GALLO, Gino
Nacque il 12 ott. 1877 a San Pietro in Gu (Padova) da Antonio e da Maria Todescani. Nel 1900 si laureò in chimica e farmacia nell'Università di Padova, sotto la guida di R. Nasini. Alla fine del 1902 fu nominato assistente alla cattedra di chimica applicata ai materiali da costruzione della scuola di applicazione per gli ingegneri dell'Università di Roma. Qui conseguì, nel 1907, la libera docenza in chimica generale e divenne aiuto presso tale cattedra.
Al periodo romano risalgono le interessanti ricerche sulla determinazione elettrochimica dei pesi atomici del tellurio e dello iodio. Da quando, nel 1869, D.I. Mendeleev aveva pubblicato la sua tavola secondo la quale le proprietà chimiche e fisiche degli elementi risultavano variare periodicamente in funzione del loro peso atomico, da più parti erano state affrontate, con discussioni e sperimentazioni, alcune apparenti anomalie: fra le altre, il fatto che il tellurio era stato posto prima dello iodio, in base alle proprietà dei due elementi, nonostante che nell'ordine dei pesi atomici il tellurio venisse dopo lo iodio. Dato che la maggior parte delle misure confermava per il tellurio un peso atomico più alto di quello dello iodio, il G. volle verificare i due pesi atomici con un metodo nuovo, e precisamente per via elettrochimica: trovò per il tellurio un peso atomico di 127,61 (Equivalente elettrochimico del tellurio, in Gazzetta chimica italiana, XXXV b [1905], pp. 245-277) e per lo iodio un peso atomico di 126,89 (L'equivalente elettrochimico dell'iodio, ibid., XXXVI b [1906], pp. 116-128); questi due valori sono molto vicini a quelli oggi accettati (rispettivamente: 127,60 e 126,90). Fu confermata pertanto l'anomalia, che peraltro era solo apparente, in quanto, come fu mostrato alcuni anni dopo in seguito alla scoperta degli isotopi, alla base della posizione nella tavola periodica sta il numero atomico (numero dei protoni) e non il peso atomico (numero dei protoni più numero dei neutroni).
Ben presto si manifestò nel G. l'interesse per la chimica applicata e, in particolare, per l'elettrochimica applicata. Per vari anni egli tenne un corso libero di elettrometallurgia. Nel 1912 ottenne il suo primo brevetto (brev. tedesco 245.365), riguardante un metodo per ricavare lo zinco dai suoi minerali mediante trattamento con acido fluoridrico e fusione del fluoruro ottenuto con ossido di zinco in forno elettrico.
Nel 1913 il G. riuscì secondo nel concorso per la cattedra di chimica applicata nell'Università di Padova; preferì tuttavia accettare l'incarico del ministero della Guerra di fondare e dirigere un laboratorio di tecnologia dei materiali aeronautici, che fece poi parte dell'Istituto centrale aeronautico, embrione della futura Accademia aeronautica.
Partecipò alla guerra 1915-18 come maggiore di artiglieria nel reparto dirigibili. Nel 1920 fu inviato in Germania quale membro della Commissione interalleata di controllo per la chimica e l'aviazione e vi rimase due anni: le relazioni dell'attività svolta in Germania furono pubblicate nel Giornale di chimica industriale ed applicata (1920-21). Nel 1923, costituitasi la R. Aeronautica come arma a sé, il G. ebbe, per concorso, la nomina a colonnello del genio aeronautico. Nel 1924, pur restando nel genio aeronautico come ufficiale di complemento, tornò all'attività accademica, con la nomina a professore straordinario - e successivamente ordinario - di chimica applicata nella scuola di ingegneria dell'Università di Pisa. Ebbe vari incarichi di insegnamento: chimica generale e inorganica presso l'Accademia navale di Livorno, chimica industriale nella Scuola di ingegneria di Pisa, industrie chimico-agrarie nel corso di perfezionamento in bonifiche presso la scuola di ingegneria di Pisa. All'Università di Pisa fondò l'istituto di chimica applicata e industriale, che dotò di attrezzature moderne e che per vari anni diresse.
