FERRÉ, Gianfranco
Nacque il 15 agosto 1944 a Legnano (Milano), primogenito di Luigi e di Andreina Morosi.
Nonostante le difficoltà del periodo di guerra, fu allevato in un ambiente familiare medio-borghese, sereno e accogliente, che aveva la sua forza nei legami e nella solidità delle proprie radici. Il padre Luigi aveva ereditato una piccola impresa per la produzione di macchine utensili; la madre, Andreina, originaria di Cremona, lasciata la gestione di un negozio di generi di monopoli, decise di occuparsi a tempo pieno della casa e della famiglia.
Ben presto, nell’estate del 1947, arrivò Alberto, con cui Gianfranco condivise giochi, vestiti con le braghette, amicizie e passioni. In casa Ferré vigeva una rigida educazione cattolica e l’osservanza delle tradizioni, che si coniugavano al senso del dovere e della misura: «era – spiegava Gianfranco – la cultura morale del rispetto per gli altri […]. E una certa eleganza del vivere. L’argenteria in tavola, per me, non è una snobberia, ma qualcosa che sono sempre stato abituato a vedere» (Ferri, 1995, p. 15).
Durante il periodo delle scuole elementari, dopo aver terminato i compiti, Ferré aveva l’abitudine di scappare in bicicletta dalla zia Adele, sorella del papà, che in casa confezionava abiti per le signore legnanesi: le dava una mano nelle operazioni di cucito, si occupava della consegna degli abiti alle clienti e respirava eleganza e libertà. La Legnano di quei tempi è «una città piccola, ma solida, vivibile […] È in ‘provincia’ senza dubbio. Ma lo è nel senso migliore del termine», come lo stesso Ferré dichiarò (Alfonsi, 2008, p. 40).
Con gli studi al liceo scientifico Galileo Galilei cominciò anche il tempo delle amicizie, delle feste domenicali e delle gite scolastiche. Ferré, a soli 15 anni, aveva vinto il premio pittura della Famiglia Legnanese con un dipinto a olio: il quadro che rappresenta una visione stilizzata della città industriale è l’unico dipinto mai realizzato dallo stilista.
Nel 1960 venne a mancare prematuramente papà Luigi e, di conseguenza, Andreina e i suoi due figli si trasferirono in casa delle zie Rina e Virginia, sorelle di Andreina, in via De Amicis, per vivere tutti insieme e provvedere collettivamente alla crescita dei ragazzi. Nonostante il lutto, le sorelle Morosi continuarono, con rigore e meticolosità, a mantenere le abitudini ormai consolidate, a partire dalla cura della casa e della buona cucina. Terminato il liceo, nel 1963 Ferré decise di iscriversi alla facoltà di architettura presso il Politecnico di Milano, iniziando a frequentare da pendolare la città meneghina; la sera soleva tornare in treno a Legnano, a casa dalle 'mamme', come chiamava la mamma e le zie.
Nella cerchia dei suoi compagni di studi (che divennero i suoi 'amici di sempre') si fece subito notare per la sua propensione a disegnare la figura umana, arte che in realtà aveva appreso da solo dopo il liceo con metodo ed esercizio, e a dispensare alle amiche consigli sull’abbigliamento e le acconciature. Furono anni di contestazione giovanile espressa attraverso scioperi e occupazioni in tutte le università italiane; per Ferré fu il tempo dello studio intenso, in cui apprese con disciplina il metodo e il valore del progetto. «Sono quindi un ragionevole figlio del ’68. Per intenderci, quelli ammalati di cultura […]» (Gianfranco Ferré. Disegni, 2010). Nel 1969 concluse gli studi di architettura con la discussione della tesi dal titolo Metodologia dell’approccio alla composizione, il cui relatore fu l’architetto Franco Albini e che fu accompagnata dalla lode.
Accanto agli studi universitari, Ferré in questi anni esprimeva la sua volontà di sperimentazione disegnando bijoux e cinture realizzati nel garage di casa dal fratello Alberto con materiali insoliti, provenienti da negozi di ferramenta e utensileria: allo studio delle forme degli oggetti, aggiungeva la ricerca delle potenzialità intrinseche dei materiali (cuoio, metallo, plastica). Ferré ne faceva omaggio alle amiche e alle compagne di studi e ben presto cominciò il tam tam intorno a quei gioielli, tanto innovativi e fantasiosi.
In quello stesso periodo, per una serie di coincidenze, Ferré conobbe Rosy Biffi, proprietaria insieme alla sorella Adele di boutiques a Milano che, in collaborazione con il marito Franco Limonta, divenne artefice della «nascita del Maestro come stilista» (Alfonsi, 2008, p. 51). Esperte conoscitrici della moda e dei suoi protagonisti, le Biffi riconobbero immediatamente in quelle prime creazioni di Ferré un vero talento stilistico, tanto che decisero di introdurlo nel mondo della moda: gli presentarono la marchesa Ileana Pareto Spinola e Anne-Sophie Benazzo, entrambe operanti nel settore, le quali proposero i gioielli di Ferré ad alcuni buyers e all’attenzione di giornaliste di moda, come Anna Riva e Anna Piaggi, mentre furono pubblicate (anche in copertina) fotografie di alcuni gioielli su riviste come Arianna, Grazia, Linea italiana. La curiosità e l’interesse crebbero nel mondo della moda fino a catturare l’attenzione di Camilla Cederna, che ne fece cenno nella sua rubrica-diario Il lato debole, sul settimanale L’Espresso. Continuando nel loro intento, le Biffi si adoperarono a mettere in contatto Ferré con lo stilista più innovativo e d’avanguardia del periodo, Walter Albini, e Christiane Bailly, sua collega francese. Ne nacque una proficua collaborazione: Ferré si occupò dapprima della biblioteca e dell’archivio dello stilista e, in seguito, disegnò gioielli e accessori per le sue collezioni.
Nel frattempo si cimentava anche come architetto, disegnando mobili, arredando appartamenti e negozi, registrando che «quello era il tempo in cui un giovane architetto diventava arredatore. In quegli anni, un’intera generazione è stata messa in fuga dallo spettro dell’interior design: abbellimento e decorazioni di ville, appartamenti, mansarde per un ceto con più denaro che idee. Un’incongruenza insostenibile, per me, dal momento che fermamente credo che ognuno deve farsi la sua casa, specchio di sé e accumulo della propria vita» (Ferri, 1995, p. 45).
