BOSCHI, Giorgio Andrea
Nato a Farigliano (Cuneo) il 24 febbr. 1664, entrò nel 1680 nel noviziato degli scolopi a Genova, prendendo il nome di Andrea di S. Sebastiano, e già nel 1687, prima ancora di divenire sacerdote, venne nominato lettore di filosofia nelle scuole interne dell'Ordine. Nel 1692 fu trasferito a Firenze, per occupare fino al 1712 la cattedra di teologia dogmatica e morale, con l'interruzione di un triennio (1706-09), quando fu eletto provinciale per la Toscana.
Nei lunghi anni trascorsi a Firenze, per la modestia e dottrina fu caro all'arcivescovo Tommaso Buonaventura della Gherardesca, che lo nominò esaminatore sinodale, e allo stesso granduca Cosimo III, che, nel 1710, lo scelse quale suo teologo e consultore. Dai suoi confratelli due volte, nel 1698 e nel 1712, fu inviato a Roma quale rappresentante della provincia toscana al capitolo generale. Fu appunto nel capitolo del 1712 che venne eletto generale delle Scuole pie.
In questa carica, con prudenza ed equilibrio, contribuì non poco al progresso dell'Ordine e alla sua espansione in Spagna e nell'Europa centrale. Aumentò il numero delle case di formazione e dei professori, procurando anche i necessari mezzi finanziari, sostenendo la necessità di dare un maggiore impulso agli studi, specialmente a quelli di matematica e fisica, nella convinzione "che un Filosofo che arrivi ad essere un bravo Aritmetico e un buon Matematico, sarà nel nostro secolo uno degl'huomini più considerati" (lett. del 12 sett. 1716 al prov. tosc., in Arch. Generale degli Scolopi, Reg. gen. 148, f. 314). Infine, per assicurare, anche in futuro, la regolarità degli studi dei giovani scolopi, nel capitolo generale del 1718 fece definitivamente approvare la Ratio Studiorum pro nostris ideata dal padre Carlo G. Pirroni, perfezionata dal padre Foci e da lui stesso riveduta. Sempre nel campo scolastico, dovette lottare molto per far riconfermare dalla Santa Sede agli scolopi il diritto di studiare ed insegnare liberamente le scienze maggiori ad ogni classe di alunni, ricchi e poveri, nobili e plebei, diritto allora contestato dai padri polacchi della Compagnia di Gesù. Con la sua prudente energia riuscì pure a liberare il Collegio Nazareno dalla pesante tutela degli auditori di Rota, assicurando, in tal modo, l'autonomo sviluppo del sistema pedagogico calasanziano nel celebre istituto romano, che tanto influsso ebbe sugli altri istituti calasanziani d'Italia, Spagna, Polonia ed Ungheria. Notevole fu anche l'impegno del B. per far progredire la causa di beatificazione del Calasanzio: benché il decreto sull'eroicità delle sue virtù sia uscito solo nel 1728, il B. ne ebbe il merito principale.A Roma seppe acquistarsi la stima del card. Nicolò Caracciolo, provicario del papa, e dello stesso Clemente XI, che lo nominò esaminatore sinodale del clero secolare e regolare. Il granduca Cosimo III gli affidò incarichi di fiducia presso la corte di Roma.
Ultimo atto del generalato del B. fu la preparazione del capitolo generale del 1718 che tanto influsso ebbe poi sull'Ordine scolopico, in quanto furono raccolti in un solo corpo tutti i decreti capitolari emanati fino a quel tempo e definitivamente regolata l'organizzazione degli studi superiori. Il B. fu eletto primo assistente del nuovo generale Gregorio Bornò.
Ammalatosi, fu autorizzato a ritornare a Firenze, ove Cosimo III gli affidò la cattedra di teologia morale nell'università. Per il prevalere di preoccupazioni didattiche e pedagogiche sull'erudizione scientifica, nonostante la sua vasta dottrina, il B. non pubblicò nulla, né lasciò scritti inediti. Nella primavera del 1721, dopo un viaggio a Roma, fu colpito da un grave attacco d'idropisia, da cui non poté riaversi.
Morì a Firenze il 1º ottobre 1721.
Fonti eBibl.: Novelle letterarie (Firenze), XXIII (1762), col. 384; Religiosi Scholarum Piarum..., a cura di L. Del Buono, I, Firenze 1893, p. 130; E. Llanas, Escolapios insignes..., III, Madrid 1899, pp. 63-69; L. Picanyol, Brevis Conspectus..., Roma 1932, pp. 15 s.; G. Sántha, A. B., in Ephemerides Calasanctianae, XXXIV (1965), pp. 193-210, 241-262, 321-342, 381-397; XXXV (1966), pp. 14-31 (con ulteriore indicazione di fonti e bibliografia).