VALLAURI, Giancarlo (Giuseppe, Angelo, Maria)
Nacque il 19 ottobre 1882 a Roma da Giuseppe, 'impiegato' quarantaduenne, e da Maddalena Pronetti, entrambi di origine piemontese.
Di fede cattolica, Vallauri frequentò il ginnasio-liceo Umberto I nella capitale, avendo tra gli insegnanti Ettore Bortolotti, fondatore con Salvatore Pincherle dell’Unione matematica italiana, della quale lo stesso Vallauri avrebbe successivamente fatto parte. Entrato all’Accademia navale di Livorno nel 1900, ne uscì come guardiamarina nel 1903 con il massimo dei voti e l’attribuzione della sciabola d’onore. Nel 1907 si laureò in ingegneria industriale, specializzandosi in elettrotecnica, alla Scuola superiore politecnica di Napoli. Intraprese subito dopo la carriera universitaria. Fu assistente alla scuola di applicazione per gli ingegneri di Padova nel 1908 e tra il 1909 e il 1915 al Politecnico di Napoli, periodo quest’ultimo interrotto da un biennio di studi e ricerche all’estero, a Karlsruhe in Germania e, nel 1911, alla Maschinenfabrik Oerlikon di Zurigo. Gli studi d’ingegneria e la professione universitaria non spezzarono tuttavia il legame di Vallauri con la Regia Marina. Partecipò alla campagna militare del 1911-12 e combatté nella Prima guerra mondiale come sottotenente di vascello, distinguendosi nei 'fatti di Pelagosa'. In anni successivi fu promosso capitano di vascello (1936), contrammiraglio nella riserva per meriti speciali (1938), ammiraglio di divisione (1943).
Il 18 settembre 1910 Vallauri sposò a Torino Faustina Sacco, nata nel capoluogo piemontese il 29 luglio 1890, figlia del geologo e paleontologo Federico (Fossano 1864 - Torino 1948).
Già collaboratore e amico di Quintino Sella, il suocero, professore ordinario di geologia applicata alla facoltà d’ingegneria di Torino dal 1903, socio dei Lincei dal 1925, fu uno dei più eminenti geologi e naturalisti italiani tra Ottocento e Novecento, (cfr. P. Corsi, Sacco, Federico, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXXIX, Roma 2017, ad vocem).
Vallauri e Faustina vissero i primi anni dopo il matrimonio a Napoli, nel quartiere di Santa Lucia, dove nacquero i figli Giuseppe (il 23 novembre 1914) e Federico (il 24 dicembre 1915), entrambi ingegneri. Federico, ufficiale d’aviazione, perì in un combattimento aereo durante la seconda guerra mondiale.
Tra il 1913 e il 1915 la facoltà d’ingegneria di Napoli attribuì a Vallauri, per incarico, il corso di magnetismo navale e radiotelegrafia (un filone d’indagine che divenne il vero centro delle sue ricerche) e nel 1914 anche l’incarico di fisica tecnica. I suoi studi in tali ambiti si rivelarono sin da allora di estremo interesse anche per le loro applicazioni pratiche. Negli anni di guerra un suo brevetto gli valse la croce al merito e nel 1916 l’Accademia delle scienze di Napoli gli assegnò il premio Marco Grassi.
Nell’ottobre del 1916 la Regia Marina decise l’istituzione di un laboratorio superiore di radiotelegrafia presso l’Accademia navale di Livorno e Vallauri risultò vincitore del concorso bandito per il ruolo di direttore.
Il compito assegnato inizialmente alla struttura era quello di formare ufficiali esperti in radiotecnica. Non esisteva allora una scuola del genere nel nostro Paese e la guerra in corso imponeva di porre fine alla dipendenza dall’estero per quelle competenze. Tuttavia, sotto la guida di Vallauri, la nuova istituzione, che nel 1928 assunse il nome di Regio Istituto elettrotecnico e delle comunicazioni (ora Istituto per le telecomunicazioni e l’elettronica della Marina militare), operò come un centro di ricerca, raggiungendo una vasta notorietà anche in campo internazionale per i risultati conseguiti sia in campo teorico sia nell’applicazione pratica.
