ASPRONI, Giorgio
Nato a Bitti (Nuoro) il 5 giugno 1809, da Giorgio e da Rosalia De Murtas, di povera famiglia, rimase presto orfano del padre, e da uno zio prete fu mantenuto agli studi, che fece prima a Sassari, poi a Cagliari, ove, a ventiquattro anni, si laureò in dìritto. Lo zio lo aveva mantenuto a condizione che intraprendesse la carriera ecclesiastica, e l'A. prese gli ordini. Nel febbraio 1843 era canonico penitenziere del capitolo di Nuoro, e nel locale seminario insegnò teologia morale fino al 1847, quando, sorta una controversia teologica con l'amministratore apostolico della diocesi ' Varesini, e accresciutisi i dissensi con il clero e con l'ambiente nuorese per le sue idee democratiche, l'A. si recò a Genova.
Il Varesini nel 1847 aveva voluto introdurre nel seminario la Theologia moralis universa ad mentem S. Alphonsi (Novara 1841 ultima ediz., Milano 1901) del teologo piemontese P. Scavini, amico del Rosmini, e con questo ed altri in polemica per la propria interpretazione del probabilismo. L'A., ricollegandosi anche all'aspra critica della opera che aveva fatto il Gioberti, come egli stesso riferì poi nella tornata del 13 marzo 1851 al Parlamento subalpino, la giudicò contraria ai retti principi della morale e tale da diffondere massime pervertitrici, e continuò l'insegnamento indipendentemente dalla decisione del Varesini, sicché questi proibì agli allievi del seminario di Nuoro di frequentare le lezioni dell'Asproni.
Quanto agli orientamenti democratici e repubblicani dell'A., essi non avrebbero piena luce avulsi dalla situazione che si era venuta creando in Sardegna, dove risentimenti e resistenze accompagnavano l'abolizione degli ancora importanti residui feudali nella legislazione isolana, che veniva attuata sotto il regno di Carlo Alberto con l'estensione della legislazione e degli ordinamenti amministrativi piemontesi.
L'A. fu infatti antipieniontese e regionalista, ma convinto unitario; repubblicano, ma non sempre totalmente mazziniano; anticlericale, ma senza venir meno alla propria convinzione nella fede cattolica; attivìssimo nel movimento operaio, ma riformista e alieno da ogni idea di classe.
A Genova i contatti con gli esponenti delle correnti democratiche (da L. Avezzana a L. Celesia a L. Pareto) lo confermarono nella persuasione che il problema italiano poteva essere risolto soltanto con un riordinamento nazionale in cui la Sardegna, a fianco degli altri stati italiani, doveva conservare la propria fisionomia. A Genova l'A. collaborò a Il Pensiero Italiano,repubblicano e antipiemontese; fu membro del democratico Circolo italiano e concordò pienamente con la linea politica dei suoi dirigenti, ostili fra l'altro all'orientamento piemontese, da essi accusato di trascurare gli interessi della Liguria e della Sardegna, quasi terre di conquista, a vantaggio di più immediati interessi del solo Piemonte. Proprio dalle pagine de Il Pensiero Italiano l'A. auspicava una più stretta collaborazione tra Sardegna e Liguria, e a tale scopo il Circolo italiano tenne una riunione il 2 genn. 1849.
A Nuoro, dove aveva fondato un circolo popolare d'orientamento democratico e repubblicano, l'A. nel 1848 si presentò alle elezioni per la I legislatura. Eletto, l'elezione fu cassata per incompatibilità con la sua carica di canonico beneficiario.
L'annullamento aveva determinato un rinfocolarsi di polemiche, non solo da parte dei clero. Quando, dopo la sconfitta di Novara, il partito mazziniano fomentò la sollevazione di Genova, l'A. fu accusato, con G. Siotto Pintor e D. Fois, di avervi preso parte. Alle energiche repliche del Siotto Pintor, dei Fois e dell'A., Alberto Ferrero Della Marmora, commissario straordinario dell'isola di Sardegna, interveniva (Riscontri del R. Commissario per l'isola di Sardegna in risposta alle interpellanze e accuse del sig. deputato Asproni, Cagliari 1849), invitando gli elettori a non votare per uomini accusati di repubblicanesimo o addirittura di comunismo (come l'A., che avrebbe promesso agli elettori l'abolizione delle "tasche").
