GIOIA del Colle (A. T., 27-28-29)
Città della provincia di Bari, situata, a 360 m. d'altezza, nell'insellatura che divide le Murge di NO. dalle Murge di SE. Sorge su un banco di terreni pleistocenici in mezzo a vasta zona calcarea, ed è perciò dotata di piccole falde acquifere nel sottosuolo. La popolazione del comune ha avuto un notevole accrescimento fino al 1921; calcolata a poco meno di 8000 ab. alla fine del sec. XVIII, saliva a 13.094 nel 1871, a 21.721 nel 1901, a 25.784 nel 1921 (15% di popolazione sparsa); il censimento del 1931 diede però solo 23.999 ab. Gioia è notevole centro industriale; ha stabilimenti vinicoli, molini e pastifici, fabbriche di mobili, ed è molto nota per la produzione dei latticinî (mozzarelle) e delle lane. Il territorio comunale, molto vasto (207 kmq.), si estende per zone di varia altezza e di differente natura e fertilità: esso, perciò, è dato a colture svariate, da quelle intense a ortaggi in prossimità del centro abitato e utilizzanti le falde freatiche a quelle povere a seminativi diffuse nelle aree delle Murge; fra i due tipi estremi sono rappresentate tutte le altre colture proprie del Barese, il vigneto, l'uliveto, il mandorleto, ecc.; i seminativi trapassano infine nei pascoli, nelle macchie e nel bosco. La città è centro di vie ordinarie e di ferrovie. Presso la città c'è un campo di fortuna, per aeroplani, donde G. d'Annunzio, durante la guerra, mosse per il bombardamento di Cattaro.
Monumenti. - Nel centro della cittadina sorge la grande mole del Castello, già iniziato nei primi del sec. XII da Riccardo Siniscalco della casa normanna degli Altavilla e poi con magnificenza ricostruito da Federico II (1230).
Di pianta rettangolare, con due tozzi torrioni quadrati sulla facciata, scuro e chiuso nell'aspra muratura, la composizione delle bugne enormi rivela un fine senso delle proporzioni e produce un effetto coloristico che ingentilisce la possente costruzione tutta saldezza e robustezza. E una certa singolarità è data dalla bizzarra grazia delle finestre e dalle saettiere e dagli occhi dentellati o stellati più ispirati a motivi musulmani che gotici, i quali pure appariscono nella bella loggia e nella grande trifora del vasto cortile. Di molta finezza i grossi capitelli romanici nell'androne firmati dagli scultori Mele da Stigliano e Finarro da Canosa.
Bibl.: P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I: Il Medioevo, torino 1927; E. Bertaux, L'art dans l'Italie méridionale, Parigi 1904, pp. 700, 704-705, 746; A. Haseloff, Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien, Lipsia 1920, pp. 228, 355, 362, 378, 383, 424; A. Vinaccia, I monumenti medievali in terra di Bari, Bari 1915, I, pp. 123-131; G. Guerrieri, Il conte normanno Riccardo Siniscalco e i monasteri benedettini cavei in terra d'Otranto, Trani 1898.