ENZOLA, Gianfrancesco
Figlio di Luca, orefice, medaglista e maestro di zecca parmense, ne sono sconosciute le date di nascita e di morte. La notizia secondo la quale l'artista sarebbe vissuto fino al 1513 rimane tuttora ipotetica (Friedländer, 1882, p. 115). Grazie alle iscrizioni sulle medaglie da lui eseguite, la sua attività artistica si può collocare tra il 1455 (data apposta su una medaglia rappresentante Pier Mario Rossi conte di Berceto) e il 1478 (data apposta sulla medaglia di Federico di Montefeltro duca di Urbino).
L'E. avrebbe fatto il suo apprendistato nella bottega degli artisti Alessandro da Parma e di suo figlio Pietro (Grazzi, 1972, p. 28), famosi orefici, alcune opere dei quali ornano la basilica di S. Antonio in Padova.
L'attività artistica dell'E. si può suddividere in grandi periodi secondo l'evoluzione degli interessi e dello stile dell'artista. In un primo tempo egli si dedicò soprattutto ad esperienze di ordine tecnico, interessandosi alla messa a punto e allo sviluppo di nuovi procedimenti per la produzione delle medaglie, che fino ad allora venivano fuse. L'E. fu uno dei primi artisti italiani a cimentarsi nella tecnica della coniazione perfezionata qualche tempo dopo da Vittore Gambello di Venezia. La sua tecnica era ancora relativamente primitiva; è presumibile che l'E. incidesse direttamente i suoi disegni sul metallo del tassello servendosi in seguito di un semplice martello per coniare le sue medaglie (Hill, 1978, p. 54). Certo i pezzi realizzati in questo modo sono di qualità modesta: di piccole dimensioni (non superano mai quelle di una moneta e hanno di regola un diametro di circa 40 mm), testimoniano gli sforzi dell'artista nella ricerca delle varie possibilità offerte dalle medaglie - oggetti d'arte per i quali si manifestava allora un rinnovato interesse - e rappresentano comunque un progresso nella tecnica di produzione. Questo periodo si può situare tra il 1455 e il 1471. I ritratti incisi sul recto delle medaglie indicano che l'E. lavorava allora per Pier Mario Rossi, conte di Berceto, per il quale eseguì parecchie medaglie - una delle quali è datata 1455 e un'altra 1471 - che recano l'effigie del conte, mentre altre hanno il busto della sua amante Bianca Pellegrini (per es. una del 1457). Francesco I Sforza fu un altro dei suoi committenti di quest'epoca: per il duca di Milano l'E. realizzò infatti parecchie medaglie (1456, 1459, e un'altra non datata). Altre medaglie gli furono commissionate da Cecco Ordelaffi di Forlì (1457) e da Taddeo Manfredi di Faenza (1461). Alla fine di questo periodo, tra il 1467 e il 1471, ritroviamo l'E. a Parma.
L'anno seguente era a Ferrara dove restò poco tempo, solo fino al 1473, lavorando come maestro di zecca.
I pezzi coniati in questo periodo, secondo l'uso seguito da Pisanello in poi, si presentano con il ritratto del committente, il più delle volte a mezzo busto e di profilo, sul recto, mentre il verso era destinato alla rappresentazione di una scena in rapporto con il personaggio: cavaliere armato, torrione, allegoria ecc. Queste medaglie sono caratterizzate da un rilievo molto schiacciato e poco nitido. A poco a poco lo stile dell'artista si consolidò: egli abbandonò la tecnica della coniazione di cui non era pienamente padrone e le cui difficoltà lo dovettero scoraggiare, per tornare alla tecnica tradizionale della fusione. Mantenne lo schema adottato fino allora del ritratto sul recto e della scena sul verso; ma la pratica della fusione gli permise di realizzare pezzi disegnati con maggiore abilità e di dimensioni molto più importanti.
