GIORDANO
Figlio di Eriberto conte di Ariano, a sua volta figlio di Gerardo di Buonalbergo, e Altruda, non si conoscono il luogo e la data della sua nascita.
G. dovette succedere al padre nel 1102 o poco dopo e, come lui, si mostrò riottoso ad accettare la supremazia del duca di Puglia, cui rifiutò sempre di prestare atto di formale sottomissione. Anche se le poche notizie disponibili non consentono di fare sufficiente chiarezza sull'attività di G. alla guida del suo distretto, è tuttavia possibile intuire che egli dovette intraprendere un'aggressiva politica di espansione territoriale nel Beneventano. Nel 1113, unitosi a Roberto (I) principe di Capua e a Roberto conte di Caiazzo, ingaggiò battaglia con un esercito beneventano guidato da Landolfo de Graeca, un connestabile di nomina pontificia. L'alleanza fra i tre ebbe tuttavia breve durata, dato che il conte di Caiazzo fu subito pronto a cambiare schieramento, avvicinandosi alla parte avversa e concludendo un accordo con l'arcivescovo di Benevento Landolfo, ben contento di stabilire relazioni pacifiche con esponenti dell'aristocrazia normanna. È molto probabile che l'irrequietezza di G., che non smise le armi, dipendesse dal fatto che egli intravvedeva la possibilità di profittare dei problemi che agitavano la dinastia dei duchi di Puglia.
Nel 1111 erano infatti morti Ruggero (I) Borsa e Boemondo (I), i due figli di Roberto il Guiscardo che alla sua morte (1085) avevano operato una divisione delle terre del Ducato in seguito alla quale il primo, erede designato, aveva mantenuto l'alta sovranità, pur vedendo i propri possessi limitati alle terre che avevano costituito il Principato longobardo di Salerno. Ruggero e Boemondo (I) avevano lasciato come loro eredi due figli minorenni, Guglielmo e Boemondo (II), posti sotto la tutela delle rispettive madri, Ailana e Costanza.
Già nel 1112 G. si sollevò contro Guglielmo, che fu quindi costretto a chiedere aiuto al conte di Sicilia Ruggero (II), dietro promessa di importanti concessioni territoriali.
Nonostante l'intervento del conte di Sicilia lo costringesse a sospendere almeno temporaneamente le ostilità contro Guglielmo, G. proseguì la propria politica aggressiva, anche se ciò avvenne principalmente in ambito locale. Probabilmente in conseguenza del fatto che si trovava ancora in aperto conflitto con i Beneventani, egli non prese parte al concilio di Ceprano (1114), riunito da papa Pasquale II con lo scopo di pacificare la regione beneventana. Tuttavia, stando alle informazioni in nostro possesso, nel 1115 G. accettò la sospensione triennale dei conflitti voluta dal pontefice e sottoscritta anche da Roberto di Loritello e dagli altri baroni pugliesi. Ma le sue aspirazioni di dominio non diminuirono e, probabilmente in concomitanza con la scadenza della tregua (1118), G. mosse guerra contro Rainulfo, successore di Roberto alla guida della Contea di Caiazzo. È difficile pronunciarsi sui reali motivi di queste ostilità, che Falcone da Benevento tende a ricondurre al tradimento perpetrato dal castellano di Tufo, Roberto di Montescaglioso, ai danni di G., suo parente. A ogni modo, l'aspra contesa per il predominio territoriale che si accese nell'occasione, pur se di scala relativamente limitata, testimonia della rivalità tra due potenti e ambiziose famiglie comitali. Tali famiglie, come altre nella regione, valutavano ormai le proprie prerogative secondo un'ottica chiaramente signorile e si presentavano quindi come forze militari alla ricerca di ulteriori ambiti di egemonia.
G. continuò comunque a tentare di guadagnare spazi di autonomia ai danni del duca di Puglia. Nel 1121 egli lanciò un'offensiva molto più decisa che in precedenza, mettendo a ferro e fuoco la città irpina di Nusco, sotto gli occhi dello stesso duca, evidentemente impossibilitato a qualunque reazione militare. Nei primi mesi dell'anno seguente Guglielmo fu pertanto costretto a invocare nuovamente l'aiuto di Ruggero (II). Il conte di Sicilia questa volta intervenne con decisione; allettato da nuove, più significative, promesse - il duca di Puglia rinunciò in suo favore al controllo della Calabria e delle quote di Palermo e Messina che ancora gli spettavano - egli mise a disposizione 600 cavalieri e un'ingente quantità di oro per organizzare un esercito da opporre a Giordano. Forte di questo nuovo aiuto, Guglielmo invase le terre della contea di Ariano facendo ingente bottino, prendendo numerosi prigionieri e giungendo a porre l'assedio al castello di Apice, nel quale risiedeva lo stesso Giordano.
Nel frattempo all'esercito ducale si era unito un gruppo di armati guidati dal cardinale Crescenzio, rettore di Benevento. Soverchiato dalla consistenza degli avversari, e costretto alla resa, G. ottenne però il perdono del duca, anche se le sue proprietà furono interamente confiscate.
Dopo questi avvenimenti di G. non si hanno altre notizie fino al luglio del 1127, quando il duca Guglielmo morì. La situazione di quasi totale anarchia che seguì - città quali Amalfi, Bari, Salerno, Troia, Melfi, Venosa, si sollevarono tentando di rendersi indipendenti - dovette far ritenere a G. che le circostanze gli consentivano di riprendere il controllo della propria Contea. Nel volgere di pochi giorni egli fu in effetti in grado di impadronirsi dell'importante centro di Montefusco e, facendo base lì, di recuperare rapidamente i centri che gli erano stati confiscati.
Quando, secondo la testimonianza di Falcone, decise di accordare il proprio aiuto a un certo Roberto figlio di Riccardo - un cavaliere normanno che stava cingendo d'assedio il castello di Fiorentino, nella Capitanata -, G. probabilmente aveva in animo di espandere ulteriormente il proprio potere territoriale. Tuttavia egli perse la vita durante gli scontri (12 ag. 1127) e gli succedette alla guida della Contea il figlio Ruggero che ne proseguì, con fortune alterne, la politica di autonomia dall'autorità centrale, tentando di contrastare l'opera di accentramento statale di Ruggero (II) d'Altavilla.
Fonti e Bibl.: Falcone di Benevento, Chronicon Beneventanum, a cura di E. D'Angelo, Firenze 1998, ad indicem; F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, I, Paris 1907, pp. 315, 318, 321, 324, 382, 387; G.A. Loud, The Norman counts of Caiazzo and the abbey of Montecassino, in Monastica, I, Scritti raccolti in memoria del XV centenario della nascita di s. Benedetto, Montecassino 1981, p. 207; Id., Church and society in the Norman Principality of Capua, 1058-1197, Oxford 1985, pp. 94 s., 107, 131 s., 137, 143; E. Cuozzo, L'unificazione normanna e il Regno normanno-svevo, in Storia del Mezzogiorno, II, 2, Napoli 1989, pp. 618 s.; W. Schütz, Catalogus comitum. Versuch einer Territorialgliederung Kampaniens unter den Normannen von 1000 bis 1140, von Benevent bis Salerno, Frankfurt a.M. 1995, pp. 545-548; G.A. Loud, A Lombard abbey in a Norman world: St. Sophia, Benevento, 1050-1200, in Anglo-Norman Studies, XIX, Proceedings of the Battle Conference, 1996, a cura di C. Harper Bill, Woodbridge 1997, p. 296.