GIOCO
Il termine ''gioco'' si propone come una nozione estremamente complessa in cui sono coinvolte idee di limite, di libertà e di invenzione; si tratta di significati quanto mai vari che indicano come le disposizioni psicologiche che il g. traduce e sviluppa possano costituire importanti elementi di civiltà. Nel g. si può infatti leggere il progredire stesso di una civiltà proprio in quanto consiste nel passaggio da un universo caotico a uno regolato, che poggia su un sistema coerente ed equilibrato nel quale la regola, volontariamente rispettata da tutti, non favorisce né lede alcuno.
Giochi da tavolo. - In questo senso i g. da tavolo risultano l'espressione più nobile e completa dell'attività ludica: sono quelli in cui l'avversario dev'essere superato in lealtà, e in cui vengono composti i vantaggi che il giocatore può aver ricevuto dalla sorte, il suo impegno, l'audacia del rischio, la prudenza del calcolo.
La definizione ''g. da tavolo'', pur se impropria, è entrata ormai nell'uso comune e sta a indicare una categoria di passatempi, generalmente per due o più giocatori, che si svolgono su un tavolo o su un mobile destinato a quell'unico uso. Sono in realtà g. da tavolo anche le carte, il ping-pong, il biliardo e altri, ma pare di poter dire che la caratteristica peculiare che rende i g. da tavolo univocamente individuabili sia l'impiego di due elementi: il tavoliere e le pedine, spesso definite semplicemente ''pezzi''. Negli ultimi decenni è invalso l'uso di un nuovo termine che tende a identificarsi con i g. da tavolo, e cioè ''g. in scatola'', ma si tratta di un'espressione nata dal grande sviluppo della produzione industriale in serie dei g. da tavolo.
Volendo affrontare in modo sistematico l'argomento ed escludendo i g. da eseguire da soli, è necessario operare una suddivisione, sia pure forzata, in categorie omogenee rispetto a due aspetti del g.: la modalità di svolgimento e l'ambientazione ludica. Si possono quindi individuare: g. di percorso; di cattura; di posizione; di calcolo; d'induzione; di parole; d'ambiente; di simulazione; di ruolo, che esemplifichiamo con alcuni dei g. più rappresentativi di ogni gruppo.
Giochi di percorso. - Il più classico è sicuramente il popolarissimo Gioco dell'Oca, al quale vengono attribuite origini italiane che si rifanno alla fine del 1500 e nel quale l'unico obiettivo dei giocatori è quello di giungere al traguardo finale prima degli avversari evitando, sia pure non per abilità ma per sola buona sorte, i vari trabocchetti disseminati lungo le caselle del percorso.
Altri classici g. di percorso sono il britannico Scale & Serpenti, derivato da un antico schema di ammaestramento religioso indiano, e l'antichissimo Nyout, un g. coreano che risale al 1° millennio a.C. e dal quale sono in seguito nati altri importanti g. quali il Pachisi indiano e i suoi numerosi derivati. Non va infine dimenticato il Patolli, l'unico g. di origine azteca che ci sia pervenuto.
Giochi di cattura. - È la categoria di g. forse più frequentata, anche perché il meccanismo della presa − su cui si fonda − è spesso presente anche in g. che si inquadrano in altre tipologie.
I due classici per antonomasia sono gli Scacchi e la Dama; nel primo l'obiettivo è d'immobilizzare il pezzo fondamentale, il Re, scopo che si raggiunge solo dopo aver indebolito le difese avversarie per mezzo delle catture, mentre nel secondo, ancor più esplicitamente, il fine è quello della cattura totale dei pezzi nemici.
