Rodari, Gianni
Il potere della fantasia
Autore ironico e originale, Gianni Rodari non solo ha divertito generazioni di bambini, ma li ha aiutati a credere nella possibilità di realizzare un mondo migliore denunciando ogni forma di ingiustizia e di sopruso. Le sue storie invitano a guardare la realtà con il filtro della fantasia e a cambiare l’ordine delle cose, per poterle vedere meglio
Gianni Rodari è stato uno degli scrittori italiani più fantasiosi e creativi del secolo scorso. Tutte le sue opere sono animate da un penetrante gusto per l’insolito, per ciò che va contro corrente, lontano da ciò che è ovvio e banale. Per Rodari ogni oggetto è una creatura viva, dotata di personalità e di tanti desideri da realizzare: «Io so che un giorno l’ascensore / al quarto piano non si fermerà / continuando la sua corsa il soffitto bucherà / salirà tra due comignoli / più su delle nuvole e del vento / e prima di tornare a casa / farà il giro del firmamento».
Le sue prime filastrocche e quelli che amava definire «raccontini umoristici» compaiono sulla pagina domenicale dedicata alla famiglia del quotidiano L’Unità, per il quale lavorava. Sono opere in cui Rodari parla di ciò che accade ogni giorno senza mentire sulle difficoltà che accompagnano la vita. Il suo modo di raccontare la realtà è originale, stravagante, ma soprattutto pieno di fiducia in un mondo migliore. Un mondo che assomiglia molto a quello del Pianeta degli alberi di Natale (1962), dove i panettoni crescono sulle siepi e perfino l’ortica «non punge mica. Un bel Pianeta davvero / anche se qualcuno insiste / a dire che non esiste / Ebbene, se non esiste, esisterà: / che differenza fa?».
Rodari ama raccontare avventure fantastiche, mirabolanti e straordinarie; immagina perfino, come in Gip nel televisore, che qualcuno possa decollare dalla sua poltrona e cadere nel televisore portando scompiglio nei programmi, e che nel cielo possa comparire una torta gigante (La torta in cielo) in grado di scatenare una guerra che solo i bambini possono fermare.
Nelle fiabe, nei racconti, nelle filastrocche – che scriveva a ritmi vertiginosi, quasi senza sosta – invita i suoi lettori a non cedere alle facili lusinghe dell’omologazione, ma a cercare, nonostante le difficoltà e le inevitabili incomprensioni, la propria strada. È il caso del giovane gambero, protagonista dell’omonima fiaba, che un giorno decide di trovare sé stesso, al di là di quello che la società in cui vive prospetta per lui. Così, intenzionato a imparare a camminare in avanti, se ne va per il mondo in cerca di fortuna e, benché tutti continuino a ribadire che quelli della sua specie devono procedere all’indietro, continua per la sua strada. Rodari, senza cedere alla tentazione di far finire la storia con il raggiungimento di una meta stabile e definitiva, conclude il racconto in questo modo: «Andrà lontano? Farà fortuna? Raddrizzerà tutte le cose storte di questo mondo? Noi non lo sappiamo, perché egli sta ancora marciando con il coraggio e la decisione del primo giorno. Possiamo solo augurargli, di tutto cuore: “Buon viaggio!”».
Rodari scrive storie che possono o, meglio, devono essere montate, smontate, rimontate, proprio come un gioco; storie nelle quali anche gli errori non vanno corretti, perché diventano veri e propri protagonisti, come accade per Il libro degli errori del 1964. «Signori e Signore / venite a visitare / il museo degli errori / delle perle più rare». Nel paese degli errori si trovano «gati», strani animali a tre zampe e con un solo baffo, luoghi come la «Lamponia, un paese dolcissimo / che sa di marmellata e di sciroppo», ma anche un tribunale nel quale un tizio viene processato per aver scritto che «lo zio è il padre dei vizi».
Gianni Rodari continua a scrivere per tutta la vita e alcune opere gli procurano importanti riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. Più importante di tutti arriva, nel 1970, il prestigiosissimo Premio Andersen, considerato l’equivalente del premio Nobel per la letteratura per l’infanzia.
Alla sua scomparsa – avvenuta nel 1980, all’età di sessant’anni – Italo Calvino ha scritto: «Rodari è morto e il mondo si è impoverito». Ma le sue opere restano e continuano a indicare un fantastico percorso di libertà perché «di imparare non si finisce mai / e quel che non si sa / è sempre più importante / di quel che si sa già».