BASTIANELLI, Giannotto
Nato a Fiesole (Firenze) il 20 luglio 1883, praticamente autodidatta, raggiunse assai presto una salda e seria preparazione musicale, tanto da divenire insegnante d'armonia, composizione, storia ed estetica musicale alla Nuova Scuola di musica di Firenze. Dedicatosi alla critica musicale, collaborò alla Nazione di Firenze durante il triennio 1915-17, poi a Il Resto del carlino di Bologna; tra gli altri periodici cui collaborò si ricordano: Harmonia, Il Marzocco, La Voce, La Nuova Musica, Musica.
Formatosi nell'ambiente letterario della rivista La Voce, nella quale era stato introdotto dall'amico E. Cecchi, condivise con G. Papini, R. Serra, G. De Robertis le idee d'un rinnovamento della cultura in Italia. Insieme a F. Torrefranca fu tra i primi a sentire il rinnovamento decisivo che si veniva determinando nei primi anni del '900, sotto gli influssi della filosofia crociana, anche nel campo della cultura musicale. Del Croce fu sempre grande sostenitore e ammiratore, tanto che G. Amendola, in una lettera a G. Prezzolini, fu portato a biasimare il B. per aver troppo esaltato il grande filosofo, di cui aveva fatto "un temperamento alla Rolland".
Dalle polemiche coeve il B. volle risalire a una sintesi tra le tendenze dei passato e del presente, e cercò di introdurre nella formulazione dei suoi giudizi critici una viva ricchezza di motivi umani. Negli articoli pubblicati su La Voce poneva l'accento sul pericolo derivante da certe musiche moderne, pervase da un morboso contenuto sensuale, intellettualistico e sentimentale, che aveva viziato le forme della musica contemporanea. Musicista e poeta impetuoso, nella sua prima giovinezza era stato spinto dal desiderio di liberare l'arte contemporanea dalla corruzione, sostenendo con gran fede l'esigenza di un'arte fondata su sofferti valori etici e religiosi; pubblicò in questo periodo Poemi e musiche e si espresse in termini negativi sulla musica futurista di B. Pratella, così come aveva fatto per lo stile di R. Strauss.
Sempre estroso e geniale, soprattutto negli anni della prima giovinezza, era animato da una ardente eccitazione che contribuì a dare di lui l'immagine del vero musicista romantico; fattosi divulgatore della musica d'avanguardia, non trascurò mai i capolavori del passato e nella sua casa fiorentina, divenuta un centro di cultura musicale, venivano eseguite musiche d'ogni epoca e stile, talvolta perfino le sinfonie di Beethoven ridotte per pianoforte.
Intanto nel 1910 alcune sue critiche erano state riunite da Il Resto del carlino di Bologna nell'opuscolo Critica e pubblico, come atto di stima e solidarietà dopo un'aggressione subita in seguito ad una recensione negativa di un concerto della Società orchestrale bolognese. Nel 1914, insieme con I. Pizzetti, curò una pubblicazione periodica di musica dal titolo Dissonanza, ilcui sottotitolo, "Composizioni musicali italiane modeme, raccolte da G. B. e Ildebrando Pizzetti", indicava chiaramente l'intenzione di seguire e favorire le manifestazioni più ardite del nuovo linguaggio musicale. Purtroppo, per disaccordi sopraggiunti tra i due fondatori fin dal primo numero, l'impresa ebbe presto termine: uscirono solo tre fascicoli. Assieme a composizioni del Pizzetti il B. vi pubblicò due sue sonate, l'una per pianoforte, l'altra per violino e pianoforte. Sempre polemico e impetuoso, finì per accusare il Pizzetti di archeologismo è, pur esprimendosi in termini elogiativi sulla Fedra, ne disapprovò le teorie sul dramma in musica.
Nel 1914, sotto il diretto influsso della filosofia crociana, pubblicò il saggio La traduzione nella musica per la morte del musicista francese Alberic Magnard (poi inserito in L'opera e altri saggi di teoria musicale del 1921).
In questo saggio il B. volle distinguere i fatti storicistici, cioè di natura interpretativa o critica, consistenti in una "conoscenza dell'arte ridotta a qualcosa di fisso, d'immutabile, di storico", da quelli estetici puri, cioè creativi. Per il B. l'interpretazione storica di un'opera è condizionata al gusto dell'esecutore, che per giungere ad una perfetta interpretazione del puro valore artistico dovrebbe avere lo stesso genio dell'interpretando (Della Corte). Persistendo poi in tale teoria, arrivò a sostenere che il fine dell'attività interpretativa era "la ricreazione d'un dato storico, o la contemporaneità nello spirito d'un'opera d'arte del passato".
Nel 1910 aveva pubblicato a Napoli il saggio Pietro Mascagni, cui seguirono La crisi musicale europea (Pistoia 1912), Il Parsifal (Firenze 1913), Musicisti di oggi e di ieri (Milano 1914), L'opera e altri saggi di teoria musicale (Firenze 1921).
