GIANNETTI, Antonio, detto Antonio del Mucione
Non si conoscono luogo e data di nascita di questo provveditore di fortezze originario della Toscana, attivo sotto Cosimo I de' Medici e figlio primogenito di Filippo, prestacavalli e maestro di sella.
Il soprannome del Mucione (in certi casi del Muscione) con cui si firmava ed era conosciuto, se non da "mucio", cioè gatto, potrebbe derivare dal luogo di provenienza: un torrente Muccione affluente della Sieve nel Mugello.
Le scarne notizie biografiche che si ricavano dalle lettere autografe superstiti, scambiate fra il 1539 e il 1554 con il duca Cosimo e vari membri della corte medicea e conservate all'Archivio di Stato di Firenze, indicano che il padre era in buoni rapporti con Leone X, papa de' Medici, ma morì lasciando i suoi nell'indigenza (Mediceo del principato, 2329, c. 23). Solo il fratello minore Carlo, nato nel 1513, riuscì a studiare e negli anni Cinquanta era prete a Roma. Dalla moglie, Costanza Cattani, il G. aveva avuto un numero imprecisato di figlie e figli (ibid., 400, 403). Il primogenito, Filippo, seguì la professione del padre e rimase iscritto nei ruoli della corte medicea fino al 1562 (Ibid., Capitani di Parte guelfa, nn. rossi, 138; Manoscritti, 321).
Nell'ottobre 1539 il G. compare al servizio della duchessa Eleonora da Toledo, moglie del duca Cosimo, nella villa di Poggio a Caiano (Mediceo del principato, 1169, ins. 4). E qui il G. mostrò grande familiarità con la duchessa, con la madre del duca, Maria Salviati, con N. Tribolo, l'architetto che stava lavorando alla villa e al giardino, coi segretari Lorenzo e Cristiano Pagni e soprattutto col primo maggiordomo, Pier Francesco Ricci; l'abbondante corrispondenza intercorsa con quest'ultimo dimostra che egli fu un vero e proprio "creato" del potentissimo personaggio. Protetto dal Ricci, infatti, il G. intraprese a corte una breve ma intensa carriera, ricoprendo la carica, gerarchicamente intermedia ma molto ambita, di provveditore di fortezze, con la quale riuscì per un quindicennio a influenzare a vantaggio suo e dei suoi protettori, le scelte tecniche e gestionali dei cantieri delle fortificazioni ordinate da Cosimo I per rinnovare il sistema difensivo della Toscana (Lamberini, 1999).
Nel settembre 1541 il G. fu nominato provveditore della nuova fortezza di S. Barbara a Pistoia, centro strategico e covo della sovversione antimedicea. La carica era di grande prestigio e responsabilità e lo tenne impegnato in questa città fino alla morte, dovendosi al contempo occupare di altri importanti cantieri e svolgere per conto del duca delicati compiti legati al ruolo di provveditore. A Pistoia il G., divenuto presto un ministro autoritario, temuto e chiacchierato, come voleva lo stereotipo della sua carica, si trovò a gestire il delicato passaggio di consegne fra vecchio e nuovo modo di concepire il fronte bastionato rinascimentale. Due diverse tendenze, impersonate dall'anziano e tradizionale Nanni Unghero (Giovanni d'Alesso d'Antonio), autore della fortezza di S. Barbara e progettista di antiquati bastioni che dovevano rinforzare i vertici delle mura pistoiesi ma stentavano a decollare, e dal brillante primo ingegnere militare di Cosimo, il sanmarinese Giovan Battista Belluzzi, che appena chiamato dal duca a rinnovare le cinte fortificate delle città toscane, secondo i più moderni canoni della scuola urbinate, nell'inverno del 1544, in soli tre mesi, riuscì col determinante apporto del G., a mettere in fortezza la città, costruendo bastioni di terra di dimensioni "reali", e a concludere l'incamiciatura di muro delle nuove fortificazioni poco meno di un anno dopo, nell'autunno del 1545 (Lamberini, 1980).
Per Cosimo I l'esatta quantificazione dei suoi sudditi, soprattutto degli uomini da adibire al lavoro coatto, con la localizzazione dei nuclei familiari e della loro effettiva consistenza economica, era indispensabile per attuare la politica di accentramento del potere e rafforzamento del territorio che caratterizzò il suo dominio. Uno dei primi incarichi di fiducia cui il G. dovette assolvere in quanto provveditore di Pistoia fu dunque quello di censire gli abitanti dei confini montuosi del Ducato, dove si annidavano i maggiori pericoli di eversione e dove la robusta costituzione fisica dei montanari forniva la migliore mano d'opera ai cantieri delle fortificazioni.