Le sue numerose ricerche del periodo pisano, quasi tutte nel campo della chimica applicata, si possono raggruppare in quattro settori: i materiali da costruzione, i materiali per aeronautica, l'elettrotecnica, l'industria mineraria. Fra le prime ricordiamo in particolare un approfondito studio sulla pozzolana (Contribuzione allo studio della pozzolana e del suo valore tecnico, in Gazzetta chimica italiana, XXXVI a [1906], pp. 137-158) e due studi di microscopia, i primi di questo genere, sulle malte aeree e sulle malte a pozzolana (ibid., XXXVIII b [1908], pp. 142-156, 156-204).
Le ricerche sui materiali per aeronautica riguardano, fra l'altro, le applicazioni aeronautiche dell'idrogeno e dell'elio, i legnami per aeronautica e i trattamenti per la loro conservazione, la saldatura a stagno dell'alluminio. Per realizzare quest'ultima operazione escogitò una tecnica basata sulla preventiva deposizione elettrolitica di uno strato sottilissimo di ferro (Rendiconti dell'Istituto sperimentale aeronautico, IX [1921], pp. 43-50). Le ricerche di elettrotecnica riguardano soprattutto l'elettrometallurgia, in particolare quella del ferro e dello zinco. Numerose sono le ricerche riguardanti l'industria mineraria; di notevole interesse i metodi atti a ricavare sali solubili di potassio (richiesti come fertilizzante agricolo) dalle rocce leucitiche, abbondantemente presenti in varie località dell'Italia centrale e meridionale. Un primo metodo era basato sull'attacco con cloro in forno elettrico, ottenendosi cloruro di potassio (Trattamento industriale della leucite e di materiali leucitiferi in forno elettrico, in Rassegna mineraria metallurgica e chimica, XIV [1908], pp. 117 s.); un secondo metodo, più promettente, ricorreva all'attacco con acido solforico per ottenere solfato di potassio. Tuttavia entrambi i metodi, come altri brevettati in quel periodo in Italia, risultarono antieconomici, non potendo reggere alla concorrenza dei sali solubili di potassio naturali che vennero scoperti in quegli anni in vari paesi e che si aggiunsero a quelli, già noti, della Germania e della Francia. Per migliorare l'economicità del metodo all'acido solforico, il G. abbinò alla preparazione del solfato di potassio quella di allumina molto pura; la soluzione di allume potassico ottenuta dall'attacco solforico della leucite veniva sottoposta a elettrolisi; si otteneva al catodo alluminato di potassio, che veniva poi decomposto con anidride carbonica: precipitava l'idrossido di alluminio, mentre restavano in soluzione carbonato di potassio, utilizzabile come tale, e solfato di potassio, che poteva essere trasformato in idrossido per trattamento con ossido di stronzio; quest'ultimo poteva essere riciclato con opportuno metodo, aumentando così l'economicità del processo. Il processo, variamente perfezionato nell'arco di dieci anni, fu oggetto di diversi brevetti in Italia e all'estero; nella sua versione finale è descritto in L'utilisation de la leucite, in Chimie et industrie, XXXIV (1935), pp. 763-765. Fu poi adattato ad altri minerali contenenti alluminio di varia provenienza: bauxite italiana, argilla tedesca, nefelite russa, alunite giapponese, e fu oggetto di numerosi altri brevetti. In Italia il processo fu applicato in un impianto pilota a Castellina in Chianti con risultati molto soddisfacenti.
