GIORGIO da Como
Non si conoscono le date di nascita e di morte di questo architetto e scultore nativo di Como, documentato nelle Marche a partire dal 1227 fino al 1256.
Il nome di G. compare per la prima volta in un'iscrizione in caratteri gotici, recante la data 1227, collocata in alto sul fianco meridionale esterno del duomo di Fermo, a destra di un portale romanico lì murato: "A.D. M.CC.XX.VII Bartholomeus. mansionari. hoc. opus. fieri. fecit. p. manus. magistri. Georgii. de[.] episcopatu. com.".
L'esistenza di questa epigrafe venne segnalata alla fine del Settecento da Catalani, il quale attribuì a G. la fase edilizia a cui attiene la messa in opera di un pavimento in mosaico, riconducibile invece al VI secolo (C. Barsanti, Mosaici pavimentali in Ancona…, in Atti del II Colloquio dell'Assoc. italiana per lo studio e la conservazione del mosaico, Roma… 1994, a cura di I. Bragantini - F. Guidobaldi, Bordighera 1995, p. 188). Nel 1796, Colucci (Antichità picene) riconobbe in G. uno dei massimi protagonisti della fabbrica duecentesca del duomo e ne tracciò il profilo biografico. Egli identificò, infatti, il "magister Georgius" documentato a Fermo con un "Georgius de Cumo civis Aesinus", il cui nome risultava scolpito su un'epigrafe datata 1237, perduta, vista e trascritta da Ughelli, già apposta sopra il portale maggiore della cattedrale di Jesi, e - data l'acquisizione della cittadinanza jesina dichiarata in quest'ultima - con un "magister Georgius de Esio", menzionato in un documento dell'8 ag. 1252 (Colucci, Codice diplomatico pennese) e in un'iscrizione del 1256, che si trova nella lunetta sovrastante il portale di accesso della chiesa di S. Giovanni a Penna San Giovanni. Colucci interpretò la presenza delle due epigrafi sulle facciate della cattedrale di Jesi e di quella di Penna San Giovanni come attestazione di importanti interventi eseguiti da G. in entrambe le località. Un ulteriore documento del 20 febbr. 1235, rintracciato e pubblicato da Gianandrea (1884), cita un "Magister Georgius de Cumo", chiamato a testimoniare a Jesi in favore del muratore milanese Uberto.
L'ipotesi di Colucci di identificare il "magister Georgius" menzionato nella lastra di Fermo con i due omonimi nominati in quelle di Jesi e di Penna San Giovanni è stata accolta senza riserve; così come è stata comunemente accettata l'opinione di attribuire a G. un ruolo non secondario nel cantiere del duomo di Fermo.
Qui, tuttavia, i profondi mutamenti subiti dall'edificio alla fine del XVIII secolo rendono difficile discernere e individuare gli elementi peculiari del suo intervento. Toesca circoscrisse il riconoscimento dell'opera di G. al disegno e all'apparato scultoreo della facciata. Al contrario, l'esistenza di analogie strutturali fra l'edificio e alcune chiese dell'Ascolano, e particolarmente con il S. Francesco di Fermo, unici esempi sinora noti di una specifica variante dello schema planimetrico "a sala", denominata "chiesa a gradinature", indusse gli autori del volume Marche (p. 179) a ritenere non improbabile che G. fosse stato l'ideatore di questa singolare tipologia architettonica e dunque implicitamente ad affermare che a lui andava attribuito il progetto della cattedrale duecentesca. Le analogie esistenti fra il duomo di Fermo e questo gruppo di chiese erano state già evidenziate da W. Krönig (Note sull'architettura religiosa…, in Atti dell'XI Congresso di storia dell'architettura… 1959, Roma 1965, p. 228). Quest'ultimo taceva, però, in merito al ruolo svolto da G. nel cantiere del duomo e ne postdatava la realizzazione, almeno per quanto riguarda la fase conclusiva, al più presto alla fine del Duecento.
Zampetti (1993, pp. 210, 216 n. 14), infine, ha ritenuto eseguiti da G. i rilievi della parte centrale del "portale composito" del duomo. Il manufatto, già indicato come tipologicamente afferente all'area lombarda (R. Pacini, Monumenti del periodo romanico nelle Marche, in Atti dell'XI Congresso…, cit., p. 142), è strutturato con un leggero strombo e con archi nascenti da colonnine. L'architrave, che poggia su mensole scolpite con figurazioni fito e zoomorfe, presenta una serie di edicole coronate da archetti trilobati entro cui sono collocati a figura intera il Cristo e gli apostoli; negli spazi di risulta era prevista un'ornamentazione musiva, oggi conservatasi in minima parte. Le paraste e l'archivolto del portale mostrano, invece, un ricco esempio di girale vitineo popolato da rappresentazioni vendemmiali, da segni zodiacali e da figure allegoriche. Le decorazioni scultoree della facciata del duomo di Fermo furono giudicate arcaiche da Toesca (p. 686), mentre Massa ha sottolineato l'adesione di G. a un linguaggio aggiornato sulle istanze della plastica romanica e protogotica.
Difficile è stabilire la natura del contributo richiesto a G. all'interno delle fabbriche della cattedrale di Jesi e della chiesa di S. Giovanni a Penna San Giovanni, a causa della perdita di entrambi i monumenti.