Questi due g. risalgono, limitandoci alla loro diffusione nell'Occidente, all'epoca delle Crociate per gli scacchi, mentre la dama prese piede verso il 1500. In questa categoria meritano una citazione almeno i g. più significativi delle varie culture: lo Zamma che viene dal Sahara e deriva da un antico g. del periodo faraonico; la Fanorona che arriva dal Madagascar, dove nasce verso la fine del 1600 e alla quale i malgasci attribuiscono particolari proprietà divinatorie; il Surakarta che ha origini a Giava e prende il nome da un'antica città dell'isola. Lo sfruttamento contemporaneo dei due movimenti che identificano queste due prime categorie, la corsa e la cattura, risulta molto frequente e dà luogo a un ulteriore, nutrito gruppo di g., dei quali i più nobili e antichi sono il Backgammon e il Pachisi.
Il Backgammon si gioca su un tavoliere a 24 ''punte'' con 15 pedine che si debbono eliminare dal g. prima dell'avversario sfruttando in modo intelligente l'esito dei lanci dei dadi. Le origini sono molto antiche e, anche non dando credito alla derivazione dal sumerico Ur o dall'egizio Senat, si debbono far risalire almeno al g. della Roma imperiale denominato Ludus Duodecim Scriptorum ("g. delle dodici lettere") che prevedeva regole molto simili. Altri g. si sono autonomamente sviluppati basandosi su meccanismi simili, come l'islandese Ad Elta Stelpur ("a caccia di ragazze") e il giapponese Sugoroku.
Il Pachisi, affermatosi come g. nazionale indiano e accreditato di una storia ultramillenaria, si gioca su un tradizionale tavoliere di stoffa, con ricamata una scacchiera a croce, lungo la quale si spostano le pedine in base al lancio di dadi particolari (dei bastoncini colorati o delle conchiglie di ciprea, a seconda della regione) nel tentativo di giungere a un traguardo finale, diverso per ciascun giocatore. In Occidente il Pachisi è più noto con il nome di Ludo: si tratta di un g. dalle regole lievemente semplificate messo in commercio per la prima volta in Inghilterra verso la fine del 1800 e molto popolare sulle navi della Royal Navy.
Giochi di posizione. - Di questo gruppo citiamo uno dei più complessi e sofisticati g. da tavolo esistenti, e cioè il Go, attualmente il g. nazionale giapponese. Di probabile origine cinese (circa il 2000 a.C.), è caratterizzato dalla lotta per la conquista di un territorio mediante il semplice posizionamento a turno di una pedina a testa sul tavoliere. È proprio nell'assoluta semplicità delle mosse la chiave della sua enorme complessità tattica e strategica.
Un altro tipico g. di posizione, di più recente invenzione ma anche di maggiore diffusione e popolarità in Occidente è il Reversi, ideato in Inghilterra verso la fine del 1800 e ora noto anche con il nome di Othello in una recente riedizione commerciale. In questo g., accanto al valore della posizione raggiunta, si colloca un ambiguo e intrigante meccanismo di ''arruolamento'' tra le proprie file delle pedine avversarie. Tra i g. che abbinano i meccanismi dei g. di percorso e di posizione, è opportuno un rapido cenno all'Halma (traslitterazione dal greco ''salto''), g. di origine inglese che risale alla fine del 1800; le regole prevedono che le pedine di ciascun giocatore, oltre a seguire un percorso, sia pure non tracciato in modo rigido, debbano alla fine occupare una determinata posizione. Da segnalare che il principio dell'Halma è lo stesso che ritroviamo nel g. cosiddetto della Dama Cinese, ma in realtà prodotto per la prima volta dalla J. Pressman & C. di New York verso il 1870.
Giochi di calcolo. - Sono i g. nei quali la vittoria viene ottenuta in seguito a un'attenta valutazione aritmetica della situazione che si sviluppa progressivamente sul tavoliere.