Nel settore dell'industria mineraria c'è da ricordare anche un metodo per ridurre gli ossidi metallici (di ferro, rame, nichel, cobalto) con idrogeno anziché con carbone (in Annali di chimica applicata, XVII [1927], pp. 27-38, 535-543, 543-552); tale metodo, che dà buone rese e non è inquinante, fu brevettato nel 1923 (brev. italiano 223.941) e viene tuttora usato. Altri brevetti in questo settore riguardano un metodo di gassificazione delle ligniti in corrente di anidride carbonica e un processo di trattamento della fosforite naturale. L'attività mineraria del G. si svolse anche sul campo, ricordiamo: uno studio chimico-litologico sulle rocce della regione attraversata dalle vie di accesso al Sempione (di cui egli curò la parte chimica, mentre la parte litologica fu curata da G. Giorgis e A. Stella); un successivo studio in cui egli misurò la radioattività di tali rocce (Gazzetta chimica italiana, XXXIX [1909], pp. 211-218); e infine uno studio sui giacimenti minerari della Val di Zoldo, nel Bellunese (La Miniera italiana, XV [1931], pp. 361-365).
Numerose furono le ricerche del G. in chimica applicata: dalle cause di distruzione del rivestimento isolante dei cavi elettrici nel sottosuolo, alle cause di formazione della ruggine, dalle cause del deperimento degli affreschi di Benozzo Gozzoli nel Camposanto di Pisa, ai tentativi (con A. Correlli) di ottenere un carburante dalla distillazione di olii vegetali. E poi, ancora, alcune ricerche di chimica fisica applicata (teoria sulla presa del gesso, struttura del vetro, degli acciai, dei calcari per calce grassa, costruzione - in collab. con M. Tenani - di un nuovo viscosimetro assoluto), di chimica inorganica (ossidi del piombo, del tallio, del fluoro; apparecchio per la preparazione del fluoro), di chimica analitica (analisi del ferro e dei prodotti siderurgici, del rame, del tellurio, dei fluoruri, del cemento). Numerose anche le relazioni tecniche, le perizie, le conferenze.
Il G. fu preside della facoltà di ingegneria dell'Università di Pisa dal 1941-42 al 1943-44. Collocato fuori ruolo per raggiunti limiti di età nel 1947 e poi a riposo nel 1952, continuò la sua attività di ricerca e di studio.
Il G. morì a Pisa il 20 nov. 1958.
Fu un tecnologo di valore, che svolse la sua attività in vari campi della tecnologia chimica, dai materiali da costruzione alla metallurgia, con particolare riguardo all'elettrochimica e alla scienza aeronautica, entrambe allora agli inizi in Italia; non operò tuttavia da semplice empirista, ma su di una solida base scientifica, maturata nella vita universitaria. Coniugando la ricerca scientifica con le applicazioni pratiche, raggiunse spesso risultati molto interessanti e attuali.
Opere: la maggior parte dei lavori scientifici del G. sono pubblicati in: Gazzetta chimica italiana (anni 1904-15), L'Elettricista (anni 1905-13), Annali della Società degli ingegneri e architetti italiani (anni 1910-15), Rendiconti dell'Istituto sperimentale aeronautico (anni 1914-23), Giornale di chimica industriale ed applicata (anni 1920-27). Il G. pubblicò in volume le sue Lezioni di chimica applicata (Pisa 1941, 1945). A lui è dovuta, nel Trattato di chimica industriale diretto da M. Giua, I-VI, 3ª ed., Torino 1958, la maggior parte del terzo volume (pp. 147-618: Metallurgia; pp. 775-964: Materiali cementanti, Bitumi e asfalti, Industrie ceramiche, Industrie del vetro, Prodotti del forno elettrico).
Fonti e Bibl.: Necr. in L'Aeronautica, XXXVIII (1958), pp. 356 s.; Annuario dell'Univ. di Pisa, 1958-59, pp. 361 s.; La Chimica e l'industria, XLI (1959), pp. 243 s.; cenni biografici ibid., XXXV (1953), pp. 101 s.; J.C. Poggendorff, Biographisch-literarisches Handwörterbuch zur Geschichte der exacten Wissenschaften, V, VI, VII, ad vocem; Chi è? 1948, ad vocem. Per i brevetti: Chemical abstracts.