Bernini, Gian Lorenzo
Il genio inventore del Barocco
Gian Lorenzo Bernini fu il più geniale artefice del Barocco, lo stile nato e sviluppatosi a Roma nel Seicento. Svolse la sua attività soprattutto alle dipendenze dei papi: lavorò quindi prevalentemente a Roma, interpretando la volontà di ciascun pontefice di simboleggiare la potenza della Chiesa attraverso le opere d'arte ma anche con la risistemazione urbanistica di strade e piazze cittadine. La sua opera conobbe un clamoroso successo, da cui scaturirono gloria, fama e ricchezza
Bernini iniziò presto la sua carriera. Nato a Napoli nel 1598, cominciò da bambino a scolpire nella bottega del padre Pietro e, ancora adolescente, realizzò piccole statue e alcuni ritratti che hanno già le caratteristiche del suo stile: i particolari sono curati e realistici, i personaggi sembrano in perenne movimento grazie al già sapiente uso del chiaroscuro e all'accuratissima lavorazione del marmo, che diventa per lui una materia morbida e duttile.
Il ricchissimo e colto cardinale Scipione Borghese, nipote di papa Paolo V, intuendo subito le eccezionali qualità del giovane Bernini, gli commissionò quattro gruppi scultorei per la sua villa al Pincio, oggi trasformata nella Galleria Borghese, dove sono ancora custoditi. Tra questi è il Ratto di Proserpina (1621-22) rappresentato nel momento culminante del rapimento, quando Proserpina tenta di sottrarsi alla presa di Plutone. Da alcuni particolari immaginiamo la violenza della scena: le potenti mani di Plutone che affondano nel fianco e nella coscia di Proserpina, la quale per difendersi cerca di allontanare con il braccio sinistro la testa del dio.
Anche nel David (1623-24), rappresentato con il corpo che si torce nel momento in cui si sta preparando a scagliare il sasso verso il gigante Golia, la scelta dell'artista è verso il momento più drammatico del racconto. L'eroe sta iniziando a roteare la fionda e tutto il corpo appare impegnato in questa rotazione, come un antico discobolo: i muscoli sono tesi, l'espressione del viso contratta e gli occhi fissi verso il bersaglio. L'eccezionale effetto scenico è accresciuto dalla posizione imposta allo spettatore: per osservare la figura ne diventa lui stesso bersaglio!
Anche in Apollo e Dafne (1622-25) Bernini realizza un'opera ispirandosi a una storia mitologica: il dio Apollo, innamorato della ninfa Dafne, tenta di raggiungerla, ma questa, quando finalmente viene afferrata, si trasforma in una pianta di alloro. Bernini rappresenta Apollo che corre, mentre Dafne balza in avanti per sfuggirgli e, urlando, comincia a trasformarsi in alloro.
Anche nel ritratto, Bernini sa rinnovare e cambiare la tradizione, introducendo pose inconsuete, per cogliere espressioni caratteristiche come, per esempio, nei busti del cardinale Scipione Borghese (1632) e del re di Francia Luigi XIV (1665).
L'unione delle arti, pittura, scultura e architettura, fu uno dei fondamenti dell'arte barocca e di Bernini. La cappella Cornaro, nella chiesa romana di S. Maria della Vittoria (1647-51), sembra progettata con l'intento di presentare una scena teatrale, con particolari accorgimenti scenografici: sull'altare si svolge la raffigurazione dell'Estasi di santa Teresa, illuminata dalla luce naturale proveniente da una finestrella nascosta e dalla luce artificiale dei raggi dorati che scendono alle spalle della santa. A questa rappresentazione mistica assistono vari personaggi della famiglia veneziana dei Cornaro, scolpiti in busti con espressioni diverse e affacciati dai palchetti posti sui fianchi della cappella: così va in scena lo spettacolo totale dell'arte, dove l'architetto, scultore, pittore, scenografo Bernini crea una delle testimonianze più importanti dell'arte barocca.
