Giordania
Stato dell’Asia sudoccidentale, nel Vicino Oriente; confina a N con la Siria, a N-E con l’Iraq, a S-E e a S con l’Arabia Saudita, a O con Israele. Fino al 1967 comprendeva la Transgiordania (a E del fiume Giordano) e la Cisgiordania, che aveva occupato all’epoca della prima guerra arabo-israeliana e che nel 1967 passò sotto il controllo di Israele, in seguito al terzo conflitto arabo-israeliano (➔ ). Dal 1988 il governo giordano ha interrotto i residui legami giuridici e amministrativi con la Cisgiordania, pur senza arrivare a un’abrogazione formale dell’atto di annessione (aprile 1950) di questo territorio.
L’emirato di Transgiordania fu fondato nel 1921, e riconosciuto ufficialmente nel 1923, sotto ‛Abd Allah, hashimita, figlio del re Husain del Higiaz. Affidato in mandato alla Gran Bretagna fino al 1946, quando l’emiro assunse il titolo di re, il Paese mantenne stretti legami con Londra anche dopo l’indipendenza. In seguito all’occupazione (prima guerra arabo-israeliana, 1948-49) e alla successiva annessione della Cisgiordania (con la città vecchia di Gerusalemme), il regno assunse il nome di Giordania. Ad ‛Abd Allah, ucciso in un attentato nel 1951, successero il figlio Talal e, quando questi fu deposto per infermità mentale, il nipote Husain (1953). La G., membro della Lega araba dal 1945, stabilì allora più strette relazioni con gli Stati arabi. Nel 1956 l’inglese Glubb Pascià fu allontanato dal comando delle forze armate giordane e nel 1957 furono ritirate le ultime truppe britanniche. La rinnovata solidarietà araba non impedì a Husain di sentire la creazione della Repubblica araba unita, sorta dall’unione di Egitto e Siria (1958), come una larvata minaccia contro l’indipendenza giordana; promosse quindi, nel febbraio 1958, l’effimera Unione araba a base dinastica tra G. e Iraq, crollata con il colpo di Stato iracheno del luglio successivo. La prospettiva di uno scontro imminente con Israele fu alla base (maggio 1967) della convenzione comune di difesa, firmata al Cairo da Nasser e da Husain: nel conflitto (5-10 giugno) la G. perse la parte araba di Gerusalemme (che Israele annetté di fatto) con il territorio più fertile e irriguo, quello della Cisgiordania, caricandosi di un ulteriore e cospicuo numero di profughi, in aggiunta a quelli già accolti nel 1948, provenienti dai territori allora conquistati da Israele.
Formazioni sempre più numerose di guerriglieri palestinesi organizzati intorno all’OLP stabilirono le loro basi in G. e vi crearono un vero e proprio potere alternativo, conducendo azioni di guerriglia armata contro Israele, che replicava con rappresaglie in territorio giordano. La tensione tra i guerriglieri e le autorità di Amman sfociò in guerra civile nel settembre 1970 («settembre nero»), conclusa nel 1971 con l’espulsione dei guerriglieri palestinesi, atto che lasciò la G. isolata nel mondo arabo. Nel tentativo di recuperare e reinserire nel proprio Stato la Cisgiordania, nel 1972 il re Husain formulò un progetto di regno arabo unito in forma federale e costituito da una regione giordana (con Amman capitale della federazione) e una palestinese (la Cisgiordania con capitale Gerusalemme). Il piano fu però respinto sia da Israele sia dai palestinesi sia dai Paesi arabi. Husain rivendicò la sovranità sulla Cisgiordania fino al 1974, quando al vertice arabo di Rabat fu costretto a riconoscere l’OLP quale unico rappresentante legittimo del popolo palestinese e ad accettare implicitamente l’ipotesi della formazione di uno Stato palestinese indipendente in Cisgiordania. Ciò pose termine all’isolamento della G. nel mondo arabo, già ridottosi in seguito alla guerra del Kippur (1973), che aveva visto la riconciliazione con Siria ed Egitto e un limitato intervento a fianco della Siria. Per il timore di un ritorno all’isolamento la G. condannò la pace separata fra Egitto e Israele (1979), celebrando contemporaneamente una riconciliazione ufficiale con l’OLP, ma i rapporti con la Siria peggiorarono nuovamente per il sostegno militare giordano all’Iraq nella guerra contro l’Iran, appoggiato dalla Siria (1980-88). Dopo l’invasione israeliana del Libano (1982) il vecchio progetto di Husain, volto a recuperare il controllo sulla Cisgiordania attraverso la nascita di una federazione giordano-palestinese, fu rilanciato dal cosiddetto piano Reagan, che prevedeva una forma di autogoverno palestinese in Cisgiordania e a Gaza in associazione con la Giordania. In questa prospettiva il sovrano hashimita avviò da un lato negoziati con l’OLP e dall’altro cercò di ricostituire una rappresentanza palestinese all’interno delle istituzioni giordane. In questa occasione fu per la prima volta riconosciuto il diritto di voto alle donne. I negoziati con l’OLP portarono all’accordo (1985) con Arafat per un’iniziativa di pace in Medio Oriente, presto rotto e seguito da un nuovo deterioramento dei rapporti. Maggiore successo ebbe la politica a favore del rientro dell’Egitto nella Lega araba: nel 1985 la G. fu il primo Stato arabo a ristabilire le relazioni diplomatiche con Il Cairo (interrotte dal 1979). Fallito l’accordo con Arafat, Husain tentò di promuovere una nuova leadership palestinese moderata e filogiordana, cercando anche di accrescere la propria influenza nei territori occupati; il progetto (che si espresse tra l’altro in un piano di sviluppo per la Cisgiordania e Gaza, varato nel 1986 con l’appoggio israeliano) fu radicalmente rimesso in discussione dall’esplosione dell’intifada nel 1987, che sottolineò il carattere di soggetto autonomo dei palestinesi e il loro ampio sostegno all’OLP. Dopo il vertice di Algeri (1988), che ribadì l’appoggio della Lega araba alla nascita di uno Stato palestinese indipendente, la G. pose termine ai legami giuridici e amministrativi mantenuti dopo il 1967 con la Cisgiordania (fu anche annullato il piano di sviluppo del 1986).
