Gino Giugni
Gino Giugni si colloca fra i fondatori del diritto del lavoro nell’Italia repubblicana. La pratica della comparazione giuridica, l’attenzione verso l’analisi storica, la conoscenza della cultura sindacale e imprenditoriale alimentano la formazione di un giurista antiformalista, ancorato a solide radici teoriche. Interprete dell’autonomia collettiva e del diritto vivente dei gruppi organizzati, Giugni ha caratterizzato in modo originale l’evoluzione della materia, sia a fianco del legislatore, sia nell’ispirare nuove generazioni di giuristi del lavoro. L’impegno politico, dispiegatosi intensamente fra gli anni Settanta e Novanta, completa il profilo di uno studioso incisivo e innovativo.
Giugni nasce a Genova il 1° agosto 1927. Sfollato a Cuneo nel 1942, dopo la guerra ritorna a Genova e si iscrive all’università. Consegue la laurea in giurisprudenza nel 1949, discutendo la tesi Dal delitto di coalizione al diritto di sciopero, relatore il professor Giuliano Vassalli. Borsista Fulbright (1951-52), studia presso la facoltà di Economia dell’Università del Wisconsin, dove segue le lezioni di Selig Perlman, allievo di John Commons.
Negli anni fra il 1953 e il 1960 è invitato a insegnare presso la scuola di Firenze della CISL (Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori). Nel 1955 inizia la collaborazione con Enrico Mattei all’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) e poi, dal 1957 al 1958, con Giuseppe Glisenti all’ufficio problemi del lavoro dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), dove segue le vicende legate allo sganciamento delle imprese a partecipazione statale dalla Confindustria (Confederazione Generale dell’Industria Italiana), sganciamento che dà luogo alla nascita dell’Intersind. Nel 1958 consegue la libera docenza in diritto del lavoro e nel 1962 vince il concorso a cattedra.
Docente a Bari fra il 1960 e il 1974, presso la facoltà di Giurisprudenza, vi fonda una scuola di studi lavoristici, numerosa e pluralista nel metodo e nel merito. Impegnato nella riforma degli studi universitari, sulla scorta della sua esperienza nordamericana favorisce l’interdisciplinarietà nell’insegnamento. In questo quadro si colloca l’esperienza della Scuola di perfezionamento in diritto del lavoro e previdenza sociale, da lui diretta presso l’ateneo barese fin dal 1964.
Lasciata Bari nel 1975, insegna dapprima all'Università di Roma La Sapienza, nella facoltà di Giurisprudenza, poi alla LUISS (Libera Università Internazionale degli Studi Sociali), nella facoltà di Economia, senza mai trascurare i numerosi inviti a tenere lezioni e corsi presso università straniere. La sua visibilità internazionale è confermata dal conferimento di lauree honoris causa (Nanterre 1979 e Siviglia 1993), dalla nomina a vice presidente dell’Associazione internazionale di diritto del lavoro e della sicurezza sociale (1988-91), dalla presidenza della Commissione per la riforma della Carta sociale europea presso il Consiglio d’Europa (1991).
Chiamato a dirigere l’ufficio legislativo del ministero del Lavoro (1968-74, con una breve interruzione), Giugni segue l’attuazione di importanti riforme, fra cui la l. 20 maggio 1970 nr. 300 (il cosiddetto Statuto dei lavoratori), la riforma del collocamento agricolo e la l. 11 ag. 1973 nr. 533, sul processo del lavoro, affiancato in quest’ultima impresa da Mauro Cappelletti. È membro del CNEL (Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro) dal 1974 al 1983, in qualità di esperto. È presidente dell’Associazione italiana di studi delle relazioni industriali dal 1968 al 1973 e dell’Associazione italiana di diritto del lavoro e della sicurezza sociale dal 1976 al 1988.
Nel 1979 fonda il «Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali», una rivista interdisciplinare, aperta alla comparazione giuridica e – fra le prime in Italia – assistita da referees anonimi per la selezione dei contributi.
Senatore dal 1983 al 1994 e poi deputato fino al 1996, ricopre la carica di ministro del Lavoro nel governo guidato da Carlo Azeglio Ciampi fra il 1993 e il 1994.
