GINEVRA (A. T., 20-21; fr. Genève; ted. Genf)
Città della Svizzera occidentale, capoluogo del cantone omonimo, sulla riva SO. del Lemano o Lago di Ginevra, a 377 m. s. m. È situata a cavaliere del Rodano, proprio alla sua uscita dal lago, là dove alla sinistra del fiume sorgeva una collinetta che porta ora sopra di sé la parte più antica della città. Tale collina scende ripida verso il lago e verso il suo emissario, mentre verso S. digrada dolcemente verso la campagna.
Ginevra fu fondata in epoca molto remota dagli Allobrogi ed ebbe poi sotto i Romani il carattere di oppidum. Mezzo distrutta da un incendio ai tempi di Aureliano, fu ricostruita con mura più ampie, che furono via via allargate, una prima volta, nel sec. VII, dal franco Gundebaldo, e, una seconda, nel sec. XIV, dai vescovi Alamanno di Saint-Jeoire e Guglielmo Fournier de Marcossay. Questa cinta, detta appunto di Marcossay, non comprendeva che i quartieri più vicini al vecchio borgo, cioè alla cattedrale di S. Pietro e all'attuale Hôtel de Ville (sul colle e alla sinistra del Rodano) col piccolo sobborgo di S. Gervasio in basso e alla destra del fiume. Le rive del Rodano e del lago non erano allora sistemate e frequenti piene impedivano che l'uomo costruisse i suoi abitati sui terreni più allagabili, cosicché, anche nei secoli XV e XVI la pianta della città di poco si modificò, limitandosi a prendere possesso, intorno al vecchio oppidum, della cimosa fluviale e lacustre, e, intorno al quartiere più basso, della sua sezione orientale, prospiciente all'Île de Rousseau e all'attuale Pont du Mont Blanc, da cui si domina il lago e l'uscita da esso del suo famoso emissario. Fuori di tale cerchia non sorgevano che pochi oratorî e fattorie, che divennero poi col tempo i centri di nuovi sobborghi, oggi inglobati nella grande Ginevra, ma sorti soltanto dalla metà del sec. XIX in avanti. Fu di fatto in tale periodo che la città ebbe il suo maggiore sviluppo e si estese a S. e a SO. verso l'Arve e il punto ov'esso confluisce col Rodano; a NO. verso il Petit Saconnex, il Grand Pré e La Servette; a N. e a NE. verso il Montbrillant e Le Sacheron, mentre a E. e a SE. occupava via via le ondulazioni del Malagnou e il quartiere delle Eaux-Vives, costruendo via via corsi e strade, ponti sul Rodano (oggi sono 7) e sull'Arve (che sono 6).
Tutto ciò per opera ed effetto dell'aumento della popolazione che, da appena 25.000 abitanti nel 1815, saliva a 38.000 nel 1850, a 63 .519 nel 1870, a 76.197 nel 1880, a 104.796 nel 1900, a 123.153 nel 1910, a 135.059 nel 1920, a 142.812 nel 1930. Lo sviluppo poleografico della città si ricollega con l'abbattimento delle vecchie mura, avvenuto verso il 1850, e per la forte immigrazione, sia di Svizzeri sia di stranieri, verificatasi in special modo dal 1815 in avanti, Ginevra ha già da 50 anni a oggi un numero quasi eguale di protestanti e di cattolici e ben il 43% di stranieri.
Ginevra ha un clima temperato, non già per la sua latitudine e pei colossi alpini che poco lontano la cerchiano, ma per opera del lago, che funziona da regolatore degli eccessi sia estivi sia invernali. La temperatura media annua di Ginevra è quindi di 9°,4; quella stagionale d'inverno, di 0°,7; di primavera, di 8°,9; d'estate, di 17°,9; d'autunno, di 9°,7. La pressione media annua è di 726,65 millimetri. La quantità media annua delle precipitazioni è di 836,6 mm., con un minimo invernale medio di 138 e un massimo autunnale di 275,6 e con una media annua di 30 giorni piovosi e di 15 giorni con neve continua a terra. Città moderna ed elegante, favorita dalla sua mirabile posizione che guarda il Lago Lemano e la grandiosa catena del Monte Bianco, Ginevra andò nei tempi moderni di continuo abbellendosi e fu scelta spesso come sede d'iniziative e congressi internazionali o di conferenze e convegni politici che debbano svolgersi in sito ospitale e tranquillo, sicché, non solo la Società delle Nazioni, nata dalla guerra mondiale, ma altre iniziative simili hanno oggi in essa i loro uffici.
La città, oltre che dal movimento degli affari e dai guadagni che le procurano le sue fabbriche (di orologi, di strumenti di precisione, di tessuti, di colori, di macchine. ecc.), trae cospicui vantaggi dal movimento dei forestieri, che, in quest'ultimo mezzo secolo, è andato anch'esso crescendo con sempre maggiore intensità.
