PIRONTI, Giordano
PIRONTI, Giordano (Iordanus Pirontus). – Figlio di Pietro Pironti e di Anna (forse sorella del conte Giovanni da Ceccano), nacque a Terracina – come ricorda egli stesso scrivendo a Giovanni da Capua e come è attestato nell’epitaffio della lastra tombale – attorno al 1210 o poco dopo.
Pietro e Roffredo Pironti, forse fratelli, si erano trasferiti a Terracina da Ravello, tra la fine del XII e i primi anni del XIII secolo. Di Roffredo (erroneamente, Barfridus in Pantanelli, 1911, I, p. 256), nel 1213 canonico della cattedrale di S. Cesario, consigliere dei vescovi di Terracina Simeone e Gregorio, notaio pontificio (almeno dal 1227) si hanno notizie fino agli anni Quaranta. Pietro Pironti nel 1223 aveva due figli maschi, Pietro e Giordano, e due figlie femmine sposate con Enrico e Pietro, probabilmente della famiglia Frangipane, potente a Terracina dalla metà del XII secolo. Gli interessi dei Pironti erano rivolti alla proprietà terriera, primo passo di una crescita in seguito consolidata nelle attività commerciali e finanziarie.
È privo di fondamento il titolo di conte di Terracina che molti autori, anche recenti, attribuiscono a Giordano: la qualifica di conte, che compare in una lettera di Giovanni di Capua, deriva dalla funzione di rettore («reverendo inclitaque Campanie comiti seu rectori Maritime precellenti», Sambin, 1955, p. 38).
Dopo la morte di Giordano, il fratello Pietro (II) e suo figlio (Pietro III) si fregiarono dello stesso appellativo, usato fino all’inizio del Trecento; ciò può dipendere dai loro legami diretti con il conte rettore pontificio, ma anche dalla parentela materna (i conti di Ceccano; del resto il nome Giordano ricorda l’omonimo cardinale Giordano da Ceccano, morto nel 1206).
Suddiacono e notarius di Innocenzo IV almeno dal 1246, il magister Giordano in breve tempo ascese ai livelli più alti della Curia pontificia: dal dicembre 1252 tenne per tutta la vita la carica di rettore della provincia di Campagna e Marittima (dove sono attestati, all’epoca, solo legati pontifici per missioni specifiche, mai rettori). Nel 1256 Alessandro IV lo nominò vicecancelliere, ufficio che mantenne (così come quello di notarius) fino all’elezione a cardinale diacono del titolo dei Ss. Cosma e Damiano per opera di Urbano IV nel maggio 1262 (ma ancora il 5 luglio apponeva la data con il titolo di vicecancelliere).
Protetto dal costante apprezzamento e dal favore di quattro pontefici (Innocenzo IV, Alessandro IV, Urbano IV e Clemente IV), Pironti divenne per il papato un indispensabile riferimento nel controllo di un territorio che, per posizione geografica e per la presenza di una potente aristocrazia filosveva, era esposto alle infiltrazioni di fautori e seguaci di Manfredi.
La scelta di Innocenzo IV di nominare un rettore nativo della provincia, ma con legami e parentele nel Regno, rispondeva all’esigenza di stemperare rapporti difficili e avvalersi di un intermediario di fiducia.
Oltre ad affidargli la soluzione di controversie patrimoniali tra enti ecclesiastici, signori e Comuni (monastero di S. Pietro di Villamagna difeso da Corrado di Sgurgola; Comune di Veroli e monastero di Casamari), e di conflitti politici (tra consoli e popolo a Ferentino; tra il Comune di Anagni e Mattia de Papa), e a nominarlo conservator dei frati di S. Antonio di Vienne, papa Fieschi lo incaricò di revocare le concessioni di beni e diritti della Chiesa in Campagna e Marittima, nel timore che tramite successivi passaggi potessero essere favoriti alleati degli svevi. Sullo stesso problema tornò Urbano IV, che vietò i matrimoni con persone del Regno e richiese al rettore Giordano un attento controllo sui trasferimenti di beni e castelli della provincia. Pironti poté avvalersi, nell’esercizio delle sue funzioni, dell’aiuto militare del nipote Giovanni (figlio del fratello Pietro morto nel 1263 negli scontri contro Mattia de Papa).
