile 1487). Stratega astuto, mediatore abile, ottenne in agosto per papa Innocenzo VIII la resa di Boccolino Gozzoni, tiranno di Osimo, malgrado il Moro gli negasse soldati e denari per l’assedio. Ma la svolta nella carriera di T. – accelerata anche dalla confisca dei beni a opera dello Sforza, durante la spedizione di Romagna, perché si riconfermò fedele agli Aragonesi presso i quali l’aveva inviato e al duca Gian Galeazzo prigioniero, poi «attossicato» (1494) – coincise con la calata di Carlo VIII: esule da Milano, disorientato dall’abdicazione di Alfonso II e, secondo fonti attendibili, con licenza di Ferdinando II, passò al servizio del re di Francia, da lui tratto in salvo nella ritirata verso nord, grazie alla vittoria di Fornovo (6 luglio 1495).

Creato cavaliere di Saint-Michel e governatore di Asti francese (1496), non cessò d’inquietare le frontiere del Milanese per detronizzare il Moro, ciò che conseguì guidando l’invasione del 1499 di Luigi XII di Francia, da cui fu creato marchese di Vigevano e luogotenente a Milano. Completò allora lo ‘Stato’ trivulziano, ampliato dall’acquisto ancora nei Grigioni del Rheinwald e del Safiental (1493) – posti, con la Mesolcina, sotto la tutela della lega Grigia (1496) –, con l’acquisizione di Val San Giacomo e Chiavenna (1500): caso raro, per l’epoca, di creazione di un dominio senza ricorso alle armi. Ma si trovò esposto a recriminazioni per avere distribuito cariche e prebende alla fazione guelfa – benché con meno parzialità di quanto si tramandi –, e reintrodotto su ordine regio i dazi già aboliti.

Il ritorno del Moro nel gennaio 1500 e la ribellione di Milano provocarono un’eclisse della stella di T., indicato dai ghibellini – istruiti dal giurista Girolamo Morone – quale unico obiettivo della rivolta, e ferma restante la fedeltà a Luigi XII. Costui tuttavia, conscio delle vere responsabilità nei disordini, non gliene fece eccessivo carico: mai riammesso al rango di luogotenente, di fatto ne esercitò le funzioni dietro il paravento dei vari titolari. Protagonista delle campagne contro i Confederati svizzeri invasori nel 1501, 1503, 1510 e 1511, della riconquista di Genova ribelle nel 1507, delle guerre contro Massimiliano I nel 1508 e Venezia nel 1509-12, l’incalzare della successiva coalizione elvetico-veneto-ispanopontificia lo costrinse a ritirarsi in Francia con le truppe, mentre l’unico figlio legittimo, Gian Nicolò, avuto dalla Colleoni, si spegneva a soli trentatré anni a Torino di mal francese (7 luglio 1512).

Il primo, sfortunato tentativo di riprendere il Milanese s’infranse con la sconfitta di Novara (6 giugno 1513), sicché T. solo all’avvento di Francesco I poté rivalicare con un esercito le Alpi, piombando su Milano e riprendendo il controllo del ducato, battuti gli svizzeri a Marignano (13-14 settembre 1515). Richiesto dai veneziani, ora alleati, per l’assedio di Brescia, si distinse pure nella difesa di Milano dalla minaccia imperiale (1516), ma, inviso al governatore Odet de Foix visconte di Lautrec, che mirava ai suoi feudi, si avviò al declino. Eletti a difesa del proprio ‘Stato’ gli alleati grigioni – della lega Grigia era barone – e svizzeri – in quanto cittadino dei cantoni Lucerna (1513) e Uri (1518) –, posto il nipote Gian Francesco, di nove anni, sotto la loro tutela, e accusato, perciò, dal visconte di Lautrec di volersi fare «cantone de Sguizari», il vecchio soldato si portò a corte per giustificarsi. Ricevuto con freddezza, convinto a cassare le clausole filoelvetiche del testamento, morì a Chartres il 5 dicembre 1518. Condotta in patria, la salma ricevette a San Nazaro in Brolo, il 19 gennaio 1519, solenni esequie su ordine del re e consiglio di papa Leone X, per acquietarne casato e fazione, e riposò sotto l’epitaffio «Io. Iacobus Magnus Trivultius Antonii filius qui nunquam quievit quiescit tace».