Da ricordarsi, per ciò che riguarda la geografia economica, le grandiose prese idroelettriche che furono costruite sul Rodano a Coulouvrenière e a Chèvres, per dare energia e luce alla città, e i due sbarramenti che furono predisposti sul fiume stesso, uno a monte dell'isolotto di deiezione detto L'Île sul ramo destro e l'altro a valle di tale isolotto sul ramo sinistro, allo scopo di regolarizzare la portata del fiume, mantenendo il livello del lago nei limiti convenuti fra gli stati rivieraschi.
La parte più aristocratica della città sorge sulla riva destra del fiume presso il Kursaal e poco lungi dal parco di Mon-Repos, mentre il cosiddetto Porto di Ginevra, ch'è la parte più attiva e industre, è costituito sall'estremità del lago che penetra col Rodano a ovest del Ponte del Monte Bianco e ha verso il largo due moli che lo riparano dai venti e dalle sesse (v. ginevra, lago di) e lo dividono nella gettata di Pâquis, che finisce con un faro a luci intermittenti, e in quella delle Eaux-Vives. L'Île de Rousseau, a valle del Ponte del Monte Bianco, ha la forma di un triangolo ed è coperta da un grandioso bosco di pioppi. L'isolotto de L'Île reca invece varie e grandiose costruzioni e resti diruti di una torre romana.
Monumenti. - Del castellum romano si conservano solo pochi avanzi e pochissimi della cinta di fortificazioni medievali ampliate nei secoli XIII e XIV. Quasi nulla rimane dei due castelli che dominavano l'abitato del Medioevo, quello cioè dei conti di Genevois e quello vescovile nell'isola del Rodano. Sicché l'edificio medievale più importante è ora la cattedrale di S. Pietro, che esisteva fin dal sec. VI, ma fu ricostruita nei secoli XII e XIII, passando dal romanico al gotico sotto l'influenza dell'architettura francese. Nel bell'edificio a tre navate, con due torri sulle navate trasversali, e con un'alta torre sull'incrocio delle navate, meritano speciale attenzione i capitelli, del 1200 circa. Nel 1406 fu eretta la graziosa cappella detta dei Maccabei (vetrate del sec. XV); gli stalli del coro sono di Jean Prindal (1414). La facciata odierna è della metà del sec. XVIII. Delle altre chiese antiche vanno ricordate quelle di S. Germano, di S. Gervasio e di S. Maria Maddalena, che conservano tuttora qualche parte romanica (le cripte delle due prime), ma nella parte essenziale sono dei secoli XIV e XV. Poco rimane degli edifici profani antichi. Ricordiamo l'interessante scala del municipio (metà del sec. XVI) e il palazzo Turrettini (1620). Al sec. XVIII invece appartengono molti edifici che presentano il più puro stile francese nella Svizzera: il Palazzo di giustizia (1707-1712), e numerose belle case patrizie, che nella maggior parte hanno un cortile anteriore chiuso; tra esse vanno ricordate particolarmente quella dei de Mallet, di François Blondel il Giovane e quella dei Lullin, del 1712. Nei dintorni sono numerosi bei villini, dei quali il più noto è la Villa Voltaire a Ferney. Del sec. XIX notiamo almeno il classicheggiante museo Rath (1825). Tra i monumenti che arricchiscono parchi e passeggiate è da ricordare quello ai Riformatori del Landowski e del Boucherd. Nel parco Ariana è in costruzione il palazzo della Società delle Nazioni.
V. tavv. LI e LII.
Storia. - L'antica Genăva fu oppidum degli Allobrogi, al nord-est del loro territorio presso la frontiera degli Elvezî, all'estremità sud-ovest del lago Lemano. Nei codici del De bello gallico si legge continuamente Genua, ed è possibile che Cesare abbia trascritto in tal modo la pronuncia della parola celtica dei suoi tempi, ma fin dalla fine del sec. I si scriveva Genaua. Nonostante le condizioni prospere di questa città, di cui fanno testimonianza il numero delle iscrizioni e l'esistenza di una corporazione di barcaioli, essa sembra essere rimasta durante tutto l'impero allo stato di un vicus della colonia di Vienna (Delfinato). Tutti i magistrati che s'incontrano a Ginevra sono di Vienna; questo vicus aveva però un edile. La città viene chiamata civitas Genavensis solo nella Notitia Galliarum, XI, 4 (provincia Viennensis).