Anche nella cappella Altieri (1673-74), nella chiesa romana di S. Francesco a Ripa, Bernini ridisegna l'architettura del piccolo ambiente sacro, che doveva accogliere la sua ultima grande scultura: la Beata Ludovica Albertoni, rappresentata in punto di morte. Nel passaggio alla dimensione divina, la protagonista appare ancora in un momento di sforzo e tensione, testimoniato dalle membra tirate, dai panneggi piegati e persino dalle pieghe contorte del giaciglio: ancora un volta lo scultore coglie l'attimo più drammatico della scena.
Bernini fu anche un grande architetto: sin da giovane lavorò nel monumento più importante e rappresentativo della cristianità, la basilica romana di S. Pietro, dove fu impegnato fino agli anni della vecchiaia (morì a ottantadue anni nel 1680). Dopo la lunghissima ricostruzione della basilica, iniziata nei primi anni del Cinquecento e durata più di un secolo, rimaneva da risolvere il problema della decorazione interna, specialmente della zona sottostante la cupola di Michelangelo. Nel 1624 papa Urbano VIII incaricò il giovane artista di occuparsi del progetto dell'interno della basilica: Bernini disegnò il famoso baldacchino, situato sotto la cupola e sopra la tomba di san Pietro, formato da quattro colonne tortili (cioè con il fusto della colonna a spirale) in bronzo, ispirate alle colonne della antica basilica dell'imperatore Costantino. Sopra le colonne i quattro costoloni ricurvi sorreggono il globo e la croce, simboli della cristianità, facendo di quest'opera imponente il centro visivo della chiesa.
Trenta anni dopo, papa Alessandro VII chiamò ancora Bernini per altre importantissime opere nella basilica: la cattedra (1656-66), sorretta dalle quattro statue gigantesche dei Padri della Chiesa, con uno sfondo dorato. In questo, fra nuvole e angeli si apre un finestrone ovale con al centro la colomba in bronzo dello Spirito Santo, che completa la visione prospettica della navata centrale attraverso il baldacchino e al tempo stesso simboleggia la supremazia del papato: si giunge infatti alla grazia divina, rappresentata dalla colomba, attraverso la mediazione della Chiesa.
Nello stesso periodo poi Bernini realizzò la sua opera più nota, il colonnato di piazza S. Pietro: i due colonnati semicircolari ricordano e simboleggiano le braccia della Chiesa aperte ad accogliere i fedeli che, ancora oggi, si riuniscono qui nelle festività per ascoltare il papa; lo spazio dinamico e scenografico viene esaltato nella continua successione di scorci che il visitatore vede attraverso le colonne mentre cammina nella piazza.
Anche un'altra piazza romana è caratterizzata da un'opera di Bernini: al centro di piazza Navona spicca la Fontana dei fiumi (1648-51) con i quattro colossi marmorei che personificano i fiumi Danubio, Gange, Río de la Plata e Nilo, cioè a dire i quattro continenti allora conosciuti, in una fusione scenografica di elementi umani, naturali e fantastici.
Oltre a numerosi progetti di palazzi romani, il contributo più importante di Bernini nel campo dell'architettura riguarda la realizzazione delle tre chiese di S. Andrea al Quirinale a Roma (1658-70), S. Maria dell'Assunzione ad Ariccia (1662-64) e S. Tommaso a Castelgandolfo (1658-61), per le quali scelse tre tipi di pianta centrale, rispettivamente ellittica, rotonda e a croce greca. In particolare nella chiesa di S. Andrea lo spazio interno è dilatato nella sua forma ellittica, coinvolgendo e indirizzando l'attenzione verso l'altare situato nell'edicola a colonne, in posizione frontale rispetto all'entrata; qui sant'Andrea, raffigurato in una statua, poggiata su una nuvola, sembra volare verso il cielo, cioè verso la cupola, dove lo attendono una schiera di angeli e cherubini, posti sulle finestre e nella lanterna. Ancora una volta architettura e scultura costituiscono insieme la scena per la rappresentazione sacra.