GILDA
. Il nome di gilda, di origine ed etimologia incerta (probabilmente dall'anglosassone gylta "sacrificio") è uno dei numerosissimi termini con cui nel Medioevo s'indica il fenomeno, comune a tutti i popoli, dei vincoli associativi fra gruppi professionali (corporazioni di mestiere, arti, scole, frataglie o fraglie, paratici, gremî, mestieri, maestranze, jurandes, Zünfte, Inungen, e così via). Si potrebbe quindi limitarsi a registrare la parola, rinviando per il contenuto alle voci arte e corporazione, sotto le quali l'argomento è trattato nella sua parte generale, se nei paesi del N. e del NE. di Europa (specialmente nei paesi fiamminghi, anglosassoni e scandinavi), dove il termine gilda è stato più frequentemente usato, non si manifestassero nella vita e nelle funzioni delle corporazioni alcuni caratteri differenziali che contribuiscono a dare a quel termine un significato particolare.
Questa peculiarità di caratteri s'incontra soprattutto in quelle che furono dette gilde religiose o sociali, e la cui origine si può far risalire a remote consuetudini germaniche anteriori all'introduzione del cristianesimo. Così l'obbligo, imposto da alcuni statuti ai membri della gilda, di vendicare l'assassinio del loro confratello e di perseguitare l'assassino finché egli non abbia pagato la composizione, non s'incontra in alcuno dei collegi romani ed è nettamente contrario agl'insegnamenti cristiani, ma deriva direttamente dall'antico spirito germanico.
Il più antico ricordo di questa istituzione si trova in un capitolare di Carlomagno del 779, che proibisce le "diaboliche gilde" dei Sassoni, alludendo forse con queste parole a qualche pratica pagana, a certe forme di solidarietà, che si manifestavano mescolando il proprio sangue e bevendo assieme. Ma se questo accenno permette di affermare che tali associazioni, a scopo religioso e di mutua difesa, erano già sorte molto probabilmente in alcune regioni della Germania fin dal sec. VIII, l'esistenza delle gilde sembra provata nel sec. IX in Inghilterra, dove esse avrebbero avuto il carattere di associazioni, non si sa se volontarie od obbligatorie, che avevano funzioni di mutua difesa e di assistenza religiosa. I membri si riunivano ogni mese a un banchetto, in cui venivano discusse le questioni d'interesse comune; si obbligavano a particolari prestazioni per la salute dell'anima dei colleghi defunti, a vendicare le offese fatte a qualunque altro membro dell'associazione. I più antichi statuti di gilde anglosassoni, che risalgono all'inizio del sec. XI, confermano questo loro carattere, misto di religione, di mutua assistenza e di solidarietà nella repressione dei delitti e nella vendetta delle offese: riunioni annuali, semestrali o quadrimestrali per pregare e per partecipare a un pasto in comune, mutua assistenza in caso di malattia, d'incendio o di viaggi; punizione degl'insulti fatti da un membro a un altro; partecipazione ai servizî funebri dei colleghi defunti.
Caratteri molto analoghi a quelli delle gilde anglosassoni hanno le gilde danesi, nelle quali un vincolo di stretta solidarietà, si potrebbe anzi dire di omertà, lega fra di loro i singoli membri: si devono vegliare gli ammalati, accompagnarli all'estrema dimora; sottoporre ad arbitrato i conflitti fra soci, aiutare la fuga del socio che abbia ucciso uno straniero.
A epoca molto più recente risalgono invece le prime memorie delle gilde mercantili e artigiane. La gilda dei mercanti è ricordata per la prima volta in Inghilterra nella carta concessa ai borghesi di Burford (1087-1107) e in Fiandra nella carta concessa dal conte Baldovino e dalla contessa Richilde alla gilda di Valenciennes nel 1167 e in un'altra carta del sec. XII che approva gli statuti della gilda di Saint-Omer. Le prime gilde di artigiani o gilde di mestiere compaiono in Inghilterra, tra il 1100 e il 1133, sotto il regno di Enrico I (tessitori di Oxford, di Huntington, di Londra; follatori di Winchester). Nella Germania del nord le prime gilde di mestiere s'incontrano press'a poco nella stessa epoca (tessitori di Magonza, 1099; pescatori di Worms, fine del sec. XI).