Spezzata l'unità imperiale romana, l'antica Genava fu dapprima in dominio dei Burgundi; poi, dal 534, passò in potere dei Franchi. Alla dissoluzione dell'impero carolingio, fu inclusa nel regno di Borgogna. Verso la fine del sec. X, si ha menzione di conti del Genevese, i cui rapporti con i vescovi cittadini non sono ancora ben precisati; ma già nella seconda metà del sec. XI, quando la regione è rientrata nei dominî dell'impero, si avverte un sordo contrasto fra conti e vescovi, intenti a rivendicare reciprocamente i diritti di sovranità. La contesa scoppia apertamente dopo il 1120; e si conclude nel 1124 con l'accordo di Seyssel, che ha importanza decisiva nella storia di Ginevra. Per esso, infatti, il dominio temporale su Ginevra veniva riconosciuto al vescovo, da allora principe-vescovo. E tale rimase la condizione delle cose fino al 1533.
Già nell'accordo di Seyssel è fatta menzione dei "cittadini", di Ginevra, i quali riuscirono lentamente a organizzarsi, sia pur sotto l'egida dello stesso potere vescovile. Nella seconda metà del sec. XIII era loro concesso di riunirsi e di statuire sugli affari della comunità; e all'inizio del sec. XIV essi appaiono già così fortemente organizzati, da rivolgersi direttamente al conte di Savoia, per averne aiuto contro il conte del Genevese. Da questo momento, i cittadini di Ginevra cercheranno di svincolarsi dal dominio vescovile, approfittando proprio delle contese tra vescovi e conti di Savoia: contese che, già delineate a mezzo il sec. XIII, s'inaspriscono dalla fine di quello stesso secolo, complicandosi con altre contese, fra i Savoia e i conti del Genevese, sempre per il predominio su Ginevra. In genere, i vescovi erano alleati del conte del Genevese, dalla cui famiglia spesso uscivano essi stessi (così per es. nel periodo 1276-1286); i cittadini invece si appoggiavano ai conti di Savoia, che, a partire da Amedeo V, sono anzi riconosciuti protettori della comunità di Ginevra, contro il vescovo (lettere patenti di Amedeo V del 1° ottobre 1285). Il potere vescovile s'indebolisce così gradualmente: e finalmente, nel 1387, il vescovo Ademaro Fabri riconosce ufficialmente i diritti dei cittadini. Da allora, il potere di fatto passa alla comunità.
Intanto anche all'esterno avveniva un mutamento, che doveva influire profondamente sull'azione politica dei Ginevrini: cioè, la contea ginevrina passava nelle mani di Amedeo VIII di Savoia, che diveniva il solo confinante con Ginevra, e che doveva naturalmente esser tratto ad aspirare al dominio sulla stessa città. Così, i cittadini, fino a quel momento amici dei Savoia, adottano un atteggiamento di netta ostilità verso i duchi: nel 1420, respingono recisamente la domanda di Amedeo VIII di esser riconosciuto sovrano in Ginevra. E allora i duchi tentano un'altra via: acquistare la dignità vescovile per membri della propria famiglia, e, con questo mezzo, accrescere la propria influenza in Ginevra, fino a che l'occasione si offra propizia per la definitiva e aperta conquista. Riescono a porre sul seggio vescovile, nel 1470, Luigi di Savoia: e da allora, per un sessantennio, i vescovi di Ginevra usciranno tutti dalle file dei Sabaudi, o, almeno, saranno creature dei Savoia. Perciò la lotta con i cittadini si acuisce; e questi ultimi, infine, per difendersi, allacciano i primi rapporti con le città svizzere, concludendo nel 1519 un trattato di combourgeoisie con Friburgo, poi nel '26 un'alleanza con Berna e Friburgo. Il duca di Savoia ha per sé un partito, anche nella città, il partito dei Mamelus, che contrasta il terreno agli Eidguenots, cioè ai sostenitori dell'indipendenza; ha soprattutto il vescovo, Pierre de la Baume. Ma il 14 luglio 1533, questi, ultimo vescovo-principe di Ginevra, abbandonava per sempre la sua sede. Pochi mesi dopo, è a Ginevra G. Farel, il diffonditore della Riforma nella Svizzera romanza.
La propaganda di Farel e dei suoi amici dà al già esistente moto riformatore una vastità e una risonanza nuove. Il 29 novembre 1535 era abolita la celebrazione della messa; il 21 maggio 1536 erano ratificati gli editti che costituivano la chiesa ginevrina sulle basi dogmatiche della Riforma. Due mesi dopo, giungeva nella città Calvino (v.), che iniziava con Farel il primo tentativo di dar vita a una "bibliocrazia", nella città. Il tentativo di Calvino e Farel fallì: ma nel 1541 Calvino, richiamato nella città, riprendeva la sua azione, e, vinte e spezzate le opposizioni dei "libertini", costretti alla fuga o mandati a morte gli oppositori, edificava il nuovo stato ginevrino, lo stato di Dio (v. calvino).