Nel 1914 pubblicò, nella rivista Lacerba, un saggio che esaltava la musica di Schönberg, Le tre metamorfosi della musica tedesca. Uscì contemporaneamente una raccolta di scritti di critica giornalistica pubblicati dall'ottobre 1912 all'ottobre del 1913, sotto il titolo di Scritti di critica musicale. Sempre nello stesso anno fu nel numero dei collaboratori che aFirenze avrebbero dovuto dar vita ad una - rivista (Critica d'arte) edita dalla Voce (Libreria della Voce), ma il progetto non venne attuato. Nel 1915 collaborò contemporaneamente alla Voce e a Lacerba; dal 1920 al 1924 fu tra gli animatori di Enciclopedia, la più piccola rivista del mondo, che ebbe larga diffusione in Italia, dove pubblicò il saggio, Analisi critica sull'arte di Vecsey. Nel 1927 attese ad una lunga opera critica, Il nuovo dio della musica, che sarebbe stata poi pubblicata da un editore di Milano in una nascente Biblioteca di cultura musicale. Suoi scritti su Malipiero e sulla musica nel cinema apparvero nello stesso anno nella rivista Solaria.
Altri saggi e note critiche uscirono postumi: sulla Fiera letteraria di-Roma (2 e 9 ott. 1927) il saggio La Riforma del melodramma, su Circoli (Roma, aprile 1935) alcuni frammenti di critica ed estetica, estratti da lettere a Emilio Cecchi. Scrittore vivace e colorito nelle sue analisi, ma spesso discontinuo, aveva uno stile non sempre scorrevole; talvolta animato da un inquieto ed eccessivo fervore polemico, diveniva tortuoso e, abbandonandosi ad astrusità di linguaggio filosoficheggiante, cadeva in contraddizione con se stesso. In La crisi musicale europea, sostenendo l'esigenza d'un nuovo linguaggio musicale, proclamava come nuova forma d'espressione la "prosa musicale", e giungeva a rinnegare il passato, che, orinai estraneo alla nuova sensibilità, appariva pericoloso in virtù del suo fascino e, influendo sul presente, poteva impedire l'affermarsi di una forma d'espressione autonoma. In Musicisti di oggi e di ieri con spirito battagliero rivendicava insegnamenti dimenticati in autori e problemi del passato, mentre in precedenza, giungendo ad una esagerazione intellettualistica, aveva sostenuto che, soltanto rinnegando la tradiziòne, sarebbe stato possibile esprimersi secondo le esigenze del momento. Tuttavia, eccettuate tali contraddizioni, determinate forse dagli impulsi passionali del suo temperamento, troviamo nei suoi scritti un entusiasmo e una freschezza in itetto contrasto con la critica dell'età precedente. Studioso del dramma musicale, definì l'"opera" un linguaggio sui generis, rifiutando il concetto di sintesi tra poesia e musica. Sostenne i valori dell'opera tradizionale e, proclamando l'alto significato artistico dell'Otello e del Falstaff, non negò l'importanza della trilogia. romantica verdiana. Fu tra i primi in Italia ad analizzare Debussy e, esaminando l'opera di R. Strauss, definì decadente tutta la musica contemporanea. Ammiratore di O. Respighi, parlando della Semirama, ne volle sottolineare la squisitezza della musicalità, l'agilità riunica e la varietà delle figure contrappuntistiche e coloristiche, mettendo in rilievo la semplicità della linea melodica, ariosa 9 simmetrica nella costruzione.
Della sua attività come compositore ci restano, oltre a musica da camera e sinfonica, l'opera buffa La Scala su libretto proprio e un Balletto toscano ilicompiuto. La sua figura resta legata al tentativo di stabilire un punto di contatto tra il problema storiografico e quello strettamente musicale della nuova musica italiana. Morì suicida a Tunisi il 22 sett. 1927.
Bibl.: L. Parigi, G. B., in Il Pianoforte, VIII, 10 (1927), pp. 344-346; D. Petrini, Critica e arte, III, L'opera del pensiero di G. B., in La rassegna musicale, II (1929), pp. 138-144; A. Capri, Il melodramma dalle origini ai nostri giorni, Modena 1938, p. 290; A. Hermet, La ventura delle riviste, Firenze 1941, v. Indice p. 504; F. Flora, Storia d. letterat. ital., III, 2, Milano 1950, pp. 642, 817; A. Della Corte, L'interpretazione musicale e gli interpreti, Torino 1951, pp. 40 s.; L. Ronga, Bach, Mozart, Beethoven, Venezia 1956, p. 246; Id., Arte e gusto nella musica, Milano-Napoli 1956, p. 89; M. Bontempelli, Passione incompiuta, Milano 1958, v. Indice p. 457; C. Sartori, Giacomo Puccini, Milano 1959, p. 135; L. Ronga, L'esperienza storica della musica, Bari 1960, pp. 52, 55-57; G. Prezzolini, Il tempo della Voce, Milano 1960, v. Indice p. 739; Encicl. d. Spettacolo, II, col. 33; Encicl. della Musica Ricordi, I, Milano 1963, p. 204.