GAMBARA, Gianfrancesco
, Gianfrancesco. - Nacque alla fine del XV sec., a Brescia o nel Bresciano, figlio del conte Maffeo. Insieme con il fratello Gian Galeazzo fu in stretta relazione con l’imperatore Massimiliano, presso il quale cercò di perorare la causa della città di Brescia nel periodo del violento contrasto tra la Francia e l’Impero.
Il G. fu da Massimiliano molto amato e tenuto in grande considerazione, tanto da venire comunemente definito, insieme con il fratello, «protettore della patria». Nel 1512, poco prima della fine dell’occupazione francese di Brescia, assieme con Gian Galeazzo cercò di trattare con i Veneziani la fuga dalla città, senza tuttavia riuscirvi. Sempre con il fratello si occupò della rocca e dei possedimenti familiari nella zona di Pralboino, dove fu ospitato l’imperatore Massimiliano. Nel 1516 il G. chiese all’imperatore la conferma dei feudi di Pontevico sull’aglio e di Lovere sul lago d’Iseo, ma le difficili trattative non andarono a buon fine.
Grazie alla loro grande abilità diplomatica, il G. e Gian Galeazzo coprirono il duplice ruolo di ambasciatori per lo Stato pontificio e per l’Impero. I titoli di cavaliere, poi di conte, di consigliere perpetuo e di commissario per gli interessi della Lombardia furono i riconoscimenti per l’opera prestata. Nel 1516, Massimiliano mandò il G., Gian Galeazzo e altri a Roma per trattative relative alla nomina del vescovo di Brescia. In seguito, negli anni Venti del ’500, i due fratelli ebbero momenti di duro contrasto, che provocarono violente liti familiari.
La necessità di un continuo dialogo con l’imperatore spinse il G. a dedicarsi allo studio delle lettere e delle lingue, che presto giunse ad amare quanto le armi. Su richiesta di Massimiliano si dedicò al latino e più tardi al greco e all’ebraico; si appassionò anche alla lingua volgare, nella quale compose numerosi sonetti. Scrisse in versi e in prosa e ospitò nella sua casa molti personaggi, quali Giovanni Francesco Conti Quinziano Stoa e Mario Nizolio, suoi tutori in lingue antiche sin dal 1522. Il G. fu inoltre amico di Cesare Ducco. Fu autore di poesie latine e gran mecenate, e nel suo castello di Pralboino fece aprire una stamperia. Unico libro di cui il G. risulta editore sono le Observationes in M. T. Ciceronem del Nizolio (1535).
Visse gli ultimi anni ritirato nelle sue terre e conducendo vita da signorotto locale. Il G. ebbe tra l’altro il merito di introdurre a Pralboino la coltivazione dell’erba medica. Sposò Corona Martinengo e poi, in seconde nozze, Violante Mauruzi da Tolentino. Ebbe quattro figli, Cesare - che ottenne il vescovato di Tortona e fu senatore di Milano - Lodovico, Giovanni Corona - da cui nacquero Maffeo (II) e il come Uberto - e Marsilio.
Testò il 28 marzo 1564 in favore di Cesare e dei due nipoti maschi Uberto e Maffeo.
Fonti e Bibl.: Brescia, Bibl. civ. Queriniana, A. Valentini, Scrittori bresciani, XXV, cc. 296-298; L. Alberti, Descrittione di tutta Italia, Venezia 1581, c. 367; Cronache bresciane inedite dei secoli XV-XIX, a cura di P. Guerrini, Brescia 1922, I, ad ind.; O. Rossi, Elogi historici di bresciani illusens, Brescia 1620, pp. 260-263; G.F. Gambara, Gesta de’ Bresciani durante la Lega di Cambrai, Brescia 1820, ad ind.; V. Peroni, Biblioteca bresciana, II, Brescia 1823, p. 99; L. Lechi, Della tipografia bresciana nel sec. XV. Memorie, Brescia 1854, p. 101 n. 4; P. Faita, Verolanova. Memorie, Brescia 1968, ad ind.; F. Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, Brescia 1973, I, I castelli, ad ind.; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia del ‘500 in Italia, Firenze 1984, p. 192; Veronica Gambara e la poesia del suo tempo, in Atti del Convegno, Brescia, Correggio ... 1985, a cura di C. Bozzetti - P. Ghibellini - E. Sandal, Firenze 1989, ad indicem.