È uno dei più interessanti momenti della storia europea moderna la formazione di questo stato, che ha un governo civile a sé, ma in cui la parola decisiva spetta alla chiesa, con il suo concistoro e i suoi pastori; uno stato, in cui tutta la vita, pubblica e privata, dei suoi cittadini è rigidamente regolata da norme che hanno, tutte, per scopo la maggior gloria di Dio; uno stato infine di carattere veramente internazionale. Lo stesso trionfo di Calvino è infatti stato possibile per il continuo affluire in Ginevra di elementi nuovi: specialmente Francesi, ma anche Italiani, e di altri paesi, che fuggono la persecuzione religiosa trionfante nella loro patria. Nelle file della bourgeoisie ginevrina, penetrano in sempre maggior numero questi stranieri che sostituiscono a poco a poco l'antica borghesia preriformata; attomo a Calvino prima, a Teodoro di Beza poi, e attorno all'Accademia fondata da Calvino, si raggruppano molti fra gli spiriti più aperti d'Europa, favorevoli ai novatori. Tra gli Italiani, numerosi i Lucchesi; ma anche, Piemontesi, ecc.
La restaurazione del ducato sabaudo, dopo la pace di Cateau Cambrésis, costituiva però una grave minaccia per l'indipendenza di Ginevra. Già Carlo II di Savoia, nel 1533-36, aveva cercato di impossessarsi della città, aiutando con le armi il vescovo Pierre de la Baume; ora Emanuele Filiberto, quasi appena tornato nei suoi dominî, si mise all'opera cercando di convincere gli stessi Ginevrini a riconoscere la sua sovranità; cercò, poi, di metter su una lega di principi cattolici contro "il focolaio dell'eresia": ma i suoi tentativi fallirono, soprattutto per la vigile guardia di Berna. Questa, infatti, già nel 1536 era venuta in soccorso di Ginevra, su cui poi aveva esercitato una vera tutela fino al 1541, quando Calvino riusciva, con un trattato, ad assicurare l'indipendenza della sua città; ora tornava nuovamente ad appoggiare Ginevra, temendo l'ingrandimento dello stato sabaudo sulle rive del Lago Lemano. E appunto Berna concludeva, nel 1570, un trattato con la Francia e Soletta per assicurare l'indipendenza di Ginevra: fatto che poneva fine, per il momento almeno, allesperanze di Emanuele Filiberto. Più minaccioso si fece l'atteggiamento di Carlo Emanuele I, sin dal 1582: per scongiurare il pericolo, Berna e Zurigo si alleavano con Ginevra nel 1584; poi, quando il duca riprese le ostilità, anche altri cantoni svizzeri inviarono le loro truppe contro di lui, in aiuto a Ginevra che dichiarava di guerreggiare in nome del re di Francia, Enrico IV, con cui pure era in lotta Carlo Emanuele I. Lunghe e con alterna fortuna furono le fasi della lotta, fino a quando il duca di Savoia, fatta pace con Enrico IV (trattato di Lione del 1601) e sicuro quindi da quel lato, credette giunta l'occasione favorevole per il colpo di mano definitivo. La notte dall'11 al 12 dicembre 1602 fu tentato l'assalto alla città (la celebre Escalade): ma le truppe sabaude furono respinte, Berna e Zurigo si schierarono immediatamente con Ginevra, e Carlo Emanuele I dovette abbandonare l'impresa e accedere invece al trattato di Saint-Julien (11 luglio 1603), che riconosceva la piena indipendenza di Ginevra. E questa, da allora, visse tranquilla, anche perché la politica sabauda stava ormai rivolgendosi completamente verso la pianura padana.
