FIESCHI, Gian Luigi
Nacque a Genova da Sinibaldo "comes Lavaniae" (quondam Gian Luigi seniore, ramo di Torriglia e Savignone) e Maria Grosso Della Rovere (figlia di Bartolomeo del ramo genovese dei Grosso Della Rovere), nel 1522.
Primogenito di otto figli legittimi, ebbe in testamento dal padre (testamento del 18 genn. 1528, dopo l'investitura di Carlo V del 2 sett. 1524, rinnovata al F. il 4 genn. 1535) i feudi di Montoggio, Torriglia, Carrega, Garbagna, Roccatagliata, l'ottava parte di Savignone, Cremonte, Grondona, Santo Stefano d'Aveto, Borgo Val di Taro, Calice e Veppo, Varese Ligure, Croce Val Trebbia e parte di Ottone. Il F. era erede di un patrimonio all'apice della sua espansione, ma nello stesso tempo segnato da difficoltà finanziarie e politiche che furono drammatizzate dalla morte precoce del padre (fine 1531 o inizi 1532).
Alla morte del padre il F. visse con la madre nel castello di Montoggio, dove ebbe come precettore P. Pansa (già segretario e amico di Sinibaldo, letterato e autore di vite di Innocenzo IV e Adriano V, papi di casa Fieschi, pubblicate nel 1601), al quale spettò insieme con Andrea Doria anche la tutela. A 18 anni prese il comando dei feudi e l'amministrazione del patrimonio. Si trasferì a Genova, nel palazzo Fieschi di via Lata, e nel gennaio 1543 sposò Eleonora Cibo, nipote di Innocenzo VIII, con una dote di 34.000 scudi d'oro. Il matrimonio fu celebrato a Carrara e gli sposi furono imbarcati ad Avenza e trasportati a Genova con le galee di Giannettino Doria. Nacque da qui la leggenda della rivalità amorosa tra il F. e Giannettino su cui cadrà l'enfasi di numerosi cronisti della congiura del 1547.
In effetti, tutta la vicenda umana del F., e tutta la produzione letteraria relativa, si condensa poi intorno alla congiura del 1547. Alle scarne notizie sulla vita fa da contrappeso una vastissima letteratura incentrata su questo evento. La congiura, un tema classico della lotta politica nell'Europa moderna, con il peso che in essa avevano l'immaginario, lo sfruttamento politico e la retorica rispetto alla realtà dei fatti, colora fin dalla morte in modo indelebile la figura e l'avventura umana di Gian Luigi. La retorica della congiura, che a Genova aveva un fondamento negli schieramenti fazionari della nobiltà e nei conflitti tra nobili e popolari, si intreccia nella figura del F. col tema della fine della sua nobile famiglia ("per occulto giuditio di Dio - scrisse F. Federici nel suo Trattato della famiglia Fiesca e con allusione alla scomparsa in mare dello stesso F. sotto il peso dell'armatura - si ruinò con precipitio ... per l'intemperanza di Gio. Luigi... il quale precipitò nel profondo dell'abisso, tutte le glorie de' suoi antepassati", C. 49r); con quello della rivalità e dell'inimicizia tra giovani, il colto e raffinato F. e il rozzo e altezzoso Giannettino, nipote di Andrea Doria e suo successore designato; infine col tema della presunta relazione sentimentale tra Giannettino ed E. Cibo. Sono questi elementi classici delle tragedie rinascimentali che attireranno la sensibilità romantica.
La congiura di fatto porta in luce proprio il ruolo delle grandi famiglie che della riforma erano state protagoniste, e insieme le strutture di alleanza e il gioco delle fazioni che appartenevano alla consuetudine politica della città: un dato che forse può spiegare l'enfasi dei cronisti sulle qualità degli attori e sulle relazioni interpersonali. Un processo che, si è detto, può essere letto come trasformazione dell'élite dirigente genovese, con l'emarginazione delle famiglie "feudali" e l'emergere prepotente di un'alleanza di interessi tra assentisti di galee (il Doria) e grandi banchieri-finanzieri (Adamo Centurione e gli Spinola). Su questo stesso terreno si può leggere il risvolto politico della vicenda, certamente dominata dalla successione ad Andrea Doria, probabilmente strumentalizzata dalle corti di Parigi e Roma. Le prove delle trame internazionali consistono nelle (vaghe) promesse della corte di Francia ai fratelli del F., Ottobono e Cornelio, nel presunto favore di papa Paolo III, nell'intervento più diretto del duca di Piacenza Pier Luigi Farnese, dal quale il F. aveva acquistato quattro galee armate.
