GIORDANO
Il casato di G., che nacque presumibilmente nel secondo decennio del secolo XII, è incerto. Stando una notizia del Sansovino, proveniva dalla famiglia Orsini, ma l'appartenenza alla certosa di Le Mont-Dieu presso Reims e la successiva attività come legato pontificio in Francia fanno pensare piuttosto a un'origine francese. Creato cardinale diacono probabilmente già sotto il pontificato di Lucio II (12 marzo 1144 - 15 febbr. 1145), nel dicembre 1145 G. era cardinale prete di S. Susanna e probabilmente in quel periodo gli fu conferito da papa Eugenio III anche l'ufficio di camerario, carica attestata nell'amministrazione finanziaria pontificia a partire dal pontificato di Urbano II (1088-99), in sostituzione di quella di arcarius o sacellarius. Dall'epoca di Gregorio VII e di Urbano II i pontefici avevano cominciato infatti ad affidare la riscossione del censo spettante alla Chiesa di Roma, spesso non versato regolarmente, a funzionari specificamente destinati a questo compito, in modo da superare le ristrettezze finanziarie in cui si dibatteva la Chiesa. Con tale carica G. è menzionato per la prima volta in un documento di papa Eugenio III, datato 8 marzo 1147, con il quale veniva stabilito il versamento di 1000 solidi a favore del conte Amedeo di Savoia, in partenza per un pellegrinaggio a Gerusalemme, per mezzo dell'abate Silvio di S. Giusto a Susa.
Nel 1151 G., insieme con il cardinale prete di S. Cecilia Ottaviano, futuro antipapa con il nome di Vittore IV, fu incaricato di una legazione in Germania presso re Corrado III. I due inviati dovevano persuadere Corrado a scendere in Italia e a ricevere dal papa la corona imperiale, in modo da ottenere un coinvolgimento del re di Germania a favore del pontefice. Inoltre era loro compito eliminare gli abusi interni alla Chiesa dell'Impero secondo i desideri del sovrano svevo. Entrambi gli inviati ricevettero dal papa istruzioni precise sul finanziamento della missione: a G. furono assegnati quindici cavalli.
Nonostante il resoconto tendenzioso delle fonti, scritte per lo più quando Ottaviano era ormai asceso al soglio pontificio, non c'è dubbio che i due legati, i quali si facevano apertamente concorrenza tra loro circa i compiti della missione, lasciarono dietro di sé in Germania un'impressione contrastante. Giovanni da Salisbury, in particolare, dà di G. un ritratto fortemente negativo: riferisce che vestiva male, era aspro nel parlare e nel gestire e anche avaro. Con questo giudizio così severo contrastano in verità tre lettere di Vibaldo di Stavelot redatte nel 1147 e 1152, nelle quali su G. vengono espressi degli apprezzamenti. Già in questa testimonianza emerge dunque con chiarezza che G., in qualità di camerario, si era impegnato con grande energia per la tutela delle finanze pontificie, cosicché il giudizio secondo il quale egli "scheint schnell den Gefahren seines Amtes erlegen zu sein" (Sydow, p. 9) non è del tutto ingiustificato.
L'11 giugno 1151 G. era presente alla Dieta di Ratisbona, durante la quale tra le altre questioni furono condotte trattative sulla discesa a Roma del re di Germania. Il 15 settembre in una Dieta a Würzburg ebbero luogo colloqui sullo stesso tema. Il viaggio fu fissato probabilmente per l'autunno dell'anno seguente, dopo che era stato raggiunto un accordo sull'incoronazione imperiale di Corrado e in cambio questi si era impegnato a ristabilire l'ordine in Italia, come richiedeva il pontefice.
Mentre Ottaviano verso la fine dell'anno rientrò a Roma dalla Germania, G. si recò in Francia passando attraverso la valle della Lahn, dove scomunicò il conte Ruprecht di Laurenburg. Nella seconda metà del gennaio 1152 a Metz presiedette un sinodo e il 28 gennaio a Treviri assistette ai funerali dell'arcivescovo Albero. Dalla Francia, secondo una lettera di Vibaldo di Stavelot (n. 378), sembra che G. sia di nuovo intervenuto in Germania e abbia affidato ad Arnoldo II di Colonia la soluzione di una lite fra il prevosto Tibaldo di Xanten e la sua collegiata. La presenza di G. all'elezione di Federico I, avvenuta il 9 marzo 1152, non è accertata.