La storia del periodo seguente, invece che da grandi lotte esterne o interne, è contrassegnata dal definitivo trionfo di un'aristocrazia cittadina, estremamente chiusa. Già nella Ginevra di Calvino il regime apparentemente democratico celava, nella realtà, il predominio assolutO di una ristretta élite, e, anzi, vivo Calvino, di un uomo: e tale prevalenza di una piccola minoranza s'era consolidata col tempo, attuandosi con il potere assoluto del Piccolo Consiglio. Per tutto il Seicento, Ginevra è dunque, come Berna, dominio di una ristretta oligarchia; e solo all'inizio del sec. XVIII si assiste a una violenta reazione di elementi popolari. Nel 1707, nel 1734, nel 1737 scoppiano moti, che devono essere repressi con la forza; un nuovo e più grave conflitto, dal 1762 al 1768, si chiude con alcune concessioni al partito popolare. Ma tosto risorgono i dissensi, che culminano nella rivoluzione del 9 aprile 1782 e nel momentaneo trionfo del partito popolare. L'oligarchia, vinta, ricorre per aiuto alla Francia, al re di Sardegna, a Berna; e grazie a questo aiuto straniero, riesce a costringere alla capitolazione il partito popolare e a ripristinare pienamente il suo dominio. Sennonché pochi anni dopo, anche per le ripercussioni degli avvenimenti di Francia, il movimento democratico s'impone; e il 19 dicembre 1792 viene finalmente stabilita l'uguaglianza politica dei cittadini. Il vecchio sistema di governo è sostituito da un Comitato di amministrazione e un Comitato di sicurezza. Un torbido periodo, in cui trionfarono gli elementi rivoluzionarî più accesi, si ebbe nella seconda metà del 1794; altri tumulti seguirono nel 1796, finché nel 1798, penetrato nella città un corpo d'occupazione francese, Ginevra fu dichiarata unita con la Francia (26 aprile). E sottoposta alla Francia Ginevra rimase sino alla fine del 1813; poi, dai trattati di Vienna e di Torino (16 maggio 1816), fu costituito il cantone, nei limiti attuali. Il 19 maggio 1815 la repubblica di Ginevra si era già unita alla Confederazione dei cantoni svizzeri. Da allora, la storia ginevrina è storia di lotte di partiti: radicale, democratico, conservatore, che si avvicendano al potere. Occorre soprattutto porre in rilievo che, dal 1919, Ginevra, divenuta sede della Società delle nazioni (v.) e di tutte le commissioni ad essa collegate, ha riacquistato - in forma diversissima, s'intende - quel carattere di città internazionale, che già ebbe nella seconda metà del sec. XVI.
Conferenze e convenzioni. - Con lo sviluppo ognor crescente dei servizî della Società delle nazioni Ginevra è diventata sempre più la sede delle conferenze internazionali, perché qui è a disposizione tutto il materiale occorrente. Perciò qui hanno avuto luogo le seguenti conferenze:
a) sul problema dell'organizzazione della pace e del disarmo, nel 1927, per iniziativa del presidente degli Stati Uniti, Coolidge, fu tenuta una conferenza navale fra gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il Giappone per studiare l'estensione agl'incrociatori, ai cacciatorpediniere e sottomarini delle limitazioni applicate a Washington alle navi di linea. Non si ebbe alcuna conclusione a causa di divergenze tecniche. Il problema speciale del commercio internazionale delle armi venne trattato dalla conferenza apposita (4 maggio-17 giugno 1925), alla quale presero parte anche gli Stati Uniti, l'Egitto e la Turchia, che non erano membri della Società, e in essa venne adottata una convenzione che mira a stabilire un regime generale di controllo e di pubblicità per il commercio internazionale delle armi.
b) Sul problema della giustizia internazionale, nel settembre 1926 ebbe luogo una conferenza diplomatica per discutere le modifiche allo statuto della Corte internazionale di giustizia, necessarie per permettere l'adesione degli Stati Uniti; e nel settembre del 1929 una conferenza di tutti gli stati, che avevano sottoscritto lo statuto, approvò gli emendamenti apportati ad esso.
c) Sulla codificazione del diritto internazionale ebbe luogo una conferenza (13 marzo-12 aprile 1930), per trattare dei conflitti di leggi sulla nazionalità, dei diritti inerenti ai mari territoriali, della responsabilità degli stati in ciò che concerne i danni causati sul loro territorio alle persone e ai beni degli stranieri. Solo sul primo problema venne elaborata una convenzione, avente lo scopo di eliminare diverse conseguenze dell'assenza di nazionalità e della doppia nazionalità.
d) Sui problemi economici e finanziarî dal 4 al 23 maggio 1927 ebbe luogo una conferenza economica, una delle più importanti fra quelle promosse dalla Società, alla quale presero parte 194 delegati, accompagnati da 157 esperti, appartenenti a 50 stati. Problemi particolari trattarono: la conferenza sulle formalità doganali (15 ottobre-3 novembre 1923), che terminò con una convenzione tendente alla semplificazione di tali formalità; la conferenza, proposta dal governo italiano, per l'abolizione delle proibizioni e restrizioni alle importazioni ed esportazioni, che tenne tre sessioni (17 ottobre-8 novembre 1927, 3-19 luglio 1928, 5-20 dicembre 1929), e che pure portò a una convenzione (8 novembre 1927) caduta per la mancanza di sufficienti ratifiche; la conferenza sull'esportazione delle pelli e delle ossa, pure in tre sessioni (15-16 marzo, 29 giugno-11 luglio 1928, 29 agosto-11 settembre 1929) e che adottò una convenzione relativa; la conferenza sulla doppia tassazione e l'evasione fiscale (ottobre 1928); la conferenza degli economisti e statistici (26 novembre-14 dicembre 1928), la quale doveva stabilire delle basi concrete per rendere paragonabili fra loro le statistiche dei varî paesi, e che adottò una convenzione apposita, la quale non è ancora in vigore per la mancanza del numero sufficiente di ratifiche; la conferenza (9-20 aprile 1929) per la repressione della falsificazione della moneta, che adottò una convenzione apposita; la conferenza per l'unificazione del diritto cambiario (13 maggio-7 giugno 1930), la quale adottò tre convenzioni. Ai problemi generali si tornò con la conferenza preliminare (17 febbraio-24 marzo 1930) per un'azione economica concordata, tendente alla conclusione di accordi collettivi per facilitare le relazioni economiche, specialmente col ridurre gli ostacoli al commercio. In essa venne adottata una convenzione, nota sotto il nome di "tregua doganale", in base alla quale gli stati contraenti s'impegnano ad assicurare una certa stabilità di tariffe durante il periodo dei negoziati per gli accordi collettivi. La sua entrata in vigore si rimandò a un'altra conferenza.
