BO, Giorgio
Nacque a Sestri Levante (Genova) il 4 febbr. 1905 da Silvio, banchiere, e da Maria Rosa Bo. Compiuti gli studi secondari presso un collegio di Chiavari, retto dai padri scolopi, seguì gli studi di giurisprudenza a Genova, laureandosi nel 1928 con una tesi sul pensiero filosofico di s. Tommaso e divenendo subito assistente presso la cattedra di diritto civile, retta da F. Vassalli. Militante nelle organizzazioni cattoliche giovanili, dal 1928 al 1930 fu anche vicepresidente del circolo genovese della Federazione universitaria cattolica italiana, avendo modo di stringere amicizia con monsignor G. B. Montini, assistente ecclesiastico nazionale.
Conseguita la libera docenza in diritto civile il 1° dic. 1933, ottenne l'incarico di istituzioni di diritto privato prima a Modena (1933-34) e poi a Ferrara (1934-35). Dal 1935-36 ritornò a Genova, dove insegnò prima istituzioni di diritto privato e poi diritto civile. Straordinario dal 1° dic. 1934, divenne ordinario il 1° dic. 1937. Rimase titolare a Genova fino al 1962, quando si pose in aspettativa fino al 1° nov. 1967, allorché ottenne il trasferimento a Roma, alla cattedra di istituzioni di diritto privato presso la facoltà di economia e commercio.
Il periodo più fruttuoso della sua produzione giuridica risale agli anni Trenta, durante i quali pubblicò: Il diritto agli alimenti, Padova 1932; Il matrimonio per procura, ibid. 1933; Contributo alla dottrina dell'obbligazione fidejussoria, ibid. 1934; Il contratto di deposito, Torino 1939.
Durante il ventennio fascista il B. si mantenne lontano da ogni attività politica, pur essendo iscritto al Partito nazionale fascista e avendo prestato il giuramento imposto ai docenti universitari; ma, ancor prima del 25 luglio 1943, aderì al movimento cristiano sociale e, il 27 luglio, insieme con P. E. Taviani e altri esponenti del movimento e del vecchio Partito popolare (tra cui A. Pellizzari), costituì il Partito democratico sociale cristiano della Liguria, che a fine agosto - su sollecitazione di A. De Gasperi e G. Spataro - confluì nella Democrazia cristiana. Quando, prevedendosi che la liberazione di Roma avrebbe reso molto difficili le comunicazioni tra la capitale e il Nord, si decise di costituire a Milano una segreteria politica del partito per le regioni settentrionali, il B. fu nominato rappresentante della Liguria nel comitato interregionale destinato ad affiancarla e, sotto lo pseudonimo di Berti, fu spesso nel capoluogo lombardo, latore di indicazioni della DC ligure. Era a Milano anche il 26 ott. 1944, quando furono arrestati il responsabile della segreteria politica P. Mentasti e altri, tra cui Enrico Mattei, ma egli sfuggì alla retata. Partecipò anche alla Resistenza, come membro autorevole del Comitato di liberazione nazionale per l'Alta Italia, compiendo rischiose missioni (in una di queste portò a Roma una borsa di documenti segreti dopo un viaggio avventuroso da Milano a Lugano, a Lione e a Napoli; nella capitale incontrò, oltre a I. Bonomi, Nenni, De Gasperi e monsignor Montini).
Dopo la Liberazione assunse crescenti responsabilità nella DC. Fu membro del Consiglio comunale di Genova (1946-51), segretario regionale ligure (fino al 1948) e membro della direzione nazionale (1947-49). Nel 1946 partecipò alla campagna elettorale per la Costituente e per il referendum istituzionale, prendendo decisa posizione in favore della scelta repubblicana. Il 18 apr. 1948 fu eletto senatore nelle liste DC nel IV collegio di Genova, venendo confermato ininterrottamente dalla 1 alla VI legislatura (fino al 1976).
