GIORDANIA
. Superficie e popolazione. - In seguito alla guerra arabo-israeliana del 1948, la sovranità del regno di Transgiordania (v. in App. II, 11, p. 1059) si estese a occidente della depressione Giordano-Mar Morto su un ampio lembo di territorio palestinese comprendente quasi per intero la Samaria, parte della Giudea, inclusa la parte antica della città di Gerusalemme e parte dell'antica Idumea. In totale la Transgiordania, guadagnava oltre 6.600 km2 di territorio, onde la sua superficie ammonta oggi a 96.622 km2, ivi compresa la sezione giordanese del Mar Morto (740 km2). Sproporzionato all'accrescimento territoriale fu però l'incremento della popolazione. Oltre ai 400.000 ab. circa che popolavano il territorio acquisito a O del Giordano, si calcola infatti circa mezzo milione di persone, per la maggior parte Arabi, siano riparate in Giordania dal territorio israeliano, cosicché la popolazione giordanese si è quasi quadruplicata nel decennio successivo al 1948, ammontando nel 1958 a 1.606.746 abitanti. La popolazione originaria della Transgiordania costituiva un insieme sufficientemente omogeneo dal punto di vista sia etnico sia religioso e in buona parte anche sociale, pur sussistendo una discriminazione fra ab. nomadi e sedentarî. L'imponente flusso immigratorio recava invece genti assai varie per origini e per evoluzione sociale ed economica. In particolare l'inserimento di un considerevole numero di elementi socialmente progrediti, dediti alle attività commerciali, abituati alla vita cittadina, venivano ad inserirsi in un mondo economico arretrato, in una società fondata sull'agricoltura e sul nomadismo e non certo preparata a un così radicale mutamento della propria struttura. Un primo riflesso sulle forme dell'insediamento si scorge nel rapido, eccezionale sviluppo della capitale ‛Ammān, che dai 30.000 ab. del 1948 è salita a 103.000 ab. nel 1952 e ad oltre 200.000 nel 1957.
Economia. - Le conseguenze dei fatti demografici sopra accennati nella struttura economica del paese sono quanto mai complesse. L'agricoltura e la pastorizia restano però le attività economiche fondamentali. Nel territorio a O del Giordano i metodi agricoli sono più evoluti, nonostante la povertà del suolo, e larga parte vi hanno le colture arborescenti e orticole. A oriente, invece, i metodi sono più primitivi e solo una metà dell'area considerata coltivabile è messa effettivamente a coltura. I cereali sono i principali prodotti: fra essi il grano copre 280.000 ha e dà una produzione di oltre 2 milioni di q annui. Fra le colture arborescenti rivestono una certa importanza la vite e l'ulivo. L'allevamento è quasi esclusivamente estensivo (pastorizia) e riguarda principalmente gli ovini (723.000 capi) e i caprini (696.000); 111.000 sono i bovini, 25.000 i cammelli. L'unico prodotto del sottosuolo è costituito dai fosfati, di cui si producono circa 200.000 t annue. Il paese è percorso da N a S dalla linea ferroviaria che da Damasco giunge a Ma‛ān e a Naqb Ashtar, toccando ‛Ammān. Il prolungamento da Ma‛ān a Medina (Arabia Saudita) non è stato rimesso in efficienza.