L'esempio più significativo è il g. del Wari, molto diffuso e appartenente alla famiglia degli Awele, descritto per la prima volta agli inizi del Settecento da R. Jobson, celebre viaggiatore. Gli Awele sono un gruppo di g. di calcolo molto diffusi in Africa (ma di provenienza araba e di origine egizia), molto simili tra loro. In essi la disseminazione delle proprie pedine nelle ''buche'' del tavoliere in base a precisi calcoli numerici deve consentire di raccoglierne in misura maggiore rispetto all'avversario, in un'esplicita simbolizzazione delle attività della semina e del raccolto. Gli Awele sono anche noti con un termine equivalente, di origine araba, comprendente l'intera famiglia: i Mancala. Il termine Awele predomina oggi nella letteratura francese, mentre in quella anglosassone viene utilizzato quasi esclusivamente Mancala.
Giochi d'induzione. - È una categoria recente, evolutasi con l'introduzione nel mondo dei g. di meccanismi mutuati da schemi di analisi psicologica. Si tratta di g. di particolare interesse per la loro attitudine a esercitare capacità tipiche della formazione di concetti e che sembrano alla base delle intuizioni dei pensatori creativi.
Il più diffuso e conosciuto è il Master Mind, in cui uno dei due avversari cerca di scoprire, attraverso dei tentativi/proposte legati da un filo logico, un codice segreto cromatico a tre o più colori, impostato dall'antagonista. Il Master Mind vanta una recente origine britannica, ma si rifà a un g. con carta e matita, noto con diversi nomi (''numerino'', ''codice segreto'', ''puntocroce'', ecc.), in voga almeno dal 1945, nel quale la combinazione da individuare era costituita da un codice numerico. L'origine del moderno Master Mind è del 1971, quando alla Fiera del giocattolo di Norimberga i lungimiranti funzionari dell'Invicta Plastics di Leicester incontrarono M. Meirovitz, uno sconosciuto inventore di g., il quale propose loro un g. che comprendeva un cartone ondulato con tre fori per fila e un certo numero di biglie di vetro colorato. La ditta inglese, specializzata nella produzione di piccoli oggetti di plastica, sostituì il cartone con un robusto piano di g. e le biglie con dei piolini colorati, lanciando il Master Mind nell'accattivante versione che conquisterà tutti i mercati.
Un altro g. d'induzione di una certa fama è l'Eleusis, che si gioca utilizzando un normale mazzo di carte francesi; inventato nei primi anni Ottanta da R. Abbott, un giovane scrittore di New York, sviluppa un meccanismo molto stimolante. A turno uno dei giocatori stabilisce una ''regola segreta'' in base alla quale gli altri possono calare delle carte; scoprendo quali sono le carte giuste e quelle sbagliate i giocatori debbono trovare la regola stabilita in partenza.
Giochi di parole. - Sono g. in buona parte compresi nel gruppo dei g. di enigmistica e che spesso si risolvono in esercizi per singoli giocatori. Alcuni principi e regole di tali g. sono stati trasferiti con buon successo nel campo dei g. in scatola.
Il caso più emblematico riguarda il trasferimento del principio delle parole crociate nel loro corrispondente in scatola, lo Scrabble, noto con altri nomi e in particolare diffusosi in Italia come Scarabeo. Il materiale è costituito da un tavoliere suddiviso in caselle, che ripropone lo schema di inserimento delle parole crociate, e da una serie di piccole tessere con impresse le varie lettere dell'alfabeto da utilizzarsi per comporre, e appunto ''incrociare'', parole di senso compiuto.
L'invenzione dello Scrabble si deve a un architetto di New York, A. Butts, e risale agli anni Trenta. Butts, in difficoltà economiche, pensò di mettere a frutto la sua passione per i g. di parole e concepì Lexico, un g. basato sugli anagrammi; l'idea non incontrò alcun favore e costrinse l'autore a modificarla più volte, prima introducendo un sistema di punteggio pesato delle lettere e poi aggiungendo un tavoliere di 15 × 15 caselle ispirato allo schema delle parole incrociate del Times. Si arrivò così al 1939, ma quando l'operazione di lancio del ribattezzato Criss-Cross Words era già pronta, scoppiò la guerra. Si dovette quindi attendere il 1946 per la ripresa del progetto e il 1949 per avviare la produzione dello Scrabble, nome definitivo assegnato dalla Production and Marketing Company che lo lanciò sul mercato. Dopo un avvio incerto con la vendita di meno di 16.000 scatole in tre anni, lo Scrabble esplose a partire dal 1952 con oltre 60.000 pezzi distribuiti, successo che convinse Butts a cedere i diritti del g. alla Selchow & Righter sin dal 1953.
