CONTI, Gioacchino (detto Gizziello o Egizziello)
Nato ad Arpino (Frosinone) il 28 febbr. 1714, forse da Nicola (compositore ed organista nella reale cappella di Napoli), subì da fanciullo l'evirazione per salvarsi da una grave malattia. Secondo il Fétis; un elemento determinante fu anche la povertà dei suoi genitori, spinti a speculare sulla mutilazione del loro bambino.
All'età di otto anni venne condotto a Napoli e affidato al conterraneo maestro Domenico Gizzi, dal quale il C. prese poi per gratitudine il soprannome. Il Gizzi, infatti, intuite subito le sue grandi capacità, lo accolse in casa, lo istruì gratuitamente per sette anni e poi lo mandò, bene raccomandato, a Roma, dove il 4 febbr. 1730 egli esordì con grandissimo successo al teatro delle Dame nell'opera Artaserse di Leonardo Vinci. Nel 1731 cantò al teatro Argentina nella Didone dello stesso alla presenza del celebre sopranista Gaetano Maiorano, detto Caffarelli, che gli espresse la sua ammirazione.
Nel 1732 e nel 1733 il C. fu a Napoli, dove cantò nella compagnia dei teatro S. Bartolorneo. Nel carnevale del 1735 fu a Venezia, dove cantò al teatro S. Giovanni Grisostomo nel Demofoonte di G. M. Schiassi (nella parte di Cherinto) e nella Clemenza di Tito di L. Leo (nella parte di Annio).
Ingaggiato da Händel, nel 1736 il C. si recò in Inghilterra. Arrivato a Londra ebbe l'occasione di ascoltare un altro celeberrimo sopranista, Carlo M. Broschi, detto Farinelli, e la timidezza, e l'innata modestia lo gettarono nella più nera disperazione, giudicando di non poter più cantare dopo aver ascoltato il più famoso e apprezzato rivale di cui riconosceva le grandi doti musicali. Fu lo stesso Farinelli, nonostante fosse ingaggiato dalla compagnia rivale, ad incoraggiarlo e spingerlo ad adempiere ai suoi impegni. A Londra il C. esordì il 5 maggio 1736 nell'Ariodante di Händel, riscuotendo un successo grandissimo. Il 16maggio 1736 cantò nell'Atalanta e poi nel Poro, sostenendo in entrambe le opere la parte principale maschile; nel 1737 cantò nell'Arminio, nella Berenice, nel Giustino e nel Partenope: tutte opere di Händel che in quel periodo attraversava una fase critica, a causa dell'accesa rivalità del partito a lui avverso e di Antonio Porpora, che disponeva di cantanti come Farinelli e F. Cuzzoni. L'arrivo del C. ed il suo grande successo ristabilirono le sorti di Händel. Secondo il Burney l'abilità del C., allora non ancora maturo, esercitò un forte influsso sullo Stile di Händel, modernizzandolo e portandolo verso il più agile stile napoletano.
Nel 1738 ritornò in Italia, dove riprese i suoi studi a Bologna, nella scuola di Andrea Bernacchi. Nel 1739 ottenne molto successo nella Didme di Giovanni Battista Lampugnani al teatro degli Obizzi di Padova. Perfezionati gli studi, nel 1743, si recò a Lisbona, dove era stato chiamato per il teatro della corte. Nell'autunno del 1746 cantò nel Tito Manlio di Niccolò Jommelli nella parte di Manlio, e nel carnevale del 1747 nel Demetrio di Adolf Hasse nella parte di Dernetrio e nell'Ezio di Giovanni Battista Pescetti nella parte di Zaio al teatro S. Giovanni Grisostorno di Venezia.
La sua fama si era ormai talmente estesa che nel 1747 re Carlo lo volle a Napoli, dove fu scritturato per la stagione primaverile del teatro S. Carlo. Appare infondata la notizia del Fétis secondo la quale re Carlo l'avrebbe fatto venire a Napoli per cantare in un inesistente Achille in Sciro di Giovan Battista Pergolesi (un Achille in Sciro di N. Jommelli fu lo spettacolo inaugurale del nuovo teatro S. Carlo nel 1737). Perciò è dubbia la veridicità dell'aneddoto riportato dal Fétis della gara promossa in quell'occasione tra Caffarelli (nella parte di Achille) e il C. (nella parte di Ulisse), risolta con la vittoria del Caffarelli nel, genere brillante e dei C. in quello espressivo. A Napoli il C. fu interprete nell'Eumet e di N. Jommelli e partecipò alla serenata Il sogno di Olimpia di G. Di Maio (novembre 1747, prima al palazzo reale per la nascita dell'infante, poi al teatro S. Carlo) ed alla serenata Le gelosie di Ibero partecipate a Partenope diGerolamo Abos (nella casa del duca di Medinacoeli). Probabilmente a Napoli continuò a cantare anche nella stagione del 1748. Nel 1749 il Farinelli lo invitò a cantare a Madrid, dove rimase fino al 1751, ma senza trascurare completamente l'Italia. Infatti nell'autunno del 1749 cantò nel Ciro riconosciuto di N. Jommelli nella parte di Ciro, e nel carnevale 1750 nel Siroe di G. Cocchi nella parte di Siroe al teatro S. Giovanni Grisostomo di Venezia. L'11 giugno 1751 fu tra gli interpreti dell'Artaserse di B. Galuppi, per l'inaugurazione del teatro Nuovo di Padova. Nel 1752 cantò a Milano nell'Alessandro nelle Indie di D. Perez.