Anche i problemi della corona del Regno di Sicilia furono centrali nell’azione di Pironti, che intraprese viaggi diplomatici in Puglia e consigliò al re Manfredi di inviare ambasciatori al pontefice Alessandro IV per trattare condizioni di pace. Dopo il passaggio agli angioini, usò la sua influenza per sostenere la loro causa, come mostrano i ringraziamenti di Carlo d’Angiò e, dopo la morte di Pironti, la difesa dei beni che la famiglia aveva nel Brindisino. Nel 1268, quando, dopo la sconfitta di Tagliacozzo, Corradino di Svevia era rifugiato nel castello di Astura, Pironti sopraggiunse «cum equitum et peditum comitiva» e usò le capacità retoriche più che le armi per indurre Giovanni Frangipane (il signore del luogo che si opponeva alla consegna di Corradino a Roberto di Laveno) a lasciare l’ostaggio senza prolungare l’obsidio (cfr. Saba Malaspina, Rerum Sicularum libri, a cura di G. Del Re, 1868, p. 283).
Specialmente durante il papato di Alessandro IV, Pironti seppe abilmente unire ai doveri d’ufficio una costante attività per incrementare potere e beni della famiglia a Terracina e dintorni. Nella città iniziò la costruzione del palazzo a fianco della cattedrale, in aggiunta a quello esistente nella parte bassa della stessa. Nel territorio indirizzò le sue mire verso Acquapuzza (castrum speciale della Chiesa, a controllo del passo omonimo che sorvegliava un itinerario importante), ottenendo per i nipoti la concessione di alcune terre, con l’impegno di difendere il passo e la rocca, e acquisì beni della chiesa di S. Giovanni di Piedimonte; anche in occasione della definizione di confini contesi tra Terracina e Priverno ebbe modo di incamerare alcune terre per lungo periodo. Permutò inoltre il casale Piliocti (oggi Cecchignoletta) con i Templari di S. Maria in Aventino, ottenendo l’intero monte Circeo (compreso il locus di San Felice), che rimase ai Pironti sino all’acquisto degli Annibaldi (1279). Ottenne infine da Urbano IV di acquistare beni nel castello di Sonnino.
Negli anni di cardinalato (1262-69) Pironti svolse anche una serie di altre mansioni, a prova della fiducia in lui riposta dai papi Urbano IV e Clemente IV.
Ebbe, infatti, incarichi di auditore; procedette alla scelta dell’abate di S. Antimo, (diocesi di Chiusi) e alla verifica dei benefici ecclesiastici della diocesi di Siena; concesse benefici canonicali (al suo cappellano e notaio pontificio Andrea da Itri) e decime; risolse una complicata controversia tra l’abate e il priore della chiesa di S. Lupo di Troyes. Ma continuò a tenere d’occhio il territorio laziale e gli interessi familiari: fece trasferire da Bitetto a Terracina il vescovo Francesco Cane, esponente di una nobile famiglia di Terracina, e sollecitò infine Urbano IV a scomunicare Annibaldo da Ceccano, noto antiangioino, reo di avere incamerato i beni del fratello Landolfo che spettavano agli eredi (la moglie, nipote di Pironti, e il figlio).
I lunghi anni di residenza presso la Curia pontificia permisero a Pironti di mantenere solidali rapporti con personaggi della provincia, divenuti poi notai e scrittori pontifici, suoi cappellani (il cistercense Giacomo da Priverno, Laudato primicerio di Gaeta), e di costruire una fitta rete di relazioni con scrittori e notai pontifici accomunati dal gusto retorico che influenzò la produzione letteraria. Oltre ad Andrea da Itri, furono suoi cappellani il magister Giovanni de Rocca e Benedetto di Aquino. Fu legato per molti anni a Riccardo di Pofi, scrittore di molte sue sentenze e al quale dettò il testamento da poco ritrovato e il codicillo.