La versione italiana dello Scrabble, denominata Scarabeo, ha avuto una complessa storia giudiziaria. Nel 1958, dopo che una semplice traduzione dello Scrabble fu introdotta senza successo in Italia, il giornalista e commediografo veneziano A. Pasetti procedette a una profonda revisione del g. con il cambio del nome in Scarabeo. La Production and Marketing Company intentò causa per violazione del diritto d'autore, contraffazione di marchio e concorrenza sleale, ma la Corte d'Appello di Milano, nella sentenza definitiva (1961), diede ragione a Pasetti. Nel 1963 l'Editrice Giochi di E. Ceretti rilevò il g., promuovendone la vendita.
Un altro g. tipicamente enigmistico facilmente trasformabile in un g. in scatola è il rebus, il cui obiettivo è comporre parole o frasi abbinando l'uso di opportune immagini e lettere.
Giochi d'ambiente. - Questo vasto gruppo comprende i g. che prendono spunto da situazioni reali per riproporne le problematiche attraverso meccanismi ludici semplificati.
L'esempio più celebre è il Monopoly, uno dei più popolari g. mai commercializzati, che si ispira al meccanismo della compravendita immobiliare. Inventato nel 1930 da C. Darrow, un ex venditore di impianti industriali della Pennsylvania travolto dalla grande depressione del 1929, il primo Monopoly presentava un tavoliere ambientato ad Atlantic City. Diffusosi nei primi tempi solo tra gli amici di Darrow, il g. riscosse un tale successo da spingere l'ideatore a proporne la vendita ai Grandi Magazzini di Filadelfia. Il prodotto andò a ruba e questo convinse Darrow a proporne la distribuzione alla Parker Brothers, una delle maggiori aziende del settore dei giochi. Dopo un primo rifiuto, nel 1934 la Parker accettò, ottenendo uno dei suoi maggiori successi commerciali. In seguito, infatti, il Monopoly ha conosciuto innumerevoli versioni, ed è stato tradotto nelle lingue più diverse.
Al g. del Monopoly è tra l'altro legata la storia della più famosa ditta italiana di g. da tavolo: l'Editrice Giochi. Nel 1936 l'editore A. Mondadori ricevette dagli Stati Uniti un'offerta di acquisto dei diritti di distribuzione del Monopoly. Indisponibile ad aprire un nuovo fronte commerciale, l'editore girò l'offerta a tre giovani funzionari: W. Toscanini, P. Palestrino ed E. Ceretti, che accettarono. Il mercato di Milano rispose con entusiasmo e la piccola società iniziò così la sua attività. Dei tre pionieri sarà Ceretti a portare avanti l'iniziativa e a garantirsi per anni la distribuzione nel nostro paese dei g. da tavolo internazionali più famosi.
Un altro celebre g. di questa categoria è il Risiko, di ambientazione bellica ma privo delle complessità tipiche dei più impegnativi g. di simulazione, dei quali si tratta più avanti. Risiko ha una storia analoga a quella del Monopoly. Verso la fine degli anni Cinquanta il progetto del g. nacque per approssimazioni successive, durante riunioni serali della famiglia di A. Lamorisse, noto regista cinematografico francese. Alla fine Risiko, più noto negli altri paesi con il titolo di Risk, assunse una forma tale da incoraggiarne la commercializzazione, dovuta alla Parker Brothers, che ne iniziò la produzione nel 1959. Le varie versioni hanno trovato la loro più felice edizione nella produzione della Giochiclub (1973), prima licenziataria italiana.
