Del Vecchio, Giorgio
Filosofo italiano del diritto (Bologna 1878 - Genova 1970). Annoverato fra i seguaci della corrente neokantiana che fioriva in Germania all’inizio del 20° sec., D. V. rivendicò spesso sostanziale fedeltà all’originaria ispirazione kantiana. Prof. di filosofia del diritto nelle univ. di Ferrara (1904), Sassari (1906), Messina (1909), Bologna (1911), Roma (1920-53), di cui fu anche rettore (1925-27); fu fondatore (1921) e direttore della Rivista internazionale di filosofia del diritto, nonché fondatore (1936) e presidente della Società italiana di filosofia del diritto. Di famiglia ebrea, pur avendo aderito al regime fascista fu colpito dalle leggi razziali (1938) e dovette lasciare l’insegnamento, che riprese dopo la guerra. Maturò in questo periodo la sua conversione al cattolicesimo. Scrisse numerose opere in cui è riaffermata, su basi critiche e razionali, l’idea del diritto naturale contro il positivismo. Dopo Il sentimento giuridico (1902), pubblicò I presupposti filosofici della nozione del diritto (1905), Il concetto del diritto (1906) e Il concetto della natura e il principio del diritto (1908), la cosiddetta Trilogia (pubbl. unitariamente nei Presupposti, concetto e principio del diritto, 1959), che diede avvio alla riflessione sui temi di logica filosofica e all’idea basilare che il concetto di diritto sia anteriore ai fenomeni giuridici, sia cioè trascendentale in senso kantiano. Sui temi etici e politici si ricorda il saggio su La giustizia (1922-23; 4a ed. 1951). Tra gli altri scritti principali: Sui principi generali del diritto (1921); Lezioni di filosofia del diritto (1930; 13a ed. 1957); La crisi della scienza del diritto (1934); Storia della filosofia del diritto (1950); Mutabilità ed eternità del diritto (1954); Studi sul diritto (2 voll., 1958); Parerga (3 voll., 1961-67).