Dal 1996 al 2002 presiede la Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, istituita dalla l. 12 giugno 1990 nr. 146. Muore a Roma il 5 ottobre 2009
Della sua famiglia, degli anni formativi, dei percorsi intellettuali che ha seguito e dell’impegno politico che ha contrassegnato una parte della sua vita, Giugni ha dato conto in due pubblicazioni di carattere autobiografico, dense di suggestioni e riferimenti (Intervista, a cura di P. Ichino, «Rivista italiana di diritto del lavoro», 1992, 1, pp. 411-55, poi in Il diritto del lavoro nell’Italia repubblicana, a cura di P. Ichino, 2008, pp. 431-73; La memoria di un riformista, a cura di A. Ricciardi, 2007). Da esse emerge la poliedrica formazione del giurista impegnato su vari fronti, nel proporre un metodo innovativo, adatto a sprovincializzare il dibattito scientifico italiano e a valorizzare le grandi organizzazioni portatrici d'interessi collettivi, oltre che a costruire ponti fra culture sindacali e imprenditoriali.
Reduce dagli studi nell’Università del Wisconsin, Giugni si cimenta nella traduzione di A theory of the labor movement (1928) di Perlman, che darà alle stampe nel 1956 preceduta da una sua lunga introduzione.
Con altri intellettuali del tempo, contribuisce a redigere la relazione introduttiva al primo convegno degli amici e collaboratori de «Il Mulino», apparsa nel 1954. Sarà questa rivista a ospitare un contributo che conferma la propensione di Giugni verso l’analisi storica (Esperienze corporative e post-corporative nei rapporti collettivi di lavoro in Italia, «Il Mulino», 1956, 1-2, pp. 3-17, poi in Lavoro, legge, contratti, 1989, pp. 27-43) e anche un breve saggio (Per una cultura sindacale in Italia, «Il Mulino», 1954, pp. 28-45), scritto con Federico Mancini, un giurista a lui coetaneo oltre che culturalmente affine, conosciuto in occasione del viaggio negli Stati Uniti. Tale saggio è divenuto negli anni un punto di riferimento, quasi un manifesto delle priorità da seguire nel cammino di un diritto del lavoro in trasformazione.
In un periodo non meno fecondo di esperienze, incontriamo Giugni, come detto, in un nutrito gruppo di collaboratori di Mattei all’ENI (Cassese 2012) e poi di Glisenti all’IRI. Con quest'ultimo si consolida una consuetudine di rapporti, avviata attraverso la rivista «Cronache sociali», in cui Giugni scrive, convinto di poter dialogare da laico con la cultura cattolica, cogliendone le ansie di cambiamento e avvicinandole a un progetto complessivo di mutamento della società italiana.
Nel decennio 1950-60 si colloca la «oggettiva consonanza di posizioni culturali» di Giugni con la CISL, così descritta da Mario Grandi (2007, p. 293), un giurista protagonista della nascita di quel sindacato e ispiratore della sua crescita progettuale. Il dialogo con la CISL, intensamente perseguito nelle docenze presso la scuola sindacale di Firenze, è improntato all’apertura verso altri ordinamenti, anche attraverso la circolazione in riviste sindacali di classici del pensiero giuridico di quegli anni; si veda, a tale proposito, la traduzione italiana, ispirata da Giugni, de I conflitti tra i gruppi e la loro composizione di Otto Kahn-Freund («Politica sindacale», 1960, pp. 9 e segg.), un saggio del 1954 (Intergroup conflicts and their settlement) frequentemente citato in Giugni nella sua Introduzione allo studio dell'autonomia collettiva (1960).
Nella seconda metà degli anni Cinquanta, nell’intento di riflettere sulle origini del diritto del lavoro precorporativo, Giugni ‘scopre’ la giurisprudenza dei probiviri e l’opera di Enrico Redenti, frequentando la biblioteca del ministero dell’Agricoltura, e la studia con uno sguardo rivolto al presente, per costruire le fondamenta di una dottrina sociologicamente orientata e al tempo stesso ancorata a uno schema ordinamentale.
