GARIBALDI (Caribaldi), Gioacchino
Nato a Roma nel 1743 da famiglia di umili origini, nulla si conosce sulla sua formazione musicale. Dotato di una bella voce tenorile, esordì sulle scene nel 1759, al teatro Argentina di Roma, nel Demetrio di G. Monopoli e, come protagonista, alla prima del Ciro riconosciuto di B. Galuppi. Specializzatosi ben presto in ruoli comici, lavorò nel 1761 a Bologna con L. Guadagni, per la prima de La buona figliuola maritata; dal 1762 al 1763 fu poi al Carignano di Torino e al Ducale di Parma in opere di Galuppi e N. Piccinni. Tra il 1765 e il 1767 si esibì a Pisa, Piacenza, Venezia e Milano. Nella stagione di carnevale del 1766 al teatro Valle di Roma, con una compagnia di cantanti marchigiani, fu interprete di intermezzi a 4 voci di autori quali G. Paisiello (Le finte contesse) e A. Sacchini (La contadina in corte; L'isola d'amore); nella primavera dello stesso anno iniziò, al teatro del Cocomero di Firenze, la collaborazione con Costanza Baglioni.
Nel 1767 fu chiamato a Vienna, dall'impresario G. Maratti (detto il conte Affligio), come "primo mezzo carattere" per L'amore artigiano di F.L. Gassmann, e scritturato per la parte di Polidoro nella prevista opera di esordio a corte del dodicenne W.A. Mozart, La finta semplice. La parte del timido innamorato si adattava perfettamente alle caratteristiche vocali del G., "la cui bella voce, capace di commuovere soprattutto nei tempi lenti, era però poco educata all'esecuzione delle colorature" (Abert, p. 145), ma l'opera, a causa dei continui rinvii e degli ostacoli posti dallo stesso Affligio, fu eseguita a Salisburgo con altri cantanti. Il G. è ampiamente citato nella petizione che L. Mozart inviò all'imperatore Giuseppe II denunciando tutta la vicenda (Species facti, 21 sett. 1768).
Sempre a Vienna, nel gennaio del 1770, fu interprete de Le donne letterate di A. Salieri; nelle memorie di quest'ultimo il G. viene ricordato nella schiera di coloro che "mietono gli applausi di tutta l'Europa non solo nello stile comico ma anche in quello patetico", come "celebre cantore… senza la minima conoscenza musicale" (J.F. Mosel, in Della Corte, p. 110).
Sembra inoltre che il G. pretendesse che fosse sempre inserita, nei ruoli che doveva interpretare, un'aria in mi bemolle, tonalità dei suoi maggiori successi. Dalla primavera dello stesso anno tornò a Milano e, con la Baglioni, fu protagonista de Il regno della luna di Piccinni e del pasticcio La lavandara astuta. Ch. Burney, che nella Lavandara astuta, "un Pasticcio che attinge in larga misura alle arie di Piccini [sic]", ebbe modo di ascoltarlo, ne espresse un giudizio positivo: "ha una bella voce, molto gusto ed espressione", sottolineando tra l'altro che "gli furono concessi due o tre bis all'italiana" (Burney, p. 90).
Nel 1771 fu al teatro Carignano di Torino dalla primavera all'autunno, quindi si trasferì a Roma dove, fino al 1777, fu protagonista al teatro Valle di una serie di prime rappresentazioni: L'americano e La sposa collerica di Piccinni, Amore e musica di M. Di Capua. Nell'autunno del 1776 fu, per una breve parentesi, al teatro della Pergola di Firenze per Le due contesse di Paisiello e Il marchese villano, o sia La lavandara astuta, un pasticcio di diversi autori.
In quest'occasione la Gazzetta toscana (6 sett. 1776, cit. in R.L. Weaver - N.W. Weaver, p. 360) descrive il G. come "soggetto abilissimo nell'arte e dotato di una dolce e gratissima voce, incomparabile"; e sottolineando la novità degli spettacoli, poiché da quasi cinquant'anni non si rappresentavano alla Pergola opere buffe, considera come il G. "vi fa estremamente risaltare l'abilità nell'azione e nel canto, talché a ragione il concorso degli spettatori è maggiore di quanto non sia stato negli anni didietro in questa autunnale stagione".