Nel 1972 Ferré decise di affittare uno studio-casa a Milano, città che diveniva sempre più capitale del design e della moda, e cominciò a collaborare con la Impermeabili San Giorgio, azienda storica fondata a Genova nel 1933 da Ariodante Borelli. Il figlio del titolare, Giorgio Borelli, responsabile del comparto casual dell’azienda, affidò a Ferré la linea Ketch, abbigliamento giovane e sportivo, la cui produzione, per abbattere i costi, veniva realizzata in India. A Ferré spettava, oltre alla progettazione della linea, la supervisione e il controllo di tutto il ciclo di produzione, dalla creazione dei tessuti alla confezione dei capi. Fu l’occasione per visitare l'India, studiando e censendo le svariate realtà di artigianato tessile di tipo tradizionale, anche in collaborazione con il governo di Nuova Delhi, nella prospettiva di migliorare e sviluppare in senso industriale i processi di produzione, grazie all’utilizzo della tecnologia.
L’India fu la prima vera esperienza vissuta lontano dal suo ambiente; attraverso il subcontinente indiano venne a contatto con un mondo completamente sconosciuto, dal quale rimase stregato, una lezione di vita e di stile: «Credo di poter dire che il mio stile senza l'Oriente sarebbe stato profondamente diverso» (Gianfranco Ferré. Lezioni di moda, 2009, p. 142). I colori – «toni aranciati, solari, luminosi» –, gli odori, le forme concorsero alla crescita del suo talento creativo: «osservando le donne indiane drappeggiate nei loro sari [...] ho visto che svolgevano i lavori più umili e faticosi, conservando una regalità assoluta. Questo mi ha insegnato, tra l’altro, quello che chiamo il ‘senso del corpo’ ovvero la sua fisicità e i suoi movimenti come elementi di riferimento cui concedo priorità assoluta nel processo di costruzione dell’abito. La lezione dell’Oriente mi ha permesso di ricalibrare il principio del lusso e dell’opulenza, non legandoli, ma puntando invece a eliminare il superfluo, l’orpello, la ridondanza» (ibid., pp. 142-143).
Nel 1973 Ferré conobbe Franco Mattioli, un imprenditore bolognese, un 'industriale puro', che nel 1958 aveva fondato, insieme a sua moglie, la ditta d’abbigliamento Dei Mattioli: con intuito imprenditoriale gli affidò subitamente il restyling di Baila, una delle linee prodotte dalla sua azienda. Un anno dopo, a marzo del 1974, Ferré preparò la prima collezione di prêt-à-porter femminile Baila by Ferré, Autunno/Inverno 1974/1975, che sfilò a Milano, al ristorante l’Elefante Bianco di via San Maurilio, tra tanti amici e pochi giornalisti. Grandi applausi sancirono il gradimento di questa prima sfilata, mentre la stampa stigmatizzò la proposta di Ferré come «troppo rivoluzionaria»: protagonisti della sfilata furono le camicie bianche (le sue creazioni per eccellenza) e abiti comodi per il giorno e belli per la sera.
Sempre nello stesso anno Ferré disegnò, per la Impermeabili San Giorgio, i capi della collezione di prêt-à-porter Courlande, che fu presentata all’Hotel Palace di Milano. Il suo eccezionale talento cominciò a esprimersi nella creazione di capi realizzati in materiali diversi ed eterogenei: lycra, jersey, pelli, lana e filati. Nel 1976 cominciò a collaborare con il Maglificio di Vignola – realtà produttiva del distretto carpigiano-modenese dell’abbigliamento di proprietà dei fratelli Giacomo e Paolo Bizzini – disegnando maglieria, e con La Matta, ditta dell’Alto Vicentino, per capi in pelle. Debuttò, sempre nello stesso anno, nel settore della pellicceria: la famiglia Trione di Bari, che vantava ottant’anni di esperienza nel settore, decise di affidare al giovane architetto Ferré la direzione creativa della linea Trifurs. Fu un enorme successo e la feconda collaborazione tra Trione e Ferré proseguì per ben cinque anni.
Frutto del costruttivo sodalizio tra l’imprenditore Mattioli e Ferré fu la creazione, nel maggio del 1978, della società Gianfranco Ferré spa, con sede inizialmente nella casa milanese di ottanta metri quadri in via Conservatorio. Dopo solo pochi mesi, grazie alla frenetica opera di organizzazione del suo braccio destro, sua cugina Rita Airaghi, la società fu trasferita in un appartamento di palazzo Cicogna, in via Damiano.
Senza una vera struttura e in tempi strettissimi, nell’ottobre del 1978 Ferré riuscì a presentare, nelle sale eleganti e lussuose dell’Hotel Principe di Savoia, la prima omonima collezione donna, i cui abiti in tessuto furono confezionati dai Dei Mattioli, quelli in maglieria dal Maglificio di Vignola, mentre i modelli in pelle furono realizzati da La Matta. Il successo arrivò dirompente: quei vestiti vacanza, sui toni del blu, suscitarono grande interesse ed eccezionale risonanza sulla stampa. Tra il pubblico erano presenti alla sfilata Beppe Modenese, promotore di moda, arbiter elegantiarum, e Rudy Crespi, editore e fondatore di una prima agenzia di PR a New York: entrambi contribuiranno, Modenese a Milano e Crespi a New York, al lancio e al posizionamento del brand Ferré nel mondo internazionale della moda. Nello stesso anno nacque la seconda linea, Oaks by Ferré, di abbigliamento informale, presentata alla Fortezza da Basso a Firenze, la cui produzione e distribuzione furono affidate a Omino di Ferro, ditta di Casorate nella provincia pavese.
Intanto, tra il 1978 e il 1979, Ferré si occupò anche del lavoro creativo per la realizzazione di capi con filati Zegna Baruffa, che sfilarono alla manifestazione internazionale Pitti Filati a Firenze. Gli abiti non potevano non essere accompagnati da linee di accessori (scarpe, foulards, valigeria, lingerie, beachwear, intimo uomo e donna) e nuove licenze.
Nel 1982 Mattioli, riconfermando la sua fiducia allo stilista e volendo far diventare 'Ferré' una griffe alla pari delle più prestigiose, decise di trasferire in via della Spiga 19 il quartier generale della maison Ferré, lasciando nella vicina San Damiano lo show-room, e di investire cospicuamente in un efficace lancio pubblicitario, affidato al bolognese Giorgio Poli e al fotografo americano Herb Ritts.