Nel 1989 si tennero le prime elezioni generali dal 1967, per una Camera dei deputati composta solo di rappresentanti della Transgiordania. Persistendo il bando per i partiti politici dal 1957, solo la Fratellanza musulmana poté presentarsi alle elezioni, come organizzazione di carattere assistenziale, mentre le altre candidature erano tutte indipendenti: la vittoria andò ai moderati, più o meno favorevoli alla tradizionale politica di Husain. La Carta nazionale varata nel 1991 riaffermò il ruolo dell’islam tra i fondamenti della legislazione e dell’identità nazionale e revocò il bando per i partiti, purché dichiarassero fedeltà alla monarchia. L’evoluzione interna rimase comunque condizionata dalla situazione regionale. Pesanti conseguenze per la G. ebbe nel 1990 la crisi seguita all’occupazione irachena del Kuwait: ai danni economici provocati dalle sanzioni nei confronti dell’Iraq si aggiunsero quelli politici derivanti dalla frattura fra la G. (contraria all’intervento armato contro l’Iraq) e i suoi tradizionali partner occidentali e arabi (Egitto, Arabia Saudita e monarchie del Golfo). Husain cercò di rilanciare i rapporti con questi Paesi aderendo nel 1991 alla Conferenza di pace per il Medio Oriente promossa da G. Bush e M. Gorbačëv. Negli anni successivi, il governo si trovò di fronte alla difficoltà di conciliare le esigenze economiche del Paese, che imponevano la ripresa delle relazioni con i partner occidentali e arabi e un’apertura nei confronti di Tel Aviv, con l’orientamento filoiracheno e anti-israeliano dell’opinione pubblica interna. Nel tentativo di recuperare un ruolo di mediazione, la monarchia intensificò le relazioni internazionali: migliorarono i rapporti con gli Stati Uniti e i Paesi del Golfo; i negoziati con Israele sfociarono nel trattato di pace del 1994, che prevedeva tra l’altro il riconoscimento alla G. di un ruolo speciale nella tutela dei luoghi sacri di Gerusalemme e fu seguito dall’avvio di rapporti economici e commerciali. Il trattato con Israele compromise nuovamente i rapporti con l’autorità nazionale palestinese, che tuttavia migliorarono nel 1995, con la firma di un accordo che ribadiva il riconoscimento da parte di Amman dei diritti palestinesi su Gerusalemme est. Sul piano interno proseguì la politica di cauta liberalizzazione. Nel 1993 si svolsero le prime elezioni multipartitiche, vinte dai candidati indipendenti legati al re, vincitori anche delle successive consultazioni nel 1997, 2003 e 2008 (nel 2001 la seconda intifada provocò un tale clima di tensione nel Paese che la Corona decise di rimandare le elezioni). Morto Husain nel febbraio 1999, salì al trono il figlio, ‛Abdallah II, che promosse il riavvicinamento della G. alla Siria, al Kuwait e al Libano, pur rimanendo in stretti rapporti con gli Stati Uniti, i cui aiuti sono vitali per il Paese. In politica interna, i piani riformatori del re per una crescente liberalizzazione politico-culturale e per lo sviluppo economico sono rimasti in gran parte sulla carta, a causa delle perduranti tensioni interne e internazionali. Dopo l’attività terroristica messa a segno da Al Qaeda ad Amman nel 2005, gli intenti di riforma sono stati ulteriormente bloccati.