Nel 1237, anno in cui G. scolpì il suo nome sulla lastra di Jesi, la cattedrale si trovava in fase avanzata di realizzazione e si è pertanto ritenuto che G. fosse stato chiamato per eseguire la facciata (Sacconi, p. 247) o opere attinenti a questa (Urieli, 1969, p. 20). Della fase romanica della cattedrale di Jesi restano solo due leoni stilofori in marmo rosso di Verona, appartenuti al portale principale e successivamente trasferiti in vescovado, attualmente riutilizzati all'interno dell'edificio come basi per due acquasantiere. Minute descrizioni settecentesche (ibid., pp. 46, 127-129) restituiscono comunque l'immagine del prospetto. Questo, forse realizzato in pietra, presentava tre portali preceduti da un portico e al centro da un protiro a cuspide, di cui il mediano di grandi dimensioni "verosimilmente arcuato a tutto sesto, con strombatura di variamente decorati cordoni concentrici in marmi policromi" (Mariano, 1993, p. 30). Sulla base di questi elementi Urieli (1974, p. 459) affermò che lo stile di G. mostrava qui un'evoluzione dalle forme del romanico lombardo al gotico.
Nulla invece si conserva della chiesa maggiore duecentesca di Penna San Giovanni.
La presenza di G. a Jesi è attestata ancora nel 1239 (Gianandrea, 1884); e la tradizione locale, non confermata però da alcuna fonte (Agostinelli - Mariano), vuole che attorno al 1250 egli fosse impegnato nella costruzione del palazzo dei Priori (Gianandrea, 1887).
Sono stati in passato riferiti a G. l'ambone della cattedrale di Osimo, presso Ancona (Merzario, p. 174), e il portale della chiesa di S. Ciriaco ad Ancona (Sacconi, p. 247), attribuzioni decisamente negate dalla critica successiva, sia sulla base di raffronti stilistici sia per l'assenza di dati documentari.
Fonti e Bibl.: T. Baldassini, Notizie historiche della regia città di Iesi, Iesi 1703, pp. 155, 176; F. Ughelli, Italia sacra, I, Venetiis 1717, p. 282; M. Catalani, De Ecclesia Firmana eiusque episcopis et archiepiscopis commentarius, Firmi 1783, p. 37; G. Colucci, Antichità picene (1796), XXX, Teramo 1990, pp. 19-22; Id., Codice diplomatico pennese, ibid., p. 12; A. Ricci, Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona, Macerata 1834, pp. 48-52; G. De Minicis, Eletta dei monumenti più illustriarchitettonici sepolcrali ed onorarii di Fermo e suoi dintorni, Roma 1841, pp. 48 s., 54 n. 21; Id., Le iscrizioni fermane antiche e moderne con note, Fermo 1857, p. 9; A. Di Nicolò, Cronaca della città di Fermo…, Firenze 1870, pp. 169 s.; O. Mothes, Die Baukunst des Mittelalters in Italien von der ersten Entwicklung bis zu ihrer höchsten Blüte, Jena 1883, pp. 412, 450; A. Gianandrea, Carte diplomatiche iesine, in Collezione di documenti storici…, a cura di C. Ciavarini, V, Ancona 1884, p. 59; Id., Il palazzo del Comune di Jesi, Jesi 1887, p. 11; Id., Potestà e capitani del Popolo lombardi nella Marca, in Arch. stor. lombardo, XVII (1890), p. 402; G. Merzario, I maestri comacini. Storia artistica di mille duecento anni (600-1800), Milano 1893, I, pp. 171-174; II, p. 316; I. Fanti, Il girone della città di Fermo, in Nuova Rivista misena, IX (1896), p. 54; G. Sacconi, Relazione dell'Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti delle Marche e dell'Umbria (1891-92, 1900-01), Perugia 1903, pp. 247, 328; C. Posti, Il duomo di Ancona, Jesi 1911, pp. 170 s., 180; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I, Il Medioevo, Torino 1927, pp. 686, 728 n. 6; L. Serra, L'arte nelle Marche dalle origini cristiane alla fine del gotico, Pesaro 1929, pp. 97, 199, 249, 351; P. Zampetti, Il portale del duomo di Ancona, Ancona 1940, p. 15; F. Maranesi, La cattedrale di Fermo, in Quaderni d'arte (Fermo), 1940, n. 1, pp. 10 s., 13 s.; E. Bevilacqua, Marche, in Le regioni d'Italia, X, Torino 1961, pp. 322 s.; M. Marinelli, L'architettura romanica in Ancona, Ancona 1961, pp. 93-97, 113 nn. 16 s.; C. Grillantini, Il duomo di Osimo nell'arte e nella storia, Pinerolo 1965, p. 22; Marche, a cura di G. Annibaldi et al., Milano 1965, p. 179; C. Urieli, La cattedrale di Jesi, Jesi 1969, pp. 20, 45 s., 50, 127-129, 131, 133; Id., Jesi e il suo contado, Jesi 1974, pp. 218, 283, 375, 400, 458 s., 499, 501, 559; G. Bonasegale - M. Livieri, Jesi città d'arte e di storia, Torino 1984, p. 21; M. Baldoni, Penna San Giovanni. Storia monumenti territorio, Colonnella 1985, pp. 40-42; M. Agostinelli - F. Mariano, Francesco di Giorgio e il palazzo della Signoria di Jesi, Ancona 1986, p. 152; F. Mariano, Jesi: città e architettura. Forme e tipologie dalle origini all'Ottocento, Cinisello Balsamo 1993, p. 29 s.; M. Massa, Le prime identità del XIII secolo: "Magister Philippus" e gli altri, in Scultura nelle Marche, a cura di P. Zampetti, Firenze 1993, p. 157; P. Zampetti, L'età gotica: portali, tombe monumentali e statue del XIV e della prima metà del XV secolo, ibid., pp. 210, 216 n. 14; F. Mariano, Architettura nelle Marche dall'età classica al liberty, Fiesole 1995, p. 66; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 83.