e) Alle comunicazioni e transito sono destinate conferenze generali ogni quattro anni. Finora si sono avute quelle del 1921 (Barcellona), del 1923 e del 1927. Nella seconda (1923) furono adottate le convenzioni: 1. sul regime internazionale dei porti marittimi; 2. sul regime internazionale delle ferrovie; 3. sul trasporto e transito, attraverso il territorio di uno stato, di energia elettrica prodotta in un altro stato e consumata da un terzo; 4. sulla distribuzione delle forze idrauliche che interessano più stati, specialmente nel caso di sfruttamento per la produzione di energia elettrica. Problemi particolari trattarono le conferenze: sul regime dei passaporti, del 1920 (Parigi) e del maggio 1926; sui passaporti degli emigranti, del giugno 1929; sull'unificazione della stazza della navigazione interna (1923); sulla diffusione dei giornali e dei periodici (novembre 1929).
f) Sui problemi igienici si è avuta la conferenza degli specialisti (aprile 1920) per una prima organizzazione dei servizî internazionali; la prima (settembre 1926) per la protezione dell'infanzia (le cinque successive vennero tenute altrove); quella per la standardizzazione dei prodotti biologici (agosto-settembre 1926); quella per lo studio dei mezzi contro la malaria (giugno 1928).
g) All'opera sociale e umanitaria furono dedicate: la conferenza per i rifugiati russi (agosto 1921); quelle per i passaporti Nansen ai rifugiati russi e armeni (1922, 1924, 1926 e 1928); quella per la tratta delle donne e dei fanciulli (30 giugno-5 luglio 1921), che adottò un'apposita convenzione; quella sulla circolazione e traffico delle pubblicazioni oscene (settembre 1923), che adottò una convenzione, con la quale si rinforzano ed estendono le disposizioni precedenti contro tali pubblicazioni; le due conferenze per l'oppio (novembre 1924-febbraio 1925), l'una dedicata alla ricerca dei mezzi per sopprimere l'oppiomania e l'altra diretta a ridurre la produzione delle materie prime (oppio e foglie di coca), e che fissarono una convenzione apposita; quella delle Croci Rosse (1923); e quella per la creazione di un'unione internazionale dei soccorsi (4-12 luglio 1927), unione costituita appunto con una convenzione.
h) Sulla cooperazione intellettuale si sono avute due conferenze (dicembre 1923, luglio 1929) di rappresentanti delle commissioni nazionali, e una (1928) sui diritti di autore.
i) Infine sui rapporti fra la Società delle nazioni e l'opinione pubblica si è avuta una conferenza degli esperti della stampa (24-29 agosto 1927) per lo studio di questioni tecniche miranti a raggiungere la massima rapidità nella trasmissione delle notizie. Oltre le convenzioni fatte dalle conferenze ve ne sono altre adottate dall'assemblea o in seguito ad accordi particolari, e sono: lo Statuto della Corte permanente di giustizia internazionale, adottato dalla 1ª assemblea il 13 dicembre 1920; la convenzione tedesco-polacca relativa all'Alta Slesia (15 maggio 1922); la convenzione dell'8 maggio 1924, che ha regolato lo statuto del territorio di Memel e il regime di quel porto; una convenzione sull'abolizione della schiavitù, adottata dalla 7ª assemblea (settembre 1926); una convenzione sul riconoscimento della clausola arbitrale nei contratti di commercio, adottata dall'8ª assemblea (settembre 1927); un atto generale per il regolamento pacifico dei conflitti internazionali, approvato dalla 9ª assemblea (settembre 1928).
