GABIANI, Giandomenico (Bi Jia e Bi Duomin)
Nacque a Nizza il 23 apr. 1623. Secondo E. Lamalle (in Dehergne) la sua famiglia era forse imparentata con Giampaolo Lascaris gran maestro dell'Ordine di Malta morto nel 1657. Il cognome Gabiani sarebbe stato assunto dal G. solo a partire dal 1642. Il 15 sett. 1639 entrò nella Compagnia di Gesù a Genova, ma fece i suoi studi nel noviziato di S. Andrea a Roma, dove per tre anni seguì i corsi di umanità e di retorica. Ordinato sacerdote nel 1653 e destinato a richiesta alle missioni nelle Indie, il 30 ag. 1654 partì da Bordeaux diretto a Lisbona, dove il 23 marzo 1655 si imbarcò insieme con tredici confratelli, fra cui il connazionale D. Fuciti. Arrivato a Goa nell'agosto 1655, ne ripartì, dopo una sosta, diretto a Macao, dove giunse l'anno seguente, e dove, il 16 febbr. 1659, pronunciò i voti solenni. Lo stesso anno entrò in Cina, destinato alla regione del Jiangnan, corrispondente alla provincia del Jiangsu, e in particolare alle città di Yangzhou, dove stabilì la sua residenza principale, e di Zhenjiang.
Grazie all'aiuto di cinesi convertiti (soprattutto due donne: Justa o Judith Zhao, benefattrice anche di altri gesuiti, come L. Buglio e M. Martini, e Monica Min, nonché un influente mandarino militare di Zhenjiang, Pietro Gao), il G. poté disporre dei necessari mezzi finanziari per costruire chiese e residenze, nonché per organizzare i convertiti in congregazioni, sul modello di quelle create nella stessa regione da F. Brancati. Come altri missionari operanti in Cina, il G. fu travolto dalla campagna anticristiana provocata dalle false accuse di Yang Guangxian e degli astronomi maomettani contro i gesuiti impiegati nel tribunale dell'astronomia di Pechino. Un decreto imperiale del 4 genn. 1665 contro la religione cristiana ordinò di concentrare a Pechino tutti i missionari residenti nell'Impero per sottoporli a giudizio. All'inizio della persecuzione il G. si trovava lontano dalle sue due residenze, essendosi dovuto recare a Nanchino, e quando finalmente poté rientrare a Yang-zhou e a Zhenjiang trovò che le chiese e le due case erano state saccheggiate e occupate. Arrestato, fu condotto prima a Suzhou, poi a Pechino, dove insieme con altri trenta missionari (venticinque gesuiti, quattro domenicani e un francescano) fu sottoposto a giudizio, conclusosi con la condanna a morte del gesuita A. Schall von Bell (poi non eseguita), con gli arresti domiciliari di L. Buglio, G. de Magalhâes e F. Verbiest, tutti e tre gesuiti, e con il bando a Canton degli altri. Insieme con essi il G. lasciò Pechino sotto scorta il 13 sett. 1665 e arrivò a Canton il 23 marzo 1666. Vi rimase in uno stato di semidetenzione, prolungatosi, per lui e per gli altri, fino al 1671, quando i provvedimenti contro la religione cristiana furono revocati. Costretti a una forzata inattività, i missionari dei vari ordini decisero di mettere a frutto le conoscenze acquisite negli anni di permanenza in Cina e dal 18 dic. 1667 al 26 genn. 1668 tennero una serie di riunioni per concordare i criteri cui avrebbe dovuto ispirarsi la futura opera di apostolato quando fosse stata nuovamente permessa. Insieme con gli altri il G. sottoscrisse il documento intitolato Praxis servanda in missione Sinesi (edito poi in Acta Cantonensia authentica, s.l. 1700, pp. 19-33).
In esso si esprimevano concetti ispirati a comprensione per costumi e riti cinesi, così come era sempre stato sostenuto dai gesuiti e approvato dal decreto della congregazione del Sant'Uffizio del 24 marzo 1656. Tale atteggiamento aperto e tollerante non fu condiviso dai domenicani e dai francescani, fautori di una linea più rigida e intransigente. Soprattutto il domenicano Domingo Fernandez Navarrete si rivelò come uno dei più accesi critici dei gesuiti. Di qui la produzione da parte dei gesuiti di opere per fornire la loro versione degli avvenimenti cui avevano preso parte, e per controbattere le tesi di Navarrete.
Il G. scrisse così nel 1687 Incrementa Sinicae Ecclesiae a Tartaris oppugnata (manoscritto in Arch. Rom. Soc. Iesu, Iap. Sin. 108), pubblicato con leggere modifiche (nel titolo oppugnatae anziché oppugnata) a Vienna nel 1673. Suddividendo la trattazione in tre parti, il G. riassume innanzitutto lo stato della religione cristiana in Cina a partire dal 1651 e i progressi fatti fino al 1664; quindi descrive la persecuzione degli anni 1664-65; infine narra gli avvenimenti degli anni 1666-67.