Giochi di simulazione. - Le procedure dei g. di simulazione vantano radici antiche e spesso molto nobili: per es., il g. di scacchiera Wei-hai, nato in Cina nel 3000 a.C., è certamente la simbolizzazione di una guerra per la conquista di un territorio, simbolizzazione ereditata dal già citato Go. Gli stessi scacchi del resto si rivelano in modo esplicito come l'allegoria di una grande battaglia.
La prima formalizzazione operata sui g. di simulazione come noi oggi li intendiamo, si è registrata in ambito bellico, in cui la tecnica della simulazione ha un terreno ideale di applicazione e un evidente motivo d'impiego. Dalle simulazioni belliche si è poi passati alle simulazioni economiche, sociali, sportive, ecc., cioè a g. che, diversamente da quelli a tema bellico che implicano l'intenzione di ''capire il processo decisionale'', hanno invece l'obiettivo principale di ''capire il modello'' presentato dal g. in forma semplificata. Citare un esempio tipico di g. di simulazione non è semplice in quanto il mercato ha ormai prodotto centinaia di g. di questo tipo.
Quanto ai g. di simulazione bellica, va dapprima chiarito che sebbene il loro nome generico sia quello di wargames, dobbiamo individuare due filoni ben distinti: quello del boardgame e quello del wargame propriamente detto. Quest'ultimo si pratica su un plastico e utilizza dei modellini in scala di soldati e materiali bellici, mentre il primo si svolge su mappe disegnate e con l'impiego di pezzi che simulano le varie unità impegnate nella battaglia. I wargames più celebri sono naturalmente del tipo tradizionale (tridimensionale); tra questi ricordiamo forse il più completo, quello inventato nel 1780 dal Maestro di corte del Duca di Brunswick, un certo Helvig, che prevedeva 1666 posizioni e 120 pezzi ed era completato da regole per la costruzione di ponti e trincee. Il primo boardgame, invece, si deve con tutta probabilità a G. Vinturinus, scrittore ed esperto di cose militari dello Schleswig, che nel 1798 inventò un g. di guerra da svolgersi su una mappa del confine franco-belga.
In entrambi i casi, però, ci troviamo di fronte a sperimentazioni quasi private; il merito di aver dato un decisivo impulso ai wargames e al loro utilizzo pratico spetta all'esercito prussiano, e in particolare al tenente von Reisswitz il quale, sviluppando una simulazione ideata dal padre, realizzò un g. che nel 1824 venne adottato dallo stato maggiore come sussidio fondamentale all'addestramento degli ufficiali. Una doverosa citazione va fatta per il celebre Kriegspiel libero, una versione molto avanzata del g. di guerra sviluppata nel 1876 dal colonnello prussiano von Verdy du Vernois.
Quanto al primo boardgame commerciale, esso risale al 1953, per opera di C. Roberts, con il titolo di Tactics; Roberts in seguito fondò la Avalon Hill Company, uno dei giganti del settore, producendo nel 1958 il primo boardgame ''tematico'', cioè dedicato a un'unica battaglia: Gettysburg.
Giochi di ruolo. - Nata inizialmente come un sottogruppo dei g. di simulazione, la categoria dei g. di ruolo si è evoluta al punto da costituire un settore a parte. La differenza sostanziale tra i g. di simulazione e di ruolo è che nel primo caso colui che partecipa assume un ruolo impersonale ed esegue azioni volte a modificare le situazioni, nel secondo il giocatore deve invece immedesimarsi totalmente in un personaggio e agire e reagire in modo conseguente alle situazioni ipotetiche nelle quali viene inserito. Il termine inglese con il quale sono ancora universalmente identificati, è role playing; nella struttura tipica del role play, ogni giocatore costruisce il proprio personaggio in ogni dettaglio, sia fisico che caratteriale, e con l'identità così definita vive in un determinato scenario un'avventura creata da un personaggio, il master game, indispensabile per il g. e unico depositario degli eventuali sviluppi di tutte le situazioni possibili.