Nella prima legislatura, in cui non ebbe incarichi ministeriali, fu attivo nella conunissione Giustizia, sostenendo la necessità della riforma organica del codice civile (14 ott. 1949) e mettendo in guardia contro un eccessivo ricorso alle amnistie; si occupò inoltre dei problemi dell'università che voleva aperta a tutti, ma selettiva. Consulente legale dell'AGIP fin dal 1947, nella seduta del 19 luglio 1950 sostenne il diritto esclusivo dello Stato a gestire l'estrazione degli idrocarburi nella valle padana, e il 29 genn. 1953 prese posizione contro il disegno di legge, poi approvato, sulle incompatibilità parlamentari, sostenuto da L. Sturzo, che avrebbe impedito a Mattei di cumulare cariche al vertice delle imprese pubbliche con il mandato parlamentare.
Con l'inizio della seconda legislatura, il B. divenne uno dei vicepresidenti del Senato fino al 19 maggio 1957, quando, formato fi governo Zoli, subentrò a G. Togni come titolare del ministero delle Partecipazioni Statali istituito dalla legge 22 dic. 1956, n. 1589. Questa nomina allarmò subito la destra economica e politica. Oltre che consulente dell'AGIP (incarico che lasciò in questa occasione) e amico di Mattei, il B. era, infatti, uno degli uomini di punta della sinistra democristiana (aveva condiviso molte delle idee di G. Dossetti, era amico di G. Gronchi, era stato, secondo il nipote F. Cattanei, tra i fondatori della "Base" ed era fautore dell'apertura ai socialisti (si veda l'articolo Cattolici, laici, socialisti, in Il Punto, 14 luglio 1956).
La diffidenza si trasformò in ostilità aperta dopo che il B., il 15 nov. 1957, emanò una circolare attuativa del terzo conuna della legge n. 1589, in cui si chiariva che il distacco, ivi previsto, delle aziende a prevalente partecipazione statale dalle associazioni sindacali dell'imprenditoria privata si riferiva sia alle imprese sia agli enti pubblici economici, e si precisava anche che per "prevalenza" si doveva intendere non solo maggioranza nel capitale sociale, ma anche controllo di fatto da parte dello Stato. La giunta della Confindustria il 14 dic. 1957 approvò un ordine dei giorno, in cui si esprimevano "riserve sulla costituzionalità della norma legislativa e sulla validità giuridica dell'applicazione estensiva" data ad essa dal B. e si denunciava la "estrema pericolosità, sul piano economico, sociale e morale, della differenziazione dei criteri di gestione fra aziende similari". L'aspro scontro che ne seguì coinvolse forze politiche e sindacali, organi di stampa, giuristi ed economisti (si vedano i cinque volumi Il distacco). Lo schieramento conservatore annoverò voci prestigiose, come quelle di Sturzo, A. De Stefani, L. Einaudi, ed espresse soprattutto il timore che lo sganciamento delle imprese pubbliche da quelle private nei rapporti sindacali potesse comportare l'abbandono dei criteri di economicità nella gestione delle aziende pubbliche con conseguenze molto gravi su tutto il sistema economico. Invano il B. si sforzò, in discorsi articoli interviste, di chiarire le sue posizioni (semplice attuazione del disposto di legge, rispetto dell'autonomia delle imprese private, garanzie circa l'economicità di gestione delle imprese pubbliche, ecc.).