Anche le sessioni della conferenza internazionale del lavoro, a cominciare dalla 3ª (1921) sono state tenute sempre a Ginevra ogni anno (salvo che nel 1926 e nel 1929, in cui furono tenute due sessioni). E qui sedettero anche le tre conferenze degli statistici del lavoro (ott.-nov. 1923, aprile 1924, ott. 1926), formate dai capi degli uffici o servizî di statistica dei varî stati e miranti a trovare metodi uniformi per la raccolta dei dati. A causa delle differentissime condizioni dei varî paesi è impossibile stabilire delle norme che possano essere applicate allo stesso modo ovunque; perciò le conferenze del lavoro adottano dei progetti di convenzione, che le singole nazioni applicano quando lo possono. I principali progetti di convenzione votati da queste conferenze sono i seguenti: sull'età minima di ammissione dei fanciulli al lavoro; sui diritti di associazione e coalizione dei lavoratori agricoli; sulla riparazione degl'infortunî sul lavoro agricolo; sull'impiego della biacca nella pittura; sul riposo settimanale negli stabilimenti industriali; sull'età minima richiesta per i fuochisti o addetti ai rifornimenti di macchina delle navi; sulla visita medica obbligatoria per i fanciulli impiegati a bordo delle navi (1921); sull'uguaglianza di trattamento per i lavoratori stranieri e nazionali in materia d'infortunî sul lavoro; sul lavoro notturno delle panetterie; sulla riparazione degl'infortunî sul lavoro e sulle malattie professionali (1925); sull'ispezione degli emigranti a bordo delle navi; sul controllo di arruolamento della gente di mare; sul rimpatrio dei marinai (1926); sull'assicurazione delle malattie dei lavoratori (1927); sulla determinazione dei salarî minimi (1928).
Vita culturale. - Nel fermento ideale, religioso e politico derivato dal protestantesimo e suscitato e rinvigorito con ferrea rigidezza da Calvino, Ginevra trova i grandi inizî della sua vita intellettuale e s'inserisce risolutamente nella storia della civiltà europea.
Con l'adozione della Riforma (21 maggio 1536) l'istruzione si rende obbligatoria e s'istituiscono scuole popolari e gratuite; e con la riorganizzazione della Chiesa - condotta da Calvino nel 1541 - si opera un rinnovamento nella vita civile e morale. Tuttavia l'educazione superiore riceve i suoi grandi istituti soltanto nel 1559: sono di quest'anno le Leges Academiae Genevensis con cui Calvino faceva fondare il Collège e l'Académie. Entrambe le istituzioni furono ordinate e dirette dal grande riformatore e da Teodoro di Beza, che vi formarono una fiorente scuola e una vigorosa tradizione. V'insegnarono riformisti della Svizzera, della Francia e dell'Italia che a Ginevra trovavano asilo e rispondenza ideale: polemisti, dottrinarî ed esegeti, come T. di Beza, L. Daneau, Ch. Perrot, A. de Chandieu; umanisti, come I. Casaubon; filologi - e basti ricordare G. G. Scaligero; giuristi, come D. Godefroy; orientalisti, come A. R. Chevalier. Per il '500 e '600 l'università è frequentata da studenti europei: vi si ritrovano maestri di origine italiana, p. es., Giovanni Diodati, traduttore della Bibbia in italiano, e Fr. Turrettini, teologo: in genere il Seicento è il secolo delle discussioni teologiche; e a Ginevra lottano in seno al protestantesimo due correnti - ortodossa e liberale - quali si erano determinate dopo il sinodo di Dordrecht (1619). Quest'abito alla speculazione si continua nel '700: e non è senza significato che a Ginevra vissero, scrissero e polemizzarono Voltaire e Rousseau, e a Ginevra ebbe i natali Madame de Staël, e vi furono ideate le opere del Sismondi. Durante il sec. XIX Ginevra partecipa intensamente alla vita spirituale, legata soprattutto - se non esclusivamente - alla cultura francese: pensatori come H.-F. Amiel e poeti, eruditi e letterati di gusto, come Marc e Philippe Monnier, hanno varcato i confini della loro città.
Istituti. - Dal primo fondo di libri dell'Accademia, diventata nel 1873 università, si è formata la migliore biblioteca ginevrina, che conserva anche dei codici, e una raccolta di manoscritti miniati del sec. XV. E assai importante è l'Archivio di stato, che conta da 14.000 a 15.000 volumi e più di 400.000 documenti e che comprende anche le antiche raccolte veseovili, capitolari e monastiche. Nel 1838 fu fondata la Société d'histoire e d'archéologie, che dal 1841 pubblica un'interessante serie di Memorie e di Documenti. Nel 1920 la Società delle nazioni ha costituito una propria biblioteca. Nel 1910 fu organizzato il Musée d'art et d'histoire, in cui sono raccolte tutte le collezioni artistiche appartenenti alla città, con sezioni per l'archeologia, le arti industriali, e per la numismatica: v'è una buona galleria di quadri, in cui accanto a pitture più antiche (sportelli d'altare di Konrad Witz) si conservano opere di pittori ginevrini e svizzeri dell'epoca moderna (J.-A. Arlaud, J.-E. Liotard, Jean Hubert, J.-L. Agasse, B. Menn, e, tra i più recenti, specialmente F. Hodler).