Obiettivo centrale del viaggio di G., che toccò, nella Francia, prima Reims, dove la sua presenza è documentata nella prima metà del 1152, e poi Rouen, era innanzi tutto la riscossione di denaro per la Chiesa di Roma. G. sembra essersi comportato con grande durezza al proposito e di avere suscitato molto malumore, soprattutto la sua inaudita rapacità (Janssen) gli guadagnò la fama di lupo travestito da agnello (Giovanni da Salisbury, p. 78) e comportò gravi danni all'immagine del Papato in Francia, già altrimenti compromessa.
Un violento contrasto sorto tra G. e il priore del monastero di Le Mont-Dieu, che il legato aveva visitato, getta un po' di luce su questo soggiorno in Francia. Stando le fonti (Giovanni da Salisbury, pp. 79 s.) G. alla partenza volle fare al priore del suo antico monastero un donativo in denaro, ma ricevette un energico rifiuto, perché il priore era indignato per i maneggi del cardinale e il monastero riteneva sospetta l'origine del denaro. G. aveva probabilmente tentato di sfruttare a proprio favore la differenza di peso tra la più pesante moneta certosina e quella romana, più leggera. Il priore di Le Mont-Dieu non si accontentò di respingere il denaro, ma incaricò Bernardo di Chiaravalle di lamentarsi del comportamento di G. con Ugo di Ostia, al quale Bernardo doveva chiedere di adoperarsi affinché il papa rimuovesse G. dalla sua carica e in tal modo liberasse anche la sua coscienza. Le formule un po' generiche della lettera di Bernardo culminano nell'affermazione che G. era passato in Francia dalla Germania lasciando sempre dietro di sé una pessima opinione.
In un certo contrasto con questo aspetto della condotta di G. in Francia sta il suo atteggiamento nei confronti dei monasteri certosini, verso i quali fu molto benevolo. Tra l'altro, si adoperò in favore della certosa di Le Val-Saint-Pierre, presso Soissons, per l'acquisizione di ampi possedimenti terrieri, come risulta da un documento di conferma emesso da papa Anastasio IV.
Nel giugno 1152 G. si trovava infine presso l'abbazia di Vézelay, dove era in corso un acceso conflitto tra l'abate Ponzio e il conte Guglielmo IV di Nevers. L'abate, secondo quanto riferisce Ugo di Poitiers, aveva pregato il cardinale prete Giovani Paparo, di ritorno da una legazione in Irlanda e in Scozia, di una mediazione e questi a sua volta aveva coinvolto G., nella cui sfera di competenza si trovava Vézelay. Il 30 giugno di quell'anno i due legati lasciarono l'importante abbazia dopo lunghi e inutili sforzi per giungere a una composizione e si recarono a Chablis. L'incontro che lì ebbe luogo con il conte Guglielmo portò a un nuovo insuccesso. Dopo l'arrivo nella più sicura Cluny, il Paparo e G. scomunicarono i cittadini di Vézelay e colpirono la città con l'interdetto. Subito dopo il Paparo lasciò la Francia e tornò a Roma. Bernardo di Chiaravalle valutò il suo operato con parole di elogio, e in tal modo lo pose in chiara contrapposizione con quello di Giordano. Questi trascorse l'inverno nella Francia meridionale, evidentemente poco incline a rientrare a Roma se non costretto. Il ritorno dovette coincidere con l'arrivo a Roma della lettera di lamentele di Bernardo di Chiaravalle. Sebbene una parte della violenta critica rivolta a G. si debba ricondurre alla natura stessa del suo ufficio di camerario e perciò non si possa automaticamente tradurre in un giudizio sulla persona, le accuse formulate sul suo operato non erano prive di fondamenti concreti, sicché nel 1154-55 Oddo di S. Giorgio in Velabro, personalità notoriamente conciliante e di grande prestigio, fu inviato in Francia come legato pontificio per appianare il malumore suscitatovi.
Al suo arrivo a Roma G. fu accolto da papa Eugenio III con grandi rimproveri e rimosso dall'ufficio di camerario. La critica del papa si rivolse in primo luogo contro i metodi impiegati da G. in Francia e in Germania, ma non contro la riscossione del denaro in sé, che rientrava nei compiti della legazione. Sembra tuttavia che G. si sia riconciliato ben presto con il pontefice, il quale lo inviò, nei primi mesi del 1153, come legato nella Marca veronese insieme con Ildebrando Crasso dei Ss. Dodici Apostoli.
È questa l'ultima notizia che abbiamo su Giordano. Resta ignoto l'anno della morte.
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