In via della Spiga venne così presentata la prima collezione Gianfranco Ferré Uomo, abbigliamento e accessori dedicata all’uomo contemporaneo: i completi confezionati dalla ditta Redaelli di Verano Brianza, le cravatte realizzate dall’azienda familiare comasca Mantero Seta, i capi in pelle (chiodi, bomber…) da La Matta, i pullover di Maglificio di Vignola e le camicie di Boulevard di Novara. La scelta di puntare sull’abbigliamento maschile fu dettata sia da una ragione espressiva, «disegnare per l’uomo significa, a mio parere, gettare sulla carta un’idea spontanea per poi analizzare, controllare, verificare, pulire, riducendo agli elementi di base» (G. Ferré, Il senso dello stile, 1993), sia per aiutare gli uomini a «intervenire sul loro aspetto, esprimendo qualcosa di loro che non gli è imposto: né dalla tradizione né dagli stilisti» (Sollazzo, 1996, p. 154). Se il suo stile personale restò immutabile e radicato nel tempo – era quasi impossibile incontrare Ferré senza il suo impeccabile completo, giacca, panciotto e fazzoletto da taschino (immancabili, i gemelli e la spilla) – per l’uomo Ferré progettò nel tempo un abbigliamento che esprimesse la sperimentazione dei tessuti e delle linee nella continuità dell’eleganza e della tradizione sartoriale, sempre alla ricerca del comfort e della qualità. Nel 1993, a Firenze, nella Stazione Leopolda, tra vecchie e ormai storiche locomotive, Ferré darà vita alla sfilata di moda maschile, di gusto fortemente mediterraneo con predominanza del bianco e del grezzo, e inaugurerà la mostra La regola estrosa. Cent'anni di eleganza maschile italiana promossa dal Centro moda di Firenze e realizzata da Pitti Immagine.
Nel 1982 le istituzioni americane cominciarono a interessarsi al lavoro di Ferré: a maggio partecipò alla prima mostra ideata e organizzata dal Massachusetts Institute of technology di Boston, dal titolo Intimate architecture: contemporary clothing design; a ottobre alcuni suoi abiti vennero presentati nell’esposizione itinerante Italian re-evolution. Design in Italian society in the Eighties, curata dal Museum of contemporary art La Jolla di San Diego in California. Le creazioni di Ferré ormai erano riconoscibilissime, sia dalle istituzioni culturali e museali, sia dalla gente comune; erano «immagini di perfezione, rigore, pulizia di design, cultura: nei suoi abiti c’è tutto ciò, descriverli è difficile, portarli è immediato, sentirsi ‘dentro’ è la diretta conseguenza» (Soli, 1984, p. 387). Dei suoi abiti la giornalista americana di moda Bernardine Morris, firma del New York Times, scrisse che «[they] were chic in the Balenciaga sense and that were in some ways reminiscent of the Balenciaga style» (Morris, Oct. 9, 1981).
Nella creazione di abbigliamento casual non poteva mancare il jeans, la 'vera invenzione della moda del nostro secolo': nel 1983 Ferré disegnò la prima collezione Gianfranco Ferré Jeans, prodotta e distribuita da Italiana Manifatture spa, nata a San Benedetto del Tronto nel 1972 dalle esperienze imprenditoriali della famiglia Castelletti.
Sotto il segno del Sol Levante, a settembre dello stesso anno, alcuni modelli e disegni furono esposti nella mostra Italiana 1920-1980 al Museo Daimaru di Osaka, e a novembre Ferré fu selezionato come uno dei cinque migliori stilisti dell’anno dal quotidiano nazionale Asahi Shimbun e dalla rivista WWD Japan. Tra le sue passioni, l’arte ha sempre avuto un posto speciale; amava collezionare opere d’arte contemporanea nella sua villa ottocentesca di Stresa – il suo buen retiro –, frequentare artisti e mostre ed esercitare un illuminato mecenatismo: nel 1983 sostenne i costi del restauro degli affreschi del Guercino (1626-1627) che decorano la cupola del Duomo di Piacenza, mentre a partire dal gennaio 2007, presso la Galleria degli Uffizi di Firenze, fu nuovamente esposto al pubblico il quadro di Johann Carl Loth intitolato Adamo piange Abele (1680-1690) grazie all’opera di restauro finanziata da Ferré.
Accanto all’arte, l’altra sua grande passione era viaggiare «negli spazi e nei tempi, alla ricerca dei motivi della Storia, delle grandezze del passato», esprimendo così pienamente la sua 'curiosità globale'. Durante i viaggi per lavoro, gli capitava spesso di tenere lezioni nelle scuole più prestigiose del mondo, cercando di trasmettere un metodo. Questa passione per i giovani e per l’insegnamento si espresse compiutamente nella partecipazione alla fondazione, nel 1983 a Milano, insieme a Maria Grazia Mazzocchi, Ampelio Bucci ed Ezio Manzini, della Domus Academy, scuola postuniversitaria votata al design e alla moda, diventando docente di design dell’abbigliamento dal 1984 al 1989.
Il 1984 fu l’anno di creazione del primo profumo Gianfranco Ferré per donna (nel 1986 realizzerà una versione anche per uomo, mentre nel 1991 aggiungerà Ferré by Ferré), affidato alla Diana De Silva Cosmetiques, e della prima collezione di occhiali omonima, nata grazie al sodalizio tra la maison Ferré e il gruppo Safilo. Fu anche l’anno della prima collezione di abiti da sera, preludio all’alta moda, Gianfranco Ferré Night, che sfilò nelle sale del museo Cooper Hewitt di New York.
Da aprile a maggio alcune creazioni Ferré vennero esposte nella mostra Il genio antipatico: creatività e tecnologia della moda italiana, 1951-1983, tenutasi a Roma nel Salone dei Congressi del parcheggio al Galoppatoio di Villa Borghese; nel mese di novembre, a New York, presero parte alla mostra Italia.The genius of fashion 1951-1985, organizzata dal Fashion Institute of technology di New York e curata dalla giornalista Pia Soli, che nell'aprile 1985 giunse a Milano intitolata Italia, il genio della moda e allestita nell'ambito della Fiera campionaria di Milano.
Esprimendo la creatività a trecentosessanta gradi, nel 1984 si cimentò nella ideazione di manufatti di design: un tappeto per la ditta piacentina Sisal, in occasione del Salone del Mobile di Milano, e i 'vestiti' per divani e poltrone, della serie Gli abiti, disegnata da Paolo Nava, per l’azienda B&B Italia. Nel 1985 collaborò al progetto promosso da Renault Italia, SuperCinque RenArt, in cui artisti e architetti, come Alessandro Mendini, Mario Merz, Ugo Nespolo, Michelangelo Pistoletto, Paolo Portoghesi, Franco Maria Ricci ed Ettore Sottsass jr, interpretarono liberamente l’utilitaria francese Renault Supercinque; nel 1999 partecipò alla realizzazione e al lancio di F&F, ideando un nuovo packaging per il Brunello da Montalcino Riserva 2000, prodotto da Marchesi de' Frescobaldi; nel 2002 aderì all’iniziativa promossa da Poste Italiane per l’emissione di francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica Design italiano.