Bibl.: Su Ginevra in generale e alcuni suoi edifici, v.: Geograph. Lexikon der Schweiz, II, 1904; É. Doumergue, La Genève des Genevois, Ginevra 1914; Dict. hist. et biogr. de la Suisse, III, Neuchâtel 1926, pp. 349-383; C. Broggi, Il palazzo della Società delle nazioni a Ginevra, in Dedalo, XII (1931-32), pp. 285-303; C. Martin, Saint-Pierre, ancienne cathédrale de Genève, Ginevra 1909-10.
Opere storiche: in generale: J.-A. Gautier, Histoire de Genève des origines jusqu'à 1690, voll. 8, Ginevra 1896-1914; G. Fatio, Genève à travers les siècles, Ginevra 1900; J.-H. Jullien, Histoire de Genève, nuova ed. 1889. Per la storia religiosa E. Choisy, Esquisse de l'histoire religieuse de Genève, Ginevra 1928. In particolare, v.: Corp. Inscr. Lat., XII, p. 328 segg.; A. Holder, Altceltischer Sprachschatz, s. v.; A. Longnon, Géographie de la Gaule au VIe siècle, Parigi 1878, p. 427; W. Deonna, Ville de Genève, Musée d'art et d'histoire, Catalogue des sculptures antiques, Ginevra 1924; F. De Crue, La guerre féodale de Genève et l'établissement de la commune, 1285-1320, Ginevra 1912; id. La délivrance de Genève en 1536, Zurigo 1916; L. Micheli, Les institutions municipales de Genève au XVe siècle; Ginevra 1912; A. Roget, Histoire du peuple de Genève depuis la Réforme jusqu'à l'Escalade, voll. 7, Ginevra 1870-82; W. Kampschulte, Johann Calvin, Seine Kirche und sein Staat in Genf, voll. 2, Lipsia 1869-99; E. Choisy, La théocratie à Genève, Ginevra 1898; É. Doumergue, Jean Calvin, III; La Genève calviniste, Losanna 1905; L. Cramer, La seigneurie de Genève et la Maison de Sovoie, de 1559 à 1603, voll. 2, Ginevra 1912; H. Fazy, Histoire de Genève à l'époque de l'Escalade, Ginevra 1902; F. D'Ivernois, Tableau historique et politique des révolutions de Genève dans le XVIIIe siècle, Ginevra 1782; L. Achard e E. Fabre, La Restauration de la République de Genève, Ginevra 1913. Cfr. H. Fazy, Les constitutions de la République de Genève, Ginevra 1890; i Mémoires et documents della Société d'histoire et d'archeologie de Genève, 1841 segg.; i Mémoires dell'Institut National Genevois, 1854 segg.; i Registres du Conseil de Genève, 1900-25; Les sources du droit à Genève jusqu'au 1462, Ginevra 1927.
Per le conferenze di Ginevra. Pubblicazioni edite dal Segretariato della Società delle nazioni: Journal Officiel (mensile); Bollettino mensile della S. d. N. (in francese, inglese, italiano, tedesco, spagnolo e cèco); Actes de l'Assemblée; Journal de l'Assemblée (quotidiano durante i lavori dell'Assemblea); Rapports à l'Assemblée de la S. d. N. (annuo); Resolutions adoptées par l'Assemblée (annuo); Procès-verbaux des session du Conseil; La Société des Nations. Son øuvre 1920-26; L'année de la S. d. N., I, 1° ottobre 1926-30 settembre 1927; II, 1° ottobre 1927-30 settembre 1928; III, 1° ottobre 1928-30 settembre 1929; 1° ottobre 1929-30 settembre 1930; Dix ans de coopération internationale (Riassunto di tutta l'opera fino al 30 giugno 1930, corredato da ampia bibliografia). Pubblicazioni edite dall'Ufficio internazionale del lavoro: Revue internationale du Travail (mensile e con ampia bibliografia); Informations sociales (settimanale); Bulletin Officiel; Annuaire international du Travail (con bibliografia); Série législative; Documents de la conférence internationale du Travail; Études et Documents; Études spéciales.
Per la vita culturale: Ch. Borgeaud, Hist. de l'univ. de G., voll. 2, Ginevra 1900-1909; A. Roussy, L'université de G., ivi 1918; J. Senebier, Catalogue des Mss. conservés dans la Bibl. de G., ivi 1779; id., Hist. littér. de G., voll. 3, ivi 1796; M. Monnier, G. et ses poètes du XVe siècle à nos jours, ivi 1874; V. Rossel, Hist. litt. de la Suisse romande, voll. 2, 2ª ed., ivi 1903; V. Rossel e H.-E. Jenny, Hist. de la litt. suisse des origines à nos jours, voll. 2, Neuchâtel 1910.