ALIONE, Gian Giorgio (in alcune edizioni postume della sua opera è indicato erroneamente come Arione)
La documentazione sulla vita dell'A. è scarsissima. Ciò permise per lungo tempo ai suoi critici di darne un'immagine diversa da quella reale, rappresentandolo e giudicandolo come un poeta povero, di umili origini, vissuto stentatamente della sua arte e per essa perseguitato. In realtà, l'A. appartenne ad una delle più nobili e antiche famiglie di Asti, insignita di cariche pubbliche fin dal sec. XII.
Egli nacque in Asti intorno al 1460; la data è stata supposta con larghissima approssimazione, prendendo come punto di partenza le sue prime composizioni sicuramente databili, ma resta tuttavia incerta. I documenti lo mostrano proprietario in Asti di case e terreni, membro del Consiglio di Credenza dal 1511 al 1513 e, ancora, nel 1517.
Per il suo atteggiamento filofrancese, fu nominato nel 15188 dal re Francesco I capitano del castello di Monte Rainero. Al gennaio 1521 risale l'ultimo documento che lo riguardi; è da supporre che egli morisse nei mesi successivi (ma anche sulla data della morte è necessario andar cauti).
La produzione in lingua francese dell'A. è da ricollegare alla situazione politica e culturale di Asti tra la fine del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento. La città monferrina, data in dote a Valentina Visconti, sposa nel 1387 di Luigi d'Orléans, era entrata allora nell'orbita francese, dimostrandosi una preziosa pedina nel gioco italiano dei transalpini. Particolarmente durante la vita dell'A., Asti ebbe modo più volte di manifestare la sua fedeltà ai re di Francia, che del resto le lasciavano una larga autonomia amministrativa (Carlo VIII vi ricoverò le sue truppe dopo Fornovo; Luigi XII e Francesco I ne fecero una tappa importantissima per le loro spedizioni a Napoli e in Lombardia). A questa influenza politica s'accompagnava quella culturale e linguistica, molto estesa in tutto il Piemonte. L'A. partecipava pienamente degli entusiasmi dei suoi concittadini per i Francesi.
Quando, nel 1494, ilduca d'Orléans, il futuro Luigi XII, giunse ad Asti, l'A. compose le parole per una specie di trionfo simbolico, che gli Astigiani preparavano per il loro signore: Le recoeil que les citoyens dast feirent à leur duc d'Orléans à sa joyeuse entré, quant il descendi en Italie pour l'emprinse de Naples;ed altre canzoni di lode e di trionfo compose l'A. per i re di Francia Carlo VIII (Le voyage e conqueste de Charles huitiesme roy de France sur le royaume de Neaples et sa victoire de Fournoue), Luigi XII (La conqueste de Loys douzieme roy de France sur la duchie de Milan, avecq la prinse du seigneur Ludovicque), Francesco I (Ditz gue devoit pronuncier une pucelle dast au roy francois a son retour de la bataille de Marignan; Chanson de suyces sur la bataille de Marignan...).
Sempre in francese l'A. compose canzoni di carattere religioso, e un Chapitre de liberté,nel quale, accanto ad affermazioni generiche di lode e amore per la libertà ("Il nest estat plus digne en lieu terrestre que liberté"),il poeta manifesta il suo odio per i vicini lombardi, nemici dei suoi signori francesi (motivo che ritorna anche nelle farse). Una curiosità linguistica è il Rondeau en flameng.
Alle tendenze filofrancesi dell'A. si ricollega anche il suo unico componimento maccheronico (brani maccheronici si trovano però nelle farse), una Macharonea contra macharoneam Bassani ad spectabilem D. Baltasarem Lupum Asten. studentem Papie, nella quale, come dice il titolo, l'A. replica ad un similare componimento, violentemente antifrancese, dello studente Bassano da Mantova (Bassani Mantuani Macharonea contra Savoynos quos vilipendiose appellat Magninos, Cochinos, Broacerios, Botiliones). L'operetta è interessante, perché rappresenta uno dei pochissimi esemplari di letteratura maccheronica in territorio piemontese.
La parte più significativa della produzione dell'A. è quella in dialetto astigiano.
Fra il 1488 e il 1494 l'A. descrisse in due canzoni in vernacolo la contesa che opponeva la Congrega dei Disciplinati di Asti ai frati di S. Agostino, dei quali l'autore deride i vizi e il malcostume (Cantioni de li disciplinati de Ast quando littigaveno contra li frati de Sancto Augustino per la capella de l'Annunciata).