Nel 1962 Kahn-Freund invita il giovane studioso italiano a Londra per partecipare a un convegno patrocinato dal British institute of international and comparative law. È l’inizio di un'intensa collaborazione, che consente a Giugni di entrare in un circolo elitario di giuristi del lavoro provenienti da vari Paesi e di praticare il diritto comparato del lavoro, seguendo un metodo originale che egli stesso contribuisce a creare. Il Comparative labor law group pubblica, dal 1969 al 1978, tre volumi in lingua inglese, frutto di una riuscita circolazione di idee fra studiosi provenienti da culture giuridiche differenti (ne dà conto uno dei partecipanti all’impresa, Benjamin Aaron, in The comparative labor law group: a personal appraisal, «Comparative labor law», 1977, pp. 229 e segg.).
La comparazione domina, con diversi accenti, l’intera opera di Giugni. Nel costruire la teoria dell’ordinamento intersindacale, l’influenza dell’esperienza nordamericana si avverte nell’attenzione rivolta a fonti extrastatuali e nella ricerca di un diritto arbitrabile, oltre che giustiziabile. Inoltre, attraverso Kahn-Freund, Hugo Sinzheimer e Karl Renner, la comparazione appare euristicamente orientata a fornire nuove letture del dato normativo italiano, nell’attesa dell’attuazione dell’art. 39 della Costituzione (Introduzione, cit.).
In Mansioni e qualifica nel rapporto di lavoro (1963), Giugni, giurista dogmatico e tuttavia edotto circa gli sviluppi della contrattazione collettiva, dispiega le sue competenze nello studio sulle mansioni e le qualifiche dei lavoratori, seguendo uno schema che rompe i canoni esegetici tradizionali e che prefigura una profonda riforma della materia. I limiti allo ius variandi del datore di lavoro sono tracciati, con riferimento all’esperienza statunitense della job evaluation (da lui studiata negli anni trascorsi all’IRI), attraverso una puntigliosa ricostruzione dei contenuti dinamici delle mansioni, dedotte nel contratto individuale di lavoro in consonanza con gli sviluppi della contrattazione collettiva e con le trasformazioni dell’organizzazione del lavoro. La qualifica, descritta come «variabile semantica» delle mansioni, dimostra un’attenzione all’equilibrio dei poteri nel contratto di lavoro, utile per affermare il principio della corrispettività della retribuzione a fronte di mutamenti nell’oggetto della prestazione di lavoro.
Il tema parallelo delle categorie dei prestatori di lavoro, quasi a completamento di un quadro organico che raccoglie i contenuti della prestazione lavorativa e gli strumenti contrattuali che meglio ne definiscono l’evoluzione, è affrontato in chiave comparata in Le categorie dei prestatori di lavoro: panorama comparativo («Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 1966, pp. 844-92), un rapporto generale che Giugni presenta al congresso internazionale di Stoccolma del 1966.
Le sue conoscenze del quadro europeo e dell’ordinamento nordamericano sono ormai diffuse e la padronanza del metodo comparato si rafforza, anche a seguito dell’esperimento condotto per la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio) su impulso della sua Alta autorità (L’evoluzione della contrattazione collettiva nelle industrie siderurgica e mineraria, 1953-1963, 1964).
Il saggio Organizzazione dell’impresa ed evoluzione dei rapporti giuridici. La retribuzione a cottimo («Rivista italiana di diritto del lavoro», 1968, 1, pp. 3-85) rappresenta una nuova sfida rivolta alla dottrina tradizionale, troppo cauta nel cogliere le peculiarità organizzative che sottendono alle diverse funzioni del contratto d’opera e del contratto di lavoro subordinato. Qui Giugni entra nel merito dell’organizzazione tayloristica del lavoro, per recuperare all’analisi giuridica lo studio delle tecniche retributive, intese come manifestazione del potere direttivo. Anche in questo caso si afferma, e in modo ancora più netto, la personalità di un autore che segue un percorso non conformista. I contenuti della contrattazione collettiva pervadono l’indagine, ulteriormente arricchita da riferimenti a prassi e usi aziendali.
Il terreno è ormai dissodato, pronto per la verifica di un metodo sperimentale che serva a illustrare la formazione extralegislativa del diritto del lavoro. All’interno di un progetto di ricerca finanziato dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), Giugni coordina gli allievi della scuola barese, cui assegna il compito, insolito per l’accademia italiana, di fondare su dati empirici ipotesi teoriche e dottrinarie (M.L. De Cristofaro, La giusta retribuzione, 1971; B. Veneziani, La mediazione dei pubblici poteri nei conflitti collettivi di lavoro, 1972; G. Veneto, Contrattazione e prassi nei rapporti di lavoro, 1974).