Nel 1916 Vallauri ebbe modo di consolidare i rapporti con il mondo dell’imprenditoria e della tecnica nazionali. Fu tra i promotori del Comitato nazionale scientifico-tecnico per lo sviluppo e l’incremento dell’industria nazionale che, insieme ai comitati regionali per la mobilitazione industriale, svolse un ruolo fondamentale nello sforzo bellico in occasione del primo conflitto mondiale e che si sciolse soltanto nel 1928, confluendo nel CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche).
Nel 1918 Vallauri si trasferì da Napoli a Pisa, dove tenne il corso di elettrotecnica alla scuola di applicazione per gli ingegneri e avviò la costituzione di un primo laboratorio di elettrotecnica, dirigendo ricerche di elettrofisica, di magnetofisica, di radiotecnica. Ottenne, nel frattempo, la libera docenza, continuando a insegnare anche all’Accademia navale di Livorno. Nel 1923 conseguì l’ordinariato in elettrotecnica presso la facoltà d’ingegneria pisana, della quale fu successivamente direttore.
La carriera universitaria e scientifica di Vallauri si accompagnò dunque allo sviluppo dell’elettrotecnica come scienza. Egli aveva legato la prima fase della sua attività scientifica a temi classici della scienza elettrotecnica come l’isteresi del ferro e la duplicazione statica della frequenza. Nel giro di qualche anno spostò le proprie ricerche nella direzione aperta dalle scoperte di Guglielmo Marconi e dalle teorie di James Clerk Maxwell, dedicandosi in particolare alla radiotecnica, della quale divenne in breve un convinto promotore sia nell’ambito della ricerca sia nel campo della formazione di nuove leve di esperti. Legò, in particolare, il proprio nome alle ricerche su un nuovo fondamentale dispositivo, il triodo, e sulle modalità del suo funzionamento e impiego.
I rapidi progressi delle discipline elettriche nei primi decenni del XX secolo si accompagnarono in Italia allo sviluppo dell’AEI (Associazione Elettrotecnica Italiana), l’organizzazione di categoria fondata alla fine dell’Ottocento da Galileo Ferraris, e alla diffusione di riviste specializzate ad essa collegate: gli Atti dell'Associazione elettrotecnica italiana e, soprattutto, dal 1913, L’Elettrotecnica. A partire del secondo decennio del secolo, Vallauri svolse un ruolo sempre più centrale all’interno dell’associazione e delle stesse riviste. Con Angelo Barbagelata e Ugo Bordoni, fu uno dei tre giovani studiosi ai quali il presidente dell’AEI Ferdinando Lori affidò sin dal suo esordio la redazione de L’Elettrotecnica. Essi fecero del periodico un vero e proprio punto di riferimento e di raccordo per la nuova generazione degli ingegneri elettrotecnici italiani. La consacrazione e il riconoscimento definitivo dell’impegno profuso furono rappresentati dall’elezione a presidente generale dell’AEI per il triennio 1927-29. Parte della sua attività era coincisa con la direzione, iniziata nel 1918, della stazione radio di Coltano, in provincia di Pisa.
Tra il 1920 e il 1923 l’Istituto elettrotecnico e delle comunicazioni della Regia Marina di Livorno aveva promosso, presso la sede di Coltano, la costruzione di una stazione radio in grado di comunicare a lunga distanza e oltreoceano. A Coltano Vallauri effettuò ricerche sistematiche in merito alla radiazione elettromagnetica a breve e a grande distanza, i cui risultati permisero di abbandonare i criteri empirici sui quali si era basata fino a quel momento la progettazione delle antenne. Egli vi promosse la realizzazione di trasmettitori di grande potenza e nell’aprile del 1923 poté sperimentare i primi collegamenti oltreoceano. La realizzazione delle nuove strutture fu effettuata in collaborazione con Guglielmo Marconi e con alcuni ricercatori americani, e si concretizzò in prove di trasmissione tra Coltano e Annapolis. Il Centro radio di Coltano assicurò nel tempo i collegamenti con la concessione italiana di Tientsin nel nord-est della Cina, con le colonie e con gli Stati Uniti; interruppe l’attività di ricerca nel 1943, dopo aver realizzato alcuni prototipi di radar utilizzati per l’avvistamento degli aerei nemici (fr. G. Vallauri, Il Centro radiotelegrafico di Coltano, in L’Elettrotecnica, XI (1924), p. 2).