Il 1986 fu un anno decisivo nel suo percorso creativo: spinto da una esigenza interiore, realizzò la prima collezione Gianfranco Ferré Alta Moda, presentata a Roma nei giardini del Casino dell’Aurora di palazzo Pallavicini Rospigliosi, che donò linfa nuova e lustro alla Settimana della moda di Roma. Alcuni capi della collezione Autunno/Inverno 1986-87 sfilarono, in conclusione della Settimana, sulla scalinata di Trinità dei Monti in piazza di Spagna, partecipando alla prima edizione della manifestazione Donne sotto le stelle, trasmessa su RAI Uno. L’approdo all’alta moda fu in effetti un naturale proseguimento dell’operare nel prêt-à-porter, pur nel rispetto delle specificità dei percorsi espressivi e delle diverse abilità lavorative di ciascun 'campo d’azione': «facendo l’alta moda – spiegò – ho imparato tante cose: c’è stato uno scambio, con le premières con cui ho lavorato, e che lavoreranno per me, in maniera superba. Io ho portato la mia esperienza del prêt-à-porter, loro quella dell’alta moda: quindi dell’alto artigianato, dato che i capi sono tutti finiti a mano, interamente cuciti a mano» (Alfonsi, 2008, p. 87).
Insieme a Roberto Capucci, Fendi, Genny e Nicola Trussardi, firmò i costumi della serata-evento, Questa è l’Arena, qui è nata Maria Callas, un kolossal inventato e realizzato da Pier Luigi Pizzi all’Arena di Verona, il 17 giugno 1986, trasmesso in diretta e in eurovisione su RAI Uno.
Grande attenzione dedicò anche alla creazione di accessori con l’ideazione della prima collezione di orologi Gianfranco Ferré Montres, dalla cassa snodata, prodotta e distribuita da Class.
Nel 1987 Ferré firmò l’accordo con il Gruppo Marzotto per la produzione e distribuzione delle linee Studio 000.1 by Ferré uomo e donna e con la Filatura e Tessitura di Tollegno per la nascita della linea Ferré Lana Gatto. Attraverso la rigorosa scelta dei materiali, l’altissima qualità di stile e di lavorazione, nacque nel 1988 la prima collezione di pellicce Gianfranco Ferré Fourrures, grazie alla collaborazione vincente tra il Maestro e la ditta milanese Mondialpelli. Nel 1989, continuando a disegnare nuove linee e manufatti, diede vita alla prima collezione Forma O by GFF, abbigliamento femminile per taglie forti, sempre prodotta e distribuita da Marzotto, alla collezione Autunno/Inverno 1989-90 per Lana Gatto, che sfilò a Firenze durante Pitti Filati e alla prima collezione di ceramiche, realizzate da Panaria Ceramiche, brand del distretto ceramico modenese.
Le partecipazioni a eventi internazionali si intensificarono, quasi a sovrapporsi: presentato come il 'Frank Lloyd Wright' dell’Italian fashion, fu l’unico italiano presente alla retrospettiva storica intitolata Tartan, organizzata dal Fashion Institute of technology di New York (25 ottobre 1988-2 febbraio 1989) e l'unico designer di moda a partecipare, tra architetti e architetture, alla XXXIX Conferenza internazionale sul design dal titolo The Italian Manifesto. The culture of Nine Hundred and Ninety-Nine Cities, organizzata a giugno 1989 dall’Aspen Institute nel Colorado. Erano infatti indiscutibili i suoi intendimenti e le sue realizzazioni: «da stilista e architetto, concepisco la moda come design, intendendo questo come atto di trasformazione figurativa che dall'idea porta all'oggetto. È una relazione molto stretta quella che lega l'architettura alla moda: apparentemente l'architettura è hard e gli abiti sono soft. Ma anche quando disegno abiti, disegno per qualcosa di hard e definitivo: il corpo umano» (Il senso dello stile).
Il 1989 fu un anno indimenticabile, impreziosito da una «straordinaria opportunità di crescita e di realizzazione»: a maggio, Bernard Arnault, presidente del gruppo Louis Vuitton Moët Hennessy (LVHM), affidò a Ferré l’incarico di direttore artistico della Maison Dior, ricoperto per trent'anni da Marc Bohan. Fu un vero coup de théâtre, che suscitò una levata di scudi da parte della stampa francese riottosa ad accettare di buon grado la scelta di lasciare la venerabile maison di Monsieur Dior, al n. 30 di Avenue Montaigne, nelle mani di «uno straniero, italiano per di più». La gioia di vivere espressa nello stile e la modernità della donna Dior – fusione di 'maschile e femminile' – erano in verità molto presenti nella ricerca e nella cifra stilistica di Ferré, che riconosceva da sempre in Dior «IL modello» e scopriva che «il concetto di moda di Monsieur Dior – come affermò nella sua raccolta di lettere a un fantomatico giovane stilista – corrispondeva al mio» (G. Ferré, A un giovane stilista, 1996, pp. 40-41). Il grande debutto, la prima sfilata di ottanta modelli della nuova casa Dior, avvenne il 22 luglio 1989 nei giardini della palazzina della Fondation Salomon Rothschild, al cospetto di novecento invitati, e fu un mirabile trionfo. Parigi e la stampa francese capitolarono e cominciarono ad apprezzare potentemente Ferré e la sua arte, definendolo «una stella», la «furia italiana», «il gigante milanese che riprende la fiaccola Dior». La consacrazione fu completa con l’assegnazione, da parte di una giuria di giornalisti internazionali patrocinata da Helena Rubinstein, del prestigiosissimo premio De’ d’or per la migliore collezione di haute couture. Tale incarico fu solennemente rinnovato nel 1993 per altri tre anni.
Dall’inizio dell’avventura parigina, Ferré non abbandonò mai né Milano né la sua maison: fu infatti denominato dalla stampa americana «The tailor of two cities», evidenziando il suo «pendolarismo creativo – ma anche fisico e geografico – tra Milano e Parigi» (Gianfranco Ferré. Lezioni di moda, 2009, p. 133). Perdere tempo non era nelle sue corde, anzi il tempo andava impiegato al meglio, puntando rigorosamente sul lavoro, «espressione viva – soleva ricordare Ferré – dei nostri giorni, assolutamente simile a un vero e proprio esercizio di progettazione» (Sollazzo, 1996, p. 110). In questo esercizio ricercava la sua personale perfezione riassunta in queste poche parole: «il primo ad essere sedotto da quello che faccio sono io stesso. Finché non sono sedotto e convinto non mi ritengo appagato» (Archivio Fondazione Gianfranco Ferré, Appunti, s.d.). Alla fine delle sfilate, mentre la platea applaudiva, si poteva scorgere Ferré commosso fino alle lacrime perché soddisfatto e felice del suo lavoro: «ancora oggi, sono felice quando mi commuovo» (ibid.).