Ma il meglio di questa attività dialettale il poeta lo diede nella composizione di dieci farse (in ottonari, rimati in genere due a due), vivo esempio di teatro popolare comico, colorito e spregiudicato. Queste farse sono databili tra il 1500 e il 1515, salvo l'ultima (Farsa del francioso allogiato a l'ostaria del lombardo),che, per essere scritta non in astigiano, ma in un idioma misto, dove al francese del protagonista si mescola una parlata genericamente settentrionale, e per altri indizi, si è voluta attribuire solo in parte all'opera dell'Alione.
Nelle dieci farse (Comedia de l'homo e de soi cinque sentimenti; Farsa de Zohan Zavatero e de Biatrix soa mogliere e del prete ascoso sotto el grometto; Farsa de doe vegie repolite quale voliano reprender la giovene; Farsa de la dona quale dal franzoso se credia havere la robba de veluto; Farsa sopra el litigio de la robba de Nicolao Spranga astesano; Farsa del marito e de la mogliere chi littigoreno insema per un petto; Farsa de due vegie le quale fecero acconciare la lanterna e el soffietto; Farsa de Sebrina sposa quale fece el figliolo in cappo del meise; Farsa del braco e del milaneiso inamorato in Ast; Farsa del francioso allogiato a l'ostaria del lombardo),vengono affrontati argomenti diversi (burle a sfondo erotico o giudiziario, polemiche filofrancesi e antilombarde, motivi misogini tradizionali), accomunati da un piglio popolaresco estremamente vario e vivace. Sotto il profilo linguistico, esse rappresentano un documento di grande importanza per lo studio dei dialetti monferrini nel Cinquecento. Secondo il Mortier, l'A. sarebbe stato il primo a scrivere farse pluridialettali (nella Farsa de la dona quale dal franzoso se credia havere la robba de veluto,il militare parla francese, mentre la donna parla astigiano). La loro importanza nella storia del teatro consiste principalmente nel fatto che esse s'inquadrano, pur senza rapporti diretti, tra i tentativi del Caracciolo, del Ruzzante, del Calmo, per "liberare il teatro italiano dalla obbligatoria imitazione dei modelli eruditi, movendo verso forme popolari, ingenue, e, come si disse allora, 'naturali'" (S. D'Amico).
Quanto alla loro origine, in alcune di queste farse appare chiaro che lo spunto iniziale è fornito da motivi tradizionali della novellistica italiana, tradotti in chiave scenica; in altre c'è motivo di supporre che l'A. abbia attinto alla produzione comica popolaresca francese fiorente proprio in quegli anni (come nella Comedia de l'homo e de soi cinque sentimenti, derivata forse, secondo la congettura del D'Amico, dal motivo ispiratore della Farce Nouvelle de cinq sens de l'homme; e nella Farsa de Nicolao Spranga,nella quale si possono ravvisare gli echi del Maître Pathelin, già allora famoso in Francia).
Una questione aperta èquella che riguarda il modo con cui esse furono rappresentate. È stata avanzata l'ipotesi che i loro interpreti appartenessero ad una di quelle "societates stultorum",compagnie di giovani capiscarichi, che a somiglianza delle analoghe "sociétés joyeuses" ovvero "des fous" francesi, s'incaricavano di organizzare rappresentazioni sceniche, ed erano in quegli anni numerosissime in Piemonte. Si èvoluto anzi identificare questa "societas"in quella Congrega dei Disciplinati, che l'A., come abbiamo visto, difese e alla quale apparteneva. Si tratta però di supposizioni. Nulla attesta la presenza ad Asti in quegli anni di una di queste "società",organizzata con cariche e statuti; è più ragionevole supporre che promotori e attori di tali rappresentazioni fossero i componenti di una lieta e amichevole brigata, che si attentavano, in tempo di carnevale, a divertire ilpopolo salendo sulla scena.
Edizioni. Editio princeps di tutte le opere: Opera Iocunda no. D. Iohanis Georgii Alioni astensis, metro macaronico materno et gallico composita,Asti, Francesco de Silva, 1521. Una ristampa integrale si ebbe nel 1560: Opera piacevole del nob. G. G. Arione astesano, novamente et con diligentia corretta et ristampata, in Venetia 1560 (in realtà, da vari indizi, appare chiaramente edita dai Gioliti di Trino). Ristampe purgate dalle frequenti satire antiecclesiastiche e dagli spunti boccacceschi si ebbero nel 1601, per Virginio Zangrandi, Asti, e nel 1628, per Stefano Manzolino, Torino. La presentazione, che lo Zangrandi premise alla propria edizione, per il tono allusivo e involuto nel quale è scritta, è alla base di molti degli equivoci insorti sulla vita e la personalità dell'Alione. Vi si parla infatti del poeta come d'un prigioniero, destinato a scontare una dura condanna, a causa proprio delle intemperanze della sua Opera gioconda: la frase fu interpretata alla lettera; in realtà, l'immagine va intesa allegoricamente, e tutt'al più si può supporre che l'opera, non il suo autore, abbia dovuto subire una condanna, dalla quale s'è potuta sottrarre solo liberandosi delle parti colpevoli (come avviene appunto in quella edizione).
