Giordano da Pisa (detto anche da Rivalta)
Domenicano (morto nel 1311), predicatore in Toscana e in varie città italiane, ma anche in Francia, Germania e Inghilterra: autore di notissime e diffuse Prediche. Gli studi compiuti lo predisposero a una buona intelligenza di testi antichi e medievali (da Boezio a s. Tommaso). Taluni critici, intessendo le vaghe notizie biografiche, lo vogliono a Firenze negli ultimi anni del Duecento e nei primi del Trecento, e ivi, in Santa Maria Novella, come sostituto di fra Remigio dei Girolami, lettore elegante del libro delle Senteze di Pietro Lombardo. Certo è che come in quel viaggiare da città in città saldo era rimasto nel cuore il desiderio di ritornare a Firenze, così salda e preminente, seppure variata da misticismo bonaventuriano e vittorino, si era conservata in lui la lezione tomistica.
La sua opera, in parte ancora inedita, si presta bene, quasi a ogni pagina, al raffronto con concetti, temi ed espressioni dantesche. Si tratta, in sostanza, non d'indicare altre fonti del pensiero dantesco (eppure si dovrà riconoscere, più decisamente, che il sapere si travasa nella mente e nel cuore, anche e soprattutto in quelle antiche età, con l'ascolto e la conversazione e non solo per via di dirette e complete letture), quanto di stabilire il patrimonio comune e lo svolgimento delle idee nel tempo. E se per quello e per queste D. è all'altezza di fra Giordano, per l'accensione, il tono, la poesia, dunque, ma anche per l'energia con cui assorbe e rigetta ogni materiale di cultura, egli è incommensurabilmente superiore. Si tratta non solo di congruenze di dottrina in generale, di scienza e di filosofia in particolare, o di spunti utili per immagini o per temi validi ad atteggiare il pensiero; ma anche di semplici parole, di modi di dire (riferibili a un fondo di tradizioni popolari e correnti) dai più comuni ai più carichi, di avvii e nessi di periodo, di coppie di termini, di posizione di particelle su cui cala tutta una carica di suggestione, di tono e ritmo puranco, che dalla voce viva potevano assumere calore e forza di penetrazione.
Si capisce che, sul piano dell'ideologia, G. è più vicino allo spirito tomistico, nel precedente più immediato di Remigio dei Girolami, di quel che non sia Dante.
Par certo dire che l'uno e l'altro leggevano gli stessi libri, frequentavano gli stessi ambienti e luoghi, avevano dimestichezza di situazioni a loro particolarmente note. La lingua stessa nel suo insieme (salva ogni distinzione di dislivello, com'è naturale che sia tra creazione e divulgazione, poesia e predica) nasce quasi in un unico atto e ha egual forza, calore e sicurezza. La mole dei riscontri di pensiero e di stile, di strutture sintattiche e l'immagini, che si possono addure sul piano esemplificativo sottolinea, anche per questa via, la contemporaneità e la consanguineità di D. e del frate pisano.
Bibl. - Oltre alle prefazioni anteposte alle varie ediz. delle Prediche (particolarmente quelle di D. Moreni, Firenze 1831; E. Narducci, Bologna 1867; E. Levasti, Milano 1960²), si vedano: A. Galletti, Fra G. da Pisa predicatore del secolo XIV, in " Giorn. stor. " XXXI (1898) 1-48, 193-243; XXXII (1899) 193-264; F. Maggini, Fra G. da Rivalta e D., in " Giorn. d. " XXV (1922) 130-134 (ora in Due letture dantesche inedite, Firenze 1965, 120-130); ID., Tesori e meraviglie di una predica di fra G., in R. Liceo Ginnasio Galileo di Firenze, Firenze 1937, 34-39; ID., Saggi di prediche inedite di G. da Rivalta, in " Studi Filol. It. " V (1938) 129-140; M. Barbi, in " Bull. " XXV (1918) 34-78 (ora in Problemi 1254-295); A. Vallone, D. e fra G. da Rivalta, in " Giorn. Ital. Filologia " XIX (1966) 260-272 (ora in Ricerche dantesche, Lecce 1967, 113-132). In generale: S. Pasquazi, G. da P. - Tradizione manoscritta e cronologica delle prediche, Pisa 1955.