'Gran lombardo' e 'milanese doc', amante dei riti e delle tradizioni, nel 1990 volle ideare una nuova maschera per il tradizionale Carnevale Ambrosiano. Nello stesso anno partecipò con un suo disegno al progetto gestito da Sotheby’s a New York, The art of fashion. An auction for the benefit of the Diana Vreeland fund for exhibitions of the Costume Institute of the Metropolitan Museum of Art, alla mostra Momenti del design italiano nell’industria e nella moda, organizzata dall’Ambasciata italiana a Seoul, nonché alla manifestazione Firenze Sogna – tre sfilate di moda nello scenario del piazzale degli Uffizi di Firenze – trasmessa da RAI Uno. In occasione dell’apertura dei Mondiali di calcio 1990, allo stadio San Siro, collaborò alla realizzazione dell’evento Italia ’90 insieme a Ottavio Missoni, Mila Schön e Valentino, incaricati di realizzare abiti ispirati ognuno a un continente e a un colore: Ferré disegnò abiti di colore verde ispirati all’Europa.
Come protagonista e voce autorevole venne invitato dalla Fondazione Ratti a prendere parte ai lavori del Convegno internazionale tessile, La scienza del mercato in un clima di turbolenza, che si tenne il 21 settembre 1991 nella Villa d’Este a Cernobbio.
Nel solco di uno spiccato impegno civile, Ferré supportò nel 1992, insieme a Giorgio Armani e Valentino, il progetto di Gianni Versace, Convivio, una mostra mercato per raccogliere fondi a favore dell’Associazione nazionale per la lotta contro l’AIDS. Il suo impegno nei confronti della lotta contro l’AIDS culminò nell’organizzazione della sfilata a beneficio di AIDS Project Los Angeles che si tenne il 10 maggio del 1995 nell’enorme salone del Century Plaza Hotel.
Nel 1991, oltre a ideare una collezione di oggetti da scrittura, creò la prima linea di biancheria per la casa, I Corredi, realizzata e distribuita dalla storica ditta di tessuti Bellora, nata nel 1883 a Fagnano Olona. Nel 1993, dalla collaborazione con la ditta milanese Ombrelli Lanzetti, nacque la prima collezione di ombrelli che completarono la lista degli accessori. Insieme a Valentino, nel Paese del dragone, partecipò a maggio del 1993 al primo evento cinese di moda, Chic ’93, organizzato da China International Fair for Investment and Trade, presso il China World Trade Center di Pechino.
Ancora in Oriente, nelle sale del National Museum of modern art, nel 1994 vennero esposti abiti stile kimono firmati da Ferré nell’ambito della mostra itinerante Japonism in fashion, organizzata dal Kyoto Costume Institute, che negli anni successivi raggiunse Parigi, Los Angeles e Wellington. Il 18 giugno del 1994, a palazzo Mauro de Andrè di Ravenna, Ferré, invitato dagli organizzatori di Ravenna Festival, tenne una conferenza dal titolo Progettualità, ricerca e creatività nel design di moda, incastonata in un calendario di concerti e opere liriche. A New York, a settembre, presenziò alla serata di gala organizzata da Fashion Group International in onore della giornalista di moda del New York Times, Bernardine Morris. Un riconoscimento importante gli arrivò anche dalla rivista francese Le Point: Ferré fu il rédacteur en chef nel numero speciale di Natale 1995.
Tra dicembre 1995 e gennaio 1996 vennero esposte nella mostra Tra moda e design. Linea infinita, allestita dalla Triennale di Milano, alcune sue camicie bianche, capo d’abbigliamento che diventò la quintessenza del percorso creativo di Ferré: «rappresentano con differenti modalità la semplificazione della complessità. Il suo lavoro è stato una continua ricerca intorno al suono, alla forma e alla materia. "Sono sempre stato attratto dal rumore dei vestiti, dal fruscio delle sete, mentre per quanto riguarda la moda maschile è la tattilità, l’aspetto che mi piace di più"» (Guccione, 2008, p. 76).
Mentre a settembre 1996, nelle sale dell’Academy of Art College di San Francisco, venne inaugurata la mostra di disegni, Gianfranco Ferré. Fashion drawings, a Firenze apriva i battenti la prima Biennale della Moda, Il tempo e la moda, articolata in sette eventi realizzati dagli stilisti e artisti contemporanei, ospitati per la prima volta nei musei e spazi espositivi fiorentini, creando un laboratorio di contaminazione tra moda e arte. Ferré, da vero architetto, decise di far librare dalle volte delle Cappelle Medicee la struttura di cinque crinoline giganti che, come macchine leonardesche, misteriose, leggere e mirabilmente illuminate, creavano un effetto shock a contatto con la 'severa perfezione' delle cappelle michelangiolesche.
Il 1996 fu anche l’anno in cui Ferré sperimentò la creazione di una nuova linea di abbigliamento casual per uomo e donna, la futuribile GIEFFEFFE/GFF, prodotta da Marzotto, mentre nel 1997, a dieci anni dal primo accordo con Marzotto, lanciò due linee nuove Gianfranco Ferré Studio per uomo e donna e Gianfranco Ferré Forma.
Nel 1996 curò inoltre l’ideazione delle linee Gianfranco Ferré Jeans e Gianfranco Ferré Sport, nate dall’intesa con Ittierre, la holding di Isernia con a capo Tonino Perna. Inoltre, con il gruppo Ittierre, realizzò nel 2003 una prima collezione GF FERRÉ, marchio che sostituirà GF Jeans e GFF.
All’ampliamento delle linee di abbigliamento, corrispose la creazione di una variegata galleria di profumi: GFF nel 1996 unisex, GFF Gianfranco Ferré uomo e donna nel 1997, Gianfranco Ferré 20 nel 1998 – in occasione dei venti anni di fondazione del marchio –, Ferré Pontaccio 21 nel 2000 per uomo. Nel 1997 Ferré disegnò il frac che Dario Fo il 9 novembre indossò – orgogliosamente e sentendosi a suo agio – durante la cerimonia di premiazione dei premi Nobel a Stoccolma e la tunica nera con preziosi ricami cinesi per Franca Rame.
Nonostante i clamori del successo internazionale, Ferré non si lasciò mai travolgere dal fashion system: scelse di rimanere costantemente fedele a se stesso, alle proprie matrici e radici. Nel turbinio del lavoro, un po’ «come un mulino a vento a più braccia», amava i suoi rituali quotidiani che lo rassicuravano, esorcizzando la paura dei cambiamenti. Aveva timidamente espresso la volontà «di essere single, ma non solo», rivendicando un suo profondo desiderio: «io non voglio sentirmi oggetto di amore perché sono ‘il Ferré’ [...]. Voglio essere amato esclusivamente come 'il Gianfranco’» (Ferri, 1995, p. 207). Gli affetti familiari e gli amici di una vita, con cui intrecciò e costruì, a vari livelli e in momenti diversi, la sua storia umana e artistica, furono pertanto la fertile zolla di terra sotto i suoi piedi: vivendo da personaggio pubblico, difese comunque e sempre il suo diritto alla privacy, a mantenere fuori dai riflettori la sua sfera privata, calda e intima. I sogni, quelli erano invece sotto gli occhi di tutti.