Fra il 1541 e il 1544 il G. compì pericolose missioni segrete nei vicariati della Romagna toscana e del Casentino per censire gli uomini, riscuotere tasse evase, arruolare soldati per le bande e indagare fra banditi e delatori con lo scopo di catturare Filippo Strozzi, grande nemico di Cosimo, che si aggirava lungo i confini settentrionali del Ducato (Mediceo del principato, 656; 1170, inss. 1, 2; 358). Quest'importante lavoro di censimento e spionaggio sostenuto e promosso da Pier Francesco Ricci - un incarico che rese il G. tanto potente quanto odiato - fu in seguito messo in bella e illustrato dallo stesso G., che nel febbraio 1552 firmava i due codici, capisaldi della storia demografica del Ducato di Toscana: la Descriptione delle persone e fuochi del dominio… (Firenze, Biblioteca nazionale, Fondo nazionale, II.I.120) e l'Indice di tutte le case e persone abitanti in Firenze secondo i quartieri e le vie redatto per ordine di Cosimo I… (Arch. di Stato di Firenze, Misc. Medicea, 223; Lamberini, 1999).
Nel 1548-49 era di nuovo a Poggio a Caiano come provveditore della muraglia (Mediceo del principato, 1175, inss. 4, 6, 8). Nel 1549, per tutta l'estate il G. aveva dovuto rifornire di marraioli (zappatori) e materiale da costruzione un cantiere importante e "militarizzato" quale quello di Portoferraio, nell'isola d'Elba (ibid., 404 A). Nei mesi più duri e drammatici della guerra di Siena (febbraio-marzo 1553), infine, si occupò di reclutare sulla montagna pistoiese e condurre al campo di battaglia varie centinaia di giovani guastatori, obbligati a scavare trincee sotto la città assediata, dovendo inseguirli e catturarli quando quelli in massa disertavano (Lamberini, 1990).
Forte dell'esperienza pistoiese, nell'estate del 1551, il G. fu inviato a sovrintendere come provveditore ai cantieri delle nuove fortificazioni di Prato (Mediceo del principato, 403, 195). Sovrintese ancora alle fortificazioni di Empoli fra il gennaio e il maggio 1552 (ibid., 601, 195; Otto di pratica, 172; Simeoni); e quindi, affiancato dal figlio Filippo, a quelle di San Casciano in Val di Pesa, iniziate nell'autunno del 1552 (Capitani di Parte guelfa, nn. neri, 701).
Non si conosce l'esatta data di morte del G. che dovette avvenire presumibilmente a Pistoia nel 1554.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, filze 185, 347, 351, 357, 362-364, 365 A, 368-371, 374, 390, 393-395, 397, 401 s., 408, 617, 620, 625, 644, 681, 1170-1174, 1176; Fabbriche Medicee, filze 1-2; Guardaroba Medicea, filze 20, 23, 18; Capitani di Parte guelfa, numeri neri, filze 11, 698 s., 704; Miscellanea Medicea, filze 224, 264; Manoscritti, filza 181; Otto di pratica, filza 172; Firenze, Biblioteca nazionale, Fondo nazionale, II.I.120; Palatino, 1169, III, n. 1; G.F. Pagnini Del Ventura, Della decima e di varie altre gravezze imposte dal Comune di Firenze, I, Lisbona-Lucca 1765, p. 36; M. d'Ayala, Degl'ingegneri militari italiani dal sec. XIII al sec. XVIII, in Arch. stor. italiano, s. 3, t. IX, pt. 2 (1869), p. 87; Mostra storica della legatura artistica in palazzo Pitti, a cura di F. Rossi, Firenze 1922, p. 216 n. 884; P. Battara, La popolazione di Firenze alla metà del Cinquecento, Firenze 1935, p. 4; D. Lamberini, Le mura e i bastioni di Pistoia: una fortificazione reale del '500, in Pistoia-Programma, 1980, n. 7, pp. 16-23, 27; W. Simeoni, Il bastione Mediceo d'Empoli, in Bull. stor. empolese, VII (1980-82), 7-12, pp. 257 s.; D. Lamberini, Il principe difeso. Vita e opere di Bernardo Puccini, Firenze 1990, p. 53 n.; Id., Strategie difensive e politica territoriale di Cosimo I de' Medici nell'operato di un suo provveditore, in Il principe architetto, Convegno internazionale di studi Leon Battista Alberti, Mantova… 1999, in corso di stampa; G. Mazzatinti, Inventario dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, VIII, Forlì 1898, p. 45.