Per le sue ricerche, nel 1925 Vallauri ottenne il Premio Jona dall’AEI. I suoi studi erano ormai ben noti al di fuori dei confini del Paese e la sua stessa carriera aveva assunto un profilo internazionale. Nel 1921 aveva guidato la delegazione italiana a Parigi alla riunione del Comitato tecnico interalleato sulle radiocomunicazioni.
Nel 1926 si trasferì al Politecnico di Torino, dove assunse l’insegnamento di elettrotecnica che era stato di Guido Grassi. In quella sede, nel novembre 1931, prestò il giuramento di fedeltà al regime richiesto ai docenti universitari. Fu nel centro piemontese, a stretto contatto con una delle maggiori realtà economiche del Paese, che egli concepì l’idea di coniugare sempre più strettamente la ricerca nel settore della radiotelegrafia con l’applicazione pratica e imprenditoriale di tali studi. A tal fine promosse la costituzione, presso il locale Politecnico, di uno specifico centro intitolato a Galileo Ferraris. L’Istituto elettrotecnico nazionale, che venne inaugurato nel settembre del 1935 e che Vallauri diresse per cinque lustri, divenne ben presto un’istituzione di eccellenza. La sua missione era triplice: la formazione di tecnici specializzati, lo sviluppo della ricerca scientifica e l’assistenza all’industria. Peraltro, sin dal 1932, Vallauri aveva fondato una rivista di settore, denominata significativamente Alta frequenza, che diresse per il resto della sua vita. La rivista, primo periodico sulle telecomunicazioni pubblicato in Italia, si affermò anche all’estero ed ebbe un ruolo decisivo nella diffusione dei risultati della ricerca scientifica di settore.
Tra la fine degli anni Venti e gli anni Trenta la carriera di Vallauri raggiunse il suo apogeo. Partecipò direttamente all’avvio del CNR, entrando sin dalle origini nel Comitato per l’ingegneria e assumendo ruoli via via sempre più apicali. Fu dapprima membro della giunta esecutiva e, in seguito, presidente della sezione di costruzioni elettriche, ospitata peraltro proprio all’interno del Politecnico di Torino. Ebbe così modo di rinsaldare le relazioni intessute nelle fasi precedenti della sua carriera all’interno dell’AEI e del Comitato nazionale scientifico-tecnico con alcuni tra i principali esponenti del mondo scientifico e imprenditoriale: da Giacinto Motta a Gian Giacomo Ponti, da Ferdinando Lori ad Angelo Barbagelata. Infine, più di un decennio dopo, nel 1941, fu chiamato alla presidenza dello stesso CNR.
A cavallo degli anni Venti e Trenta numerosi furono i riconoscimenti tributatigli. Nel 1927 fu membro per un triennio del Consiglio superiore dei lavori pubblici e tra il 1928 il 1930 fece parte del Comitato permanente per la trasmissione e lo scambio dell’energia elettrica. Nel 1928 venne associato alla Reale Accademia delle scienze di Torino e dal 1935 fu accolto all’interno della Società italiana delle scienze detta dei XL. Nel 1929 fece parte del primo gruppo di accademici d’Italia nominati direttamente da Benito Mussolini e nel 1934 divenne vicepresidente della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali sotto la presidenza di Guglielmo Marconi. Dall’aprile 1939 al marzo 1944 fu vicepresidente generale dell’Accademia. Nel novembre 1933 fu nominato presidente dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche), un incarico che mantenne sino al 1943. Nel 1930 e nel 1936 rappresentò l’Italia come capodelegazione alle Conferenze mondiali per l’energia svoltesi a Berlino e a Washington. Nel 1936 entrò a far parte dell’Accademia pontificia delle scienze. Tra il 1933 e il 1938 fu rettore del Politecnico di Torino.