La congiura, preparata tra l'estate e l'autunno del 1546, si risolse quasi per intero nella notte tra il 2 e il 3 genn. 1547. Inizialmente programmata per il 4 gennaio, dopo il matrimonio tra il cognato del F., Giulio Cibo, e Peretta, sorella di Giannettino Doria, avvenne nei giorni della scadenza del mandato dogale di G.B. De Fornari. Lo scopo immediato era di uccidere Andrea e Giannettino Doria e Adamo Centurione, braccio destro del Doria, portare al seggio ducale Barnaba Adorno e mettere Genova sotto la protezione della Francia. Nelle parole di uno dei congiurati, Verrina, protagonista del successivo processo, il F. "aveva disegno di riordinar la città e ridurla a maggior egualanza di quello che la fosse prima"; nelle parole di altri l'enfasi è su tpopolo e libertà" (Archivio di Stato di Genova, Archivio segreto, 324). Il F. contava sulle forze dei suoi feudi appennipici ("Percioché i Fieschi comandavano ad una gran parte dei montanari": Sigonio, II, p. 240), sull'adesione in città dei "popolari", in particolare tra gli artigiani tessili, e sugli spazi offerti dalla rivalità tra nobili vecchi e nuovi.
Nel pomeriggio del 2 gennaio il F. fece visita ad Andrea Doria nella sua villa di Fassolo, annunciò a Giannettino un'uscita notturna con una galea, e costruì così la sorpresa. Nella notte tra il 2 e il 3 gennaio, i congiurati, in parte guidati da Girolamo Fieschi, si impadronirono delle porte della città e della darsena delle galee: un testimone, tale Angelo Maria del Borgo, descrisse al processo come "verso la porta di S.to Andrea ritrovò il Signor Gieronimo con una grossa squadra con un tamburo et la bandiera in la qual squadra si cridava populo e libertà ... (Arch. di Stato di Genova, Archivio segreto, 324). Gianneffino Doria fu ucciso e Andrea Doria si rifugiò, con i familiari, a dorso di mulo a Masone, feudo di Adamo Centurione. Ma nella darsena, il F. morì precipitando in mare. Il fratello Girolamo riuscì comunque a impadronirsi temporaneamente della città; ma il 3 gennaio accettò l'offerta di una tregua dai delegati del Senato genovese (Nicolò Doria, Paolo Pansa e Ambrogio Senarega), che si era riunito assistito dall'ambasciatore spagnolo, Gomez Suarez de Figueroa. Dietro promessa di perdono e amnistia generale Girolamo si ritirò con i suoi uomini nel castello di Montoggio.
Rientrato a Genova, Andrea Doria ottenne dal Senato la revoca del perdono concesso ai ribelli, fece pubblicare un bando perpetuo contro i fratelli Fieschi, mise l'assedio ai loro castelli e ottenne lo smembramento di quello che era il loro Stato appenninico. Il palazzo di via Lata a Genova e il castello di Montoggio furono spianati; al corpo del F., ripescato ed esposto nella darsena, fu negata la sepoltura. L'opera di spoliazione del patrimonio dei Fieschi si compì poco più tardi, quando dopo la nuova congiura di Giulio Cibo anche i beni di Scipione Fieschi (unico dei fratelli sopravvissuto e rifugiato alla corte di Parigi) furono confiscati.
La Repubblica incorporò così Montoggio, Roccatagliata, Neirone e Varese. La nuova geografia politica dell'Appennino fu in parte ridisegnata dal passaggio di Borgotaro e Calestano al duca di Parma e da quello di Pontremoli, Torriglia, Carrega, Grondona, Santo Stefano d'Aveto al governatore di Milano. A titolo di risarcimento dei danni subiti dalle galee e dai palazzi in città i Doria ottennero dall'imperatore una parte di questi feudi. Con la nuova riforma, detta "del garibetto", Andrea Doria riuscì a rinsaldare i legami tra i nobili vecchi e a potenziare in senso oligarchico i Serenissimi Collegi.
Il migliore frutto di quel filone letterario che nacque con i primi cronisti della congiura è l'opera di A. Mascardi, pubblicata a Milano nel 1629. Il Mascardi, autore celebre per l'opera Dell'arte istorica (Roma 1636), cita come fonti Foglietta, Sigonio, Campanaccio e Bonfadio, ma anche "molte Scritture private". Nella presentazione "Al lettore" offre una narrazione drammatica, ma anche "un'autentica testimonianza delle cose passate", che si concreta nella ricostruzione dello sfondo politico genovese ed europeo, nel quale individua la "cagione vera" dell'avventura del Fieschi. I temi biografici e psicologici - l'ambizione e l'"immatura ferocia" del giovane F., i "perniciosi stimoli della natura" e la "pessima educazione", l'influenza degli amici, le letture (la vita di Nerone, la congiura di Catilina, il Principe di Machiavelli) che instillano nell'animo del F. la crudeltà e l'"amore del privato interesse sopra ogni ragione humana" - sono ricondotti al contesto e a riflessioni generali sulla nobiltà e "l'incredibile danno che apporta alle cose pubbliche la maggioranza dei cittadini eminenti, quantunque virtuosi e discreti". Lo straordinario successo di quest'opera, che ebbe almeno sei edizioni secentesche e poi numerose ristampe nell'Ottocento, fissa la fortuna di una vicenda e di un tema che nel Seicento sono ancora celebrati in chiave politico-letteraria e con una lente machiavelliana dal cardinale di Retz, e sono poi ripresi in tutti i generi nell'Ottocento. L'interpretazione della figura del F. che domina la letteratura cinque-secentesca è sostanzialmente rovesciata tra Sette e Ottocento, quando egli è rivisitato come eroe della libertà della patria (Rousseau) e la sua impresa è celebrata in tragedie e romanzi in chiave romantica, sull'esempio di F. Schiller (Die Verschwörung des Fiesco zu Genua, 1783), che nella storia aveva forse visto la possibilità di fare i conti col dispotico duca del Württemberg. Ma l'Ottocento registra anche la scoperta delle fonti storiche. All'epoca della "critica storica" (Gavazzo, p. 16) appartengono le raccolte di documenti di Olivieri, Bernabò Brea, Belgrano, Gavazzo, Staffetti. Il Brea (1863) fece ricorso a fonti dell'Archivio di Stato di Genova (Lettere e Istruzioni) per proporre un punto di vista critico sugli tidoli" delle fazioni e rispetto al "giudizio che del Fieschi e del Doria fecero i contemporanei" (pp.VII-VIII). Spinola, Belgrano e Podestà pubblicarono nel 1868 i documenti dell'Archivio di Simancas (relazioni dell'ambasciatore spagnolo a Carlo V e lettere). Il Gavazzo ripubblicò nel 1866 questi documenti insieme con i verbali degli interrogatori dei congiurati. La pubblicazione a opera di Staffetti, nel 1891, di documenti riguardanti Pontremoli e la corte medicea esaurì quasi completamente le testimonianze sulla congiura di G. L. Fieschi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Archivio segreto, 324 e 296: "Processus contra Fliscum"; Ibid., Codici membranacei XLI: Albero della famiglia Fieschi; Ibid., Mss. 798, F. Federici, Scrutinio della nobiltà ligustica; Ibid., Notaio Platone Visconti Notai Antichi, 1461; Genova, Bibl. civica Berio, F. Federici, Trattato della famiglia Fiesca (addizioni anno 1645); Genova, Bibl. universitaria, ms. Documenti privati genovesi (testamenti Fieschi); L. Capelloni, Vita di Andrea Doria, Venezia 1565; U. Foglietta, Coniuratio Ioannis Ludovici Flisci, in Id., Ex universa historia rerum Europae suorum temporum, Neapoli 1571; C. Sigonio, De vita et rebus gestis Andreae Auriae Melphiae principis, Genuae 1586; J. Bonfadio, Annalium Genuensium libri V, Papiae 1586, l. IV; G. B. Adriani. Istoria de' suoi tempi, Venezia 1587, VI, pp. 369-79; I. M. Campanaccio, Genuensis Reipublicae motus a Io. Aloysio Flisco excitatus, Bononiae 1588; A. Mascardi, La congiura del conte G. L. de' F., Milano 1629; J.-F.-P. de Gondy card. e Retz, La conjuration du comte Louis de Fiesque, Paris 1665; [Chevalier] De Mailly, Histoire de la République de Gênes, en Hollande 1697, II, pp. 162-98; F. Casoni, Annali della Repubblica di Genova dal secolo decimo sesto, Genova 1708, V, pp. 168-83; F.-J. Duport-Dutertre, Histoire des conjurations..., Paris 1754, III, pp. 293-320; W. Robertson, Storia del regno dell'imperatore Carlo Quinto, Milano 1820, III, pp. 371-86; C. Tebaldi-Fores, I Fieschi e i Doria, Milano 1829; N. Battilana, Genealogie delle famighe nobili di Genova, Genova 1833, III, sub voce Fieschi; G. B. Cereseto, La congiura del F., Genova 1850; A. Olivieri, Documenti, in App. a L. Capelloni, La congiura di G. L. F., Genova 1858; E. Bernabò Brea, Documenti inediti sulla congiura del conte G. L. F., Genova 1863; F. D. Guerrazzi, La vita d'Andrea Doria, II, Milano 1864, pp. 67-162; E. Celesia, La congiura del conte G. L. F., Genova 1865; M. Spinola-L. T. Belgrano-F. Podestà, Documenti ispano-genovesi dell'Archivio di Simancas, in Atti della Società ligure di storia patria, VIII (1868), pp. 1-291; A. Manno, Arredi ed armi di Sinibaldo Fieschi da un inventario del MDXXXII con avvertenza e glossario, ibid., X (1874), pp. 707-803; A. Gavazzo, Nuovi documenti sulla congiura del conte G. L. F., Genova 1886; L. Staffetti, La congiura del F. e la corte di Toscana. Docum. inediti, Genova 1891; E. Callegari, La congiura del F. secondo i documenti degli archivi di Simancas e di Genova, in Ateneo veneto, XVI (1892), ad Indicem; V. Vitale, Breviario della storia di Genova, Genova 1955, I, cap. VIII, pp. 103 s.; C. Costantini, La Repubblica di Genova nell'età moderna, Torino 1978, pp. 37-43; E. Grendi, La Repubblica aristocratica dei Genovesi, Bologna 1987, cap. IV.