In effetti la fama attuale di Pironti è dovuta non tanto alla sua attività di rettore e di abile diplomatico, quanto al suo essere un raffinato e versatile dictator, che applicò nella produzione epistolare lo stilus Curiae Romanae elaborato a partire da Onorio III (con influssi importanti sulla produzione letteraria dell’epoca e sull’ars dictaminis praticata nella cancelleria di Federico II, e non solo).
Un saggio dell’eleganza stilistica di Giordano è offerto già dalla lettera di canonizzazione di s. Pietro Martire del 1253 su commissione di Innocenzo IV. Ma giustamente famoso è il certame dettatorio tra Pironti e Giovanni da Capua (datato da Paolo Sambin ad Anagni nel 1260), nel quale sulle reminiscenze classiche prevalgono gli adattamenti biblici, indice dell’elevata cultura dei due scriventi. Secondo Emmy Heller (seguita da Hans Martin Schaller), inoltre, fu Pironti a raccogliere le lettere di Tommaso di Capua e a organizzarle in dieci libri dedicati ad argomenti diversi, facendone un agile strumento per i funzionari della cancelleria pontificia. La Summa dictaminis Thome Capuani comprende in effetti, oltre alle lettere di Tommaso composte sino al 1230 circa, anche un buon numero di lettere di Alessandro IV, Urbano IV e Clemente IV e una ventina dello stesso Pironti.
La lettera più recente datata risale al 1268, il che orienta, per la composizione della Summa, alla sedevacanza viterbese di quell’anno. Secondo una recente e ragionevole proposta di Fulvio Delle Donne, Pironti potrebbe aver ordinato anche una delle raccolte dell’epistolario di Pier Delle Vigne, posseduta da uno dei suoi cappellani, Giovanni de Rocca.
Il testamento di Pironti, edito solo nel 2013, rivela la quantità e la portata dei benefici inglesi, invece il codicillo contiene lasciti al fratello Pietro, ai nipoti e ad alcuni dei suoi cappellani. Entrambi furono dettati a Riccardo di Pofi nel Palazzo episcopale di Viterbo. La morte lo colse il 9 ottobre 1269 e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco di Viterbo.
Fonti e Bibl.: Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 12632, cc. 205 s.; Saba Malaspina, Rerum Sicularum libri, a cura di G. Del Re, Napoli 1868, p. 283; Les registres d’Innocent IV, a cura di É. Berger, III, Paris 1884-1897, nn. 158, 2498, 6139, 6232, 7079, 7603, 7754; Regesta Honorii III pape, a cura di P. Pressutti, II, Roma 1895, n. 4337; Les registres d’Urbain IV, a cura di J. Guiraud, Paris 1901-1930, nn. 352, 384, 2051, 2322, 2904, 2962; P. Pantanelli, Notizie storiche della terra di Sermoneta, I, Roma 1911, pp. 256, 298 s., 327-329; C. Eubel, Hierarchia Catholica Medii aevi, Monasterii 1913, p. 8; Les registres d’Alexandre IV, a cura di J. De Loye - P. de Cenival - A. Coulon, Paris 1917-1953, nn. 507, 721, 785, 897-898, 1046, 1651, 2338, 2498, 2515; Regesta chartarum: regesto delle pergamene dell’Archivio Caetani, a cura di G. Caetani, I, San Casciano Val di Pesa 1925, pp. 36 s.; I registri della Cancelleria angioina, a cura di R. Filangieri, II, Napoli 1951, p. 257 n. 86; VII, Napoli 1955, p. 78 n. 45; Le pergamene di Sezze (1181-1348), a cura di M.T. Caciorgna, Roma 1989, pp. 43-45; N. de Rocca, Epistolae, a cura di F. Delle Donne, Firenze 2003, pp. XIII, XV-XVII, XX, XXV, 75-80, 95-98; Le pergamene di San Pietro di Villamagna (1238-1297), a cura di C.D. Flascassovitti, II, Galatina 2007, pp. 75-78; Die Briefsammlung des Thomas von Capua…, a cura di M. Thumser - J. Frohmann, in MGH, München 2011, http://www.mgh.de/fileadmin/ Downloads/pdf/Thomas_von_Capua.pdf (24 agosto 2015).
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