Gli anni Trenta videro Vallauri partecipare, con altri scienziati e tecnici italiani, agli sforzi per l’autarchia e al tentativo di svincolare l’economia italiana dalla dipendenza dall’estero per le materie prime. Egli operò intensamente in quella direzione come membro del CNR, l’istituzione alla quale il regime affidò in larga parte il compito di realizzare l’autarchia. In qualità di fondatore e direttore dell’Istituto Galileo Ferraris, su suo impulso gli studi del reparto del CNR dedicato all’elettrotecnica furono tra i più autarchicamente orientati; la struttura guidata da Vallauri si segnalò per la prontezza con la quale si adeguò sin dal primo periodo delle sanzioni al nuovo contesto dell’economia italiana. Al 1935 risale una sua relazione sulla possibilità di sostituire in diversi settori dell’attività produttiva il rame con l’alluminio. Egli fu inoltre tra i promotori della costituzione, all’interno del Politecnico di Torino, di un centro per l’esame e le prove delle strutture dei materiali da costruzione, affidato a Gustavo Colonnetti. Nel 1940, su sua richiesta, venne organizzato un convegno nazionale di studi autarchici che fece il punto sulle ricerche sviluppate e sui dati statistici ottenuti sui materiali che interessavano le industrie elettriche. L’impegno in senso autarchico di Vallauri non fu mai disgiunto dal perseguimento di filoni di ricerca dal concreto e reale rilievo tecnologico come quella da lui avviata nel 1941 sui grandi interruttori.
Come presidente del CNR nell’ottobre del 1941 dopo l’uscita di scena di Pietro Badoglio, dal giugno 1942 assunse ad interim anche l’incarico di presidente dell’Istituto nazionale per l’esame delle invenzioni (la nuova denominazione assunta nel 1940 dalla Commissione centrale per l’esame delle invenzioni) dopo le dimissioni del generale Tito Montefinale, incarico che lasciò quando, nel marzo del 1943, si dimise da presidente del CNR per i contrasti intervenuti con il resto del gruppo dirigente. Nel periodo in cui diresse il CNR, Vallauri elaborò un progetto di riforma dell’ente che non trovò mai applicazione. Egli fu attivo anche nella comunicazione pubblica sui temi dell’autarchia. Nell’estate del 1938, per esempio, partecipò a un ciclo di conferenze radiofoniche di successo che coinvolsero alcuni tra i maggiori studiosi presenti all’interno dell'ente.
Nel 1933, alle esperienze di studioso, ricercatore e divulgatore scientifico, Vallauri sommò la partecipazione diretta al mondo dell’impresa come presidente della Società idroelettrica piemontese, passata sotto il controllo dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Italiana) a seguito della crisi economica e del fallimento del gruppo Ponti-Panzarasa.
Fu così al centro del complesso piano di riorganizzazione dell’azienda che vide in fasi diverse la contestazione da parte degli azionisti per lo scorporo delle imprese telefoniche dal gruppo, lo scontro di interessi tra imprenditori locali e l’Edison, il tentativo di acquisizione da parte della stessa impresa lombarda che si concluse con la permanenza della Società idroelettrica piemontese in mano pubblica.
Dopo la seconda guerra mondiale, che visse tra Torino e Fossano, Vallauri fu sottoposto a processo di epurazione. In seguito a sentenza favorevole, fu reintegrato all’Università sin dall’anno accademico 1946-47, anche se non mancarono le polemiche per i ruoli da lui ricoperti negli anni del regime. Pur limitando le proprie attività alla riorganizzazione dell’Istituto Galileo Ferraris, il suo reintegro fu accolto da reazioni negative sia da parte dell’Associazione degli assistenti universitari sia da parte del sindacato del personale tecnico. In senso contrario si mobilitarono alcuni esponenti del clero, tra cui monsignor Carlo Alberto Ferrero e padre Ezio Sommadossi, missionario della Consolata che, nel settembre del 1946, dichiarando di rappresentare la volontà degli studenti di ingegneria, chiedeva il ritorno di Vallauri all’insegnamento e testimoniava dell’azione svolta dal docente in favore di membri della Resistenza.
Nel clima dell’immediato dopoguerra il nome di Vallauri suscitava sentimenti e valutazioni di segno diverso. Nel marzo del 1947 si sparse addirittura la voce di un invito rivolto all’ingegnere torinese da parte dell’allora presidente della Repubblica argentina Juan Domingo Peron, che lo avrebbe voluto ospitare in Sudamerica in quanto ex presidente del CNR ed esperto in fisica, con lo scopo di studiare l’eventuale utilizzo nel Paese dell’energia nucleare. L’ex rettore del Politecnico di Torino smentì immediatamente la notizia.