Nel 1778 venne chiamato a Parigi, insieme con la Baglioni, come "primo buffo" nella compagnia di italiani, affidata alla guida di Piccinni, voluta e scritturata dal nuovo direttore dell'Académie royale de musique, A.-P.-J. Devismes du Valgay. Per quindici mesi consecutivi la compagnia mise in scena al teatro dell'Académie un ciclo di opere buffe: esordì con poco successo il 9 giugno 1778 con Le due contesse di Paisiello, cui seguirono Le finte gemelle di Piccinni (11 giugno), e Il curioso indiscreto di P. Anfossi (13 agosto); grandi applausi ottennero invece La buona figliuolamaritata di Piccinni (11 sett. 1778) e L'idolo cinese di Paisiello (10 giugno 1779); Il matrimonio per inganno, sempre di Anfossi, fu l'ultima opera rappresentata (3 sett. 1779). Nel suo complesso, l'iniziativa incontrò scarso favore di pubblico.
A conclusione di questa esperienza il Laborde, esaltando la voce naturale, dolce, estremamente duttile del G., contesta ai Francesi di non averne riconosciuto il merito, e distinguendolo rispetto a colleghi più attori che musicisti, sottolinea: "Il met dans ses rôles toute l'expression qu'une musique parfaitement rendue peut leur procurer; … une exécution variée & pleine d'agréments, l'art de declamer parfaitement & de prononcer supérieurement" (Laborde, p. 320).
Tornò quindi a Roma, dove dal 1781 riprese le stagioni al teatro Valle, divenuto ormai proprietà dei Capranica. Tranne le parentesi a Milano per la prima de Il matrimonio in commedia di L. Caruso (teatro alla Scala, primavera 1782) e a Pisa nel 1785, il G. si esibì a Roma ininterrottamente fino al 1792, probabilmente a capo di una compagnia di soli uomini specializzata nel repertorio delle farsette e intermezzi a 5 voci di autori come S. Viganò, Caruso e Di Capua; repertorio che proprio grazie a questi interpreti conobbe in quegli anni il suo culmine.
Ed è in una di queste farse, Tra i due litiganti il terzo gode di G. Sarti, che J.W. Goethe ebbe modo di sentirlo nel corso del suo primo soggiorno a Roma (autunno 1786); ascoltatolo nuovamente nell'estate del 1787 nella parte dell'impresario Brontolone ne L'impresario in angustie di D. Cimarosa - opera di cui Goethe stesso dette una riduzione a Weimar, componendo per essa due Lieder - lo invitò a partecipare a un concerto che si tenne l'ultima settimana del luglio di quell'anno nella sua casa romana di fronte a palazzo Rondanini, dove il G. insieme "agli altri cantanti dell'opera buffa eseguì i pezzi migliori degli ultimi intermezzi" (Goethe, p. 396).
Il G. morì a Roma probabilmente nel 1792, anno in cui ancora si era esibito nelle due prime rappresentazioni di V. Fioravanti, La famiglia stravagante,oGli amanti comici (teatro Capranica, carnevale) e L'alchimista deluso (teatro Alibert, primavera).
Fonti e Bibl.: B. de Laborde, Essai sur la musique ancienne et moderne, Paris 1780, III, pp. 319 s.; J.W. Goethe, Viaggio in Italia (1786-1788), Firenze 1959, p. 396; Ch. Burney, Viaggio musicale in Italia, a cura di E. Fubini, Torino 1979, pp. 90, 97; F.-H.-J. Castil-Blaze, Théâtres lyriques de Paris. L'Opéra italien de 1548 à 1856, Paris 1856, pp. 238 s.; O. Harnaldi, Zur Nachgeschichte der italienischen Reise. Goethes Briefwechsel mit Freunden und Kunstgenossen in Italien, Weimar 1890, pp. 114 s., 177 s., 235 s.; A. Della Corte, Un italiano all'estero. A. Salieri, Torino 1936, pp. 110-112; H. Mendel, Musikalisches Conversations-Lexikon, Leipzig 1942, II, p. 320; O.E. Deutsch, Mozart. A documentary biography, Londra 1965, pp. 80 s.; I. Mamczarz, Les intermédes comiques italiens au XVIIIe siècle en France et en Italie, Paris 1972, p. 312; W. Mann, The operas of Mozart, London 1977, p. 38; R.L. Weaver - N.W. Weaver, A chronology of music in the Florentine theater (1590-1750), Detroit 1978, pp. 360, 363, 365 s.; H. Abert, Mozart, I, Milano 1984, p. 145; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, II, p. 188; Enc. dello spettacolo, III, coll. 41 s.