All'inizio del 1671, a seguito della revoca dei provvedimenti anticristiani, i missionari banditi a Canton ottennero di far ritorno nelle rispettive sedi. Uno di essi, il gesuita Giovanni Francesco Ferrari, diretto a Xi'an, nella provincia dello Shaanxi, morì durante il viaggio l'8 sett. 1671 ad Anging, nell'attuale provincia dello Anhui, lasciando la sua missione priva di sacerdote. Il G. si offrì allora di trasportare il corpo di Ferrari fino a Xi'an, di seppellirvelo e di rimanere in quella città per aver cura della tomba. Sapeva bene infatti che, dato il rispetto dei cinesi per i defunti e il loro desiderio di essere seppelliti accanto ai loro cari, avrebbe potuto far leva su tali sentimenti per farsi rilasciare il permesso di trasferirsi dalla sua provincia, dove non mancavano i sacerdoti, allo Shaanxi. Il permesso gli fu quindi concesso grazie all'autorevole intervento del Verbiest. Il G. rimase a Xi'an per circa otto anni, ma benché in una regione lontana e periferica, non mancò di far conoscere il suo pensiero sulle questioni più importanti, come la lingua della liturgia, se cioè conveniva continuare a usare il latino o se si dovesse passare al cinese, cosa che avrebbe comportato un ingente lavoro di traduzione, ma avrebbe reso più facile il reclutamento e la formazione del clero indigeno.
Difficilmente i sacerdoti cinesi avrebbero potuto possedere, in maniera ugualmente approfondita, data la lunga durata dei rispettivi curricula studiorum, la conoscenza del latino e del cinese classico, necessaria quest'ultima per poter trattare in posizione di parità con le classi colte. Rispondendo il 1° apr. 1678 alla richiesta del provinciale Verbiest dell'8 gennaio, indirizzata a tutti i gesuiti in Cina, in ordine alla creazione di un seminario, il G. si pronunciò favorevolmente, sostenendo l'uso del cinese nella liturgia e la fondazione del seminario nell'interno della Cina (e non a Macao, come proposto da alcuni) per la formazione dei futuri sacerdoti cinesi nonché per la preparazione dei missionari occidentali.
Quando poi, il 1° maggio 1680, il G. succedette al Verbiest come viceprovinciale, provvide, d'accordo con questo, a inviare a Roma P. Couplet come procuratore affinché perorasse la causa della liturgia cinese e della creazione del seminario. Ma il Couplet, partito da Macao il 5 dic. 1681, non riuscì a convincere le autorità ecclesiastiche.
Dopo il 1680 il G. rimase a Nanchino come viceprovinciale e in tale veste ebbe occasione di incontrare per due volte l'imperatore Kangxi: nel 1684 e nel 1689, allorché questi fece due viaggi nella Cina centrale e visitò Nanchino. In ambedue le circostanze, ma soprattutto durante la seconda visita, Kangxi si comportò molto gentilmente con il G. e con i suoi confratelli, mostrando interesse e ponendo domande sulla loro religione. Negli anni 1690 e 1691 il G. si recò a Pechino, dove fu colmato di gentilezze dall'imperatore.
Il G. morì a Yangzhou il 24 ott. 1694 e non nel 1696, come indicato da molti autori (tra i quali Sommervogel, Streit, Pfister) e fu seppellito nel cimitero ai piedi della collina Jinguishan fuori della porta occidentale.
Opere: oltre agli scritti citati, del G. restano: De Latinae linguae usu Sinensibus alumnis non necessario inducendo. Dissertatio (ms. in Roma, Bibl. nazionale, Gesuitico 1257, n. 3 e in Arch. Rom. Soc. Iesu, Iap. Sin. 128, cc. 95-102), pubblicato in Bontinck, 1962, pp. 473-494. Datato da Xi'an il 1° apr. 1680, fa seguito alla risposta data a F. Verbiest il 1° apr. 1678 e fu composto dietro richiesta del visitatore S. Almeyda; fu poi trasmesso a Roma al p. generale P. Oliva con lettera da Xi'an del 22 sett. 1680 (Bernard, 1949, p. 25) insieme al De ritibus Ecclesiae Sinicis permissis apologetica dissertatio pro Sacrae Universalis Inquisitionis…. Si tratta di due manoscritti, leggermente diversi tra loro: Parigi, Bibl. nationale, Fonds Espagnol, n. 409, cc. 159-188 (considerato da Dehergne il più completo) e Roma, Bibl. nazionale, Gesuitico 1249/5, cc. 111-205. Alcune parti sono state pubblicate: Dissertatio apologetica scripta anno 1680 De Sinensium ritibus politicis, Leodii (Liegi) 1700, pp. 77 (cc. 131v-153v del ms. romano) e in Bernard, 1949, pp. 63-79 (cc. 111v-118r del ms. romano). Contengono una sobria