Nel 1998 un grande sogno di Ferré si trasformò in realtà, dando vita a una 'casa' che potesse raccontare se stesso, «un modo di lavorare, un gusto, un’estetica e una visione laica della magnificenza e del lusso» (F. Raggi, Da Ferré a Kiton, in Luce per l'arte sartoriale, 2014, http://www.lucenews.it/luce-per-larte-sartoriale/). Dopo una prima ristrutturazione curata dall’architetto Marco Zanuso, l’ex palazzo Gondrand divenne, grazie all’impegno creativo e alle risorse di Ferré, nonché del suo amico, l’architetto Franco Raggi, la Maison Ferré: 4500 m2, quattro piani per ospitare uffici e un gigantesco salone di circa 625 m2 con soffitti altissimi per organizzare sfilate di moda.
Nel novembre 1998, organizzò una sfilata, collezione Primavera/Estate 1998, e una serata evento a favore della British Red Cross nel salone della Banqueting House di Whitehall, a Londra. Nel 2000 partecipò al progetto Le Teddies de l’an 2000 a beneficio della British Red Cross di Montecarlo; nel giugno 2001 non mancò il sostegno di Ferré all’evento organizzato da Naomi Campbell a Barcellona, Frock 'n' Roll for Africa, a favore del Nelson Mandela Children's Fund e The Nelson Mandela Foundation.
Il teatro e la danza affascinarono da sempre Ferré, che nel 1999, in occasione della Biennale Danza a Venezia, si sperimentò nella creazione dei costumi indossati da Carla Fracci per lo spettacolo Il tempo dell’acqua della coreografa Carolyn Carlson, e di quelli indossati da Patrick Dupond nel Le Ballet du Cadre Noir de Saumur di Jean Hugues Tanto, in scena al Palais Omnisports de Paris-Bercy. Nel 2001 per lo spettacolo Phoenix di Marina Cvetaeva e nel 2003 per lo spettacolo Peccato che fosse puttana di John Ford, in scena entrambi al Piccolo Teatro di Milano, mise a disposizione del regista Luca Ronconi gli abiti delle sue collezioni storiche. Modelli delle sue collezioni furono indossati nel film di Duccio Tessari Bitte laßt die Blumen leben (1986), mentre interpretò se stesso in Prêt-à-porter (1994) di Robert Altman e Catwalk (1995) di Robert Leacock (http://www.imdb.com).
Credendo nella potenza delle emozioni regalate dagli abiti che in un museo si trasformano in «patrimonio collettivo e possibile strumento di crescita comune» (Gianfranco Ferré. I quaderni di Pitti .01, 2000, p. 24), nel 2000 Ferré donò alla Galleria del Costume di palazzo Pitti sessantasette completi accessoriati (per un totale di circa trecento pezzi), appartenenti alle collezioni haute couture e prêt-à-porter donna, disegnati tra il 1986 e il 1999. Ne nacque una mostra, curata da Margherita Palli e ideata da Ferré, un percorso attraverso i cinque sensi, in cui il potenziale evocativo degli abiti veniva enfatizzato da suoni, da giochi di illusione e segni grafici, tramite l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche. La Galleria del Costume non fu il solo museo a ricevere in donazione abiti Ferré: nello stesso anno, al Fashion Institute of technology (FIT), donò dieci corsetti appartenenti alle collezioni Gianfranco Ferré Donna 1980-1999 che, selezionati dalla maison in collaborazione con la curatrice del FIT, Valerie Steele, furono esposti nella mostra The corset: fashioning the body al Museo del FIT di New York.
Nel 2000 Ferré si occupò di abbigliamento per bambini disegnando la collezione Gianfranco Ferré, la cui produzione e distribuzione furono affidate alla ditta umbra Valtib; nel 2005 la collezione diventò GF Ferré Bimbo, linea di abbigliamento, prodotta e distribuita dalla storica azienda pugliese Mafrat, e di calzature della marchigiana Montelpare.
I suoi capi, intanto, venivano esposti in mostre organizzate in tutto il mondo: nel 2001, a Firenze, negli spazi della Stazione Leopolda, nelle esposizioni Uniforme. Ordine e disordine e The entertainers. Accessory's power, e a Como nella Villa Olmo della Fondazione Antonio Ratti, in Seta. Il Novecento a Como; nel 2003, a Buenos Aires presso il Centro cultural Borges (e in altre città dell’America Latina) in Noches Italianas. Trajes de excepción para mujeres especiales (1950-1990), organizzata dall’Ambasciata d’Italia e dall'Istituto di cultura di Buenos Aires in collaborazione con il Museo della moda (Mu-Mo) della Fondazione Sartirana Arte di Pavia, a Lione al Musée des tissus in 50 ans de mode italienne, ad Anversa al Fashion Museum Province (MoMu) in GenovanversaviceversA; nel 2004 e nel 2006, a Firenze nella Stazione Leopolda, rispettivamente, in Excess. Moda & underground negli anni ’80 e in Human game, e, sempre nel 2006, a Madrid, nel Museo del Traje, in Genio y figura.
Frutto di un proficuo accordo con l’azienda di occhiali Allison, cominciato nel 2002 con la produzione e la distribuzione delle linee di occhiali Gianfranco Ferré, è stata la creazione della linea di occhiali al magnesio Ferré Pure Magnesium, nel solco della ricerca e della sperimentazione. Il manifestarsi di un improvviso ictus, proprio nel 2002, non arrestò minimamente il flusso creativo di Ferré che continuò a non risparmiarsi.
Nel 2003 Ferré tornò a un 'amore di sempre', divenuto ora un progetto globale: nacque così una nuova linea di gioielli firmata Gianfranco Ferré, composta da una ventina di pezzi in vendita, in primis, nelle boutique Ferré di Milano, Parigi, New York. Il suo famoso fermacravatta, la safety pin, divenne l’emblema della sua collezione, un vero oggetto simbolico.
Invitato dall’associazione Dessine l'espoir, che si impegna in Africa ad aiutare bambini e donne vittime di esclusione, discriminazione o povertà, nel 2004 partecipò al progetto La mode dessine l’espoir, disegnando insieme ad altri trentacinque creatori di moda il prototipo di una lampadina, riprodotto in serie dalle donne africane. Un’ulteriore e rilevante declinazione del 'progetto globale GF Ferré' fu il lancio della nuova collezione di orologi per uomo e per donna prodotta e distribuita da Global watch industries, che debuttò a Basilea nell’ambito della fiera Baselworld 2005. Nel luglio dello stesso anno presentò le sue collezioni nell’ambito dell’evento Fashion in motion, promosso e organizzato dal Victoria and Albert Museum in associazione con l’Istituto Marangoni.
