CHIRONI, Gian Pietro
Nacque a Nuoro il 5 ott. 1855 da Giovanni e da Francesca Fois. Dopo aver compiuto gli studi secondari nella città natale, si trasferì a Cagliari, ove s'iscrisse nella facoltà di giurisprudenza e si laureò nel 1876. Nella medesima università divenne nel 1879 professore aggregato di diritto romano e civile con il saggio Intorno alle servitù. Questioni e ricerche di diritto roinano (Cagliari 1880). Nel 1881 vinse la cattedra di diritto civile e venne chiamato nell'università di Siena, ove rimase fino al 1885, quando si trasferì nell'università di Torino.
In questo periodo la prevalente dottrina civilistica italiana si manteneva ancora decisamente legata agli indirizzi metodologici di quella francese e tendeva ad impegnarsi esclusivamente nell'esegesi approfondita delle singole disposizioni del codice. A questo indirizzo cominciavano, però, ad opporsi alcuni giuristi: da un canto coloro che intendevano superare la fase della mera esegesi per arrivare alla formulazione di un sistema teorico del diritto vigente; dall'altro quelli che iniziavano a dar vita alla corrente del socialismo giuridico e sostenevano la necessità di un maggior impegno nell'esame dell'applicazione della nonna nella realtà e di un nuovo interesse per la legislazione sociale.
Il C. partecipò subito al dibattito metodologico in corso. Formatosi soprattutto nello studio del diritto romano - sotto la guida di Antonio Loru - egli sentiva viva l'esigenza di pervenire all'individuazione di un chiaro sistema dogmatico del diritto civile. Nello stesso tempo si dimostrava sensibile alle prospettive offerte dall'analisi della realtà in cui la norma trovava applicazione.
Questo secondo aspetto della sua impostazione metodologica venne approfondito in modo particolare dal C. nella prolusione al corso di lezioni dell'anno accademico 1882-83 (pubblicata a Siena nel 1882 con il titolo Ildiritto civile nella sua ultima evoluzione).
Dopo aver affermato la necessità che la civilistica italiana abbandonasse gli indirizzi della dottrina francese per seguire strade proprie, egli sosteneva che i giuristi dovevano cominciare ad interessarsi dello sviluppo della legislazione sociale e quindi cercare di comprendere "il fine della legge chiesto alla sua storia e inteso secondo le condizioni sociali del momento in cui la norma deve mostrarsi come realtà vivente". Tale presa di posizione lo avvicinava agli esponenti del socialismo giuridico che proprio in quegli anni cominciavano a manifestare in modo più consapevole il loro pensiero. Tuttavia l'adesione del C. a quell'indirizzo dottrinario non andò oltre la posizione assunta nella ricordata prolusione e finì con il concretizzarsi soprattutto in una particolare attenzione verso la realtà sociale in cui la norma era applicata. In lui appare, infatti, prevalente l'altra esigenza, quella di pervenire alla formulazione di un sistema dogmatico preciso, all'interno del quale esaminare le singole disposizioni e la loro effettiva applicazione.
Tale indirizzo metodologico venne espresso dal C. nell'introduzione al suo studio La colpa nel diritto civile odierno, I, Colpa contrattuale, apparso a Torino nel 1884. Egli vi sostenne che la civilistica italiana, recependo da quella francese lo stimolo verso un'approfondita esegesi delle norme, doveva soprattutto "cercare nel codice civile il diritto civile, raggrupparne le massime a seconda dei vari istituti giuridici, cui sono relative, porre i concetti e intorno a questi costruire la teoria". E a tali criteri si tenne fedele nell'affiontare il tema della colpa nel diritto civile. Accolse la tradizionale distinzione della colpa in contrattuale e aquiliana, ma ne affermò il carattere unitario, attribuendo la differenza al solo grado di responsabilità. Divise lo studio in tre parti: nella prima esaminò la colpa contrattuale nella sua essenza giuridica, nella seconda la analizzò mettendola in rapporto con i soggetti responsabili e nella terza ne studiò gli effetti. Analogo schema seguì, poi, nella seconda parte del trattato, quella dedicata alla Colpa extracontrattuale (aquiliana), pubblicata sempre a Torino nel 1887, Anche qui prima veniva esaminato il concetto giuridico di colpa aquiliana, poi si passava a considerare la responsabilità soggettiva e infine erano presi in considerazione gli effetti.
