ROMITI, Gino
– Nacque a Livorno il 5 maggio 1881 da Ugo e da Zaira Lestocchi.
Nel 1897 venne accettato nella scuola privata del pittore Guglielmo Micheli, allievo di Giovanni Fattori, dove rimase per alcuni anni (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, b. Romiti Gino, G. Romiti, Lettera..., 1954; Cagianelli, 2007, p. 28). In una breve autopresentazione per l’Archivio iconografico e biografico della Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, ricordò fra i colleghi di questa scuola, in ordine, Amedeo Modigliani, Llewelyn Lloyd e Manlio Martinelli (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, b. Romiti Gino, G. Romiti, Lettera..., 1954).
La scuola di Micheli era «quasi controllata» da Fattori, che si recava ogni estate a Livorno e soggiornava spesso con i suoi membri (ibid.). In un’analisi critica (riportata in Cagianelli, 2007, p. 28), tuttora condivisibile, Romiti si mostrò consapevole di aver assorbito le modalità costruttive dell’immagine dalla pittura dei macchiaioli e, in particolare, di Fattori, aggiornandola con le vibrazioni cromatiche del divisionismo.
Dalla fine degli anni Novanta iniziò a partecipare a varie esposizioni collettive (Schiavon, 2008, pp. 14 s.). Nel 1899 prese parte alla mostra della Società promotrice di belle arti di Firenze (dove fu presente successivamente anche nel 1902, nel 1903, nel 1908 e nel 1922, come risulta dai relativi cataloghi). Ai primi del Novecento frequentò, senza molta costanza, la scuola libera del nudo dell’Accademia di Firenze (Donzelli, 1983, p. 14; Cagianelli, 2007, p. 7). Nel 1903 fu presente all’Esposizione internazionale d’arte della città di Venezia, conosciuta come Biennale (poi anche nel 1912, nel 1924, nel 1926 e nel 1952, come risulta dai relativi cataloghi). Frequentava il caffè Bardi di Firenze, noto ritrovo degli artisti dell’epoca, ed era aggiornato sulla pittura simbolista (conosceva Arnold Böcklin e il figlio Carlo in particolare; Cagianelli, 2007, pp. 16, 24). Nel 1910 partecipò all’Esposizione della Società promotrice di belle arti di Genova (poi anche nel 1911, nel 1919 e nel 1923, come risulta dai relativi cataloghi) e all’Esposizione internazionale di belle arti della Società degli amatori e cultori di Roma (Schiavon, 2008, p. 20). Sempre nel 1910, come ultimo atto di riconoscenza verso uno dei suoi maestri, si occupò della sistemazione della tomba di Fattori, in accordo con il critico Ugo Ojetti, con il quale era in buoni rapporti e che conosceva la sua pittura (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Fondo Ugo Ojetti, G. Romiti, Lettere a Ugo Ojetti, 1910, 1912). Nel 1911 partecipò all’Esposizione internazionale d’orticultura di Firenze (Esposizione..., 1911, p. 106). Nel 1912 e nel 1913, insieme ad altri artisti toscani, organizzò due esposizioni annuali ai Regi Bagni Pancaldi di Livorno, sperando di ottenere l’apprezzamento di Ojetti.
Nella mostra del 1913 ci fu un certo successo di vendite, ma iniziarono i dissidi fra gli artisti, soprattutto con Plinio Nomellini. Questi contrasti spinsero il gruppo a restringere il numero dei suoi membri, nonostante gli sforzi fatti da Romiti, a suo dire, per tenere uniti i colleghi (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Fondo Ugo Ojetti, G. Romiti, Lettere a Ugo Ojetti, 1913; Id. et al., Lettera a Ugo Ojetti, 1913).
Sempre nel 1913 fu presente alla I Esposizione internazionale d’arte della secessione di Roma. Nel 1914 Romiti e il gruppo ottennero una sala all’esposizione degli Amatori e cultori della capitale. In questi anni Romiti, stando ad alcune lettere inviate a Ojetti, era entusiasta delle sue ricerche pittoriche e dell’acquisto dei Giardini del mare per la Galleria d’arte moderna di Firenze (1913; Firenze, Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti), realizzatosi grazie a Ojetti, Chini e Gioli (un’opera differente, dal medesimo titolo, datata 1915, si trova nel Museo civico Giovanni Fattori di Livorno).