Fatto oggetto di attacchi personali ("il Bo in piena", "il comunista bianco", "il bolscevico di Sestri Levante"), affrontò una infuocata campagna per le elezioni politiche del 25 maggio 1958. Il B. fu rieletto, ma dovette cambiare ministero: nel secondo gabinetto Fanfani, costituito il 1° luglio, fu ministro dell'Industria e Commercio e nel secondo Segni (15 febbr. 1959-25 marzo 1960) ministro senza portafoglio per la Riforma della Pubblica Amministrazione: per il rinnovamento della macchina statale indicò dodici punti di intervento (si veda l'intervista concessa' ad Epoca, 14 giugno 1959, poi nel volume Verso lo Stato moderno, Firenze 1960, pp. 287-294). Confermato nello stesso incarico nel successivo governo Tambroni, Costituito il 25 marzo 1960,quando questo ottenne la fiducia grazie ai voti determinanti dei Movimento sociale italiano, l'11 aprile - insieme con G. Pastore e F. Sullo - rassegnò le dimissioni. Venne nominato presidente della commissione Pubblica Istruzione e ritornò membro della direzione nazionale della DC. Schieratosi al congresso nazionale del partito di Firenze (1959) con la corrente fanfaniana in favore di una svolta di centrosinistra, con il terzo gabinetto Fanfani (26 luglio 1960-21 febbr. 1962, detto delle "convergenze parallele"), riprese le redini delle Partecipazioni Statali, mantenendole anche nel successivo governo Fanfani (21 febbr. 1962-21 giugno 1963).
Il B. ebbe un ruolo di rilievo nel determinare, agli inizi degli anni Sessanta, una svolta nel sistema delle relazioni industriali in Italia. La costituzione (1960) delle associazioni sindacali degli imprenditori pubblici (l'Intersind per le aziende IRI e l'ASAP per le aziende ENI) rispondeva all'esigenza, apertamente teorizzata, di associare le forze sindacali allo sforzo di attuazione di una politica di programmazione economica per uno sviluppo equilibrato dei paese. A questo scopo il B., l'8 giugno 1962, in occasione dell'apertura delle trattative per il rinnovo dei contratto di lavoro dei metalmeccanici, raccomandò in una circolare all'Intersind e all'ASAP di inserire nei nuovi contratti norme di riconoscimento dei diritti sindacali in azienda (molte delle quali poi sancite dalla legge n. 300 del 1970 detta Statuto dei lavoratori); negli stessi giorni il presidente dell'IRI, G. Petrilli, intervenendo all'assemblea dell'Intersind, ricordava che compito essenziale delle associazioni degli imprenditori pubblici - più che la difesa degli interessi economici delle aziende rappresentate - era quello di ottenere il consenso delle masse lavoratrici intorno agli obiettivi di politica economica e sociale del governo. Ne derivò la dissociazione di Intersind e ASAP dalla Confindustria nella conduzione delle trattative, la firma di un separato protocollo di intesa con i sindacati dei lavoratori (5 luglio 1962) che avviava la riforma del sistema di contrattazione collettiva, l'accettazione della contrattazione articolata a livello di azienda e la sigla di un contratto per i metalmeccanici delle aziende a partecipazione statale distinto da quello valevole per il settore privato (20 nov. 1962).
Dopo la fase della ristrutturazione organizzativa e funzionale (tra l'altro furono creati tre nuovi enti di gestione: l'EGAM, per le aziende minerarie, quello del cinema e quello delle aziende termali), si aprì per le imprese pubbli-che un nuovo ciclo. Agli interventi nei settori strategici (siderurgia, petrolchimica, ecc.) seguirono quelli nelle infrastrutture, nel settore manifatturiero e nei servizi. L'IRI restava la maggiore holding, ma l'ENI, per la personalità del suo presidente e per il suo dinamismo imprenditoriale, era divenuta la punta di diamante delle partecipazioni statali. Il B., che con Boldrini e La Pira aveva contribuito a delineare i contenuti della politica dell'ENI verso i paesi del Terzo Mondo (assistenza tecnica, collaborazione nello sfruttamento delle risorse, sostegno allo sviluppo economico e sociale), appoggiò anche l'apertura di Mattei verso i paesi dell'Europa orientale, autorizzando i contratti per l'importazione del greggio dall'Unione Sovietica, e non si oppose all'avvio della realizzazione dell'oleodotto Genova-Ingolstadt e all'ingresso del gruppo petrolifero nel settore delle fibre tessili mediante l'acquisizione della Lanerossi.