Il trattato sulla colpa - che ricevette il premio dell'Accademia dei Lincei e venne ripubblicato, in una seconda edizione ampliata e corretta a Torino (Colpa contrattuale nel 1887; Colpa extracontrattuale, I nel 1903; II, nel 1906), fu accolto con grande favore dalla civilistica italiana. Con l'individuazione di un sistema teorico generale il C. dava ordine alla problematica giuridica e nello stesso tempo consentiva una più esauriente comprensione dei casi singoli e della relativa giurisprudenza, il cui esame, peraltro, veniva portato avanti con ricca e abbondante analisi (si vedano al riguardo le recensioni di L. Landucci, in Archivio giuridico, XXXIV [1885], pp. 86-104; di V. Polacco, in Rivista critica delle scienze giuridiche e sociali, III [1885], pp. 23 1-236, e di E. Vidari, in Il Filangieri, XII [1887], pp. 442-448).
La prospettiva dogmatico-formalistica appare, dunque, nel C. prevalente rispetto a quella offerta dal socialismo giuridico. Ed in effetti l'attenzione verso la realtà sociale in cui le norme trovavano applicazione sembra tradursi soprattutto nella sua tendenza ad interpretare le norme in senso evolutivo. D'altro canto, il C. appare sin da ora sostanzialmente estraneo ai nuovi, più maturi indirizzi del socialismo giuridico.
Così, mentre i giuristi di questa corrente sostenevano una battaglia per affermare la responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio del lavoratore e si univano a molti deputati nella richiesta di modifiche legislative in proposito, egli assunse una posizione nettamente diversa. Nel saggio Della responsabilità dei padroni rispetto agli operai e della garanzia contro gli infortuni sul lavoro, in Studi senesi, I (1884), pp. 127-155, 231-305, rifiutò detta responsabilità: con "rigido formalismo" distinse "nettamente la questione giuridica da quella sociale" (Martone) e dichiarò che l'operaio infortunato non poteva "invocare il contratto per tenerne responsabile il padrone", perché "egli obbligò l'operaio a prestare l'opera pattuita ma questi consentì liberamente".
Un nuovo saggio dell'indirizzo metodologico sostenuto il C. dette, poi, con le Istituzioni di diritto civile italiano, I-II, Torino 1888-89, Sino ad allora i manuali istituzionali avevano avuto scopi prevalentemente didattici e quindi seguivano lo schema del codice per spiegarne agli studenti le singole disposizioni. Il C., invece, intese offrire agli studenti un quadro generale del diritto vigente, il sistema - cioè - teorico-dogmatico dei diritto civile.
Adottò a questo fine lo schema seguito dai trattati pandettistici e divise il manuale in due parti. Nella prima - parte generale - trattò. dopo una breve premessa storica sulle fonti giuridiche, del concetto di legge e di diritto, della nascita e dell'estinzione dei diritti soggettivi, degli effetti dell'atto giuridico, dell'esercizio dei diritti. Suddivise, poi, la parte seconda, quella speciale, in quattro sezioni ed esaminò in esse i diritti reali, quegli obbligatori, il diritto di famiglia e, infine, la successione. Il manuale del C. costituisce il primo esempio di testo istituzionale a carattere sistematico-dogniatico, esempio che successivamente verrà seguito dalla prevalente dottrina italiana. Rispetto al lavoro sulla colpa, nel manuale appare accentuarsi l'insistenza verso la costruzione teorica e la formulazione di un completo sistema, mentre in parte si altenua l'interesse per l'esegesi delle disposizioni dei codice e per l'analisi della realtà in cui le stesse vivono. A volte il C. abbonda in distinzioni e suddivisioni e in alcune parti usa un linguaggio eccessivamente tecnico, più adatto alla discussione scientifica che non all'insegnamento (al riguardo si veda la recensione di V. Polacco, in Riv. ital. per le scienze giurid., IX [1890], pp. 32-60). Ma, nonostante tali difetti - forse inevitabili in un primo manuale di quel tipo -, il lavoro del C. risulta di grande valore e segna una decisa svolta nella civilistica italiana.
