GALLARATI SCOTTI, Gianfilippo
Figlio del conte Giambattista e di Maria Teresa Spinola, nacque a Milano il 25 febbr. 1747. Ammesso alla tonsura e vestito l'abito ecclesiastico l'11 sett. 1754 a soli sette anni (onde godere di un beneficio destinatogli dallo zio Giuseppe Gallarati, vescovo di Lodi dal 1742), rinunziò con rogito 12 apr. 1767 ai diritti di maggiorascato per seguire la carriera ecclesiastica, riservandosi la sua quota libera di proprietà e una pensione di 6000 lire milanesi, portata nel 1784 a 10.500 lire.
Laureato in utroque iure a Pavia (sarà per questo cooptato il 13 sett. 1773 nel Collegio dei giureconsulti di Milano con il fratello Francesco), lasciò Milano per Roma, ove al collegio S. Anselmo si perfezionò nelle discipline ecclesiastiche. Entrato in prelatura come referendario utriusque Signaturae durante il pontificato di Clemente XIV, proseguì la carriera nell'amministrazione pontificia come addetto alla congregazione della Consulta, poi come vicelegato a Ravenna. Nel 1785 fu nominato delegato apostolico e inquisitore a Malta.
Qui, benché Pio VI con alcuni brevi come quello del 23 dic. 1783, avesse ridotto i conflitti di giurisdizione tra gran maestro dell'Ordine, vescovo locale e inquisitori, il G. si trovò di fronte la forte personalità del gran maestro E. de Rohan (1775-97), sotto il quale cominciarono a penetrare nell'isola correnti illuministe e, proprio nel 1785, la massoneria.
Divenuta Malta meta di rifugiati ed esuli di Francia dopo la Rivoluzione, attraverso costoro il G., che il 12 ag. 1792 era stato ordinato prete, maturò le sue idee antirivoluzionarie. Nominato da Pio VI vescovo titolare di Side il 24 sett. 1792 e consacrato a Roma il 17 marzo 1793, il 23 agosto dello stesso anno era nominato nunzio in Toscana.
L'attività del G. a Firenze fu rivolta in primo luogo al superamento della politica anticuriale seguita sino al 1790 da Pietro Leopoldo e dai suoi ministri, a combattere il giansenismo toscano legato a Scipione de' Ricci e a incoraggiare il nuovo granduca Ferdinando III sulla strada di una politica più favorevole a Roma.
In una lettera alla segreteria di Stato del 29 nov. 1794 il G. lodava il nuovo vescovo di Pistoia, F. Falchi Picchinesi, che era riuscito a bloccare un progetto governativo, presentato il 20 marzo 1793, contenente un "piano in sostanza distruttivo di tutti i conventi di monache" e in particolare dei conservatori femminili.
I dispacci fiorentini del G. contengono pure notizie: sui movimenti di navi inglesi e francesi nel mar Tirreno e in particolare nel porto di Livorno; sulle manifestazioni filofrancesi nel Granducato, come l'innalzamento dell'albero della libertà dinanzi alla porta del ministro di Francia, "malgrado l'odio che il partito dominante dimostra verso i Giacobini"; sull'arrivo del nuovo console francese a Livorno. Diede anche notizia dell'invio del conte F. Carletti a Parigi per trattare la conferma della neutralità fra il Granducato e la Francia con "lo scopo di tenere lontani i Francesi e di prevenire una eventuale richiesta di passaggio di truppe" (dispaccio alla segreteria di Stato del 10 genn. 1795).
Trasferito nell'estate del 1795 alla nunziatura di Venezia come successore di mons. G. Firrao, il G. chiedeva di poter trascorrere due mesi in patria, per sistemare alcuni interessi e per aver il tempo di far mettere in ordine la sua residenza veneziana (dispaccio del 18 ag. 1795). Fatta la visita di congedo alla corte il 26 settembre, lasciava Firenze per raggiungere, dopo una breve sosta a Milano, la nuova sede.
Era difficile immaginare un compito più difficile nella precaria situazione in cui si trovava Roma e in cui si sarebbe presto trovata la Repubblica di fronte alla politica del governo francese e all'invasione del generale N. Bonaparte. L'inviato francese a Venezia J.-B. Lallement, qualche settimana dopo l'arrivo del nunzio G. a Venezia, lamentando le difficoltà fatte da Roma al libero transito nello Stato pontificio dei francesi diretti a Venezia, in Toscana o a Genova, scriveva al ministro degli esteri Delacroix il 12 dic. 1795: "Ce qui surprend plus encore c'est la conduite du Nonce Scotti arrivé ici depuis quelques semaines. Il a visité et traité tout le corps diplomatique, et il n'a pas daigné me faire la moindre politesse, en sorte qu'il manifeste ouvertement qu'il croit son maître en état de guerre avec la République française", concludendo che perciò la Francia era anch'essa in diritto "de traiter son pays en ennemi". Questo rapporto fa immediatamente capire la situazione nella quale si trovava a operare il nunzio. I dispacci del G. fanno conoscere in quale stato versassero la Repubblica, i partiti e gli uomini nei momenti estremi della dissoluzione della Serenissima: l'invasione francese, la propaganda giacobina, il distacco progressivo delle province di Terraferma di Bergamo e di Brescia e la proclamazione di questa in repubblica democratica, mentre la scomparsa delle figure più autorevoli rendeva più incerta la guida dello Stato.
Alla caduta della Repubblica il G. lasciò Venezia, ma la diplomazia pontificia sperava evidentemente che la situazione non fosse definitiva: nella nunziatura restarono infatti come delegati apostolici F.M. Giovannelli, patriarca di Venezia, e P.A. Zorzi, arcivescovo di Udine; inoltre, gli atti formati dalla nunziatura sino al 25 marzo 1800, dunque sin dopo l'elezione di Pio VII, figurano tutti sotto il nome del nunzio Gallarati Scotti.