Alla fine dell'aprile 1849 l'A. rinunciava al canonicato. Ciò segnava anche la fine di una crisi spirituale: pur non tollerando mai che gli si attribuissero convinzioni eterodosse, l'A. non accettava la disciplina gerarchica. Si presentava così alle elezioni per la III legislatura, venendo eletto, nel luglio 1849, per il collegio di Lanusei. L'A., stabilitosi tra Genova e Torino, fu deputato nella IV, V, VII, IX, X, XI e XII legislatura. In parlamento si schierò con la Sinistra, collaborando con Brofferio, Rattazzi, Sineo; con A. Turcotti e G. Robecchi fece parte della triade dei preti anticlericali; membro di commissioni, oltre che su argomenti di politica generale, intervenne anche, e con competenza, su aspetti tecnici di politica economica (questioni ferroviarie, stradali, agricole).
Irriducibile avversario di Cavour, di cui disapprovava soprattutto la politica liberistica, contraria agli interessi della Sardegna, nel 1851 partecipò alla discussione sull'abolizione delle decime nella isola, che suscitò vive proteste da parte dei clericali. Presidente della commissione d'inchiesta sull'operato dei vescovi di Torino e Acqui (accusati di non risiedere nelle sedi vescovili), nel 1852 fu tra i sostenitori dell'introduzione del matrimonio civile in Piemonte.
Intensa era intanto la sua azione di pubblicista per la causa democratica, che continuò per tutta la vita collaborando ai giornali della Sinistra. Oltre che a Il Pensiero Italiano di Genova, aveva collaborato a Il Popolo di Cagliari; nel 1850 era stato invitato a collaborare, dal Brofferio, a La Voce della Libertà di Torino, diretto da G. La Cecilia; dal 1850 al 1860 collaborava ai giornali democratici Il Diritto e L'Italia del Popolo.
Ostile all'accordo con la Francia, perché credeva in una risoluzione rivoluzionaria e non diplomatica del problema italiano, nel 1859 l'A. si preoccupò di raccogliere fondi e armi per i volontari, spostandosi e tenendo contatti coi patrioti di Venezia, Modena, Firenze, Parma, Bologna, a scongiurare un ritorno dei principi deposti. Tornato a Torino, con Rattazzi, Brofferio e altri della Sinistra dette vita alla società dei Liberi Comizi, che aveva come organo Lo Stendardo Italiano, di cui fu anche tra i fondatori.
Alla spedizione di Garibaldi prestò fattivo aiuto e attenzione politica, temendo l'attività del Cavour a pro, della monarchia sabauda e intrighi in questo senso intorno alla persona del generale. Partito così da Genova, raggiunse ai primi d'agosto del 1860 Garibaldi a Palermo, dove entrò in contatto con Crispi ed esponenti democratici meridionali, Come Friscia e Nicotera; seguì poi Garibaldi a Napoli.
La situazione politica meridionale attirò così l'attenzione dell'Asproni. Questi, che tra il 1863 e il 1867 fu collaboratore de Il Dovere, nel 1864 fu chiamato dal Nicotera a dirigere Il Popolo d'Italia a Napoli, giornale dell'Associazione Unitaria Nazionale; in seguito, le sue vivaci corrispondenze su Il Pungolo, di Napoli, ebbero particolare eco.