Superati i primi mesi del dopoguerra, Vallauri riprese l’insegnamento universitario e la direzione dell’Istituto Galileo Ferraris. Nel 1948 lo ritroviamo residente nel capoluogo insieme alla moglie Faustina, alla nuora Paola Lombardi, moglie del figlio Giuseppe, e ai quattro nipoti. Nello stesso anno venne eletto tra i soci all’Accademia nazionale dei Lincei. Rivestì successivamente nuovi incarichi di rilievo: nel 1950 presiedette la Conferenza internazionale di radiodiffusione svoltasi a Rapallo e nel corso del decennio fu presidente del Comitato tecnico consultivo della RAI. Venne collocato fuori ruolo come docente universitario nel novembre 1952, pur continuando a svolgere numerose attività presso l’Ateneo piemontese, secondo le norme allora vigenti: conferenze per gli studenti dei corsi di perfezionamento in elettrotecnica, la direzione del periodico Alta frequenza, il coordinamento dell’attività dell’Istituto elettrotecnico nazionale Galileo Ferraris.
I suoi studi, sviluppati nell’arco di 45 anni di ricerca teorica e sperimentale, hanno spaziato nei diversi campi nei quali si venne articolando l’elettrotecnica nella prima metà del XX secolo: dall’elettrostatica e il magnetismo, alle macchine elettriche, alla radiocomunicazione, alla costruzione e all’esercizio di impianti. Ne scaturirono alcuni contributi fondamentali sul ferromagnetismo, sui convertitori di frequenza, sull’elettromagnetismo, sulla propagazione delle onde radiotelegrafiche a grande distanza. Tre le tappe fondamentali: la definizione del processo di duplicazione statica della frequenza tra il 1910 e il 1911; la formulazione della cosiddetta equazione di Vallauri tra il 1914 al 1917; le ricerche sul campo elettromagnetico delle onde radiotelegrafiche su distanze transoceaniche tra il 1920 e il 1921. Diede, in definitiva, un contributo fondamentale allo studio dell’elettrotecnica e della radiotecnica in Italia.
Vallauri fu autore di numerose monografie e articoli, il primo dei quali venne pubblicato nel 1908, l’anno successivo alla laurea.
Tra di essi, alcuni classici: Isteresi del ferro nei cicli asimmetrici di magnetizzazione alternativa, Milano 1911; Raddoppiatore statico di frequenza, Milano 1911; Sul funzionamento dei tubi a vuoto a tre elettrodi (audion) usati nella radiotelegrafia, Milano 1917; Prove comparative sugli audion (tubi a vuoto o valvole ioniche a tre elettrodi), Milano 1917; Misura del campo elettromagnetico di onde R.T. transoceaniche, Milano 1920; Misure di radiazione sugli aerei R.T., Milano 1921 (si veda l’elenco completo delle pubblicazioni di Vallauri dal 1908 al 1952 in P. Lombardi, Quattro opere, in Atti e rassegna tecnica della società degli ingegneri e degli architetti di Torino, VI (1952), 8-9, pp. 299-300).
Oltre a quelle già citate, Vallauri ha fatto parte di numerose altre associazioni e istituzioni scientifiche, tra cui l’Accademia d’Italia e l’Unione matematica italiana. Fu decorato con la croce al merito di guerra nella prima guerra mondiale e nominato ufficiale dell’ordine della Legion d’onore nel 1922, grande ufficiale dell’ordine della Corona d’Italia nel 1924 e commendatore dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro nel 1935.
Morì a Torino il 7 maggio 1957.
Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale dell’Istruzione superiore, III versamento, b. 471; ibid., Presidenza del Consiglio dei ministri, Consiglio nazionale delle ricerche, I versamento, bb. 159; 161; Milano, Archivio dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, Varia, 1944; Roma, Accademia nazionale dei Lincei, Archivio dell’Accademia d’Italia, Amministrazione, b. 2, fasc.10.
D. Graffi, G. V., in Bollettino dell’Unione matematica italiana, s. 3, XII (1957), 2, pp. 351-352; A. Carrelli, Commemorazione del socio G. V., in Atti dell'Accademia nazionale dei Lincei. Rendiconti della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 8, XXIV (1958), 6, pp. 764-771.