Tali iniziative riattizzarono la polemica con le compagnie petrolifere internazionali e con la destra politica ed economica. Gli attacchi ebbero come bersaglio principale Mattei, ma coinvolsero anche il B., presentato, per l'avallo dato, come "servitore" e "vassallo" del presidente dell'ENI. In realtà era difficile per chiunque contrastare un uomo potente come Mattei e il B., in effetti, sembrava "pago, tutto sommato (come taluni sostenevano) di adempiere un dovere di conoscenza e di informazione, restringendosi a registrare le scelte e le decisioni prese dagli enti e dalle aziende controllate" (Il nuovo ciclo, p. 24). Certamente il suo ruolo più evidente fu quello di chi definiva la filosofia dell'intervento dello Stato nell'economia, spiegava e giustificava le iniziative delle imprese pubbliche e indicava gli obiettivi strategici da raggiungere (assorbimento della disoccupazione, superamento della arretratezza del Mezzogiorno, rottura delle posizioni monopolistiche, leadership nello sviluppo economico nazionale).
Era però vero che il ministero presieduto dal B. svolgeva una semplice funzione "notarile di garante rispetto al Parlamento" per la mancanza di idonei strumenti legislativi e di strutture organizzative. Ancora nel 1967 lo stesso B. denunciava la situazione anomala di un ministero che non era, in molti casi, in grado di manifestare istituzionalmente i termini della sua volontà alle aziende sottoposte al suo controllo (Relazione programmatica, Roma 1967, p. 10. Questi limiti del resto condizionavano i rapporti del ministero anche con gli altri enti pubblici economici (l'IRI e l'EFIM, creato nel 1962) e continuarono a condizionarli anche dopo la morte di Mattei, avvenuta il 27 ott. 1962. Il B. offrì allora la presidenza dell'ENI prima a P. Sette che declinò e poi, d'accordo con Fanfani, a M. Boldrini.
Egli restò titolare del ministero delle Partecipazioni Statali ininterrottamente fino al 12 dic. 1968, nel primo governo Leone (21 giugno-4 dic. 1963), nei primi tre governi Moro (4 dic. 1963-24 giugno 1968) e nel secondo governo Leone (dal 24 giugno 1968).
Furono portate a termine in quegli anni alcune notevoli iniziative come il quarto centro siderurgico di Taranto, il sistema delle telecomunicazioni e molti tratti di autostrade, ma l'esaurimento della fase economica espansiva (secondo il B. dovuta "in gran parte" all'intervento pubblico) e la riduzione della capacità di autofinanziamento delle imprese raffreddarono anche lo slancio imprenditoriale del settore pubblico. Egli sostenne la necessità dell'adeguamento dei fondi di dotazione delle aziende pubbliche e di una loro maggiore libertà di movimento in campo finanziario, ma prese atto che un ciclo del loro sviluppo era concluso e che gli investimenti, in quelle condizioni, dovevano subire un rallentamento.
Speranze furono allora riposte nella politica di programmazione economica (il B. vi vide uno strumento - democratico, non autoritario - di razionalizzazione delle scelte e degli interventi delle imprese pubbliche) e nella creazione (1967) di una industria di trasformazione, come la fabbrica automobilistica dell'Alfasud a Pomigliano d'Arco (egli la ritenne l'unico intervento capace di far conseguire, nel Mezzogiorno, i risultati mancati dagli interventi nelle industrie di base - i cosidetti poli industriali - e nelle infrastrutture e dalla politica degli incentivi). Il B. avallò anche la cosiddetta operazione Montedison (che portò per qualche tempo questa società nell'area pubblica), da lui presentata (dichiarazione al Senato, 15 ott. 1968) come un'esigenza sorta sin dal 1965, data della fusione Edison-Montecatini, e come la strada più efficace per incanalare "entro binari di generale interesse" quella che allora (a lui e certo anche a E. Cefis) appariva come "la gigantesca potenzialità economica e finanziaria della società", in un settore strategico come la petrolchimica.