La tela del 1913 è certamente debitrice delle ricerche pittoriche impressioniste, postimpressioniste e simboliste, delle teorie scientifiche dei primi del secolo sulla propagazione delle onde, ma soprattutto è fortemente influenzata dal divisionismo di Gaetano Previati e Giovanni Segantini. Secondo Romiti, in questi «studi sulla flora sottomarina» la musica «scaturiva dal colore più che dai suoni» (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Fondo Ugo Ojetti, G. Romiti, lettere, 1914-15).
Nel 1915 sposò Emilia De Vincentiis. Nel 1920 fu tra i fondatori del Gruppo labronico, tutt’oggi operante, con il quale tenne varie esposizioni (Donzelli, 1983, pp. 15-29, 60). Ai primi anni Venti risalgono alcuni capolavori dell’artista, quali Tramonto (1920), Plenilunio velato (1920-21) e Sera (1921; le prime due opere sono presso la Fondazione Cassa di risparmi di Livorno, l’altra in una collezione privata; ripr. in L’eredità..., 2011, pp. 154, 156 s.).
Nella prima tela sono ancora presenti le influenze del divisionismo, mentre la seconda sembra debitrice dei notturni del pittore statunitense James Abbott McNeill Whistler e, in parte, di Antonio Fontanesi. La terza risente evidentemente del simbolismo, ma sembra anche guardare alle stampe giapponesi di Katsushika Hokusai e Utagawa Hiroshige, che del resto furono forti riferimenti iconografici già per il pittore americano. Naturalmente, come ha sostenuto Vincenzo Farinella (in L’eredità..., 2011, pp. 30-34), fu fondamentale il ruolo di Nomellini, che recepì prima degli artisti labronici il linguaggio delle stampe orientali.
Negli anni Venti ebbe un’intensa attività espositiva, ben individuata dagli studi recenti (Schiavon, 2008, pp. 26-28). Nel 1930 fu presente alla Mostra regionale d’arte toscana, come risulta dal relativo catalogo.
La ricerca pittorica di Romiti non venne sostanzialmente toccata dai maggiori movimenti artistici internazionali e italiani del Novecento. Nella prima metà degli anni Trenta, nelle lettere a Ojetti, il pittore si scagliava contro i «cosiddetti novecentisti indegni e inutili» e contro il collega Nomellini. Si lamentava di non essere invitato alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma, e di essere costretto a organizzare mostre personali. Era arrivato anche a temere per l’economia della sua famiglia, dato che la sua arte naturalistica e piena di «mistica religiosità» non trovava l’interesse che a suo avviso avrebbe meritato (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Fondo Ugo Ojetti, G. Romiti, lettere, 1931-34).
Durante la seconda guerra mondiale si trasferì a Montuolo, in provincia di Lucca, e poi fece ritorno a Livorno (Donzelli, 1983, p. 20). Fra le esposizioni del dopoguerra si segnalano la partecipazione alla Quadriennale di Roma nel 1948, una personale alla galleria Salvetti di Milano del 1950 (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, b. Romiti Gino, Invito, 1950) e la partecipazione alla I Mostra sindacale di pittura e scultura del sindacato pittori di Livorno nello stesso anno, come risulta dal relativo catalogo.
Restò sempre fortemente critico nei riguardi delle sperimentazioni artistiche contemporanee. Nel 1954 scrisse che non era più possibile esporre nelle mostre istituzionali, dato che erano dominate «da una forma organizzativa totalitaria», imposta dalla «cosiddetta pittura contemporanea», che esprimeva solamente un «dilettantismo imperante» (ibid., G. Romiti, Lettera..., 1954).
Nel 1965 subì la perdita della moglie (Donzelli, 1983, p. 22).
Morì a Livorno il 19 settembre 1967.