esposizione delle opinioni dei missionari sui problemi dell'apostolato in Cina, come gli onori resi a Confucio, la terminologia cristiana da rendersi in cinese, riunite in due elenchi composti dal G. durante la detenzione a Canton, profittando del fatto che gli archivi della viceprovincia cinese erano stati trasportati da Macao a Canton per permettere ai missionari di consultarli durante il lungo periodo di detenzione. Dubia quaedam ad principes Pekinenses potissimum spectantia a fr. Dominico Navarrete Sacrae Romanae Universalis Inquisitioni proposita cum appositis responsis… (Parigi, Bibl. Ste-Geneviève, Rites chinois et malabares: ms. di cc. 7, 22 apr. 1674).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. Rom. Soc. Iesu, Rom. 58, c. 19v; 81, c. 66v; Ibid., Iap. Sin. 124, c. 122; 131, c. 18r; 134, c. 353r; 162, cc. 261v-262r; 104-105: T.I. Dunin-Szpot, Collectanea historiae Sinensi (ms., 1710), IV, cc. 40v-43v, XV, cc. 165v-167r; 102-103: Id., Historia Sinarum Imperii; Ibid., Lusitania, 7, c. 290r; Han Lin - Zhang Geng, Shengjiao Xinzheng (Testimonianze della religione cristiana, 1647), in Tianzhujiao dongchuan wenxian sanbian (Terza serie di testi sulla propagazione in Oriente della religione cattolica), I, Taipei 1972, pp. 267-362; A. Greslon, Histoire de la Chine sous la domination des Tartares, Paris 1671, passim; P. Intorcetta, Compendiosa narratione dello stato della missione cinese, cominciando dall'anno 1581 fino al 1669, Roma 1672, p. 24; P. Couplet, Histoire d'une dame chrétienne de la Chine, Paris 1688, pp. 86 ss.; B. Brollo, Relatio de statu missionis in provincia Sinensi, Sian-fu, […] 1702, in Sinica franciscana, VI/2, Roma 1961, pp. 1129-1139, in particolare p. 1137; Lettre du p. de Fontaney au père de la Chaise, […] 1702, in Lettres édifiantes et curieuses, III, Chine, Paris 1877, pp. 82-113, in particolare pp. 98 s., 105; Roma, Bibl. nazionale, [Vittorio Emanuele o Gesuitico ?] 72.C.530: F. Verbiest et al., Xichao dingan (Memoriali presentati all'imperatore), II, cc. 61r-64r; Id., Tianzhujiao dongchuan wenxian xubian (Seconda serie di testi sulla propagazione in Oriente della religione cattolica), III, Taipei 1966, pp. 1701-1804 (si tratta di un'altra parte del citato ms. 72.C.530); L. Gaillard, Nankin d'alors et d'aujourd'hui. Aperçu historique et géographique, Shanghai 1903, pp. 243-245; L. Pfister, Notices biographiques et bibliographiques sur les jésuites de l'ancienne mission de Chine 1552-1779, I, Shanghai 1932, pp. 318 s. n. 118; Correspondance de F. Verbiest de la Compagnie de Jésus (1623-1688), a cura di H. Josson - L. Willaert, Bruxelles 1938; Fonti ricciane, a cura di P. D'Elia, II, Roma 1949, p. 273 n. 1; H. Bernard, Un dossier bibliographique de la fin du XVIIe siècle sur la question des termes chinois, in Recherches de science religieuse, XXXVI (1949), pp. 25-79; P. D'Elia, La lingua cinese nella liturgia e i gesuiti del sec. XVII, in La Civiltà cattolica, CIV (1953), t. III, pp. 55-70; F. Bontinck, La lutte autour de la liturgie chinoise aux XVIIe et XVIIIe siècles, Paris-Louvain 1962, pp. 159-167, 186-196, 473-494; J. Wicki, Liste der Jesuiten Indienfahrer 1541-1758, in Aufsätze zur Portugiesischen Kulturgeschichte, VIII (1967), p. 300 n. 997; Fang Hao, Zhongguo Tianzhujiao shi renwuzhuan (Biografie di personalità della storia della religione cattolica in Cina), Hongkong 1970, II, pp. 268-277, passim; F. Margiotti, La Cina, ginepraio di questioni secolari, in Sacrae Congregationis de Propaganda Fide. Memoria rerum 1622-1972, Roma 1972, pp. 597-631; J. Dehergne, Répertoire des jésuites de Chine de 1552 à 1800, Roma 1973, p. 104 n. 344; J. Fejer, Defuncti secundi saeculi Societatis Iesu 1641-1746, II, D-H, Roma 1986, p. 165; M. Battaglini, The Jesuit manuscripts on China preserved in the Biblioteca nazionale in Rome, in Western humanistic culture presented to China by Jesuit missionaries (XVII-XVIII centuries), a cura di F. Masini, Roma 1996, pp. 11-100, in particolare p. 37, nn. 47 s.; Ch. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, III, Paris-Bruxelles 1892, coll. 1076 s.; IX, ibid. 1900, col. 385; R. Streit, Bibliotheca missionum, V, Aachen 1929, nn. 2413, 2430, 2479; VII, ibid. 1931, nn. 2015, 2046; XII, Freiburg 1958, pp. 113 s., n. 15.