Il G. fu uno dei custodi nel lungo conclave svoltosi presso l'isola di San Giorgio per l'elezione del successore di Pio VI; fu lui ad accogliere e ad accompagnare a San Giorgio il 12 dic. 1799 l'arcivescovo di Vienna, card. F. Herzan.
Eletto il 14 marzo 1800 il cardinale B. Chiaromonti con il nome di Pio VII, il G. fu da questo nominato segretario dei Memoriali e il 14 ag. 1800 prefetto della Camera apostolica. Nella terza creazione cardinalizia di Pio VII (23 febbr. 1801), fu fatto cardinale.
Il G. optò per il titolo di S. Alessio (20 luglio 1801), cambiato in quello di S. Prassede (26 sett. 1814) e poi in quello di S. Lucina (21 dic. 1818), pur conservando S. Prassede in commenda. Membro delle congregazioni del Cerimoniale, dell'Immunità ecclesiastica, delle Indulgenze e sacre reliquie, della Visita apostolica, di Propaganda Fide, dei Vescovi e dei regolari, fu anche protettore di numerose confraternite di Roma e della Toscana e di monasteri dello Stato pontificio.
Occupata Roma dai Francesi (2 febbr. 1808) e avendo il governo imperiale dato ordine ai cardinali di rientrare nelle rispettive patrie, anche il G. venne accompagnato sotto scorta armata a Milano (10 apr. 1808). Dopo che Napoleone diede ordine ai cardinali di Curia di fissare la loro residenza nella capitale dell'Impero, anche il G. il 1° nov. 1809 partì insieme con il card. G. Dugnani per Parigi. Ma rifiutatosi di assistere, il 2 apr. 1810, al matrimonio di Napoleone con Maria Luisa d'Austria, gli furono confiscati i benefici del Lodigiano e, l'8 apr. 1810, fu esiliato, come gli altri cardinali "neri", in località della provincia francese: prima a Mezières, nelle Ardenne, poi a Fontainebleau.
Ritornato in Italia nel 1814 dopo la caduta di Napoleone, sostò per qualche tempo a Milano. Nello stesso anno fu nominato arciprete della basilica di S. Maria Maggiore e prefetto di Propaganda Fide. Rifiutò invece la nomina di legato pontificio in Romagna.
Il G. morì presso Orvieto il 6 ott. 1819 e fu sepolto a Roma in S. Carlo al Corso per cura del nipote Carlo suo erede.
Un suo breve ritratto ha lasciato A. Mai in una lettera del 26 ott. 1819 a S.A. Morcelli: "era di vita veramente santa e di religione amabilissima: dolce, pio, prudente; ed impiegava tutti i proventi ecclesiastici in pro dei poveri o di opere pie, spendendo per sé il proprio patrimonio".
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Segr. di Stato, Firenze, b. 178; Arch. Nunziatura di Firenze, b. 129; Arch. Nunziatura di Venezia: bb. e voll. 254, 364, 468, 545, 590, 612 s., 2409-2411 (v. L'Arch. della Nunz. di Venezia, Sez. II (1550-1797), Inventario, a cura di G. Rostelli, Città del Vaticano 1998, pp. XVIII s. e passim); Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 10211, cc. 4-6; Milano, Arch. Gallarati Scotti, cart. 146; B. Arese Lucini, In solemni inauguratione qua domini comes d. Iohannes Philippus provinciae Aemiliae vice-legatus et d. F. fratres G.S. in collegium illustrissimorum dd. iudicum et equitum Mediolani cooptabantur oratio habita… die 13 septembris 1773, Mediolani 1773; L. Valdani, Elogio in morte dell'em.mo cardinale G.F. G.S.…, Milano 1819; G. Trivulzio Manzoni, Memorie intorno alle famiglie Gallarati e Scotti, Milano 1897, tav. XV; L. Cortesi, Epistolario di A. Mai, in Bergomum, n.s., LXIV (1983), pp. 278-280; La bolla "Auctorem fidei" (1794) nella storia dell'ultramontanesimo, saggio introduttivo e documenti a cura di P. Stella, in Il giansenismo in Italia, II, 1, Roma 1995, pp. XIX, CXXX s.; Gli agenti civili della Francia rivoluz. in Italia, s. 2, 1795-1799, I, 2 nov. 1795 - 26 marzo 1796, a cura di M.F. Leonardi, Roma 1996, p. 182; E. Pistolesi, Vita del s.p. Pio VII, II, Roma 1830, p. 175; G. de Grandmaison, Napoléon et les cardinaux noirs, Paris 1895, passim; U. Beseghi, I cardinali neri, Firenze 1944, p. 118; G. Incisa, Il conclave di Venezia nel Diario del principe don Agostino Chigi, in Boll. dell'Ist. di storia della società e dello Stato veneto, IV (1952), pp. 290, 293, 296, 298, 306; M. Berengo, La società veneta alla fine del Settecento, Firenze 1956, p. 8; T. Gallarati Scotti, Il conclave del 1800, in La civiltà veneziana nell'età romantica, a cura del Centro di cultura e civiltà G. Cini, Firenze 1961, p. 22; F. Diaz - L. Mascili Migliorini - L. Mangio, Il Granducato di Toscana, II, I Lorena dalla reggenza agli anni rivoluzionari, Torino 1997, p. 461; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor.-eccles., LXII, pp. 236-238; Enc. cattolica, XI, col. 166; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica…, VI, Patavii 1958, p. 379; VII, ibid. 1968, ad indicem; Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., col. 818.