Il C., peraltro, continuava a sentire viva l'esigenza di arricchire la formulazione del dogma giuridico con l'esame della realtà sociale e con un'approfondita analisi delle norme e della relativa giurisprudenza. Ne sono un esempio i saggi pubblicati a Torino nel 1890 con il titolo Questioni di diritto civile. Ilvolume è diviso in cinque parti (possesso, proprietà e servitù; obbligazioni; privilegi, ipoteche e trascrizioni; successioni e donazioni; matrimonio, filiazione, tutela, interdizione, inabilitazione) e contiene studi di considerevole interesse. Comunque, il C. non fece ulteriori progressi sulla via dell'adesione al socialismo giuridico, la cui essenza sembra restargli sempre estranea (Ungari). Tanto che nella prolusione all'anno accademico 1898-99 (pubblicata a Torino nel 1898 con il titolo L'individualismo e la funzione sociale del diritto) espressamente sostenne che i più decisi esponenti di quella corrente finivano "per privilegiare l'aspetto economico a danno dell'aspetto più genuinamente e autenticamente giuridico" (Di Majo). E il metodo dogmatico-formalista, già usato nei suoi precedenti studi, venne seguito anche nel Trattato dei privilegi, delle ipoteche e dei pegni, di cui uscì la prima parte (Parte generale) a Torino nel 1894 e la seconda (Parte speciale), sempre a Torino, nel 1901.
Nel 1892 si presentò candidato alle elezioni per la Camera nel collegio di Nuoro in opposizione al deputato centrista uscente De Murtas. Eletto. sedette sui banchi della Sinistra e fece parte della maggioranza governativa. Alla Camera rimase fino al termine della legislatura (1895) e non si presentò alle successive elezioni. Continuò, peraltro, a prender parte alla vita politica, limitando il proprio impegno a Torino ove per molti anni fu consigliere comunale. Ricopri la carica di rettore dell'università di Torino dal 1903 al 1906 e nel 1908 venne nominato senatore del Regno.
Nel 1904 pubblicò a Torino la Parte generale del Trattato di diritto civile italiano. Il progetto dei C. era quello di riprendere ed approfondire il discorso iniziato con il manuale istituzionale mediante un'opera più.espressamente scientifica che definisse in modo compiuto il sistema del diritto civile italiano e nella quale trovassero ampio spazio l'analisi della dottrina e lo studio della giurisprudenza e della concreta applicazione delle norme. A tal fine il Trattato avrebbe dovuto articolarsi in cinque volumi per comprendere, oltre alla parte generale, l'esame dei diritti reali, di quelli obbligatori, del diritto di famiglia e della successione. Il progetto, però, rimase incompiuto e il Trattato non andò oltre la parte generale. Tra il 1914 e il 1915, invece, il C. pubblicò, sempre a Torino, una raccolta di suoi saggi, sotto il titolo di Studi e questioni di diritto civile, disposti secondo il piano previsto per il Trattato.
Il C. morì a Torino il 1° ott. 1918. Era stato membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione e socio di numerose accademie italiane e straniere. Altri suoi lavori vennero pubblicati dopo la sua morte con il titolo Nuovi studi e questioni di diritto civile, Torino 1922 (l'elenco completo delle opere del C. si trova in G. P. C., in Memorie dell'Istituto giuridico della R. Università di Torino, 1928, pp. 27-61, e in M. Sbriccoli).
Bibl.: Necrologi in IlFilangieri, n. s., X (1918), pp. 619-624; in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle assicurazioni, XVI (1918), pp. 665-668; in Rivista di diritto civile, XI (1919), pp. 144 s.; Commemoraz. del sen. G. P. C. fatta da F. Ruffini, in Atti parlamentari, Camera dei Senatori, Discussioni, legislatura XXIV, vol. V, tornata del 3 ott. 1918, pp. 4583-4587; B. Dusi, L'opera scient. di G. Venezian e di G. P. C., in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle assicurazioni, XX(1922), 1, pp. 22-32; G. P. C., in Mem. dell'Ist. giuridico della R. Univers. di Torino, s. 2, 1, Torino 1928 (fasc. dedic. al C. con ulter. indic. bibl.); F. Loddo Canepa, Igiuristi sardi del sec. XIX, Cagliari 1938, ad Ind.;F. Ferrara, Un secolo di vita del diritto civile (1838-1939), in Scritti giuridici, III, Milano 1954, p. 238; P. Ungari, In mem. del socialismo giuridico..., in polit. del dir., I(1970), pp. 248 s., 399; L. Martone, Le prime leggi sociali nell'Italia liberale (1883-1886), in Studi fiorentini, III-IV (1974-75). pp. 104, 139; A. Di Maio, E. Cimbali e le idee del socialismo giuridico, ibid., p. 398; M. Sbriccoli, Elementi per una bibliografia del socialismo giuridico italiano, ibid., pp. 894-902; P. Grossi, Tradiz. e modelli nella sistemazione post-unitaria della proprietà, ibid., V-VI (1976-77), pp. 313, 315; Nov. Dig. Ital., III, p. 212.