Per tutto il sec. XII le notizie che si sono conservate, tanto sulle gilde mercantili quanto su quelle artigiane, sono molto scarse. Se a poco a poco, col crescere dell'importanza del mercato cittadino e della produzione industriale, esse acquistano il carattere e la funzione economica delle corporazioni mercantili e artigiane dei paesi latini, che le hanno precedute su questa via, nei primi tempi invece sembra, sebbene le notizie che se ne hanno siano troppo scarse per autorizzare conclusioni sicure, che sia in esse prevalsa la funzione di mutua assistenza, che le avvicina alle preesistenti gilde religiose. E questa funzione, che del resto non manca mai nelle corporazioni di tutti gli altri paesi, conserva negli statuti delle gilde un'accentuazione così particolare da legittimare l'ipotesi che essa risalga a tradizioni e costumi molto remoti, e forse non esclusivamente cristiani. La gilda non solo soccorre i suoi membri ammalati, ma li assiste in ogni occasione, onora la memoria dei confratelli defunti, s'incarica di allevarne i figli e talvolta anche di dar loro una dote. In alcuni istituti la previdenza arriva perfino all'istituzione di una pensione (che del resto s'incontra anche in alcune corporazioni italiane, per es., a Venezia) per i membri più vecchi inabili al lavoro: "Se qualche membro della gilda, dice lo statuto dei sarti di Londra, cade in miseria e si trova senza mezzi di esistenza, egli riceverà per tutto il corso della sua vita sette pence la settimana". Così pure dalle gilde religiose passano in quelle di mestiere tutte le disposizioni intese ad assicurare la concordia e la solidarietà fra i soci: ammende a chi nuoce alla riputazione o agli interessi di un confratello; prescrizione di sottoporre al magistrato della gilda le controversie fra soci, anche se esse non siano originate da questioni professionali.
Quando poi, dal sec. XIII, la funzione economica delle gilde è pienamente sviluppata e risulta manifesto che anche per esse lo scopo principale è quello di disciplinare i rapporti di lavoro e di professione, di evitare i danni della concorrenza fra i membri di una stessa gilda e di proteggerli contro la concorrenza degli estranei a essa, mirando anzi a sopprimerla del tutto con la conquista del monopolio, anche allora, nonostante le analogie sempre più manifeste fra le gilde e tutte le altre corporazioni di mestiere, qualche differenza si può tuttavia notare: nelle gilde artigiane, in conseguenza forse dello scarso sviluppo dell'industria, manca totalmente quella categoria di ausiliari, che sotto il nome di compagni, socii, laborantes o famuli, avevano assunto altrove così grande importanza; la minuscola impresa artigiana è costituita dal maestro, che lavora solo o ha con sé uno o eccezionalmente due garzoni apprendisti.
Ma forse più importanti sono le differenze che si manifestano nelle gilde mercantili: mentre nei paesi dove le città hanno raggiunto un più alto grado di sviluppo le corporazioni dei mercanti conservano un carattere e una base prevalentemente cittadina, e la mercanzia delle grandi città seguita a proteggere e vigilare anche i suoi membri che si trovano temporaneamente all'estero; mentre in questi paesi solo eccezionalmente si formano corporazioni di mercanti di città diverse che risiedano lontani dalla patria; per le città del Baltico e del Mare del Nord non solo è frequentissimo il caso delle gilde di mercanti di città diverse che percorrono lo stesso itinerario, frequentano le stesse fiere, o vivono nella stessa città straniera, ma queste gilde interlocali all'estero assumono spesso un'importanza economica assai maggiore delle gilde cittadine, e sono indotte dalle necessità stesse che le fanno sorgere ad assumere funzioni e iniziative molto diverse, che spesso trascendono i limiti tradizionali della vita corporativa.
Bibl.: W. Wilda, Das Gildenwesen im Mittelalter, Halle 1831; O. Gierke, Das deutsche Genossenschaftsrecht, I, Berlino 1868; L. Brentano, Essay on the history a. development of Gilds, Londra 1870; C. Gross, The Gild Merchant, Oxford 1890; K. Hegel, Städte und Gilden der germanischen Völker, Lipsia 1891; A. Doren, Untersuch. zur Gesch. des Kaufmannsgilden des Mittelalters, Lipsia 1893; H. Van der Linden, Les Gildes marchandes dans les Pays-Bas au Moyen Âge, Gand 1896; E. Martin Saint-Léon, Hist. des corp. de Métiers, 3ª ed., Parigi 1922.