Il più celebre dei g. di ruolo è certamente Dungeons & Dragons, ormai noto universalmente con la sigla D&D, nato nel 1974 ad opera di G. Gygax, e che riproduce il mondo della heroic fantasy, un universo letterario popolato da maghi, elfi, gnomi e guerrieri, particolarmente adatto a dar libero sfogo alla fantasia dei partecipanti. Non a caso in questo g. si verifica la massima regressione della scacchiera, elemento infatti totalmente assente, che solo casualmente, e non in modo obbligatorio, viene sostituita da mappe appena abbozzate da parte dei giocatori durante l'avventura. Nel corso dei primi anni Ottanta, ai quattro libri di regole del D&D originale (il Basic, l'Expert, il Companion e il Master) si sono aggiunti altri otto libri relativi all'Advanced D&D, un g. che in realtà si presenta come un prodotto a sé stante. I vari libri contengono notizie sulle abilità dei vari personaggi, le magie, gli oggetti magici, i mostri, le varie razze che popolano il g. e così via.
Caratteristica principale dei g. di ruolo è proprio quella di un'assoluta destrutturazione, per cui è pratica comune da parte dei giocatori l'aggiunta di nuove regole e norme di comportamento che rendono le avventure più godibili allargando il loro orizzonte creativo. Da qualche anno sono in commercio anche le versioni computerizzate di questi g., denominate Adventures games. Si tratta di videogames della terza generazione nei quali non conta più la rapidità di riflessi nell'uso dei joysticks bensì un'intelligente capacità d'interpretazione degli eventi che via via l'avventura propone sul monitor.
I giochi elettronici. - L'ingresso dell'elettronica nel mondo dei g. ha rappresentato un evento rivoluzionario paragonabile solo a quello costituito dall'apparizione delle carte da g. intorno al 1300. Per tracciare un profilo storico dei g. elettronici è comunque indispensabile dare un rapido sguardo ai loro progenitori: i g. elettromeccanici, universalmente identificati con gli ormai obsoleti flippers.
I flippers. − Inizialmente si trattava di rudimentali flippers meccanici, soprannominati ''bagatelle'', che dagli anni Trenta furono progressivamente sostituiti da macchine basate su elementi elettromeccanici.
I nuovi g. erano generalmente ispirati al baseball oppure al biliardo, e in essi, oltre alla biglia metallica, era già presente la famosa ''aletta respingente'', che per molto tempo fu in grado di sferrare alla pallina in g. un solo colpo alla volta. Tra l'altro già in questi g. aveva fatto la sua comparsa il meccanismo del Tilt, introdotto nel 1930 da H. Williams e inserito per la prima volta nel flipper ''Advance''. Le prime alette respingenti a percussione multipla fecero la loro comparsa solo nel 1947 in un g. della Gottlieb, una delle più antiche industrie statunitensi di flippers (e in seguito, con il nome Mylstar Electronics, di videogiochi). L'invenzione delle nuove alette fu merito di H. Mabs, un progettista della Gottlieb, che le battezzò flipper bumpers. Il primo g. nel quale fu utilizzata questa novità si chiamava Humpty Dumpty. Un'ulteriore evoluzione fu rappresentata dagli zipper flippers, e cioè da alette respingenti davanti alla buca di caduta che impediscono alla pallina di uscire dal piano di gioco, installati per la prima volta sulle macchine della Bally Manifacturing Company. L'importanza delle nuove alette comportò un completo rivoluzionamento non solo del design del flipper ma anche dei suoi principi di gioco.
