Amelio, Gianni (propr. Giovanni)
Regista cinematografico, nato a San Pietro Magisano (Catanzaro) il 20 gennaio 1945. Creatore di racconti intimi, a volte minimali, A. ha ripreso la via del cinema politico italiano degli anni Settanta, sviluppandolo con stile personale, interessato più ai rapporti tra le persone (e le generazioni) e allo sfondo sociale che non al dibattito politico in senso stretto. A. può essere definito il 'cineasta dei bambini' per la sua straordinaria capacità di raccontare le loro storie (presenti in quasi tutti i suoi film), ma soprattutto per come ha saputo ogni volta rappresentarli attraverso la macchina da presa, dal primo film La fine del gioco (1970), in cui il protagonista si ribella all'intervistatore per entrare invece in un rapporto diretto con il regista, fino all'intenso Il ladro di bambini (1992), uno dei film più rappresentativi del disagio di giovani e bambini del Sud nell'Italia degli anni Novanta, per il quale ha ottenuto il riconoscimento internazionale con il Gran premio speciale della giuria al Festival di Cannes. Nel 1998, il suo film Così ridevano è stato premiato con il Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia.Proveniente da una famiglia di modeste condizioni, colpita dal dramma dell'emigrazione, A. fu spinto proprio dalle donne della sua famiglia a "uscire dagli orizzonti ristretti del paese" per studiare a Catanzaro. Seguì gli studi classici al Liceo Pasquale Galluppi e nel capoluogo calabrese ebbe la sua prima formazione sul cinema, nella sala del Politeama, da spettatore "frenetico, onnivoro", come lui stesso si è definito, lasciando a momenti futuri il consolidamento del suo sapere cinematografico. Era rimasto folgorato dal cinema già da bambino, quando nella piazza del suo paese, nei primi anni Cinquanta, aveva avuto modo di vedere alcuni film storici tra cui Golgotha (1935; Golgota) di Julien Duvivier. Iniziò nel 1961, durante il liceo, a collaborare come critico cinematografico al periodico "Il sentiero" di Catanzaro e, successivamente, alla redazione del bimestrale "Giovane critica", a cura del Centro universitario cinematografico di Catania. Trasferitosi quindi a Roma, dove avvertì subito una sensazione di libertà, iniziò a seguire gli studi universitari in filosofia e giunse a lavorare nel cinema, quasi per caso, nel 1965, prima come assistente alla regia, con Vittorio De Seta, sul set di Un uomo a metà (1966), poi come aiuto regista cimentandosi in vari generi, dal film d'autore al western, ai caroselli televisivi e ai filmati pubblicitari, con registi tra i più diversi, da Anna Gobbi a Gianni Puccini, da Liliana Cavani a Ugo Gregoretti. Esordì nel 1970 con un mediometraggio in 16 mm girato per i programmi sperimentali della RAI, La fine del gioco, opera di grande intensità sull'inchiesta di un regista televisivo nelle carceri minorili meridionali e sul suo viaggio in treno con Leonardo, adolescente calabrese duramente segnato dall'esperienza del riformatorio, che respinge la violenza dell'intervistatore ma che al contempo offre la sua umanità dolente e la finale fuga dal treno alla macchina da presa. Sempre per la RAI realizzò La città del sole (1974), una libera interpretazione di Tommaso Campanella, con linee biografiche appena accennate, in cui il filosofo calabrese è in realtà simbolo e spunto di una riflessione su utopia e realtà, film per il quale ottenne il Gran premio al Festival di Thonon nel 1974. Dopo Bertolucci secondo il cinema (1976), 'film nel film' sul set di Novecento, vinse nel 1978 il Premio della critica internazionale a Locarno e il Premio speciale della giuria a Hyères con La morte al lavoro (1978), un dramma psicologico, liberamente tratto da un racconto fantastico di H.H. Ewers, che si svolge in un appartamento dove aleggia, con forza opprimente, la morte del precedente inquilino. Seguirono il televisivo Effetti speciali (1978), che ottenne unanimi apprezzamenti, e Il piccolo Archimede (1980), da A. Huxley sul rapporto tra un bambino 'geniale', figlio di contadini, con una predisposizione per la musica e la matematica, e un intellettuale inglese nella Toscana degli anni Trenta. Ma è Colpire al cuore, dramma intimo sul rapporto fra padri e figli negli 'anni di piombo', fra i più significativi film italiani sul terrorismo, che ha costituito nel 1982 il suo debutto esplicitamente cinematografico. Con I ragazzi di via Panisperna (1989) A. ha portato sul grande schermo la storia del rapporto umano e professionale tra E. Fermi ed E. Majorana, mentre con Porte aperte (1990), che gli ha consentito di ricevere numerosi riconoscimenti italiani e internazionali (tra cui il David di Donatello, il Nastro d'argento, e il Félix come miglior film europeo), ha riletto il romanzo di L. Sciascia, toccando con mano lieve, per non banalizzarlo, un grande tema come il rifiuto della pena di morte. Nel 1992, il suo capolavoro, Il ladro di bambini, che ricorda La fine del gioco, ripropone il viaggio dal Nord al Sud di un carabiniere calabrese che deve accompagnare due fratelli, un bambino e una bambina già segnati dalla vita (la loro madre è in carcere per aver costretto la figlia alla prostituzione), in un istituto della Sicilia meridionale: durante tale viaggio il rapporto tra i bambini e il carabiniere via via si scioglie, e anche tra i due fratelli nasce una solidarietà profonda. A. ha continuato a scavare nei drammi umani in Lamerica (1994), opera sul caos e la disperazione nell'Albania postcomunista, vincitrice del Félix come miglior film europeo e del premio per la regia alla Mostra del cinema di Venezia. Caratterizzata da un'originale struttura narrativa in sei capitoli ‒ Arrivi, Inganni, Soldi, Lettere, Sangue, Famiglie ‒ ognuno corrispondente a un giorno di un anno, nell'arco temporale dal 1958 al 1964, è la storia di Così ridevano (1998), in cui A. riesce a raccontare, con un omaggio, ma solo di citazione, al Luchino Visconti di Rocco e i suoi fratelli (1960), una vicenda intima e amara di emigrazione meridionale: la storia di due fratelli, legati da un affetto viscerale, giunti a Torino con il miraggio di un riscatto sociale, la cui ricerca avrà un esito tragico. L'interesse prevalente di A. per il mondo dell'emarginazione, per le differenze Nord-Sud, per le trasformazioni in atto nel mondo meridionale e per i meccanismi della società contemporanea si ritrovano nei film girati per la RAI tra il 1999 e il 2000: Poveri noi, L'onore delle armi e La terra è fatta così. Nel 2000 ha voluto offrire per il festival del cinema di Reggio Calabria 'XXI secolo' un ulteriore omaggio alla sua terra con Lo specchio sull'acqua, per mostrare, attraverso il suo occhio, agli abitanti di Reggio la loro città. Insieme a G. Fofi ha pubblicato Amelio secondo il cinema (1994).
Gianni Amelio, a cura di M. Sesti, S. Ughi, Roma 1995; Gianni Amelio: un posto al cinema, a cura di D. Scalzo, Torino 2001.