Intanto, in seguito a un'interpellanza, nel gennaio del 1862, del deputato G. Sanna Sanna sulle condizioni della Sardegna, e alla debolezza delle sue repliche alle risposte del Lanza, non essendo in quegli anni deputato, l'A. interessò Garibaldi - che mosse interrogazioni al Rattazzi - e il Cattanco, studiando con questo la costituzione di una commissione parlamentare di studio sulle condizioni dell'isola. Il Cattaneo, in seguito a ciò, scriveva sul Politecnico (XIII, 1862) il noto articolo Un primo atto di giustizia verso la Sardegna.
Dopo la discussione alla Camera, nel 1863, provocata dalle operazioni repressiye del generale Govone in Sicilia, l'A. intervenne nel dibattito dei democratici, specialmente siciliani, tra i quali il proposito di un'insurrezione nell'isola era diffuso e radicato, a difendere il principio unitario contro suggestioni separatiste e a perorare fortne legali di protesta che colpissero il sistema e non la patria. Ma nel febbraio del 1869, quando un raduno di capi repubblicani (convocato da Mazzini a Lugano in casa Nathan) decise quel piano di insurrezione generale che il governo, informato, riuscì a far abortirc. e che portò ai numerosi arresti dell'aprile, a Napoli, Milano, Firenze e un po, dovunque, l'A. risulta tra i cospiratori.
Negli anni 1863-67 fu anche intensa l'attività dell'A. in seno al movimento operaio. Nell'ottobre 1863 partecipò al X congresso delle società operaie, a Parma; e qui, approvato il suggerimento di Mazzini di costituire un'unica federazione nazionale delle associazioni, fu chiamato a far parte della nuova commissione permanente, con sede a Genova, e fu eletto nella commissione di studio sulla pratica possibilità di attuare una banca operaia. Nella serie di articoli che pubblicò allora su Il Dovere, dal titolo Il Congresso degli operai italiani (17, 24, 31 ott., 7, 28 nov., 5 dic. 1863, 3 genn. 1864), l'A. appare sulla stessa linea politica di Mazzini: necessità di politicizzare le società operaie, in quanto la rivendicazione di miglioramenti economici implica un atto politico; necessità dell'educazione e istruzione, intese soprattutto in senso morale. Vaghi sono gliaccenni alla necessità di un'istruzione tecnicoprofessionale, e manca ogni cenno a lotte delle classi.
Nel 1864 l'A. firmava il programma del Giornale delle Associazioni operaie italiane, la cui nascita era stata stabilita nel congresso di Parma. Prese parte all'XI congresso, apertosi a Napoli nell'ottobre del 1864, e viappoggiò la proposta di G. Bovio, sulla possibilità di costituire un congresso generale degli operai, con rappresentanti di varie nazioni. Si era costituita a Londra l'Associazione Internazionale dei Lavoratori, e l'A. sostenne la proposta di inviare rappresentanti italiani al congresso da questa indetto per il 1866. Dal 1865 datano i contatti dell'A. con Bakunin, che si era stabilito a Napoli; questi però non cambiò i convincimenti mazziniani dell'A., che tuttavia nel 1867 è tra coloro che ricevono il giornale Libertà e Giustizia di Bakunin.
Dell'attività parlamentare degli ultimi anni possono essere ricordate, come tipiche dell'A., due prese di posizione. Contro il progetto (che dette vita alla legge 15 ag. 1867) che il relatore della commissione L. Ferraris illustrava in sostituzione dell'altro del ministro delle Finanze Ferrara sulla liquidazione dell'asse ecclesiastico, l'A. presentò un controprogetto: tutti i culti religiosi erano liberi e rispettati, e nessuno poteva esseme impedito nell'esercizio se non attentava contro le leggi, né obbligato a contribuire a spese per alcun culto, mentre enti ecclesiastici o annessi al culto erano soppressi, e i loro beni incamerati a favore dei Comuni con obbligo per questi di alienarli. L'ultimo suo discorso alla Camera concemeva il progetto di costruzione di linee ferroviarie in Sardegna.
L'A. morì a Roma il 30 apr. 1876. Le onoranze che gli decretò il Parlamento originarono un incidente tra il deputato Bonfadini della Destra e il ministro Nicotera, accusato di fare della morte dell'A. occasione di propaganda di partito.