I videogames. - Nel flipper possono distinguersi un piano di g., un supporto meccanico e un elemento decorativo e narrativo rappresentato dalla ''vetrofania'' di sfondo; tutto questo nei videogames non esiste. La differenza sostanziale tra flippers e videogames è tutta qui: sul piano del g. e della narrazione. Il flipper infatti allude, riproduce, metaforizza, mentre il videogioco fondamentalmente simula. In effetti le paure sociali che il flipper ha sempre destato non hanno mai riguardato il suo contenuto, cosa che invece si rimprovera spesso ai videogames.
Con il termine videogame si usa oggi indicare qualunque tipo di g. che venga eseguito con un computer, sia domestico sia tascabile sia da sala-giochi; per lunghi anni i videogames sono stati esclusivamente costituiti da grossi mobili di legno che si potevano trovare soprattutto negli angoli dei bar.
In realtà la definitiva affermazione del g. elettronico passa per la diffusione dei chips e delle memorie logiche, evento che ha segnato in modo indelebile le tecnologie della seconda metà degli anni Settanta.
La storia dei videogames è una delle più affascinanti avventure del g. moderno. Tutto ebbe inizio nel 1962 presso il Massachusetts Institute of Tecnology, quando S. Russel, uno studente vicino alla laurea in informatica, scrisse il programma di un g. chiamato Spacewar su un computer della Digital Equipment; Spacewar si diffuse rapidamente e passò da un college a un altro.
Tra gli studenti che lo impararono ci fu anche N. Bushnell, dell'università dello Utah, che l'estate lavorava presso una sala-giochi di Salt Lake City. Il giovane Bushnell cominciò a intravedere in una versione di Spacewar funzionante a monetine, e quindi adatta a una sala-giochi, la prima vera minaccia per i flippers e nel 1971 si mise al lavoro. Il progetto venne portato a termine per conto della Nutting Associates, ma commercialmente si rivelò un fallimento; l'esperienza tornò comunque utile a Bushnell per intraprendere un ulteriore progetto, per il quale fondò una nuova società, oggi famosissima: l'Atari.
Il prototipo del primo videogame Atari, denominato Pong, venne inutilmente offerto alla Bally Manifacturing. Bushnell non si arrese e ottenne che il g. venisse installato in un bar di Sunnyvale, l'''Andy Capp''. Il g., in cui veniva appunto simulata una partita di ping-pong grazie a un punto bianco che si muoveva sullo schermo come una pallina, dopo alcuni giorni si guastò, ma l'intervento di Bushnell rivelò che l'inconveniente era dovuto solo al riempimento della cassetta delle monetine: era il 1972 e l'inizio del grande successo.
Negli Stati Uniti. - Fino al 1969 la Bally Manifacturing e la Midway erano due società concorrenti, ma per ragioni economiche i loro proprietari, rispettivamente R. Moloney e H. Ross, ne decisero la fusione. Quando, nel 1972, cominciarono ad apparire sul mercato i primi videogames, la Bally Midway intuì la nuova tendenza e si attrezzò con alcuni g. quali Winner, una copia di Pong, Gunfight, il primo videogioco giapponese acquistato dalla Taito, e Sea Wolf.
Nel 1978 si realizzò il vero lancio commerciale dei videogames. Si trattò di un prodotto offerto dalla giapponese Taito, un g. che in Giappone stava creando addirittura problemi di carenza di monete spicciole e che si intitolava Space Invaders, una simulazione dell'invasione del nostro pianeta da parte di mostriciattoli alieni: fu un successo enorme e la consacrazione del videogioco negli Stati Uniti. In breve tempo il volume delle vendite raggiunse la cifra di 72.000 macchine.