Caduto il governo Leone, il B. non entrò a far parte del primo governo Rumor (12 dic. 1968-5 ag. 1969), ma ritornò ministro per la Ricerca Scientifica nel secondo governo Rumor (5 ag. 1969-27 marzo 1970).
Nelle elezioni per la VI legislatura (maggio 1972) fu rieletto senatore, ma non ebbe più incarichi ministeriali. Non si presentò alle elezioni del 1976 e visse da allora appartato.
Il B. mori a Roma il 19 genn. 1980, e fu sepolto a Sestri Levante.
Tra gli scritti del B. si ricordano ancora: Il nuovo ciclo (Milano 1963) e La nuova dimensione. Pubblico e privato nella società di domani (ibid. 1969).
Fonti e Bibl.: L'archivio del B., non ancora consultabile, è in possesso del nipote, Francesco Cattanei. Sulla sua attività si veda: Atti parlamentari, Senato, legislature I-VI, ad Indices; Accademia nazionale dei Lincei, Il metano. Aspetti giuridici delle ricerche minerarie in Italia. Relazioni e discussioni, Roma 1951, pp. 98 s., 104, 109 s., 135; L. Sturzo, Moralizzare la vita pubblica, Napoli 1958, ad Indicem; Confederazione generale dell'industria italiana, Il distacco delle aziende a prevalente partecipazione statale dalle organizzazioni degli altri datori di lavoro, I-V, Roma 1958-59, passim; G. Galli-P. Facchi, La sinistra democristiana. Storia ed ideologia, Milano 1962, ad Indicem; G. Vecchietti, G. B. politico e imprenditore, in Itinerari, febbraio-giugno 1967, pp. 73-82; Atti e documenti della Democrazia cristiana 1943-1967, a cura di A. Damilano, I-II, Milano 1968-69, ad Indicem; L. Valiani-G. Bianchi-E. Ragionieri, Azionisti cattolici e comunisti nella Resistenza, Milano 1971, ad Indicem; E. Scalfari-G. Turani, Razza padrona. Storia della borghesia di Stato, Milano 1974, ad Indicem; C. Brizzolari, Un archivio della Resistenza in Liguria, Genova 1974, ad Indicem (l'archivio è quello di P. E. Taviani); I deputati e senatori del sesto Parlamento repubblicano, Roma 1974, ad vocem; P. Rugafiori, Partiti e resistenza in Liguria. Contributo per una storia politica del CLN, Genova 1975, pp. 39, 65, 66; G. Galli, La sfida perduta. Biografia politica di Enrico Mattei, Milano 1976, pp. 157, 195, 198, 228, 246, 247; G. Baget-Bozzo, Il partito cristiano e l'apertura a sinistra. La DC di Fanfani e di Moro: 1954-1962, Firenze 1977, ad Indicem; G. Galli, Storia della Democrazia cristiana, Bari 1978, ad Indicem; G. Vassalli, G. B., commemorazione tenuta presso l'università di Genova il 21 ott. 1980 (dattiloscritto); U. Ronfani, Capì il ruolo dello Stato imprenditore, in Il Giorno, 20 genn. 1980; Sindacato industria e Stato negli anni del centro-sinistra. Storia delle relazioni industriali in Italia dal 1958 al 1971, III, a cura di F. Peschiera, Firenze 1983, ad Indicem; Dizionario storico del movimento cattolico in Italia (1860-1980), III, 1, Le figure rappresentative, Casale Monferrato 1984, ad vocem; L. Bazzoli-R. Renzi, Il miracolo Mattei, Milano 1984, ad Indicem; B. Bottiglieri, La politica economica dell'Italia centrista (1948-1958), Milano 1984, pp. 234, 235, 305; Annali dell'economia italiana, XIII, I (1965-1970), Milano 1984, ad Indicem.