Nel 2006, a dicembre, prese parte alla Luxury Conference 2006 organizzata dall’International Herald Tribune al Ritz-Carlton d’Istanbul, un forum per una discussione e scambi di idee sul fashion e sull’industria del lusso. Il 3 marzo 2007 gli fu affidata la presidenza dell’Accademia di Brera. Dopo pochi mesi, il 17 giugno 2007, il falsamente burbero 'signor Ferré', come i dipendenti della sua maison solevano chiamarlo, fu stroncato a Milano da un'improvvisa emorragia cerebrale. Il 13 febbraio 2008 fu fondata la Fondazione Gianfranco Ferré per tenere vivo il 'fuoco creativo' dell’arte e dell’umanità di Gianfranco Ferré, grazie all’archivio, «una never ending story proiettata verso il domani – come Ferré amava definirlo – […] un cumulo di esperienze che serve per andare avanti, per continuare ad inventare, anche per migliorarsi sempre. È la memoria per il futuro» (Archivio Fondazione Gianfranco Ferré, Appunti, 2000).
1975 luglio, Capri: premio Tiberio d’oro, Mare Moda Capri
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1982 ottobre, Milano: premio Occhio d’oro, migliore collezione donna P/E 1983
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1983 marzo, Milano: premio Occhio d’oro, migliore collezione donna A/I 1984
novembre, Tokyo: riconoscimento The best five, quotidiano giapponese Asahi Shimbun e rivista WWD Japan
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1984 settembre, Genova: riconoscimento, Camera di commercio
ottobre, Milano: premio Occhio d’oro, migliore collezione donna P/E 1985
novembre, Los Angeles: riconoscimento Costume design, Los Angeles drama critics circle per i costumi, ideati insieme alla costumista Diana Eden, della commedia Tamara
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1985 marzo, Monaco di Baviera: premio Münchner Modepreis
aprile, Bologna: riconoscimento, Comune di Bologna
maggio, Mantova: riconoscimento, Gazzetta di Mantova
giugno, New York: Cutty sark men's fashion awards
settembre, Varese: coppa di partecipazione al defilé di attacchi d’epoca e alta moda, Golf Club Varese
dicembre, Milano, palazzo Marino: medaglia d'oro Ambrogino d’oro, Città di Milano
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1986 gennaio, Roma, Palazzo del Quirinale: onorificenza di Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiana conferita dal presidente della Repubblica
marzo, Milano: premio Occhio d’oro, migliore collezione donna A/I 1986-87
maggio, Bologna: riconoscimento, imprenditori Lineapelle
maggio, Palermo: riconoscimento, AIRC Città di Palermo
novembre, Legnano: riconoscimento Tessera d’oro, Famiglia Legnanese
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1987 marzo, Milano: premio Occhio d’oro, migliore collezione donna A/I 1987-88
maggio, Tokyo: attestato, Association of total fashion
novembre, Legnano: riconoscimento, Lions Club Legnano Host e Lions Club Legnano Carroccio
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1988 aprile, Busto Arsizio: premio Rotary Professionalità 1988, Rotary Club
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1989 maggio, Milano: premio Telegatto, TV Sorrisi e Canzoni
luglio, Parigi: premio Dé d’or, miglior couturier della stagione
luglio, Roma: speciale riconoscimento Personaggio della moda 1989, Associazione via Borgognona di Roma
settembre, Ischia: premio Modaischia 1989
novembre, Legnano: attestato di benemerenza civica, Città di Legnano
dicembre, Milano: premio Firma dell’anno
dicembre, Milano: premio Milanese dell’anno, Famiglia Meneghina
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1990 marzo, Milano: premio, Associazione italiana pellicceria
giugno, Milano: riconoscimento, Italia ’90
ottobre, Firenze, Palazzo Vecchio: premio europeo Lorenzo il Magnifico, Accademia internazionale medicea
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1991 aprile, Legnano: riconoscimento, Lions Club Busto Arsizio Cisalpino
giugno, Firenze, Palazzo Vecchio: riconoscimento Il Fiorino d’oro, Città di Firenze
giugno, Los Angeles: riconoscimento, The music center e county of Los Angeles
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1992 settembre, Mexico D.F.: riconoscimento Sol De Oro 92, Circulo nacional de periodistas
dicembre, Vienna: premio Diva 92 - Wollsiegel, IWS e Diva
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1993 maggio, Pechino: nomina Senior Advisor, China Tiangong clothing science & technological development group e national garments research
giugno, Firenze, Palazzo Vecchio: premio speciale Pitti Uomo, Pitti Immagine Uomo
novembre, Milano: medaglia Paul Harris Fellow, Fondazione Rotary del Rotary International
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1994 maggio, Baveno: targa di riconoscimento, Lions Club
settembre, New York: premio The fashion group international
novembre, Campione d’Italia: premio Maschera d’oro, Città di Campione
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1995 maggio, Los Angeles: premio speciale Crystal Apple Award, California fashion industry friends
novembre, Milano: targa, Circolo degli incontri
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1996 settembre, New York e San Francisco: riconoscimento, partecipazione agli eventi speciali dedicati a Gianfranco Ferré
ottobre, Milano: premio speciale Masters of Linen, European confederation of linen and hemp (CELC)
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1997 maggio, Legnano: riconoscimento Liceali Sempre, Liceo scientifico di Legnano
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1999 marzo, Como, palazzo Cernezzi: consegna delle chiavi, Città di Como e attestato di riconoscimento, Associazione Ideacomo
marzo, Milano: premio speciale Fur Fashion Award - speciale 50 anni, Associazione italiana pellicceria
maggio, Modena: riconoscimento, Pavarotti & Friends
luglio, Roma: premio per i vent’anni di attività, Camera nazionale della moda italiana
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2001 aprile, Shanghai: nomina Senior Advisor of Garment Arts, Città di Shanghai
maggio, Legnano: Gran Priorato, Contrada della Flora
dicembre 2001/giugno 2002, Milano: Civiche benemerenze e distintivo con stemma, Comune di Milano
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2003 novembre, Düsseldorf/Neuss: premio speciale Kinder in Not, UNESCO
dicembre, Berlino: Five star diamond award per SPA olistica
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2004 aprile, Milano: premio Dama d’argento, Associazione degli amici del Museo Poldi Pezzoli
settembre, Sanremo: riconoscimento, partecipazione a Sanremo Fashion
settembre, Milano: premio alla carriera, Chi è chi del giornalismo e della moda
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2005 febbraio, Milano, Teatro alla Scala: Sigillo Longobardo, Consiglio regionale della Lombardia
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2006 luglio, Milano: riconoscimento Certificate of appreciation, Distretto Lions 108 IB1
L'abito e il corpo. Il corpo e la figura, in La moda italiana. Dall'antimoda allo stilismo, a cura di G. Buttazzi - A. Mottola Molfino, Milano 1987, pp. 288-295 (con E. Tadini); Liberté, egalité, frivolité, in Vita italiana. Cultura e scienza, 1989, 4, pp. 84-89; Il senso dello stile, 24 giugno 1993; Lettres à un jeune couturier, Paris 1995; A un giovane stilista, Milano 1996.