Tre anni dopo arrivò dal Giappone un nuovo g., offerto dalla Namco, il cui protagonista, un curioso personaggio dalla testa gialla e con una grande bocca, divorava dei fantasmi che gli intralciavano il cammino: il suo nome era Pac-Man, nome di quello che ancor oggi è il più venduto videogame di tutti i tempi. Il totale dei videogiochi del gruppo Pac-Man (il Pac-Man originale, Baby Pac-Man, Super Pac-Man, Professor Pac-Man e Pac-Man Junior) venduti sinora ha superato le 300.000 macchine: il record spetta alla versione femminile, intitolata Miss Pac-Man, con 110.000 pezzi venduti.
In Italia. - La storia italiana del g. automatico ebbe inizio a Calderara di Reno, un piccolo paese dell'Emilia, dove nel 1963 M. Zaccaria installò nel bar di sua proprietà uno dei primi flippers, con tale successo che anche gli altri bar della zona decisero di dotarsene. Zaccaria si fece carico della distribuzione dei nuovi apparecchi, fondando con due fratelli la società che porta il loro nome. Inizialmente solo distributori, i fratelli Zaccaria, nel 1968, quando una legge tesa a combattere il g. d'azzardo vietò la vincita di partite gratis sui flippers, si occuparono della modifica delle numerose macchine già in circolazione, acquisendo una notevole esperienza tecnica, che nel 1972 consentì loro di produrre Red Show, il primo flipper interamente italiano.
Quando si verificò anche in Italia l'ingresso massiccio dell'elettronica e dei videogiochi, la Zaccaria si adeguò con prontezza, producendo nel 1978 Winter Sport, il primo flipper elettronico completamente italiano, e nel 1980 Quasar, il primo videogame ''made in Italy''. Altro momento importante per la Zaccaria è stato la realizzazione di Laser Battle, primo videogioco italiano esportato negli Stati Uniti.
L'avvento dei computers. - I videogames della prima generazione presentavano un problema fondamentale: l'assenza di una reale possibilità di modifica dei parametri del g., soprattutto riguardo alla loro migrazione su macchine diverse da quelle a logica cablata per le quali erano nati. L'improvvisa esplosione del personal computing agli inizi degli anni Ottanta aprì definitivamente la strada alla commercializzazione su scala planetaria dei videogames, facendoli uscire dalle salegiochi e diffondendoli in modo capillare.
Il futuro dei videogiochi sembra ormai legato al futuro dell'informatica; le nuove frontiere del g. elettronico sono rappresentate dalla sintesi vocale e dal riconoscimento della voce, dalla sempre più spinta risoluzione grafica sui monitors, dall'utilizzo sempre più efficace dei laser-disc. È comunque prevedibile che, di tutti gli aspetti dei videogiochi, quello tecnologico tenderà a essere sempre meno importante, riqualificando nel contempo l'idea del g. come tale, la sua godibilità, la sua ''giocabilità'', ripetendo così il tragitto storico compiuto dai g. da tavolo, in cui non sono più i materiali l'elemento promozionale, ma l'originalità dell'idea e la capacità di divertire in maniera intelligente.
Giochi da tavolo elettronici. - Il progresso tecnologico ha condotto l'industria elettronica a una sempre più spinta miniaturizzazione dei componenti; si è quindi registrata la possibilità di racchiudere in poco spazio quello che fino a pochi anni prima comportava un ingombro e un volume di materiale assolutamente non trasportabile. Da questa evoluzione tecnica sono nate le prime scacchiere elettroniche, tutte quelle realizzazioni cioè dedicate alla pratica ''solitaria'' dei più diffusi g. da scacchiera: scacchi, dama, go, reversi, backgammon, ecc. L'interesse si è poi spostato su altri g., in particolare su quelli che risultavano finora fruibili solo in determinati ambienti (le sale-giochi) oppure solo disponendo di particolari apparecchi (i computer). Di qui sono nate le consolles domestiche, capaci di accettare delle piccole ''cartucce magnetiche'' e di riprodurre su schermi di ridotte dimensioni le stesse emozioni e le stesse difficoltà. Vedi tav. f.t.
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