Nell'autunno del 1752 fu di nuovo a Lisbona insieme a G. Manzuoli, G. Babbi, G. Guadagni, A. Raaf ed altri artisti con i quali D. Perez rinnovò il successo degli spettacoli d'opera italiani in quella corte. Il C. cantò nelle opere di D. Perez: Siroe nella parte di Siroe (autunno 1752), Didone abbandonata nella parte di Enea (carnevale 1753), L'eroe cinese nella parte del protagonista avvicendandosi con G. Manzuoli (6 giugno 1753), Adriano in Siria nella parte del protagonista al nuovo teatro di corte della villa di Salvaterra (carnevale 1754). Nominato virtuoso di camera del re, nell'estate del 1755 partecipò alla prima rappresentazione della Clemenza di Tito di A. Mazzoni, eseguita al teatro dos Passos de la Ribeira per festeggiare il genetliaco di Giuseppe I. Perciò riacquista credibilità l'aneddoto messo in dubbio dal Fétis, secondo il quale il C., scampato nel 1751 al terremoto di Lisbona, si sia rinchiuso in un monastero, dove poi sarebbe andato a trovarlo, secondo il Burney, G. Guadagni, per averne lezioni.
Il C. cantò poi ancora al teatro S. Carlo di Napoli, dove il Croce lo ricorda tra i successori dì Caffarelli, fra il 1756 e il 1759. Ritiratosi dalle scene, visse agiatamente gli ultimi anni prima ad Arpino e poi a Roma, dove morì il 25 ott. 1761.
Il C. fu uno dei più famosi sopranisti del secolo XVIII: e aveva "une voix douce, pure, penétrante, étendue, jointe à une expression naturelle, à un sentiment profond du beau..." (Fétis, p. 351). Descritto dalla maggior parte delle fonti timido e modesto oltre misura, il C. seppe riunire l'agilità e la snellezza della scuola musicale napoletana al virtuosismo dei gorgheggi e dei trilli appresi alla scuola di A. Bernacchi. Händel trovò in lui il sopranista in possesso di tutte le raflinatezze raggiunte dalla vocalità italiana, e già nell'Atalanta le prime due arie cantate dal C. nel primo atto ("Care selve" e "Lascia ch'io parta") "seem to have been written to his new, graceful, and pathetic style of singing" (Burney, p. 396). Secondo il C., il canto "non doveva essere diletto soltanto per l'ascoltatore o per il cantante, ma una delizia per entrambi. La sua intonazione era così rigorosa che egli soleva sempre inviare prima il suo accordatore nel luogo dove doveva cantare, per timore che il suo clavicembalo non fosse abbastanza perfetto nell'accordo" (Monaldi, p. 75).
Fonti e Bibl.: A. Grétry, Memoires ou essai sur la musique, Paris 1797, I, p. 268; III, p. 343; P. Scudo, Les sopran. Gizziello et Guadagni, in Rov. des Deux Mondes, 15 luglio 1862, pp. 497 ss.; G. Fantoni, Storia univer. del canto, Milano 1873, II, pp. 137, 195; F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatori, Napoli 1881, II, pp. 25, 223; T. Wiel, I teatri musicali venez. del Settecento, Venezia 1897, pp. 118, 157, 163 s., 175, 179; G. Monaldi, Cantanti evirati celebri, Roma 1919, pp. 74 S.; B. Croce, I teatri di Napoli dal Rinascimento..., in Scritti di st. letter. e Pol., VII, Bari 1926, pp. 154 s., 203, 207; G. B. Mancini, Pensieri e rifless. pratiche sopra il canto figurato, in Canto e bel canto, Torino 1933, p. 112; Ch. Burney, Ageneral history of music..., New York 1957, I, p. 131; II, pp. 799 ss., 805, 808, 810, 875, 934; III, pp. 393 s.; N. Flower, G. F. Hindel. His personality and his times, London 1959, p. 252; A. Heriot, I castrati nel teatro d'opera, Milano 1962, pp. 138 s.; F. J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, II, pp. 350 s.; C. Schmidl, Diz. um . v. dei musicisti, I, pp. 365 s.; Grove's Dictionary of Music and Musicians, II, p. 174. Enc. dello Spett., III, coll. 1346 s.; Encicl. della Musica Ricordi, II, p. 525; New Grove Dict. of Music and Musicians, IV, pp. 682 s.