Fonti e Bibl.: Manca un esauriente lavoro sull'A., la cui complessa azione va seguita principalmente sugli Atti Parlamentari, attraverso i suoi numerosi articoli - sparsi in giornali non tutti citati - e nella corrispondenza. Per questa, oltre S. Deledda, Carteggio inedito di G. A. e A. Brofferio, Cagliari 1922, e P. Nurra, Lettore inedite di G. A., Roma 1927 (estr. da La Cultura Moderna,1927, fasc. 4), e gli Archivi di Cagliari, del Museo Centrale del Risorgimento a Roma, del Museo del Risorgimento a Genova (cfr. A Neri, Catalogo, Milano 1915), si vedano tra l'altro gli Indici degli Scritti editi e inediti... di G. Mazzini, Epistolario, dell'Epistolario di C. Cattaneo, dell'ediz. naz. degli Scritti di G. Garibaldi.
Utili e di varia importanza: F. Guardione, Saverio Priscia, Napoli 1913, pp. 38, 46, 57, 70, 82 ss.; G. Solari, Il pensiero politico di G. B. Tuveri, Cagliari 1915, p. 26;F. Martini, Due dell'Estrema, Firenze 1920, pp. 33 s., 52; A. Levi, Sardi del Risorgimento, Cagliari 1923, pp. 45 s., 55, 62 s., 66, 74, 84 ss., 94 ss. e passim; N. Rosselli, Mazzini e Bakounine, Torino 1927, pp. 113, 122, 124, 182, 200, 214; M. Nettlau, Bakunin e l'Internazionale in Italia, pref. E. Malatesta, Ginevra 1928, pp. 49 ss., 52 s., 110, 375 s.; D. Filia, Sardegna cristiana, III, Sassari 1929, pp. 370, 373, 386, 389, 391 s., 396, 417 ss., 429, 438; S. Deledda, Problemi sardi del Risorgimento.... in Mediterranea, V, 2 (1931), pp. 14-28; 3, pp. 1-26; E. Pantano, Memorie,I (1860-70), Bologna 1933, pp. 254, 299 s., 384;L. Ravenna, Il giornalismo mazziniano, Firenze 1939, pp. 13, 118 s., 154, 241, 253, 284; A. Omodeo, L'opera politica del conte di Cavour, I, Firenze 1940, p. 168; G. La Cecilia, Memorie storico-politiche, a cura di R. Moscati, Varese 1946, pp. 576, 645;A. C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino 1948, p. 257;D. Scano, G. A. nel quadro degli avvenimenti politici del Risorgimento, in Studi Sardi, VIII (1948), pp. 198-237;E. Conti, Alcuni documenti relativi al soggiorno fiorentino di M. Bakunin (1864-65), in Movimento Operaio, Il (1950), pp. 128 s.; E. Vitale, Il tentativo di introdurre il matrimonio civile in Piemonte (1850-52), Roma 1951, pp. 24, 38, 54 s., 57, 138; P. Alatri, Lotte politiche in Sicilia sotto il governo della Destra (1866-74), Torino 1954, pp. 69, 277, 403; A. Romano, Storia del movimento socialista in Italia, Milano-Roma 1954, 1, pp. 53, 83, 136, 138, 146, iso, 161 s., 180, 195, 197, 316 s., 333; II, p. 108; F. Brancato, La Sicilia nel Primo ventennio del regno d'Italia, Bologna 1956, p. 369; G. Carocci, A. Depretis e la Politica interna italiana dal 1876 al 1887, Torino 1956, p. 69; P. Alatri, Moderati e radicali nel 1860, Milano 1959, p. 71; Antologia storica della questione sarda, a cura di L. Del Piano e pref. L. Bulferetti, Padova 1959, pp. XXXIX, XL, XLVI; B. Montale, La Confederazione Operaia Genovese e il movimento mazziniano in Genova..., Pisa 1960, p. 39.