Durante quest'ultimo periodo, compreso all'incirca fra il 1474 e il 1478, l'E. realizzò un'intera serie di medaglie per Costanzo Sforza di Pesaro (1474, 1475, 1478, oltre a parecchie altre non datate) che costituisce senza dubbio la sua opera migliore. Il ritratto dell'aristocratico è in effetti una delle più belle realizzazioni della medaglistica italiana del '400 e colloca l'E. tra i maestri incontestati di quest'arte. La medaglia del 1475 in particolare, con la rappresentazione di Costanzo sul recto e di Alessandro Sforza sul verso, ha permesso all'E. di manifestare tutto il suo talento di ritrattista. Costanzo è rappresentato giovane, di profilo, volto a sinistra, a mezzo busto, secondo la tradizione del ritratto quattrocentesco. Anche Alessandro è rappresentato a mezzo busto, volto a sinistra, più anziano. L'E. ha realizzato qui un'opera di valore trascurando tutti i particolari superflui e riuscendo ad ottenere un maggior rilievo. Si riscontrano la volontà di rigore, la sicurezza di tratto e la pienezza di volume che spesso mancano nelle scene sul verso. In effetti il verso delle sue medaglie soffre in genere di una sovrabbondanza di particolari che nuoce alla chiarezza della composizione e appesantisce le scene; le lettere delle sue iscrizioni, poi, sono spesso prive di eleganza, tracciate ed eseguite, come sono, con una certa imperizia.
Nel 1478, cioè proprio alla fine della sua attività artistica, l'E. creò per Federico da Montefeltro una medaglia il cui diametro misura ben 92 mm. L'originale è stato distrutto, ma una riproduzione delle due facce, incisa su due tondelli di cuoio e conservata nella Biblioteca apostolica Vaticana (cod. Urb. lat. 1418), ne tramanda un'immagine precisa. Il recto mostrava il busto di Federico rivolto a sinistra: un uomo ormai anziano, dalla fronte stempiata, rugoso, un ritratto per nulla idealizzato. Sul verso era raffigurato il duca a cavallo, con l'armatura, che si dirige verso sinistra in compagnia di soldati a piedi e preceduto da Marte e dalla Vittoria. Ma per quel che si può giudicare dalla riproduzione, l'originale presentava ancora quell'eccesso di particolari, frequente nelle opere dell'Enzola. Il trattamento delle armature di fantasia e quello della criniera e della coda del cavallo sono tipici del mestiere dell'artista. Questa medaglia è stata con tutta probabilità incisa per ricordare le vittorie del duca Federico sui Fiorentini (Hill, 1912, p. 200).
Oltre che di medaglie l'E. è autore di molte placchette e di un sigillo per la città di Parma, tutti pezzi firmati di sua mano. Per motivi stilistici gli si attribuiscono anche altri sigilli (Lor. Rovorello, Niccolò Perotto), e placchette.
Le opere dell'E. sono conservate in gran parte al Museo nazionale di Napoli, a Brera, al Münzkabinett degli Staatliche Museen zu Berlin e al British Museum e al Victoria and Albert Museum di Londra.
Come firma l'artista ha adottato il nome proprio seguito sia dal solo aggettivo "Parmensis" sia dal cognome "Henzola".
Fonti e Bibl.: J. Friedländer, Die italienischen Schaumünzen des fünfzehnten Jahrhunderts (1430-1530), Berlin 1882, pp. 115-120; L. Forrer, Bibliograpical Dictionary of medaillists…, II, London 1904, pp. 22 s.; VII, ibid. 1923, pp. 255 s.; G. Hill, Notes on Italian medals, XII, in The Burlington Magazine, XX (1912), pp. 200-208; Id., E. G., in U. Thieme-E. Becker, Künstlerlexikon, X, Leipzig 1914, p. 572 (con bibl. prec.); Id., A corpus of Italian medals of the Renaissance before Cellini, London 1930, I, pp. 70-74 nn. 280-299; II, tav. 45-47; ld., The medal: its place in art. Annual Lecture, in Proceedings of the British Academy, n.s., XXVII (1941), p. 15; Ch. Seymour, An attribution to Riccio and other recent acquisitions of Italian Renaissance bronzes, in Bulletin of the Yale University Art Gallery, XXVII (1962), pp. 5-21; L. Grazzi, Medaglisti e zecchieri parmensi nella Roma papale dei secoli XV-XVI, in Parma nell'arte, IV (1972), pp. 27 s., 29nn. 22 c. 23, 30 n. 24, 32, tav. I, figg. 1-2; P. Carpeggiani, Aste, in Antichità viva, XIII (1974), 4, p. 85 (medaglia di Costanzo Sforza con castello sul verso; ill. recto e verso); G. Hill, Medals of the Renaissance, a cura di G. Pollard, London 1978, pp. 29, 54-58; K. Lippincott, The astrological vault of the Camera di Griselda from Roccabianca, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XLVIII (1985), p. 59.