Storia. - Nella breve campagna palestinese del 1948, la G. (allora ancora Transgiordania) aveva dimostrato di possedere con la sua "Arab Legion" la sola forza militare efficiente tra i giovani Stati arabi, spingendosi oltre il Giordano fino a Gerusalemme. Ma più forte della solidarietà panaraba era in re Abdallāh il desiderio di espandere e arricchire il suo proprio stato, onde contro il parere degli altri alleati non esitò a incorporare (10 dicembre 1948) nel territorio giordanico i territorî conquistati, dando al complesso che ne risultò il nome di "Regno Hashimita del Giordano " (26 aprile 1949). Nella situazione creata dagli armistizî di Rodi, il maggior problema per la G. fu quello dei rapporti col vicino Israele. Se avesse potuto prescindere dagli obblighi della solidarietà con gli stati fratelli, è probabile che re Abdallāh avrebbe finito col trovare un modus vivendi con Israele, e sondaggi in tal senso furono più volte denunciati con scandalo dal nazionalismo arabo; ma a tanto in realtà non si giunse, e la G. assunse la parte di sentinella sospettosa ed ostile dell'Arabismo verso l'intruso che non si era riusciti con la forza a scacciare. Alla massa dei profughi palestinesi rifugiati sul suo territorio, essa concessse diritto di cittadinanza, senza pregiudizio di quella reintegrazione nella terra patria, che resta una sempre viva esigenza teorica degli Arabi verso Israele. Ma proprio la immissione di questo irrequieto elemento esterno nella sua compagine sociale (stata fino allora di gran maggioranza beduina, e fedele alla dinastia hashimita) portò con sé il germe di nuovi turbamenti e conflitti nel giovane stato. La massa di origine palestinese bruciava dal desiderio della vendetta riparatrice, e della estirpazione di Israele, e considerava il possibilismo politico di re Abdallāh, e il suo mai smentito legame con l'Inghilterra, come un tradimento alla causa araba. Da questi rancori nacque l'attentato di Gerusalemme del 20 giugno 1951, organizzato pare su mandato del Mufti di Palestina, di cui cadde vittima re Abdallāh.
Dopo un breve interludio del figlio Ṭalāl, di sentimenti anglofobi ma affetto da grave squilibrio nervoso, la corona passò per decisione del Parlamento (12 agosto 1952) al figlio di questo Ḥusein, allora minorenne, assistito da un Consiglio di reggenza. E da allora la G. è entrata nel più recente e drammatico periodo della sua storia, esposta a gravissime scosse interne ed esterne, che hanno minacciato alla base l'un tempo pacifico dominio hashimita del deserto. Il giovane re Ḥusein ha dovuto infatti tener conto da un lato dei rancori antinglesi serpeggianti in una parte del paese (e per dare ad essi soddisfazione fu indotto nel marzo 1956 a licenziare il creatore e comandante della Arab Legion, Glubb Pascià, con altri ufficiali britannici); ha mantenuto inoltre, né avrebbe potuto diversamente, l'intransigenza di principio nel problema di Israele; ma d'altra parte si è visto presto minacciato dalla spinta del nazionalismo panarabo, che vedeva nel sorgente astro di Giamāl ‛Abd an-Nāṣir il suo capo, e nella sua spregiudicata politica intemazionale le tappe dell'unità araba. All'Anschluss egiziano della Siria, si tentò rispondere da parte hashimita, sotto l'ispirazione di Nūrī Āl Sa‛īd, con la federazione tra G. ed ‛Irāq ("Unione Araba", del 14 febbraio 1958), che avrebbe dovuto costituire un controblocco all'espansionismo nasseriano; ma questa misura aveva appena cominciato ad aver pratica attuazione, che il fulmineo colpo di stato iraqeno del 14 luglio successivo ne distruggeva le premesse, ed eliminando il ramo hashimita del ‛Irāq minacciava direttamente anche quello di Giordania. I giorni di re Husein, nell'estate del 1958, parvero contati, quando la RAU e l'‛Irāq, la cui intima rivalità non era ancora venuta in luce, premevano da opposte parti sulla G., percorsa essa stessa da fremiti e conati di ribellione. Ma Husein affrontò coraggiosamente la bufera: non esitò ad accettare o sollecitare l'aiuto militare britannico, con l'invio di paracadutisti che puntellarono nel momento più critico il vacillante trono di ‛Irāq ‛Ammān. E allorché questi dopo pochi mesi furono ritirati, seppe approfittare del profilatosi dualismo egizio-iraqeno, per consolidare con epurazioni nell'esercito e altre misure la sua precaria posizione. Nell'inverno 1960-61 il regno di G., la cui sopravvivenza nel 1958 appariva una causa disperata, era tuttora una realtà.
Bibl.: J. P. Dufourg, Notes et réflexions sur l'agriculture jordanienne, in Revue de géographie de Lyon (1959), pp. 254-70; L. Jarach, Il problema dei profughi palestinesi, in L'Universo, XXXVI (1956), pp. 115-26; H. L. Kaster, Il regno di Giordania, in Le Vie del Mondo, XIX (1957), pp. 433-48; S. van Valkenburg, The hashemite Kingdom of the Jordan: a study in economic geography, in Economic Geography, XXX (1954), pp. 102-16; H. R. J. Davies, Irrigation in Jordan, in Economic Geography, XXXIV (1958), pp. 264-71.