È sempre una comparazione euristicamente orientata quella che guida Giugni nelle stanze del ministero del Lavoro. Filtrata dallo studio della legislazione roosveltiana e dalla lezione di Kahn-Freund, la suggestione di una legislazione di sostegno all’attività sindacale nei luoghi di lavoro si traduce nella stesura dello Statuto dei lavoratori, avviata con Giacomo Brodolini e completata, dopo la morte di questi, con Carlo Donat Cattin. La sintesi fra diritto e politica trova in quella legge un’espressione equilibrata. L’ordinamento intersindacale è sufficientemente maturo per comunicare con l’ordinamento generale e rafforzare le sue radici, nel solco di una dottrina che si esprime consapevolmente nella «politica del diritto» (Il diritto sindacale e i suoi interlocutori, «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 1970, pp. 369 e segg., poi in Lavoro, cit., pp. 183-91). La compressione dei poteri del datore di lavoro diviene tutela sempre più puntuale dei diritti della persona nei luoghi di lavoro, dove pure si rendono concrete tutela della libertà sindacale e sostegno all’attività sindacale, in continuità con il precetto costituzionale.
In questa sua prima impresa a fianco del legislatore, Giugni riversa l’esperienza accumulata nelle molte e fortunate edizioni, a partire dal 1975, del manuale Diritto sindacale. Il libro, fra i primi in Italia a proporre una trattazione coerente di un settore fra i più dinamici del diritto del lavoro repubblicano, verrà ancora ristampato nel 2010, curato e aggiornato da allievi della scuola barese.
Negli anni della crisi dello Stato sociale, sulla scorta di un metodo comparato intessuto con la teoria del diritto, Giugni si interroga sui percorsi della giuridificazione nel diritto del lavoro, sollecitato dalle analisi di Niklas Luhmann, Jürgen Habermas e Gunther Teubner (Giuridificazione e deregolazione nel diritto del lavoro italiano, «Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali», 1986, pp. 317 e segg., poi in Lavoro, cit., pp. 337-65).
Giugni è, come sempre, ben attrezzato nell’offrire un quadro problematico delle tecniche regolative messe in campo dal legislatore e dai soggetti collettivi, in risposta alla crisi della produzione normativa. Non solo egli descrive dettagliatamente la formazione «alluvionale» del diritto del lavoro «dell’emergenza» (Il diritto del lavoro negli anni ’80, «Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali», 1982, pp. 373-409, poi in Lavoro, cit., pp. 293-335), ma contribuisce anche ad aggiungere un tassello al già ampio mosaico dell’autonomia collettiva, teorizzando e praticando la concertazione sociale nella forma della legislazione negoziata. È sua la regia che conduce governo e parti sociali al cosiddetto protocollo Scotti del 1983.
L’avere agito, in quegli anni turbolenti, come tessitore del consenso, attira sulla sua persona l’attenzione di terroristi armati. L’attentato di cui è vittima nel maggio 1983 crea sconforto nell’intera comunità scientifica, ma non piega lo spirito critico né l’immaginazione di Giugni, avviato, dopo quella dura esperienza personale, sul cammino di una più intensa attività politica.
L’interprete del diritto vivente in continua trasformazione, il teorico dei molti fenomeni di giuridicità spontanea che emanano dall’azione dei gruppi organizzati, il promotore instancabile del consenso sociale, calca la scena di anni difficili e ribadisce, quasi a voler proseguire un dialogo a distanza con un suo interlocutore privilegiato (Tarello 1967), che nel fare politica del diritto il giurista non è asservito né soggiogato dalla classe politica, ma attinge consapevolmente e criticamente dalle sfere sociali che osserva, per rinvigorire i valori costituzionali e creare cultura politica (Lavoro, cit., p. 219).
Con questo spirito, a fianco del presidente del Consiglio Ciampi, conduce una complessa trattativa con le parti sociali, sfociata nella firma del protocollo del 1993. Questo documento, elogiato da più parti quale sintesi equilibrata di principi costituzionali in divenire, è, ancora una volta, il frutto di un’abile mediazione, che lega le politiche del lavoro e la razionalizzazione del sistema di contrattazione collettiva alle scelte macroeconomiche e di bilancio, necessarie per l’ingresso dell’Italia nella moneta unica.
