Capponi, Gino
, Lo storico e scrittore C. (Firenze 1792 - ivi 1876) si occupò di D. con quel fervore caratteristico della generazione risorgimentale, ma non con quello spirito di penetrazione critica da cui soltanto nasce un reale approfondimento storico. Cattolico-liberale e moderato, egli avvertì nella Commedia, prima di ogni altra cosa, un messaggio civile e religioso; nel poeta " un alto animo, volto sempre a rettitudine, ed un ingegno che trascendeva i fatti e gli uomini circostanti, e fiere passioni pronte a trasmodare se l'ira o il dispregio o l'insofferenza le accendesse " (Storia della Repubblica di Firenze, I VIII).
Viva fu pure in lui l'esigenza di leggere D. in più sicuro testo. Collaborò pertanto con G.B. Niccolini, G. Borghi e F. Becchi a un'edizione del poema (La Divina Commedia ridotta a miglior lezione coll'aiuto di vari testi a penna, Firenze 1837, I: Testo; II: Prefazioni e avvertimenti di F. Becchi), che, avendo a fondamento quella degli Accademici della Crusca del 1595, accoglieva numerose lezioni diverse tratte da vari codici diligentemente elencati e dall'edizione del Nidobeato. Ne venne fuori un testo eclettico, non ortodosso filologicamente, ma che pure testimoniava insoddisfazione e insieme scrupolo.
Nel 1875, dopo un ventennio di lavoro compiuto con la collaborazione del Carraresi - ormai il C. era cieco -, apparve la Storia della Repubblica di Firenze, che realizzava un proposito che già era stato del Thiers. Nell'opera, pur dignitosa e viva, non ritroviamo più l'agilità e la ricchezza di pensiero delle Lettere sui Longobardi. Oltre i molti tratti che illustrano personaggi e avvenimenti che ebbero rapporto con la vita del poeta (Bonifacio VIII, Clemente V, Arrigo VII, le lotte del comune fiorentino, ecc.), alla personalità e all'opera di D. è dedicato un intero capitolo, non certo ricco di considerazioni originali, ma pervaso da schietto calore. Le convinzioni politiche e civili dell'antico poeta sono filtrate attraverso le convinzioni e la fede dell'uomo del Risorgimento: D. nell'esilio, nella varietà delle dimore, aveva " sentito più vivo, e a sé più vicino, il pensiero dell'Italia; di questa s'era egli fatto cittadino... "; la dottrina dell'Impero universale non era costruzione di una mente, ma " era italiana, era cattolica ". Circa la Commedia è accettata la tesi dei due tempi della composizione; ma ammettere che i primi sette canti fossero stati composti a Firenze non significa " che un tale lavoro procedesse per ordine come farebbe un calcolo d'aritmetica, né che l'Alighieri poi non mutasse o trasformasse quello che prima aveva scritto ". Che nessuna opera di poesia eguagli la Commedia deriva dal fatto che nessuna " si spazia su tanta ampiezza di cose, dai tramiti angusti della vita materiale fino alle più alte rivelazioni della coscienza " e nessuna " riesce a comporre tante cose in un concetto unico ".
Le relazioni fra il poeta e l'età sua sono esaminate dal C. in un felice e rapido saggio, Il popolo di Toscana al tempo di D. (in D. e il suo secolo, Firenze 1865, 435-442), ove si colgono lucidamente esposte le tesi fondamentali dello storico neoguelfo. La tradizione fiorentina era guelfa e perciò nobilissima, in quanto il guelfismo fu difensore della tradizione italica contro la barbarie germanica; il clero fiorentino godeva il favore universale, in quanto legato alla vita del popolo; la poesia in Italia non poteva nascere che cristiana e popolare. Le condizioni italiane nel secolo XIII erano felici: le città si andavano ordinando sotto il governo degli artefici, i servi della gleba diventavano contadini, i deboli erano difesi da leggi più giuste. Da questa Italia media uscirono s. Francesco, s. Bonaventura, s. Tommaso e Dante. La Commedia ricevette ispirazione e altezza dall'età in cui nacque.
Le pagine del C. dedicate a D., se non segnano un momento importante nella storia della critica dantesca, restano un documento significativo nella storia della fortuna del poeta nell'Ottocento e insieme rivelano lo spirito del C., che fu, per dirla col Croce, meditativo e di squisita sensibilità estetica e morale.
Bibl. - Del C. vedi anche Lettere di G. C. e di altri a lui, a c. di A. Carraresi, Firenze 1882-1890; Carteggio inedito fra G. C. e N. Tommaseo dal 1837 al 1874, a c. di I. Del Lungo e P. Prunas, Bologna 1911-1939; G.C., Le più belle pagine, a c. di G. Gentile, con un profilo del C., Milano 1926. Sul C. v. B. Croce, Storia della storiografia italiana del sec. XIX, I, Bari 1921, 136 ss.; G. Gentile, G. C. e la cultura toscana del sec. XIX, Firenze 1922; A. Ferrari, G. C., Milano 1936; A. Gambaro, La critica pedagogica di G. C., Bari 1956.