CARLI, Gian Rinaldo
Uomo pubblico ed economista, nato a Capodistria l'11 aprile 1720, morto a Milano il 22 febbraio 1795. Fu studente a Padova e coltivò prima la giurisprudenza, poi la geometria, mostrando anche vivo interesse per le lingue ebraica e greca. Fallitogli un tentativo di grande industria laniera, si diede tutto agli studî. A 24 anni aveva rappresentato in varî teatri, con successo, una tragedia, Ifigenia in Tauri, e tradotto e commentato la Teogonia di Esiodo. Nel 1744, è lettore di scienza nautica e di astronomia a Padova; e vi esordisce con una memoria sulla declinazione dell'ago magnetico. Nel 1753 è a Torino, e nello stesso anno si fissa in Milano, chiamatovi da Pompeo Neri. Nominato presidente dell'amministrazione economica dello stato di Milano si dedicò con foga giovanile a curare la malattia del secolo, l'alterazione delle monete. A tale scopo, dopo varî incontri a Vienna con il Kaunitz, completò la pubblicazione dell'opera Sulle monete, iniziata nel'51, e scrisse le Osservazioni preventive al Piano delle Monete, che dovevano servire di norma al regolamento in materia monetaria. Il C. proponeva una generale rifusione delle monete, che fu eseguita. Nello stesso anno, il C., creato decano del tribunale degli studî in Milano, attendeva alla riforma scolastica con le idee che poi, nel 1774, compendiò in un aureo libro Nuovo metodo per le scuole pubbliche m Italia: anticipazione dei propositi riformatori dei maggiori pedagogisti dell'Ottocento italiano. Consapevole che ogni riforma di stato diventa un problema finanziario, il C., in un Saggio di Economia Pubblica, dà una relazione sulle ricchezze della popolazione, sulle rendite delle comunità, sul commercio delle farine, sull'agricoltura del Milanese, ecc., istituendo acuti raffronti fra le condizioni attuali e quelle di un tempo. Un saggio di vasta concezione intorno al movimento economico d'uno stato, il C. offre nel suo originalissimo Ragionamento sopra i bilanci dello stato. Qui, in contrasto con le idee del tempo, egli sostiene che il sistema dei bilanci annuali fondati sul raffronto tra attivo e passivo, entrata e uscita, sono un elemento insufficiente e ingannevole per giudicare del grado di prosperità d'uno stato, dovendosi invece tener conto del complesso dei bilanci e ancora di tutte le forze costitutive della ricchezza nazionale, ossia popolazione, valore della moneta, interesse dei capitali, prezzo dei generi, ecc. In un campo non molto diverso si aggira la Relazione del censimento dello stato di Milano, nella quale, illustrando l'opera di Pompeo Neri, il C. trova occasione per fare la storia dell'economia lombarda nel sec. XVII.
Seguace della concezione paternalistica dello stato, come già aveva dichiarato l'educazione il primo compito d'ogni governo, così in materia di produzione e di scambio dà allo stato il supremo controllo e la gestione immediata. Il C. è decisamente avverso alla scuola fisiocratica, come appare dalla sua lettera a Pompeo Neri Sul libero commercio dei grani ove confuta l'opinione della libertà illimitata. È contrario alla massima dell'imposta unica sul terreno e addita fuori della terra cospicue fonti di ricchezza, sostenendo che, in realtà, i popoli più poveri sono quelli puramente agricoli, e che il più grande stimolo all'agricoltura va cercato nell'industria.
Venuto in discordia con Pietro Verri per gelosie burocratiche, confutò le sue pagine d'economia politica nelle Meditazioni, opera passionale. Altri lavori polemici, ma informati a maggiore serenità, pubblicava pur fra le cure di governo: fra l'altro, l'Uomo Libero, confutazione di Rousseau, e le Lettere Americane, opera alquanto fantastica, ma tuttavia notevole per la concezione, forse ispirata dal Vico, dell'uniformità di sviluppo nei popoli. Questo genere di studî puramente storici il C. proseguì con maggior fervore negli ultimi anni di sua vita, abbandonata la carica di presidente del Supremo consiglio di Economia (1780), coperta per quindici anni. Notevoli le Antichità Italiche (1788-1790), nelle quali mise a profitto quasi mezzo secolo di ricerche e di studî, per dare un quadro possibilmente compiuto di quel che fu l'Italia, nella politica, nel pensiero, nell'arte, prima, durante e dopo i Romani, fino al secolo XIV. L'opera, in quattro volumi e con due appendici di documenti, erudita, calda d'italianità e non priva di buone intuizioni intorno al problema delle origini della nostra lingua, fu in due anni esaurita ed ebbe larga diffusione in tutta Europa.
L'attività di questo patrizio istriano, enciclopedista autentico, fu veramente universale. Ma egli fu anche il continuatore fedelissimo del Muratori e del Maffei, cioè restauratore delle memorie, assertore dei vanti nazionali. Questa nota è costante nei suoi scritti. Così nell'articolo Sulla patria degli Italiani (Caffè, II, n. 2, pp. 12-17), il C. denuncia il vezzo di foggiare anima e corpo sopra stampi forestieri, proclama il dovere d'una gelosa custodia dei nostri prodotti spirituali, grida che "un italiano in Italia non è mai forestiere", afferma la comunità d'origine e di patria di tutti gl'Italiani stretti fra l'Alpe e il mare e propugna una fraterna unione degli ingegni italiani per assicurare all'Italia dignità di nazione.
Come uomo pubblico e studioso di economia, il C. rappresenta, insieme con il Verri, con il Beccaria e altri, il contributo italiano al rinnovamento economico e civile possiamo dire d'Europa, poiché le sue dottrine furono lette, discusse, tesoreggiate, anche fuori della penisola.
Bibl.: L. Bossi, Elogio storico del conte G.R. Carli, Venezia 1797; G. Pecchio, Storia dell'economia pubblica in Italia, Lugano 1849, pp. 99-110; P. Custodi, Scrittori di economia, Milano 1804, s. 1ª, XIII, pp. 5-12; F. Ferrara, in Biblioteca dell'econom., s. 1ª, III; Ziliotto, Trecentosessantasei lettere di G.R. Carli, in Archeografo Triestino, 1909; M. Udina, Ales. Verri e G.R. Carli, lettere, in Pagine istriane, 1909; Invernizzi, Riforme amm. ed econ. nello stato di Milano, in Bollettino della Soc. Pavese di storia patria, 1911; L. Ferrari, Del "Caffè" periodico milanese, ecc., Pisa 1899, pp. 32-39; C. Morandi, Idee e formazioni politiche in Lombardia, Torino 1927, p. 137 segg.