Tra i numerosi testi e articoli su Ferré, in particolare, si segnalano: A. Mulassano, I Mass Moda. Fatti e personaggi dell’Italian look, Milano 1979, pp. 189-195; M. Bernardine, Milan fashion: touches of whimsy, in Special to the New York Times, october 9, 1981; E. Biagi, Ferré, il calvinista, in Panorama, 9 novembre 1981, pp. 191, 193; P. Soli, Gianfranco Ferré. L’une des nouvelles vedettes de la mode italienne, in Elle, mai 1982; Conseguenze impreviste. Moda, Firenze 1982, pp. 35-40; J. Carroll, Ferré’s Architectural Styling Foundation, in GQ USA, august 1983, pp. 74-76; G. Ferré, Ferré: il ragioniere della fantasia, in Epoca, 18 febbraio 1983, pp. 94 s.; A. Mulassano, Gianfranco Ferré. Genio e regolatezza, in Leader Moda, ottobre 1983, 9, pp. 3 s.; S. Giacomoni, L’Italia della moda, Milano 1984, pp. 106-109; P. Soli, Il genio antipatico. Creatività e tecnologia della moda italiana, 1951-1983, Milano 1984, pp. 387-401; R. Binosi, Nel mondo di Ferré, in Speciale Grazia, maggio 1986, pp. 115-119; G. Grossini, Firme in passerella. Italian style, moda e spettacolo, Bari 1986, pp. 157-164; La moda italiana. Dall’antimoda allo stilismo, a cura di G. Buttazzi - A. Mottola Molfino, Milano 1987, pp. 22 s., 90-93,177, 134-142, 251-255, 288-295; G. Ferré. I colori dell’India, in Ulisse 2000, gennaio 1988, pp. 39-47; G. Bianchino - A.C. Quintavalle, Moda. Dalla fiaba al design. Italia 1951-1989, Novara 1989, pp. 226-239; R. Catola, Dior è grande e Ferré è il suo profeta, in Amica, 12 giugno 1989, pp. 62, 65; G. Ferré, Maison Ferré, in L’Europeo, 28-30 luglio 1989, pp. 48-51; Id., Ferré-Dior: mais, c’est magnifique!, in Amica, 14 agosto 1989, p. 27; E. Ferri, Monsieur Ferré, in Class, novembre 1989, pp. 74-78; M. Pezzi, Da Dior a Ferré, il comune senso del lusso, in Donna, ottobre 1989, pp. 126 s.; P. Mayle, Ferre’s jolly good fellow, in GQ USA, september 1990, pp. 398-434; P. Soli - S. Salaroli, Moda. L’immagine coordinata, corporate identity, Bologna 1990, pp. 110-137; By Vogue, pref. di G. Ferré - F. Sozzani, Milano 1993 (supplemento di Vogue Italia, febbraio, n. 510); Ferré, Milano 1993; R. Altman, Prêt-a-porter, Milano 1995; G. Cherubini, Stilista per mestiere, in Grazia, 1 dicembre 1995, pp. 237-241; E. Ferri, Ferré, Milano 1995; J.B. Fine - J. Ozzard, Ferré’s American Advance, in WWD, september 6, 1996; L. Sollazzo, Tutti in vetrina. Il romanzo della moda italiana, Milano 1996, pp. 42- 45, 103-116; Il tempo e la moda. B’96, Milano 1996, pp. 389-399; F. Baudot, Gianfranco Ferré: le plus parisien des Milanais, in Elle, 5 mai 1998, pp. 124-130; S. Conti, Hip Hip Ferré, in W, october 1998, pp. 204-206, 215; G. Ferré, Venti di questi anni, in Elle, ottobre 1998, pp. 516-518; N. Forestier - L. Beurdeley, Gianfranco Ferré. ‘L’avenir, c’est l’horizon de la mode’, in L’Officiel, octobre 1998; O. Lalanne, La force tranquille, in Vogue Paris, septembre 1998, pp. 249-251, 290; Gianfranco Ferré. La poesia del progetto, a cura di G. Ferré - S. Mazza, Milano 1998; S. Charlotte, Moda. Il secolo degli stilisti. 1900-1999, Köln 1999, pp. 301, 529; Gianfranco Ferré. Itinerario, a cura di G. Ferré, Milano 1999; Gianfranco Ferré. I quaderni di Pitti .01, Firenze 2000; C. McDowell, Fashion today, London 2000, pp. 100 s., 165 s.; G. Ferré - F. Raggi, Togliere o aggiungere?, in Interni, aprile 2002, pp. 111-115; Contemporary Fashion, a cura di T. Benbow-Pfalzgraf, Detroit 2002, pp. 228-230; Dictionnaire international de la mode, a cura di B. Remaury - N.·Coleno - L. Kamitsis, Paris 2004, pp. 237 s.; S. Gnoli, Un secolo di moda italiana. 1900-2000, Roma 2005, pp. 202 s., 214-218; F. Rocca, Embroidery. Italian fashion, Bologna 2006, pp. 174-177, 255-257; Contromoda: la moda contemporanea della collezione permanente del Los Angeles County Museum of Art, a cura di K. Durland Spilker - S.S. Takeda, Milano 2007, pp. 28 s., 152 s.; M.V. Alfonsi, Gianfranco Ferré. L’architetto stilista, Milano 2008; A. Guccione, Dressing Up Milano, Milano 2008, pp. 17 s., 76-79; Gianfranco Ferré. Lezioni di moda, a cura di M.L. Frisa, Venezia 2009; Dizionario della moda, a cura di G. Vergani, Milano 2010, pp. 418-422; Gianfranco Ferré. Disegni, a cura di R. Airaghi - Fondazione Gianfranco Ferré, Milano 2010; P. Maddaluno, Gianfranco Ferré. Progettazione continua, Firenze 2014; La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferré, Milano 2014.
Si vedano inoltre il sito della Fondazione Gianfranco Ferré, http://www.fondazionegianfrancoferre.com/, e il Portale degli Archivi della moda del Novecento, http://www.moda.san.beniculturali.it/.