Paolo Grossi, nelle pagine finali di un suo libro (Scienza giuridica italiana. Un profilo storico 1860-1950, 2000), nel dare conto dei «sentieri fertili della riflessione giuslavoristica» alla fine degli anni Cinquanta riconosce a Giugni il merito «liberante» di aver saputo calare la lezione di Tullio Ascarelli dentro lo studio di un diritto vivente in formazione, qual era da intendersi il diritto del lavoro dei primi anni Sessanta (pp. 316-17).
È questo stesso storico del diritto che, a distanza di alcuni anni (Grossi 2007), approfondisce ulteriormente il nesso culturale e metodologico che lega Giugni ad Ascarelli, per affermare in modo ancora più circostanziato la specifica e dirompente personalità del giuslavorista 'normativista', attento a interpretare dinamicamente le fonti extrastatuali e a riconoscerne una funzione ordinatrice degli interessi in gioco.
Questo è, certamente, il messaggio di grande attualità che si coglie nell’opera di Giugni. L’evoluzione del diritto del lavoro segue gli eventi dell’economia e per certi aspetti ne determina alcuni orientamenti. L’autonomia disciplinare della materia è, tuttavia, salvaguardata, se non addirittura accresciuta, dal costante richiamo a fatti normativamente apprezzabili, prodotto di un ordinamento originario e, proprio per questo, ricco di riscontri per l’interprete.
Verso il tramonto del recesso 'ad nutum' dell’imprenditore. La disciplina interconfederale dei licenziamenti nell’industria, «Rivista di diritto del lavoro», 1953, 1, pp. 201-76.
Per una cultura sindacale in Italia (con F. Mancini), «Il Mulino», 1954, pp. 28-45.
Introduzione a S. Perlman, Ideologia e pratica dell’azione sindacale, Firenze 1956, Roma 19802 (con il tit. Per una teoria dell'azione sindacale).
Introduzione allo studio della autonomia collettiva, Milano 1960, rist. 1977.
Mansioni e qualifica nel rapporto di lavoro, Napoli 1963.
L’evoluzione della contrattazione collettiva nelle industrie siderurgica e mineraria, 1953-1963, Milano 1964.
Le categorie dei prestatori di lavoro: panorama comparativo, «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 1966, pp. 844-92.
Organizzazione dell’impresa ed evoluzione dei rapporti giuridici. La retribuzione a cottimo, «Rivista italiana di diritto del lavoro», 1968, 1, pp. 3-85.
Il sindacato fra contratti e riforme 1969-1973, Bari 1973, 19752.
Diritto sindacale, lezioni raccolte e rielaborate da F. Liso, M.G. Garofalo, Bari 1975, 19919 (rist. aggiornata da L. Bellardi, P. Curzio, M.G. Garofalo, Bari 2010).
Lavoro, legge, contratti, Bologna 1989.
Intervista, a cura di P. Ichino, «Rivista italiana di diritto del lavoro», 1992, 1, pp. 411-55, poi in Il diritto del lavoro nell’Italia repubblicana, a cura di P. Ichino, Milano 2008, pp. 431-73.
G. Tarello, Teorie e ideologie nel diritto sindacale: l'esperienza italiana dopo la Costituzione, Milano 1967.
P. Grossi, Gino Giugni nella scienza giuridica italiana del Novecento, «Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali», 2007, pp. 247-64.
M. Grandi, Gino Giugni e l’esperienza associativa della CISL nel suo primo ciclo storico, 1950-1970, «Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali», 2007, pp. 293-317.
T. Treu, Gino Giugni: politico del diritto e legislatore, «Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali», 2007, pp. 329-54.
S. Sciarra, Gino Giugni viaggiatore, «Sociologia del diritto», 2009, pp. 199-205.
U. Romagnoli, Gino Giugni l'ultimo giurista weimariano, «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno», 2010, pp. 901-08.
B. Veneziani, Gino Giugni: un magistero che continua, «Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale», 2010, 1, pp. 7-12.
S. Cassese, Legge e contratto nel primo Giugni, «Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali», 2012, pp. 185-89.
V. Ferrari, Gino Giugni e la teoria del diritto, «Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali», 2012, pp. 190-203.