Mecenate, committente di artisti (tra i quali Bernardino de’ Conti, Bramantino e Leonardo da Vinci), personalità sfaccettata più di quanto tracciato dalla storiografia, T. è citato da M. in vari scritti, mentre in altri si direbbe accennato in modo obliquo. Nelle corrispondenze amministrative, T. compare occasionalmente, la vigilia dell’invasione di Milano, in dispacci di M. ai Commissari al campo contro Pisa, al Commissario di Luni e a quello di Fivizzano (19 sett., 10 ott., 18-19 ott. 1499, LCSG, 1° t., pp. 317, 330, 342). Nelle istruzioni a M. per la prima sua legazione in Francia ci si raccomanda di confidare in lui (17 luglio 1500, LCSG, 1° t., pp. 389, 392, 396) e durante questa M. invia alla Signoria di Firenze due relazioni, da Nevers e Melun, nelle quali sono comprovati incontri personali con T. e i suggerimenti da lui ricevuti (7 ag. e 3 sett. 1500, LCSG, 1° t., pp. 410, 414, 451). In due dispacci a Francesco Vettori, e in uno ai Dieci di Balìa, M. lo nomina in relazione alla spedizione antimperiale nel Trentino e a fasi della guerra della lega di Cambrai contro i veneziani (4 febbr. e 9 apr. 1508, 22 nov. 1509, LCSG, 6° t., pp. 146, 211, 382).

Nelle corrispondenze private, due missive di Biagio Buonaccorsi a M. registrano T. nei conflitti contro il Moro e, più tardi, Massimiliano I; Roberto Acciaiuoli cita a M. la rivalità fra T. e Troiano Caracciolo circa il feudo di Melfi, dato al primo e levato al secondo sin dal 1495; Francesco Vettori richiama a M. episodi delle campagne antipontificie di T. nel 1510-11 (27 luglio 1499 e 30 sett. 1506, 21 ott. 1510, 16 maggio 1514, Lettere, pp. 18, 141, 226, 323). I Frammenti storici menzionano T. per la presa di una rocca nell’Alessandrino nel 1496; gli Spogli dal 1464 al 1501 per le imprese del 1496 e del 1499; il Frammento autografo 1 (novembre-dicembre 1494) per un aneddoto sulla spedizione nelle Romagne del 1494 (in Opere storiche, a cura di A. Montevecchi, C. Varotti, t. 2, 2010, rispettiv. pp. 938, 985, 997, 999, 1010).

Nelle terzine del poema L’asino, in un «Drago» scorto «tutto travagliato / voltarsi, senza aver mai posa alcuna» (vii, vv. 28-29), Giorgio Inglese ha acutamente intravisto T. (Postille machiavelliane, «La cultura», 1985, 23, 1, p. 234), la cui inquietudine informa l’epitaffio già citato («nunquam quievit»). Suggestivo il possibile nesso fra il tema del denaro «nervo della guerra» in M. (Arte della guerra VII 178, ma anche Discorsi II x 8), e il motto proverbiale attribuito a T. da Lodovico Guicciardini quale risposta a Luigi XII circa le necessità per l’impresa di Milano del 1499: «tre cose, Sire, ci bisognano preparare, danari, danari, & poi danari» (L’Hore di ricreatione, 1568, p. 265). Non improbabili, infine, anzi da verificare, eventuali echi nelle riflessioni di M. sugli elvezi (L. Zanzi, Machiavelli e gli Svizzeri, 2009) del caso, per svariati rispetti unico, dell’alleanza di T. con svizzeri e grigioni.

Bibliografia: Fonti: Milano, Archivio Fondazione Trivulzio; Milano, Archivio Fondazione Brivio Sforza.

Per gli studi critici si vedano: C. Rosmini, Dell’istoria intorno alle militari imprese e alla vita di Gian-Jacopo Trivulzio detto il Magno, 2 voll., Milano 1815; M. Klein, Die Beziehungen des Marschalls Gian Giacomo Trivulzio zu den Eidgenossen und Bündnern (1480-1518), Zürich 1939; L. Arcangeli, Gian Giacomo Trivulzio marchese di Vigevano e il governo francese nello stato di Milano (1499-1518), in Vigevano e i territori circostanti alla fine del Medioevo, Atti del Convegno, Vigevano 10-12 nov. 1994, a cura di G. Chittolini, Milano 1997, pp. 15-80; M. Viganò, Jean-Jacques Trivulce (1442-1518), in Les conseillers de François Ier, sous la direction de C. Michon, Rennes 2011, pp. 145-53; G.G. Albriono, G.A. Rebucco, Vita del Magno Trivulzio, a cura di M. Viganò, Milano-Chiasso 2013; Anonimo del Quattrocento, Gian Giacomo Trivulzio. La vita giovanile 1442-1483, a cura di M. Viganò, Milano-Chiasso 2013; M. Viganò, “Ingenivm svperat vires”. Ascesa, fortuna, declino del maresciallo Gian Giacomo Trivulzio (Crema 1442 - Chartres 1518), Bellinzona 2015.

Vedi anche
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