L'opera dell'A. fu sottratta all'oscurità nella quale era caduta da P. A. Tosi, che nel giro di pochi anni ne curò la ristampa completa per la collana delle opere rare del Daelli: la Maccheronea riapparve in Maccheronee di cinque poeti italiani del sec. XV, Milano 1864; le farse e le poesie dialettali in Commedia e farse carnovalesche nei dialetti astigiano, milanese e francese misti con latino barbaro composte sul fine del sec. XV (con prefazione di
P. A. Tosi), Milano 1865; i componimenti francesi in Poesie francesi di G. G. A. composte dal 1494 al 1520 aggiuntavi la Maccheronea dello stesso,con un'avvertenza di P. A. Tosi e Une notice biographique et bibliographique di I. C. Brunet, Milano 1864.
Le poesie francesi erano già riapparse a cura del Brunet: Poésies françoises de J. G. Alione (d'Asti) composées de 1494 à 1520,Paris 1836; una scelta di esse apparve più tardi a cura del Mignon, Poésies françaises, Paris 1905.
La Maccheronea fu ristampata anche da G. Zannoni, in I precursori di Merlin Cocai, Città di Castello 1888, pp. 169-192.
Una ristampa delle poesie francesi, incerta linguisticamente e poco sicura nelle notizie e nei dati, è quella di M. Maranzana, Les Chansons françaises de G. G. A., poète astesan du XV siècle. Publiées à l'occasion du IV centenaire de sa mort, avec introduction et notes littéraires et historiques par M. Maranzana, Milano 1929.
Ottima la ristampa delle farse e delle poesie dialettali a cura di E. Bottasso, nella collezione di opere inedite o rare, pubblicate a cura della commissione per i testi di lingua: G. G. A., L'Opera Piacevole, Bologna 1953.
Bibl.: Oltre alle già citate opere del Tosi, del Brunet, del Bottasso, del Maranzana, dello Zannoni (per il quale v. op. cit., pp. 80-94), cfr.: per la biografia, C. Vassallo, Intorno alla vita e alle poesie di G. G. A. astigiano composte dal 1494 al 1520. Osservazioni critiche, Asti 1865 (è una recensione all'introduzione del Brunet alle opere dell'A. allora ristampate dal Tosi, Milano 1865); G. Gorrini, Il comune astigiano e la sua storiografia, Firenze 1884, pp. 240 s., 253 n.2, 260-274 (studia le opere dell'A. sotto il profilo storico e del costume); C. Vassallo, Gli astigiani sotto la dominazione straniera (1379-1531), in Arch. stor. ital., s. 4, II (1878), pp. 272-275; F. Gabotto-D. Barella, La poesia macaronica e la storia in Piemonte sulla fine del sec. XV, Torino 1888, pp. 41-86; C. Vassalo, Un nuovo documento intorno al poeta astigiano G. G. A., in Atti d. R. Accad. d. Scienze di Torino, XXVI (1890), pp. 171-195 (pubblicato anche come estratto, Torino 1890); F. Gabotto, La vita in Asti al tempo di G. G. A., Asti 1899. Per gli atteggiamenti filofrancesi, F. Gabotto, Francesismo e antifrancesismo in due poeti del 400, Modena 1888; U. Valente, La francofilia nelle Poesie di G. G. A., in Fanfulla della domenica, XXXII, n. 19, 8 maggio 1910, p. 3. Per lo studio del suo teatro e della sua lingua: D. Orsi, Il teatro in dialetto piemontese, Milano 1890, pp. 25-28; B. Cotronei, Le farse di G. G. A. poeta astigiano della fine del sec. XV, Reggio Calabria 1889; C. Giacomino, La lingua dell'A., in Arch. glottologico ital., XV, 3 (1900), pp. 403-410; ibid. ,XV, 4 (1900), pp. 411-448; I. Sanesi, La Commedia, Milano s.d. [ma 1911], I, pp. 378, 390-398; M. Mignon, Le théâtre italien à Lyon, in Études sur le théatre français et italien de la Renaissance, Paris 1923, pp. 65-70 (secondo l'autore l'A. avrebbe soggiornato a Lione come autore di farse, attore e direttore di compagnie comiche); B. A. Terracini, Arte e storia dei canti popolari piemontesi, in Arte e Vita, IX, 3 (1923), p. 105; A. Mortier, Un drammaturge populaire de la Renaissance italienne: Ruzzante, I, Paris 1925, pp. 70, 225; Encicl. dello Spettacolo, I, coll. 323 s. (voce di S. D'Amico).