Opere di Romiti si trovano in varie collezioni private e pubbliche, fra le quali si ricorda, oltre a quelle citate, la Pinacoteca comunale Silvestro Lega di Modigliana (Forlì-Cesena). Romiti è presente nella bibliografia relativa al Gruppo labronico e in alcuni testi sui postmacchiaioli. Oltre ottocento sono i lavori comparsi sul mercato delle aste fino a oggi, che meriterebbero un’indagine approfondita in futuro.
Fonti e Bibl.: Firenze, Gabinetto scientifico letterario G.P. Vieusseux - Archivio contemporaneo Alessandro Bonsanti, Fondo Oscar Ghiglia; Livorno, Biblioteca labronica, Centro di documentazione sull’antifascismo e la resistenza Villa Maria, Fondo Anna Franchi, lettere di G. R. fra il 1946 e il 1949; Fondo privato Romiti Gino (migliaia di documenti, lettere, telegrammi, centinaia di fotografie e ritagli di giornale); Museo civico Giovanni Fattori, Archivio storico del Gruppo labronico, 1920-32 (Inventario, a cura di V. Carpita, 2014, ad ind.); Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea - GNAM, Archivio bioiconografico, b. R. G., Invito della galleria Salvetti di Milano, 1950; G. Romiti, Lettera su un modulo dattiloscritto della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma (dove veniva richiesto di indicare studi, mostre e bibliografia, e di inviare cataloghi per l’archivio), Livorno, 2 febbraio 1954 (oltre a molte decine di articoli di stampa, alcuni non inseriti nelle bibliografie, varie schede bibliografiche, qualche invito di mostra); ibid., Fondo Ugo Ojetti, serie 1, f. R. G., alcune cartoline, biglietti e varie lettere di Romiti a Ojetti, alcune del fratello di Romiti, Vasco (in partic. G. Romiti, Lettere a Ugo Ojetti, Livorno, 22 ottobre 1910, 19 agosto 1912, 26 giugno 1913; Id. et al., Lettera a Ugo Ojetti, Livorno, 13 luglio 1913; lettere del 1914 e del 1915 e tra il 1931 e il 1934).
Esposizione internazionale d’orticultura in Firenze, in Bullettino della R. Società Toscana di Orticultura, s. 3, 1911, vol. 16, n. 4, p. 106; P. Scarpa, G. R. Un pittore labronico, in Il Meridiano, 8 ottobre 1938; L. Lloyd, Tempi andati, Firenze 1951 (nuova ed. a cura di D. Matteoni, Firenze 2007), pp. 8, 12 s., 24, 34, 76, 88; F. Arcangeli, Notes on contemporary Italian painting, in The Burlington Magazine, 1955, vol. 97, n. 627, p. 180; F. Donzelli, G. R., Bologna 1983; Oscar Ghiglia e il suo tempo, a cura di P. Stefani, Firenze 1985, pp. 78-80, 165, 212 s. (alcune lettere); F. Cagianelli, G. R., Firenze 2007 (con bibliografia); G. R. Dagli esordi al secondo dopoguerra (catal., Livorno, galleria d’arte Goldoni), Ospedaletto 2008; G. Schiavon, ibid., pp. 13-35 (con bibliografia); F. Cagianelli, Capolavori della pittura labronica, Livorno 2010, pp. 9, 11, 17, 20 s., 24, 28, 32, 34 (con bibliografia); L’eredità di Fattori e Puccini: il Gruppo labronico tra le due guerre (catal., Livorno), a cura di V. Farinella - G. Schiavon, Ospedaletto 2011, pp. 154, 156 s. (in partic. V. Farinella, pp. 12-38; G. Schiavon, pp. 39-104, 148, con bibliografia nelle note); G. Bacci di Capaci Conti, in Fondazione Cassa di risparmi di Livorno 1992/2012, a cura di S. Fraddanni, Livorno 2013, pp. 28, 44; F. Cagianelli, ibid., pp. 116 s., 151; V. Farinella - G. Schiavon, ibid., pp. 19 s., 88 s., 91.